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Soldier Blue

Buffy Sainte-Marie
Language: English


Buffy Sainte-Marie

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Soldier Blue


Soldier Blue is an American revisionist Western movie made in 1970 and directed by Ralph Nelson. It includes a fictionalized account of the events surrounding the 1864 Sand Creek Massacre in the Colorado Territory.
wikipedia

La colonna sonora è proprio di Buffy Sainte-Marie.
I’ll tell you a story and it’s a true one
and I’ll tell it like you understand
And I ain’t gonna talk like some history maid.

I look out and I see a land.
Young and lovely. Hard and strong
For fifty thousand years we’ve danced her praises.
Prayed our thanks and we’ve just begun. Yes, Yes

Yes this is my country.
Young and growing.
Free and flowing. See to see.
Yes, this is my country.
Ripe and bearing miracles
in every pond and tree.
Her spirit walks the high country.
She’s giving free wild samples.
And setting an example how to give.

Yes this is my country
Retching and turning
She is like a baby learning how to live
i can stand upon a hill at dawn
Look all around me.
Feel her surround me.
Soldier blue
Can’t you see her life has just begun
Beating inside us. Telling us she’s here to guide us.

Soldier blue, Soldier blue, Soldier blue.
Can’t you see that there’s another way to love her.

This is my country
And I sprang from her
And I’m learning how to count upon her.
Tall trees and the corn is high country.
I guess I love her.
And I’m learning how to take care of her

When the news stories get me down
I take a drink of freedom to think of
North America from toe to crown
It's never long before
I know just why I belong here

Soldier Blue, Soldier Blue
Can't you see that there's another way to love her

Contributed by Alessandro - 2006/6/22 - 21:49


da quando ho visto il film soldato blu,non ho potuto fare a meno di innamorarmi del brano omonimo cantato da una voce femminile-aggressiva,ma soprattutto passionale come quella di buffy saint-marie...e pensare che all epoca avevo solo 8 anni...

maria stella - 2006/10/7 - 16:21


Mr. Fish:

FishWomenChildrenFirst5


"Versione aggiornata al 21° secolo della regola - Prima le donne e i bambini"

Alessandro - 2009/7/15 - 08:38



Language: Italian

Versione italiana di Margherita
SOLDATO BLU

Ti racconterò una storia ed è vera
e te la racconterò in modo che tu capisca
E non parlerò come una serva della storia.

Guardo fuori e vedo una terra
giovane e adorabile. Dura e forte
Per cinquantamila anni abbiamo ballato le sue lodi
Pregato i nostri ringraziamenti e avevamo appena iniziato. Sì, sì

Sì, questo è il mio paese.
Giovane, che cresce
libero e fluente. Visita per vedere.
Sì, questo è il mio paese.
Maturo e che porta miracoli
in ogni stagno e albero.
Il suo spirito percorre l'alto paese.
Sta dando modelli liberi e selvaggi
e stabilendo un esempio su come donare.

Sì, questo è il mio paese
strangolando e girando
E' come un bambino che sta imparando come vivere
Posso stare su una collina all'alba
guardandomi tutto attorno
Sentendolo attorno a me
Soldato blu
Non vedi che la sua vita è appena cominciata
E batte dentro di noi. Raccontandoci che è qui per guidarci.

Soldato blu. Soldato blu. Soldato blu.
Non vedi che c'è un altro modo per amarlo.

Questo è il mio paese
E mi libero da lui
E sto imparando come contare su di lui
Alti alberi e il grano è l'alto paese.
Credo di amarlo.
E sto imparando come prendermi cura di lui.

Quando le nuove storie mi buttano giù
prendo un sorso di libertà a cui pensare
Il Nord America dal piede alla cima
Non è mai stato desiderato prima
So solo perchè appartengo a questo luogo

Soldato blu, soldato blu
Non vedi che c'è un altro modo per amarlo.

Contributed by Margherita - 2013/12/26 - 20:44


COSA SALVARE DELL’AMBIGUO RAPPORTO TRA SOCIETA’ DELLO SPETTACOLO-MERCE E RESISTENZA INDIANA ?
Gianni Sartori

Preambolo personale da lasciar perdere o eventualmente aggiungere alla vostra serie di “E chi se ne frega?” (battuta rubata all’ottimo Bottura).

Non frequento sale cinematografiche da decenni e non avendo praticamente mai posseduto un televisore, le mie conoscenza in materia di film sono sicuramente scarse e datate. Risalgono alla fine dei sessanta e ai primi settanta la maggior parte dei miei ricordi cinematografici. Oltre a qualche pellicola precedente, degli anni cinquanta, vista da bambino nel cinema parrocchiale di Debba (tra cui “Il massacro di Fort Apache” - per Domenico Buffarini forse il primo esempio di una pellicola non apertamente razzista con i “pellerossa”). Successivamente, sempre in cinema parrocchiali, ma di Vicenza (Santa Chiara soprattutto). Al momento ne ricordo uno in particolare : “E venne il giorno della vendetta” che molti anni dopo avrei saputo ispirato dalla vicenda del “Chico” Sabaté.

