Ai venit de departe, ai ajuns cu adevărat unde ai vrut.
Ion, acum eşti printre stele, în alt cer.
După zile de frontieră, cu visele tale în mână
Trenurile s-au oprit şi liniştea a devenit tunet de durere.
Partito da lontano per partire davvero
Sei sceso con la pioggia e il tuo sguardo di cielo
Giorni di frontiera dove i sogni vanno piano
I treni sono in viaggio e i rumori sono tuono...
Arrivato da lontano nel paese in culo al mondo
Un confine sulle spalle e un amore controvento
Il tempo scivola lento come una vendetta
La fatica in agguato è un dolore che ti aspetta...
Nella casa di ringhiera si contano le ore
E non cade più la neve nella città senza stagione
Dove il cielo è più scuro e la notte è più nera
Per tutti i cuori stranieri nel freddo della sera...
Poi vennero i padroni del fumo e della tempesta
Fabbricanti di nuvole nere e onde di fuoco per la festa
Con le loro offerte speciali e una paga da soldato
La tua bocca da cucire e un lavoro disperato...
Avevi mani di zucchero per disegnare arcobaleni
Ora hai braccia di fango per costruire grattacieli
Dove il sole è stanco e non riscalda il cuore
La gente vive in fretta nel paese del dolore...
Viaggiavano i tramonti partivano le parole
Per la tua rosa lontana i tuoi fiori di sole
Poi primavera arriverà primavera porterà l'amore
In questo angolo di rabbia in questa terra senza viole...
Poi fu la notte delle stelle che cantavano alla luna
Quando l'assassino bruciò i tuoi occhi di sfortuna
O forse fu la luna che piangeva con le stelle
Mentre morivano i tuoi anni e bruciava la tua pelle...
Partito da lontano arrivato davvero
Ion figlio della pioggia che cercavi un nuovo cielo
Giornate di frontiera sogni stretti in una mano
Treni sempre in viaggio i rumori sono tuono...
Partito da lontano arrivato davvero
Ion adesso sei con le stelle nel tuo nuovo cielo
Giorni di frontiera sogni chiusi in una mano
I treni adesso sono fermi i silenzi... sono tuono.
Non dimenticate Ion, affinché quello che è successo non accada mai più.
Nu uităţi-l pe Ion, fiindcă ceea ce s-a întâmplat nu se va mai întâmpla.
Ion, acum eşti printre stele, în alt cer.
După zile de frontieră, cu visele tale în mână
Trenurile s-au oprit şi liniştea a devenit tunet de durere.
Partito da lontano per partire davvero
Sei sceso con la pioggia e il tuo sguardo di cielo
Giorni di frontiera dove i sogni vanno piano
I treni sono in viaggio e i rumori sono tuono...
Arrivato da lontano nel paese in culo al mondo
Un confine sulle spalle e un amore controvento
Il tempo scivola lento come una vendetta
La fatica in agguato è un dolore che ti aspetta...
Nella casa di ringhiera si contano le ore
E non cade più la neve nella città senza stagione
Dove il cielo è più scuro e la notte è più nera
Per tutti i cuori stranieri nel freddo della sera...
Poi vennero i padroni del fumo e della tempesta
Fabbricanti di nuvole nere e onde di fuoco per la festa
Con le loro offerte speciali e una paga da soldato
La tua bocca da cucire e un lavoro disperato...
Avevi mani di zucchero per disegnare arcobaleni
Ora hai braccia di fango per costruire grattacieli
Dove il sole è stanco e non riscalda il cuore
La gente vive in fretta nel paese del dolore...
Viaggiavano i tramonti partivano le parole
Per la tua rosa lontana i tuoi fiori di sole
Poi primavera arriverà primavera porterà l'amore
In questo angolo di rabbia in questa terra senza viole...
Poi fu la notte delle stelle che cantavano alla luna
Quando l'assassino bruciò i tuoi occhi di sfortuna
O forse fu la luna che piangeva con le stelle
Mentre morivano i tuoi anni e bruciava la tua pelle...
Partito da lontano arrivato davvero
Ion figlio della pioggia che cercavi un nuovo cielo
Giornate di frontiera sogni stretti in una mano
Treni sempre in viaggio i rumori sono tuono...
