E ranke mond kuit va mestrez
Da vezhinañ d'an enezeier
Trielen ha Molenez
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Na pa 'moa klevet ar c'heloù
E ranke mond kuit mintin mad
Kerkent ha ma save ar gouloù
E save ad dour en va daoulagad
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Kar ar vuhez en enezennoù
'Zo ur vuhez trist ha kalet
Bemdez, bemnoz e-kreiz ar poanioù
Ar vezhinerien 'zo tud daonet
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
En o bagoù, abred diouzh ar mintin
E lakont ar c'herreg en noazh
Faoutet o daouarn gabd ar c'hilhotinn
Ha torret o c'hein gand ar gravazh
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Ar beleg kozh er gador a lavar
Ez eus un Doue war ar mor
Hag un Doue all c'hoazh war an douar
Evid ar re a chom er goudor
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
An hini en-deus savet ar ganouenn
En-deus bet klevet alies
Kerent, mignoned hag amezeien
O kontañ buhez an enezeienn
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
E dad kozh en-deus bet graet ar vicher
Da drouc'hañ an tali moan
A-hed e vuhez war ar reier
Etre Plouguerne ha Kerlouan.
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Contributed by Riccardo Venturi - 2012/5/31 - 01:18
da Textes de chansons de marins
Version française
d'après Textes de chansons de marins
Quand j’ai entendu la nouvelle
Que ma maîtresse devait partir
Faire le goémon sur les îles
Trielen et Molène
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Quand j’ai entendu la nouvelle
Qu’elle devait partir de bon matin
Dès le lever du jour
Des larmes me montaient aux yeux
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Car la vie sur les îles
Est triste et dure
Toutes les nuits tous les jours dans la peine
Les goémoniers sont des gens damnés
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Dans leur bateau tôt le matin
Ils mettent les roches à nu
Leurs mains fendues par le « gilhotin »
Et leurs dos cassés par la civière
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
En chaire le vieux prêtre dit
Qu’il y a un Dieu sur la mer
Et un autre sur la terre
Pour ceux qui sont restés à l’abri
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Celui qui a fait la chanson
A souvent entendu
Des parents amis ou voisins
Raconter la vie des îles
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Son grand-père a fait le métier
A couper le goémon fin
Toute sa vie sur les rochers
Entre Plouguerneau et Kerlouan.
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Contributed by Riccardo Venturi - 2012/5/31 - 15:06
(dalla versione francese)
31 maggio 2012
Quando ho sentito la notizia
che la mia donna doveva partire
per la raccolta del goémon sulle isole
di Trielen e Molène
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Quando ho sentito la notizia
che doveva partire al mattino presto,
fino dall'alba
mi ero messo a piangere
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Perché la vita sulle isole
è triste e dura,
ogni notte, ogni giorno nel dolore,
i goémoniers sono gente dannata
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Montano in barca la mattina presto,
mettono gli scogli a nudo
con le mani spaccate dal gilhotinn
e spezzandosi la schiena con la carriola
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Dal pulpito il vecchio prete dice
che c'è un Dio sul mare
e un altro in terraferma
per chi è rimasto al riparo
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
L'autore di questa canzone
ha sentito molte volte
parenti, amici o vicini
raccontare della vita sulle isole
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Suo nonno ha fatto quel mestiere
tagliando il goémon fine,
tutta la vita sulle scogliere
fra Plouguerneau e Kerlouan
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Traduzione inglese da Questa pagina
When I heard the news
That my mistress must leave
To gather seaweed on the islands
Of Trielen and Molenez
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
When I heard the news
That she must leave early in the morning
At the dawning of the day
Tears rose into my eyes
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
For life on the islands
Is troubled and hard
In pain all day and all night
The seaweed-gatherers are cursed folk
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Early in the morning in their boat
They strip the rocks bare
Their hands shredded by the seaweed scythe
And their backs broken by the stretchers
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
The old priest tells us
There is one God on the sea
And another on the land
For those who shelter there
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
He who made this song
Did often hear
Parents friends and neighbours
Tell of their life on the islands
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
His grandfather had the job
Of cutting the fine seaweed
All the years of his life on the rocks
Of Plouguerneau and Kerlouan
o landi lan dilo,
o landi lan dilo.