Invece tra la fine dei sessanta e i primi settanta avevo potuto apprezzare film emblematici, almeno con il senno di poi.
Pellicole come “I sette fratelli Cervi” e “La battaglia della Neretva”. Visti più volte, in occasione del 25 Aprile nelle proiezioni organizzate dall’ANPI al cinema Odeon in collaborazione con la Società del Mutuo Soccorso (a cui in seguito aggiunsero in una o due occasioni “Corbari”). E poi, in genere sempre all’Odeon, gli imprescindibili cineforum. Da “La corazzata Potëmkin” a “Aleksandr Nevskij”; da “Sacco e Vanzetti” a “Joe Hill”; da “Cittadino al di sopra di ogni sospetto” a “Faccia di spia” (poi scomparso dalla circolazione o quasi) ; da “La classe operaia va in paradiso” a “La battaglia di Algeri” (e sempre di Pontecorvo “Ogro” e “Queimada”). Altri tempi ovviamente, gravidi di speranze destinate a rimanere tali.

Insomma tutta quella roba lì con cui almeno un paio di generazioni si son fatte intortare pregustando improbabili “domani che cantano”.

Di passaggio, quasi “de sforo”, le scarsamente filologiche rivoluzioni messicane evocate in “¡Vamos a matar, compañeros!”, “Tepepa”, “Faccia a faccia” e il pretenzioso “Giù la testa” (In origine “C’era una volta la rivoluzione”) che ispirò - forse a sproposito - i giovani proletari milanesi della Banda Bellini.

Perfino, confesso, robaccia come “Easy Rider” o “Woodstock”. Con il senno di poi “armi di distrazione di massa”. Fine del preambolo.

PRIMO TEMPO: SAND CREEK (“SOLDATO BLU”)

Ma se c’è qualche film dell’epoca che merita di essere ricordato e conservato ritengo siano fondamentalmente due: “Soldato blu” e “Piccolo grande uomo” (anche se all’epoca apprezzai il primo, molto meno il secondo), entrambi del 1970.

Per altri aspetti (culturali, etnici..) aggiungerei  “Un uomo chiamato cavallo”…forse.

L’idea di ritornarci su mi è venuta scoprendo che spesso vengono sottovalutati. Ritengo a sproposito in quanto all’epoca rappresentarono un rovesciamento non da poco delle ideologie dominanti, direi quasi un “cambio di paradigma”. O quantomeno risentirono pesantemente, subirono il contagio, dello spirito di rivolta che agitava le masse planetarie.

Anche se le vicende storiche si confondevano (forse troppo ?) rischiando di sfumare, con quelle personali, con gli amori e le scontate vicissitudini- tragiche o comiche - dei protagonisti. Per quanto impegnata, rimaneva pur sempre “Società dello spettacolo”, della merce, dell’intrattenimento, del consumo… Con un malcelato filo di ammirazione-invidia per un sistema tanto esperto (e privo di scrupoli) da saper trarre profitti anche condannando i massacri del passato, comunque imputabili a quel sistema (da ragionarci sopra effettivamente). D'altra parte - soprattutto se li confrontiamo con l’andazzo attuale - rimangono testimonianza preziosa di come anche “un altro cinema era possibile”. 

Detto questo, ho potuto verificare che tra chi conosceva “Soldato blu”, la maggior parte era convinta che il massacro, orrendo ma veritiero, descritto nel film corrispondesse a quello che ha goduto di maggior notorietà, ossia al Wounded Knee.

In realtà in “Soldato blu” si narra - con dettagli truculenti, ma corrispondenti a quanto era realmente accaduto (anche la scena terribile della fucilazione di donne e bambini rifugiati in una grotta) - della strage di stato subita dai Cheyenne (e da alcuni Arapaho qui accampati) nel 29 novembre 1864 al Sand Creek.
Dove Pentola Nera aveva effettivamente innalzato la bandiera a stelle e strisce (nel film la sorregge andando incontro ai soldati per poi scagliarla a terra quando questi sparano e verrà simbolicamente calpestata dai cavalli al galoppo) insieme a quella bianca sul suo tepee. E qui si erano radunati donne e bambini pensando di sfuggire alle fucilate delle Giacche Blu. In realtà una sorta di milizia (seicento uomini del reggimento del Colorado) guidata dal colonnello Chivington*, un predicatore fallito che intendeva riciclarsi in politica. Tra l’altro, la maggior parte dei “volontari” si erano arruolati per combattere gli indiani solo per sfuggire alla leva obbligatoria che li avrebbe inviati contro i sudisti (il che era molto più pericoloso ovviamente). Per cui inventarsi “battaglie sanguinose” con gli Indiani “ostili” garantiva di restarsene sostanzialmente al sicuro dai terribili combattimenti della Guerra Civile.
Gli indiani uccisi, in maggioranza donne e bambini, vennero scalpati e mutilati, per essere poi abbandonati in pasto gli animali della prateria.