Partito da lontano arrivato davvero
Ion adesso sei con le stelle nel tuo nuovo cielo
Giorni di frontiera sogni chiusi in una mano
I treni adesso sono fermi i silenzi... sono tuono.
Non dimenticate Ion, affinché quello che è successo non accada mai più.
Nu uităţi-l pe Ion, fiindcă ceea ce s-a întâmplat nu se va mai întâmpla.
Contributed by Alessandro - 2006/6/7 - 22:23
Language: Italian
Traduzione della strofa iniziale in rumeno (recitata da una voce femminile):
Sei venuto da lontano, sei arrivato davvero dove hai voluto.
Ion, adesso sei tra le stelle, in un altro cielo.
Dopo giorni di frontiera, coi tuoi sogni in mano,
I treni si sono fermati e il silenzio è diventato tuono di dolore.
Ion, adesso sei tra le stelle, in un altro cielo.
Dopo giorni di frontiera, coi tuoi sogni in mano,
I treni si sono fermati e il silenzio è diventato tuono di dolore.
Contributed by Riccardo Venturi - 2006/6/9 - 12:41
Language: Romanian
Versione romena di Riccardo Venturi
Româneşte: Riccardo Venturi
8/9 giugno 2006 - 8/9 iunie 2006
Il romeno è la prima lingua "strana" che ho imparato. Avevo quattordici anni quando ho cominciato a studiarlo, per gioco. Era il 1977. Nemmeno questione di trovare qualcuno con cui provare a parlarlo; la sera ascoltavo quasi di nascosto le trasmissioni della Radio Bucarest del regime di Ceauşescu, e mi divertivo da solo con quella lingua al tempo stesso tanto simile e tanto diversa dall'italiano. Mi ricordo sempre quando alla vecchia libreria Rinascita, la libreria del PCI che era l'unica a tenere libri provenienti dai paesi dell'Est, che non costavano nulla, videro comparire un ragazzino che chiese un dizionario di romeno; lire ottomila per un librone enorme, un dizionario monolingue illustrato che ho sempre qui con me e che mi ha seguito ovunque. Anche stasera l'ho usato per questa traduzione necessaria. Perché adesso è facilissimo trovare persone con cui parlare il romeno. Sono tra i paria di questo paese. Le trovi a vivere magari nelle fogne di Roma o nei ruderi di Milano. Sono tra i principali bersagli del razzismo mediatico di casa nostra, gli "stupratori romeni", i "ladri romeni". Sì che sarebbe facile parlarci, adesso; soltanto che nessuno vuole farlo. Né in romeno, né in italiano, né in nessun'altra lingua. Sono finiti i tempi in cui fascisti e borghesucci si esaltavano per la cacciata del tiranno, nel dicembre 1989; quanti, adesso, lo rivorrebbero quel tiranno sanguinario che però teneva "la sua gente a casa". Quanti rivorrebbero i muri di cui hanno tronfiamente e ipocritamente osannato la caduta, per poi pentirsi quando masse di disperati si sono riversate nei nostri bei paesi "liberi". Romeni, albanesi, polacchi, russi...Finita La domenica delle salme. L'esaltazione è durata due ore, il tempo della retorica idiota; poi sono subentrate la stupidità e la paura.