Contributed by Riccardo Venturi - 2012/5/31 - 15:33
Un altro particolare degno di nota è rappresentato dal fatto che in questo esordio discografico di D. P. sia inserito pure un altro brano composto da un antico membro degli Storlok ovvero Plac'h Landelo di Bernez Tangi, a mio avviso ancora biù bello. Il disco,uscito per la Silex e destinato unicamente a scopi promozionali, conobbe un insperato, imprevedibile e misterioso successo commerciale e vendette circa 50.000 copie, fatto piuttosto insolito per un disco di un esordiente, comprendente solo kan ha diskan e gwerz aritmici cantati tutti in solo, a cappella. In seguito il cantante firmerà per la Barclay e reinciderà quasi tutte le canzoni per una seconda edizione che vedrà la luce tre anni più tardi, con qualche variazione nella scaletta e tre brani sostituiti da altrettanti tradizionali. Il brano di Tangi godrà di un occasionale accompagnamento al clarinetto di Bernard Subert che lo renderà per me, se possibile, ancora più emozionante....ascoltatelo se potete e capirete sicuramente perchè Riccardino Nostro ha inserito quelle foto e scritto col cuore in mano le parole qui sopra...la Bretagna non si dimentica!!! Kenavo. F.
Flavio Poltronieri - 2017/2/17 - 11:21
Riccardo Venturi - 2017/2/17 - 20:57
Bernez Tangi
Denez Prigent, Ar Gouriz Koar, 1993
Bez'zo ur plac'h e Landelo
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
Bez'zo ur plac'h e Landelo
Kant gwech 'neus karet
Kant gwech bet gloazet
Freget he c'halon e pilhoù
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
Freget he c'halon e pilhoù
'barzh 'vefe kavet
Ur prad alaouret
Kleier hanternoz ga't o sko
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
Kleier hanternoz ga't o sko
Ez a kuit diarc'hen
Gant he sae saotret
Ur puñs e-kichen a zo
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
Ur puñs e-kichen a zo
D'ar veol hi zo aet
He divronn 'neus glebiet
Al loar a luc'h tro-war-dro
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
Al loar a luc'h tro-war-dro
En dour trankilaet
'zegas dezhi he c'hened
Met galv' 'ra 'nezhi ar c'hav
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
Met galv' 'ra 'nezhi ar c'hav
Va c'hoantig karet
Amañ 'vo ankouaet
'Kichen 'kresk ur bod iliav
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
'Kichen 'kresk ur bod iliav
Mar plij, me ho ped
Kemerit un tamm
Hag an tamm-se c'hwi a daolo
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
Hag an tamm-se c'hwi a daolo
'lec'h 'mañ-hi kousket
'N he bez-dour da viken.
Traduzione italiana di Richard Gwenndour
17 febbraio 2017
LA FANCIULLA DI LANDELEAU
C'è una fanciulla a Landeleau
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
C'è una fanciulla a Landeleau
Cento volte si è innamorata
Cento volte è stata ferita
Il suo cuore lacerato
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
Il suo cuore lacerato
Prima che avesse trovato
Un prato dorato
Le campane suonano a mezzanotte
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
Le campane suonano a mezzanotte
E se ne parte a piedi nudi
Col suo vestito macchiato
C'è un pozzo là vicino
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
C'è un pozzo là vicino
Alla cisterna lei è andata
Bagnandosi i seni
Tutt'attorno brilla la luna
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
Tutt'attorno brilla la luna
Nell'acqua tranquilla
Recandole la sua bellezza
Ma quel buco la chiama,
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
Ma quel buco la chiama,
Mio tesoro, mia amata
Qui sarai dimenticata
Qua vicino cresce un cespo d'edera
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
Qua vicino cresce un cespo d'edera
Per favore, ve ne prego
Prendetene un ciuffo
E quel ciuffo lo getterete
Landandeli di landandandeli di lan dan dan deli deli do
E quel ciuffo lo getterete
Là dentro dove lei giace per sempre
Addormentata nella sua tomba d'acqua.