Emblematico il caso di una donna - Kohiss - fuggita con tre bambini, uno per mano, uno sul petto (l’unico che si salvò) e un altro sul dorso. Purtroppo nella fuga due vennero colpiti e uccisi dagli spari dei bianchi. La donna conservò per tutta la vita il ricordo e le cicatrici di quel giorno, una testimonianza vivente delle ingiustizie subite dai nativi.

A titolo personale, di “Soldato blu” ricordo soprattutto un momento esemplare, indicativo di quale sia stato lo “spirito del tempo”.

Il film era terminato e nella sala le persone si stavano alzando per uscire quando apparve la didascalia, il commento finale con la voce fuori campo:

”Il 29 novembre del 1864, un reparto di 700 cavalleggeri del Colorado Cavalleria, attaccò un pacifico villaggio Cheyenne a Sand Creek, nel Colorado. Gli indiani sventolarono la bandiera americana e la bandiera bianca in segno di resa. Nonostante questo il reparto attaccò, massacrando 500 indiani; più della metà erano donne e bambini. Oltre 100 furono scotennati, molti corpi furono squartati, molte donne vennero violentate. Il generale Nelson Miles, capo di stato maggiore dell'esercito, così definì questo tremendo episodio: “È forse l'atto più vile ed ingiusto di tutta la storia americana".

Tutti rimasero semplicemente bloccati, immobili, annichiliti. In un silenzio assoluto che però pareva un urlo. Nessuno fiatava, nessuno faceva il minimo movimento - letteralmente. Ricordo davanti a me due persone già in procinto di alzarsi rimanere quasi ripiegate. Chissà, forse pensavamo tutti al Vietnam, al relativamente recente massacro di Mỹ Lai (16 marzo 1968)…
Certo, per chi fino a poco tempo prima (riguardatevi i western, orrendi per quanto riguarda gli indiani, degli anni cinquanta e sessanta) era abituato a film dove i valorosi pionieri si dedicavano al tiro a segno sui nativi, lo scarto era notevole. E soprattutto era chiaro che si parlava anche del presente.

SECONDO TEMPO: WASHITA E LITTLE BIGHORN (“PICCOLO GRANDE UOMO”)

Nella realtà il capo Caldaia Nera (sostanzialmente un pacifista, disposto non solo al dialogo, ma anche a compromessi con l’invasore) sfuggì al massacro (insieme a Piccolo Mantello, poi “ascaro” di Custer). Così come alcuni Arapaho (Mano Sinistra, No-ta-neee…). Era però scritto nel suo destino di dover soccombere insieme ad altri superstiti nel massacro del Washita di quattro anni dopo (27 novembre 1868). Operazione questa condotta dal “generale” Custer. Questa seconda strage subita dai Cheyenne (e nuovamente anche dagli Arapaho, intervenuti per salvare un gruppo di bambini Cheyenne inseguiti dai cavalleggeri statunitensi) ) viene raccontata in “Piccolo grande uomo”. Nel film il “mulattiere” Dustin Hoffman lo rinfaccerà a Custer a Little Bighorn prima della battaglia finale. Ma come quella del Sand Creek in "Soldato blu", anche la strage del Washita in "Piccolo, grande uomo" viene talvolta confusa con Wounded Knee.
L’apoteosi nel film viene raggiunta con la grande vittoria dei nativi (Lakota,Cheyenne, Araphao…) guidati da Cavallo Pazzo (Oglala), Fiele e Toro Seduto (Hunkpapa) e Due Lune (Cheyenne) contro il militarismo colonialista delle giacche blu a Little Bighorn (25 giugno 1876). Dove il criminale di guerra colonnello George A. Custer, comandante del 7° Cavalleria, pagò infine per i suoi peccati.

Se vogliamo, la rivincita dei guerrieri usciti direttamente dal neolitico sui cadetti di West Point. Per una volta almeno.

Niente riferimenti a Wounded Knee quindi in questi due classici. Verrà invece citato (con una evidente forzatura, strumentalmente), oltre che in qualche serie televisiva, in “Hidalgo”. **

Come è noto dopo la vittoria del Little Bighorn le cose per gli Indiani precipitarono. Costretto, per non veder morire di fame e di freddo il suo popolo braccato, Tashunka Witko (Cavallo Pazzo) si consegnò ai soldati e venne assassinato (5 settembre 1877). Colpito con una baionetta dal soldato William Gentles, mentre era trattenuto dall’indiano collaborazionista Piccolo Grande Uomo (quello storico naturalmente, non quello del film che si ispira- forse - a un Piccolo Uomo Bianco vissuto a lungo tra gli indiani). Il suo cadavere, prelevato dai familiari, venne portato in un luogo nascosto nella valle del Wounde Knee.