Fine della Romania e dell'Italia come "paesi latini e fratelli", fine delle "radici comuni", fine di ogni cosa. I romeni che vengono in Italia, adesso, ci vengono per fare gli schiavi e per essere considerati dei delinquenti in massa. Vengono in un paese istupidito e ostile che si è dimenticato in fretta di quando in altre parti del mondo gli italiani erano considerati alla stessa maniera. Importa dunque sapere che persino l'alfabeto romeno è stato modellato su quello italiano quando c'è un Cosimo Iannece che cosparge uno Ion Cazacu di benzina e gli dà fuoco? [RV]
Româneşte: Riccardo Venturi
8/9 giugno 2006 - 8/9 iunie 2006
Il romeno è la prima lingua "strana" che ho imparato. Avevo quattordici anni quando ho cominciato a studiarlo, per gioco. Era il 1977. Nemmeno questione di trovare qualcuno con cui provare a parlarlo; la sera ascoltavo quasi di nascosto le trasmissioni della Radio Bucarest del regime di Ceauşescu, e mi divertivo da solo con quella lingua al tempo stesso tanto simile e tanto diversa dall'italiano. Mi ricordo sempre quando alla vecchia libreria Rinascita, la libreria del PCI che era l'unica a tenere libri provenienti dai paesi dell'Est, che non costavano nulla, videro comparire un ragazzino che chiese un dizionario di romeno; lire ottomila per un librone enorme, un dizionario monolingue illustrato che ho sempre qui con me e che mi ha seguito ovunque. Anche stasera l'ho usato per questa traduzione necessaria. Perché adesso è facilissimo trovare persone con cui parlare il romeno. Sono tra i paria di questo paese. Le trovi a vivere magari nelle fogne di Roma o nei ruderi di Milano. Sono tra i principali bersagli del razzismo mediatico di casa nostra, gli "stupratori romeni", i "ladri romeni". Sì che sarebbe facile parlarci, adesso; soltanto che nessuno vuole farlo. Né in romeno, né in italiano, né in nessun'altra lingua. Sono finiti i tempi in cui fascisti e borghesucci si esaltavano per la cacciata del tiranno, nel dicembre 1989; quanti, adesso, lo rivorrebbero quel tiranno sanguinario che però teneva "la sua gente a casa". Quanti rivorrebbero i muri di cui hanno tronfiamente e ipocritamente osannato la caduta, per poi pentirsi quando masse di disperati si sono riversate nei nostri bei paesi "liberi". Romeni, albanesi, polacchi, russi...Finita La domenica delle salme. L'esaltazione è durata due ore, il tempo della retorica idiota; poi sono subentrate la stupidità e la paura.
Fine della Romania e dell'Italia come "paesi latini e fratelli", fine delle "radici comuni", fine di ogni cosa. I romeni che vengono in Italia, adesso, ci vengono per fare gli schiavi e per essere considerati dei delinquenti in massa. Vengono in un paese istupidito e ostile che si è dimenticato in fretta di quando in altre parti del mondo gli italiani erano considerati alla stessa maniera. Importa dunque sapere che persino l'alfabeto romeno è stato modellato su quello italiano quando c'è un Cosimo Iannece che cosparge uno Ion Cazacu di benzina e gli dà fuoco? [RV]
CÂNTEC PENTRU ION
Ai venit de departe, ai ajuns cu adevărat unde ai vrut.
Ion, acum eşti printre stele, în alt cer.
După zile de frontieră, cu visele tale în mână
Trenurile s-au oprit şi liniştea a devenit tunet de durere.
Ai plecat de departe ca să pleci cu adevărat
Ai ajuns cu ploaie şi cu privirea ta de cer
Zile de frontieră unde visele merg încet
Trenurile sunt în marş şi zgomoturile au devenit tunet…
Ai ajuns de departe într-o ţară îndepartată
Un mal pe spate şi o iubire contra vântului
Timpul trece încet ca răzbunare
O muncă dură, un necaz care te-aşteaptă…
În casa cu balustradă se numără ceasurile
Şi nu cade numai zăpadă pe oraşul fără anotimp
Unde cerul e mai întuneric şi noaptea e mai neagră
Pentru toate inimile străine în frigul serii…
Apoi au venit stăpânii fumului şi furtunii
Fabricanţi de nori negri şi valuri de foc pentru sărbătoare
Cu oferte speciale şi o soldă de soldat
Încearcă să-ţi coasă gura cu o muncă disperată…
Aveai mâini de zahăr pentru a desena curcubei
Acum ai braţe de noroi pentru a construi zgârie-nori
Unde soarele e obosit şi nu încălzeşte inima
Lumea trăieşte degrabă în ţara necazului…
Călătoreau apusurile, plecau cuvintele
La roza ta, departe, florile tale de soare
Apoi primăvara va ajunge şi va aduce iubire
În acest colţ de furie în ţara această fără violete…
Apoi a fost noaptea stelelor care îi cântau lunii
Când asasinul ţi-a ars ochii nenorociţi
Sau poate a fost luna care plângea cu stele
Pe când îţi mureau anii şi-ţi ardea pielea…
Ai plecat de departe ca să pleci cu adevărat
Ioane fiu al ploii care căutai un alt cer
Zile de frontieră, visele tale în mână
Trenuri tot în marş, zgomoturile au devenit tunet…
Ai plecat de departe ca să pleci cu adevărat
Ion, acum eşti printre stele în alt cer
Zile de frontieră visele tale în mână
Trenurile s-au oprit, liniştea a devenit tunet.