Richard Gwenndour - 2017/2/18 - 00:26
....'Vit kaount an arc'hant hag ar galloud
lazhan breudeur er brezeloù
tap un tortad, c'hoari domino
ha bemnoz, bemdez, bepred boud
mat ar jeu, mat ar jeu
met ar jeu-se n'eo ket 'vidout....
....Per avere denaro e potere
uccidere dei fratelli nelle guerre
prendere una sbornia, giocare a domino
e tutte le notti, tutti i giorni sbronzo
il gioco è perfetto
ma questo gioco non è per te....
Flavio Poltronieri - 2017/2/18 - 08:39
P.S. Riccardo, lo sapevi che il nonno di Denez Abernot era un goémonier ed è in suo omaggio che il brano fu composto?
Flavio Poltronieri - 2017/2/18 - 09:14
Richard Gwenndour - 2017/2/18 - 09:47
La prostituta, De André disse di aver letto nel 1955 su "La Provincia di Asti", fu gettata....ma una puntigliosa verifica delle annate fino al 1958 dette esito negativo: nessuna traccia di una notizia del genere. Però nel 1953, una prostituta trentatrenne, tale Maria Boccuzzi, fu rinvenuta cadavere nel fiume Olona, nei pressi di Milano, crivellata di colpi e rapinata. In seguito si venne a sapere che inizialmente aveva tentato una carriera di ballerina col nome d'arte di Mary Pirimpò e che di recente aveva manifestato l'intenzione di uscire dal giro, grazie ai risparmi messi da parte......Fabrizio, tredicenne, all'epoca avrebbe potuto anche averla sentita da qualcuno, sennò vorrà dire che si è inventato tutto, canzone e ispirazione e poi lo divertiva raccontare questo antefatto di aver letto la notizia, adolescente, sul giornale.
Flavio Poltronieri - 2017/2/18 - 12:37
"Muzik Zeppelin strink ha stirlink/Komzoù Abernot stok ha storlok/O Jesus evelato, 'lar Chan ar C'hanig/Ur c'han hag e ziskan, etre Grall hag a Millig" sono le prime parole di un disco del 2003 a nome dell'allora quarantenne Dom Duff che ancora dieci anni dopo evocherà l'universo fantasmagorico del poeta Bernez Tangi in una epica traversata su una bagnarola, in compagnia di personaggi recanti i nomi dei santi bretoni.
Ad maiora. Kenavo. Flavio Poltronieri
Flavio Poltronieri - 2017/2/22 - 15:33
Flavio Poltronieri - 2017/2/23 - 22:52
Flavio Poltronieri - 2017/2/28 - 04:37
Flavio Poltronieri - 2017/3/5 - 22:09
si narra che sull'isoletta di Sein, le donne che possiedono il cosidetto “dono di confidare” per recarsi ai “sabba del mare” con gli spiriti maligni delle acque, utilizzino come imbarcazioni proprio i cesti di vimini con cui si usa raccogliere solitamente goémons.
Questi cesti hanno la parte inferiore rientrante come il fondo di una bottiglia e per trattenere il carico vi si conficca una bacchetta (che in bretone sui chiama bâ bédina) che le vecchie usano appunto come remo e timone stando accovacciate sui calcagni.
I cesti così diventano Bag-Sorcéres, ovvero barche della stregoneria.
Quest'isola che si trova ad ovest della Pointe du Raz, alcuni sostengono fosse l'Insula Sena dei Romani (dove officiavano nove sacerdotesse), altri che si tratti invece dell'Isola dei Sette Sonni, dove venivano sepolti di druidi defunti.
Leggende narrano che sia proprio da quelle parti che si aggirino le anaon, ovvero le anime dei trapassati, quei spiriti malefici destinati ad errare senza sosta....
Flavio Poltronieri - 2017/5/10 - 19:35
Flavio Poltronieri - 2017/9/26 - 19:47
"Ahimè, la tempesta soffia alla mia soglia e tutti i vicini hanno chiuso bene la porta, ad ogni estremità dell'isola vedo la luce del faro...quando la tua casa tremerà per volontà della guerra come fa la nave bordo a bordo nel mare di vento, quando la tua testa cascherà e il tuo occhio sarà secco, ci ritroveremo alla finestra più alta...i re e le regine marciranno nei loro pizzi e le tempeste faranno il giro dell'isola..."