Tatanka Yotanka (Toro Seduto), dopo essersi rifugiato nel 1877 in Canada, nel 1881 fu costretto a rientrare negli Stati Uniti dove venne arrestato. In seguito per un breve periodo si prestò a lavorare, interpretando se stesso, nello spettacolo viaggiante dello sterminatore di bisonti Buffalo Bill, ma ogni dollaro guadagnato lo donava ai poveri e ai senzatetto della sua tribù. Coincidenza? Uno dei maggiori esponenti dell’AIM, Russel Means (1939-2012, le sue ceneri vennero sparse nelle Black Hills), già tra gli organizzatori dell’occupazione dell’isola di Alcatraz e di Wounded Knee, divenne un attore tra i più richiesti nei film sugli indiani. Basti pensare al ruolo di Chingachgook nel film “L’ultimo dei Moicani” di Michael Mann.

Tornando a Toro Seduto, nel dicembre 1890, forse perché ritenuto troppo vicino al culto della “Danza degli Spiriti” del profeta Wovoka (un Paiute), venne assassinato nel corso di un arbitrario arresto. La banda dei Lakota Minneconjou di Heȟáka Glešká (Alce Chiazzato, più conosciuto come Piede Grosso, fratellastro di Tatanka Yotanka e cugino di Tashunka Witko) temendo le rappresaglie dei militari e dei collaborazionisti indiani, tentò di fuggire a Pine Ridge (da Nuvola Rossa), ma venne appunto massacrata a Wounde Knee.

Nel frattempo (settembre 1886) anche Goyaałé (Geronimo), l’irriducibile apache Bedonkohe (ma in genere assimilato ai Chiricahua) aveva consegnato le armi. Così come Hinmaton Yalaktit (Capo Giuseppe) intercettato e bloccato con i suoi Nasi Forati al confine canadese dopo un’incredibile marcia di 2740 chilometri (settembre 1877).

Fine della storia quindi. Anche se nella seconda metà del ‘900 l’American Indian Movement (AIM) rilancerà la questione indiana dissotterrando l’ascia di guerra.

Concludendo.
La canzone “Soldier Blue” (Soldato blu) del film omonimo era scritta e interpretata dall’indiana Piapot Buffy Saint-Marie che in anni successivi scrisse anche “Bury My Heart at Wounded Knee” (in riferimento al noto libro di Dee Brown). Frase che venne tracciata sui muri nel 1973, durante l’occupazione. Nella canzone viene ricordata anche la militante Anna Mae Aquash , violentata e assassinata, le mani mozzate.

Una vicenda impregnata di ombre e sospetti di “guerra sporca” (nei confronti sia del FBI che delle milizie native filogovernative e anche dell’AIM), presumibilmente legata a quella di Leonard Peltier. ***

E così il discorso si chiude, ma non il Cerchio irreparabilmente spezzato, frantumato della Nazione indiana. Purtroppo.

Gianni Sartori

*nota1:

“Maledetto sia chiunque simpatizza con gli indiani! Io sono venuto a uccidere gli indiani e credo sia giusto e onorevole usare qualsiasi mezzo Dio ci abbia messo a disposizione per uccidere gli indiani”.

Così si era espresso Chivington contro il capitano Silas Soule (che durante il massacro proibì ai suoi uomini di aprire il fuoco) e i tenenti Joseph Cramer e James Connor che protestavano contro l’ordine del colonnello di attaccare il villaggio di Pentola nera. Ritenendolo un “assassinio nel senso pieno della parola”.

Non si può escludere che l’aperto dissenso mostrato da Soule gli sia costato la vita. Venne infatti assassinato in circostanze mai chiarite l’anno seguente in una strada di Denver.

**nota 2: Un film discutibile, ma che si in parte si salva per l’epica scena finale quando i mustang destinati a essere ammazzati vengono liberati (soprattutto perché ad un certo punto essi stessi abbattono gli steccati). Mi piace pensare che avrebbe commosso anche Bill Rodgers.

*** nota 3:

Dopo gli oltre settanta giorni di occupazione, negli anni successivi, numerosi partecipanti e membri o simpatizzanti dell’AIM morirono in maniera non chiara, “accidentale” (si parla di circa 300 vittime).

Si ritiene che le milizie native filogovernative abbiano così voluto “regolare i loro conti” nelle riserve.

Gianni Sartori - 2023/3/5 - 20:54




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