Non dimenticate Ion, affinché quello che è successo non accada mai più.
Nu uităţi-l pe Ion, fiindcă ceea ce s-a întâmplat nu se va mai întâmpla.
Ai venit de departe, ai ajuns cu adevărat unde ai vrut.
Ion, acum eşti printre stele, în alt cer.
După zile de frontieră, cu visele tale în mână
Trenurile s-au oprit şi liniştea a devenit tunet de durere.
Ai plecat de departe ca să pleci cu adevărat
Ai ajuns cu ploaie şi cu privirea ta de cer
Zile de frontieră unde visele merg încet
Trenurile sunt în marş şi zgomoturile au devenit tunet…
Ai ajuns de departe într-o ţară îndepartată
Un mal pe spate şi o iubire contra vântului
Timpul trece încet ca răzbunare
O muncă dură, un necaz care te-aşteaptă…
În casa cu balustradă se numără ceasurile
Şi nu cade numai zăpadă pe oraşul fără anotimp
Unde cerul e mai întuneric şi noaptea e mai neagră
Pentru toate inimile străine în frigul serii…
Apoi au venit stăpânii fumului şi furtunii
Fabricanţi de nori negri şi valuri de foc pentru sărbătoare
Cu oferte speciale şi o soldă de soldat
Încearcă să-ţi coasă gura cu o muncă disperată…
Aveai mâini de zahăr pentru a desena curcubei
Acum ai braţe de noroi pentru a construi zgârie-nori
Unde soarele e obosit şi nu încălzeşte inima
Lumea trăieşte degrabă în ţara necazului…
Călătoreau apusurile, plecau cuvintele
La roza ta, departe, florile tale de soare
Apoi primăvara va ajunge şi va aduce iubire
În acest colţ de furie în ţara această fără violete…
Apoi a fost noaptea stelelor care îi cântau lunii
Când asasinul ţi-a ars ochii nenorociţi
Sau poate a fost luna care plângea cu stele
Pe când îţi mureau anii şi-ţi ardea pielea…
Ai plecat de departe ca să pleci cu adevărat
Ioane fiu al ploii care căutai un alt cer
Zile de frontieră, visele tale în mână
Trenuri tot în marş, zgomoturile au devenit tunet…
Ai plecat de departe ca să pleci cu adevărat
Ion, acum eşti printre stele în alt cer
Zile de frontieră visele tale în mână
Trenurile s-au oprit, liniştea a devenit tunet.
Non dimenticate Ion, affinché quello che è successo non accada mai più.
Nu uităţi-l pe Ion, fiindcă ceea ce s-a întâmplat nu se va mai întâmpla.
Se ascolti la canzone alla fine c'è anche una voce femminile che dice prima in italiano e poi in rumeno: "Non dimenticate Ion, affinché quello che è successo non accada mai più". Guarda se è il caso di trascriverla.
Già fatto, al pari della strofa iniziale (recitata) in rumeno, che in pratica è una sorta di "sintesi" della canzone -che mi ha permesso di adattare anche alcuni punti della mia traduzione. Ho comunque aggiunto anche la traduzione della strofa in italiano. [RV]
Lorenzo - 2006/6/9 - 09:58
Come Ion Cazacu, oggi Spiridon Mircea: un'altra vittima della guerra contro i lavoratori... Assunti in nero, senza garanzie, malpagati, sfruttati come bestie, picchiati da caporali senza scrupoli, assassinati, bruciati vivi, lasciati a crepare sotto le macerie...