Peccato, perchè lo trovo davvero formidabile quando racconta la storia di Anjelina Gonideg:
https://www.google.com/search?q=Anjeli...
"Avremo ancora, ne sono certo, piaceri e dispiaceri. Tra Douarnenez e Ploare si stende il Campo dei Bambini e la grande quercia che sta nel mezzo perde le sue foglie lungo tutto il giorno e tutta la notte ma le sue radici nella fredda terra sono più calde dei cuori degli uomini. Nel vostro letto dormite, senza fame nè freddo mentre la quercia perde le foglie. Io non ho potuto dormire nel sentire le donne per strada gridare forte a ciascun angolo di questa città che il pane è troppo caro quest'anno. Caro il pane e caro il burro che non si può acquistarne e cara la farina quando si riesce a trovarne. E' così secca la fontana del latte che ho visto una povera madre passeggiare nella camera delle stelle tra la sua casa e il cimitero. E' il vento, Anjelina che soffia nella tua testa! Non è nè la pioggia nè il vento che spingono le donne a ribellarsi. Preferisco ancora ascoltare il rumore dei colpi piuttosto che il nome di Chassignac che ha gettato, quest'anno ancora, la miseria sulla città. Mi sarebbe tanto piaciuto fare tre volte il giro della terra, la terza volta, al mio ritorno, sarei morta a colpo sicuro. Avremo ancora, ne sono certo, piaceri e dispiaceri."
(trad. Flavio Poltronieri)
Flavio Poltronieri - 2018/8/22 - 20:33
Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.
Testo e musica: Denez Abernot
Paroles et musique: Denez Abernot
Album: Storlok, Stok ha stok
Interpretata praticamente da tutti in Bretagna,
tra gli altri da Denez Prigent
Interprétée pratiquement par tous en Bretagne,
entre les autres par Denez Prigent
Ci sono stato, in quei posti, un solo giorno: il 2 agosto 2002. Dieci anni fa esatti. Molène l'ho girata a piedi, perché è piccola; Ouessant me la feci tutta in bicicletta. Probabilmente l'ultima grande pedalata della mia vita, allora ne ero ancora capace.
Era una giornata bellissima, una delle poche in un'estate che, da quelle parti, fu orrenda.
Mi è bastato un solo giorno in quelle isole per considerarle una parte di me.
Al porto di Le Conquet conobbi una ragazza bretone, completamente cieca. Si chiamava Gwenaëlle Rempart. Non l'ho mai più rivista; per un periodo ci siamo scritti. Conosceva bene la sua lingua e, caso parecchio particolare che non ha mai voluto spiegarmi, anche l'italiano. Per qualche tempo ha inviato delle traduzioni per questo sito, sia dal bretone in italiano che viceversa.
Poi c'imbarcammo sul battello Enez Eusa. Giornata bella e calda, sì, ma un mare come le montagne. Il braccio di mare che separa Le Conquet dalle isole si chiama Fromveur, che significa qualcosa come “Spaventoso”. Mentre stavo terrorizzato in un angolo del battello, un marinaio mi disse che quel giorno il mare era calmo. Capii in un attimo il detto: Qui voit Ouessant, voit son sang (“Chi vede Ouessant, vede il suo sangue”).
Chissà se mai ci ritornerò.
Denez Abernot, l'autore di questa canzone, per un certo periodo ha fatto il marinaio, e poi anche il capitano, su uno dei battelli che vanno da Le Conquet a Ouessant, facendo scalo a Molène. L'ho saputo questa notte stessa, da Wikipedia. E' stato il “leader” di un trio, gli Storlok, al quale forse dovebbe essere attribuita questa canzone; ma nella sua versione originale è cantata a cappella dal solo autore. Gli Storlok, erano comunque un gruppo militante, come un po' tutti nella Bretagna degli anni '70; scrissero anche una canzone, rigorosamente in bretone, per George Jackson e le Black Panthers, Gwerz marv Jorj Jackson (“Canzone per la morte di George Jackson”).
E' una canzone che, in Bretagna e fuori di essa, molti credono “tradizionale”. E' talmente conosciuta in Bretagna da poter essere considerata, senz'altro, una canzone popolare; praticamente tutti la hanno interpretata, compreso il “mostro sacro” Denez Prigent.
