Me llaman calle

(2007)
Album: La Radiolina



No, non ricorre nessun giorno in difesa delle prostitute (o sex workers). No, non ricorre nessun giorno contro la violenza sulle donne, né mi accingo a diventare prostituta di professione (non ancora, quantomeno).

E’ che a volte, soprattutto quando mi capita di accingermi a preparare un esame che so non servirà a nulla se non a me stessa, che so che non mi farà trovare nessun lavoro, l’Internazionale mi sta un po’ sulle palle, mi suona quasi un po’ grottesca, a dir la verità, e preferisco ascoltare Me Llaman Calle, di Manu Chao. Vorrei raccontarvi quanto mi senta simile alle donne descritte nel testo, vorrei raccontarvi che questa precarietà non la reggo più, vorrei ricordarvi che la Fornero mi sta sulla ceppa, e mi hanno stancato pure gli studentuscoli dei licei e dell’università che blaterano di meritocrazia quando non avranno mai un briciolo di niente se non abbasseranno finalmente il capo solo per raccogliere quel sampietrino, e non per fare mille test che non gli garantiranno nessun futuro se non uno di tristezza e miseria e solitudine (si scrive “carriera”, si legge così).

Ecco, non mi soffermerò a parlare di queste cose, perché francamente non serve proprio a nulla se non a deprimermi e a dire cose “impopolari”, ché poi finisce che sembro la solita estremista (tutti i diritti riservati, n.d.r.). E oggi non voglio farlo. Prima di rimettermi a studiare una cosa che sarà utile solo a me, ma che infondo mi piace, e mi fa pure felice farla, vi traduco questa canzone. Sempre perché mi fa piacere farlo.

(Serena)