Crollo Licata, morto l'operaio romeno
da Adnkronos
Spiridon Mircea, 32 anni, era stato estratto vivo questa sera, dopo l'amputazione dei piedi, dalle macerie della palazzina crollata due giorni fa
Caltanissetta, 22 set. (Adnkronos) - Il miracolo alla fine si è trasformato in tragedia. Spiridon Mircea, l'operaio rumeno di 32 anni estratto vivo questa sera dalle macerie della palazzina crollata due giorni fa a Licata (Agrigento), non ce l'ha fatta. L'uomo, cui erano stati amputati entrambi i piedi per tirarlo fuori dai resti della palazzina, è morto dopo l'arrivo in elisoccorso all'ospedale di Caltanissetta. Come conferma uno dei vigili del fuoco che da stamattina alle 7.00 hanno ininterrottamente scavato sotto le macerie, le necrosi ai piedi hanno provocato gravi problemi alla circolazione del sangue.
Disperata la moglie Daniela che dopo l'estrazione dalle macerie aveva gridato al miracolo. L'uomo lascia tre figli.
''Ci dispiace moltissimo - dicono in coro i soccorritori -. Ci abbiamo creduto fino all'ultimo. Purtroppo il muro di cemento che si è abbattuto sui suoi piedi ha provocato ferite mortali''.
Dopo la morte dell'operaio, si aggrava la posizione delle persone iscritte nel registro degli indagati. Al disastro colposo si è aggiunto questa sera anche l'omicidio colposo. Tra gli indagati ci sono i titolari dell'impresa che stava eseguendo i lavori nello stabile di cinque piani ma anche i proprietari della palazzina di Torre di Gaffe, a due passi dal mare. ''L'omicidio colposo - ha spiegato il procuratore capo di Agrigento Ignazio De Francisci che coordina l'inchiesta - si è aggiunto dopo la morte del povero operaio romeno''. I magistrati stanno tentando adesso di capire il perché del crollo e, soprattutto, quante persone lavoravano presso lo stabile senza il rispetto delle norme.
I cani della Protezione civile continuano, nel frattempo, le ricerche per verificare l'eventuale presenza di altre persone.
da Adnkronos
Spiridon Mircea, 32 anni, era stato estratto vivo questa sera, dopo l'amputazione dei piedi, dalle macerie della palazzina crollata due giorni fa
Caltanissetta, 22 set. (Adnkronos) - Il miracolo alla fine si è trasformato in tragedia. Spiridon Mircea, l'operaio rumeno di 32 anni estratto vivo questa sera dalle macerie della palazzina crollata due giorni fa a Licata (Agrigento), non ce l'ha fatta. L'uomo, cui erano stati amputati entrambi i piedi per tirarlo fuori dai resti della palazzina, è morto dopo l'arrivo in elisoccorso all'ospedale di Caltanissetta. Come conferma uno dei vigili del fuoco che da stamattina alle 7.00 hanno ininterrottamente scavato sotto le macerie, le necrosi ai piedi hanno provocato gravi problemi alla circolazione del sangue.
Disperata la moglie Daniela che dopo l'estrazione dalle macerie aveva gridato al miracolo. L'uomo lascia tre figli.
''Ci dispiace moltissimo - dicono in coro i soccorritori -. Ci abbiamo creduto fino all'ultimo. Purtroppo il muro di cemento che si è abbattuto sui suoi piedi ha provocato ferite mortali''.
Dopo la morte dell'operaio, si aggrava la posizione delle persone iscritte nel registro degli indagati. Al disastro colposo si è aggiunto questa sera anche l'omicidio colposo. Tra gli indagati ci sono i titolari dell'impresa che stava eseguendo i lavori nello stabile di cinque piani ma anche i proprietari della palazzina di Torre di Gaffe, a due passi dal mare. ''L'omicidio colposo - ha spiegato il procuratore capo di Agrigento Ignazio De Francisci che coordina l'inchiesta - si è aggiunto dopo la morte del povero operaio romeno''. I magistrati stanno tentando adesso di capire il perché del crollo e, soprattutto, quante persone lavoravano presso lo stabile senza il rispetto delle norme.
I cani della Protezione civile continuano, nel frattempo, le ricerche per verificare l'eventuale presenza di altre persone.
Alessandro - 2006/9/22 - 23:01
La lettera (da Reti Invisibili) scritta al giudice dalla moglie di Ion Cazacu, Nicoleta, con la quale rifiuta la costituzione di parte civile.