Invece l'ha scritta, nel 1979, l'ex marinaio Denez Abernot. Anche questo l'ho saputo stasera. Conoscevo la canzone, ma la credevo un'antica canzone popolare eccetera. E chissà come mai non mi era venuto di inserirla prima. Ma si vede che le canzoni aspettano sempre la nottata giusta.
Parla dei goémoniers. Non saprei bene come rendere questa parola. Il goémon (in bretone: gouemon o bezhin, in francese anche varech) è una strana cosa. E' un miscuglio compatto di alghe. Alghe marroni, rosse e verdi che formano una massa indeterminata, che l'oceano deposita con le maree sulle scogliere bretoni, a tonnellate. E' un fertilizzante naturale formidabile, ma in Bretagna lo usano da secoli anche come combustibile. Un termine italiano non esiste; lo chiamerò quindi goémon.
Il goémon deve essere raccolto. Le isole di Ouessant e Molène ne sono particolarmente ricche sulle loro scogliere pericolosissime; e a cadere in mare, non lo si racconta. Uomini e donne partivano a raccogliere il goémon, che è un lavoro durissimo, massacrante; il goémon doveva essere tagliato con una speciale e micidiale falce a lama e a manico lunghi, una specie di frullana che veniva chiamata significativamente gilhotinn, ovvero “ghigliottina”. E, infatti, ghigliottinava letteralmente le mani dei raccoglitori. Bastava un colpo dato male per ferirsi seriamente.
La raccolta del goémon si faceva a partire dalle tempeste del mese d'aprile, e il lavoro durava giorno e notte fino alla fine dell'estate. Nelle altre stagioni, andare sulle scogliere avrebbe significato morte sicura. Il goémon, certo, si trovava anche sulle spiagge; ma misto alla sabbia era di qualità molto peggiore.
Una volta raccolto, il goémon veniva messo a seccare. Una volta ben secco, veniva bruciato ad alta temperatura; si depositava allora, nei fossi creati appositamente per l'operazione, una specie di “lava minerale” e lo iodio contenuto in grande quantità nel goémon evaporava. Quel che restava veniva poi formato in “pani” (i cosiddetti pains de la mer) che, in pratica, erano soda. La si usava un po' per tutto, anche per fare la tintura di iodio. Dopo che il famoso Daguerre scoprì la sensibilità dello ioduro d'argento alla luce, si servì del prodotto per le prime fotografie della storia; e lo ioduro d'argento era fatto col goémon.
Se ne accorse persino Giulio Verne: nella sua Isola misteriosa, che noialtri ragazzi di qualche tempo fa leggevamo ancora, Cyrus Smith e Pencroff bruciano alghe per ottenere “soda naturale” con la quale fabbricano del vetro. E, infatti, la soda ottenuta dal goémon serviva anche a quello.
Insomma, una ricchezza naturale che rappresentava, in Bretagna, l'unica alternativa reale alla pesca. Un'alternativa che costava, esattamente come la pesca, lacrime e sangue; anche perché in mare le donne non andavano, mentre a raccogliere il goémon sì. Come in questa canzone, il cui titolo contiene la forma “mutata” (vezhinerien) del termine bezhin. Le “mutazioni” sono una strana cosa delle lingue celtiche che non vi sto a spiegare.
Questa canzone è un omaggio al durissimo lavoro di chi andava a raccogliere quella specie di bendiddio fornito dal mare. Lo si fa ancora, ma sempre di meno. Specialmente da quando sulle coste del Finistère (Penn Ar Bed in bretone, ovvero “Capo del Mondo”) si raccoglie più spesso il petrolio delle maree nere. Sulle coste si trovano comunque ancora i fours à goémon e i fossi per la combustione.
Terminando questa introduzione, ho ben presente che cosa dovesse voler dire fare quel lavoro terribile, e non ci trovo nulla di “idilliaco”, neppure lontanamente. Proprio per questo motivo inserisco questa canzone nel sito.
Ma continuo anche ad avere negli occhi Le Conquet, Molène, Ouessant e la Bretagna intera. [RV]