Sig. Giudice,
Sono Nicoleta Cazacu, già moglie di Ion Cazacu, e intendo renderLe note le ragioni che non inducono a non costituirmi parte civile e ad essere presente nel processo solo in rappresentanza delle mie figlie Alina e Fiorina. Ho aspettato questo processo come l'ambito dal quale ricevere giustizia per il gravissimo torto che io e le mie figlie abbiamo subito. Ma i miei avvocati mi hanno spiegato che il solo modo di partecipare al processo per far valere le mie ragioni è quello di esercitare l'azione civile attraverso la richiesta di risarcimento del danno, cioè attraverso la richiesta di una somma di denaro. Ho molto riflettuto su questo fatto, combattuta tra il disgusto che mi suscitava l'ipotesi di commisurare in qualsiasi modo la perdita di Ion con del denaro e la responsabilità che sentivo per il futuro delle mie figlie, che non possono più contare sulla presenza di Ion come padre e sui proventi del suo lavoro per il loro futuro. Ho molto pensato alla loro terribile sofferenza, al trauma insuperato, che sta rendendo necessario il ricorso ad uno psicologo che insegni loro a convivere con una realtà così insopportabile, perché io, che avevo provato ad aiutarle, mi sono resa conto di essere a mia volta troppo depressa e disperata. E poi, quale certezza c'è che io sarò sempre al loro fianco? Quando c'era Ion avevano tutto: un padre e i mezzi di sostentamento. Oggi, che già hanno perso il padre, non è giusto che si privino anche dei mezzi di sostentamento. Non è giusto che perdano proprio tutto. Quel contrasto, però, tra la responsabilità e il rifiuto, continua a vivere dentro di me, per questo oggi sono presente nel processo solo in rappresentanza delle mie figlie: Fiorina è maggiorenne, ma Alina no. Abbiamo deciso insieme che cosa fare. Per quanto riguarda me, io non voglio niente dall'uomo che ha ucciso mio marito, voglio solo giustizia. Quando c'era Ion, la cosa più importante era che lui poteva tornare a casa, da noi, da me, ed era questo a darmi felicità, non i soldi che lui mandava, che pure erano per noi necessari. A cosa mi servono i soldi ora che lui non c'è più, ora che non posso più essere felice, che la mia vita è un vuoto immenso?
Non conosco le leggi italiane e non ho mai avuto a che fare con i Tribunali, ma mi chiedo: se basta pagare dei soldi per avere uno sconto di pena, una persona ricca ha molti più vantaggi di una povera, e questa che giustizia è? La vita non è una merce che si può scambiare con il denaro: quando sei vivo puoi fare soldi, ma i soldi non possono fare la vita. La vita è un bene supremo, che viene da Dio, e nessuno all'infuori di Lui può decidere di porvi fine. Cosa credeva questo uomo che ha ucciso Ion, di essere Dio? Che cosa aveva dentro di sé questo uomo? Lui dice che aveva una grande rabbia. Tutti abbiamo della rabbia dentro di noi, ma che uomo è se non riesce a controllarla? Quale immane pericolo costituisce per la società? Che esempio per i suoi figli?
Per i bambini i genitori sono il primo esempio: da loro imparano quasi tutto, li imitano nei gesti, nelle parole, nella vita. L'uomo che ha ucciso Ion ha due figli che non sono colpevoli del male che ha fatto il padre, anche se ne portano già il peso e sono segnati definitivamente da quel gesto, ma non vorrei che quei bambini si privassero di qualcosa per me, perché sarebbero loro a soffrirne di più, non il padre, che con un solo gesto ha rovinato due famiglie, la sua e la mia. Come valuterebbero quei figli il gesto del loro padre se lui uscisse presto dal carcere? Penserebbero alla fine che non era poi tanto grave. Non si può permettere che dei bambini guardino con occhio superficiale a questo fatto perché non è questo il modo di costruire un futuro migliore per loro. Quell'uomo non ha solo negato i diritti di lon e la sua dignità di persona, ha persino distrutto il suo diritto alla vita. E allora, da quel momento, lui può solo essere debitore. lo voglio che questo uomo resti in carcere, non voglio contribuire a ridurre la sua pena e non è solo la rabbia che c'è dentro di me, la disperazione, l'impotenza, che mi fa dire queste cose. C'è anche la consapevolezza che in un'epoca confusa come la nostra le autorità dello Stato, almeno loro, devono dare messaggi chiari, poiché la popolazione non valuterebbe come grave ciò che è accaduto a Ion se non dovesse essere sanzionato con una pena adeguata, penserebbe che la morte di Ion, così atroce e insensata, non ha in verità nessun peso, perché Ion era uno straniero. Penserebbe che i diritti degli stranieri non sono uguali a quelli di un cittadino italiano.
Nicoleta Cazacu.
Sono Nicoleta Cazacu, già moglie di Ion Cazacu, e intendo renderLe note le ragioni che non inducono a non costituirmi parte civile e ad essere presente nel processo solo in rappresentanza delle mie figlie Alina e Fiorina. Ho aspettato questo processo come l'ambito dal quale ricevere giustizia per il gravissimo torto che io e le mie figlie abbiamo subito. Ma i miei avvocati mi hanno spiegato che il solo modo di partecipare al processo per far valere le mie ragioni è quello di esercitare l'azione civile attraverso la richiesta di risarcimento del danno, cioè attraverso la richiesta di una somma di denaro. Ho molto riflettuto su questo fatto, combattuta tra il disgusto che mi suscitava l'ipotesi di commisurare in qualsiasi modo la perdita di Ion con del denaro e la responsabilità che sentivo per il futuro delle mie figlie, che non possono più contare sulla presenza di Ion come padre e sui proventi del suo lavoro per il loro futuro. Ho molto pensato alla loro terribile sofferenza, al trauma insuperato, che sta rendendo necessario il ricorso ad uno psicologo che insegni loro a convivere con una realtà così insopportabile, perché io, che avevo provato ad aiutarle, mi sono resa conto di essere a mia volta troppo depressa e disperata. E poi, quale certezza c'è che io sarò sempre al loro fianco? Quando c'era Ion avevano tutto: un padre e i mezzi di sostentamento. Oggi, che già hanno perso il padre, non è giusto che si privino anche dei mezzi di sostentamento. Non è giusto che perdano proprio tutto. Quel contrasto, però, tra la responsabilità e il rifiuto, continua a vivere dentro di me, per questo oggi sono presente nel processo solo in rappresentanza delle mie figlie: Fiorina è maggiorenne, ma Alina no. Abbiamo deciso insieme che cosa fare. Per quanto riguarda me, io non voglio niente dall'uomo che ha ucciso mio marito, voglio solo giustizia. Quando c'era Ion, la cosa più importante era che lui poteva tornare a casa, da noi, da me, ed era questo a darmi felicità, non i soldi che lui mandava, che pure erano per noi necessari. A cosa mi servono i soldi ora che lui non c'è più, ora che non posso più essere felice, che la mia vita è un vuoto immenso?
Non conosco le leggi italiane e non ho mai avuto a che fare con i Tribunali, ma mi chiedo: se basta pagare dei soldi per avere uno sconto di pena, una persona ricca ha molti più vantaggi di una povera, e questa che giustizia è? La vita non è una merce che si può scambiare con il denaro: quando sei vivo puoi fare soldi, ma i soldi non possono fare la vita. La vita è un bene supremo, che viene da Dio, e nessuno all'infuori di Lui può decidere di porvi fine. Cosa credeva questo uomo che ha ucciso Ion, di essere Dio? Che cosa aveva dentro di sé questo uomo? Lui dice che aveva una grande rabbia. Tutti abbiamo della rabbia dentro di noi, ma che uomo è se non riesce a controllarla? Quale immane pericolo costituisce per la società? Che esempio per i suoi figli?
Per i bambini i genitori sono il primo esempio: da loro imparano quasi tutto, li imitano nei gesti, nelle parole, nella vita. L'uomo che ha ucciso Ion ha due figli che non sono colpevoli del male che ha fatto il padre, anche se ne portano già il peso e sono segnati definitivamente da quel gesto, ma non vorrei che quei bambini si privassero di qualcosa per me, perché sarebbero loro a soffrirne di più, non il padre, che con un solo gesto ha rovinato due famiglie, la sua e la mia. Come valuterebbero quei figli il gesto del loro padre se lui uscisse presto dal carcere? Penserebbero alla fine che non era poi tanto grave. Non si può permettere che dei bambini guardino con occhio superficiale a questo fatto perché non è questo il modo di costruire un futuro migliore per loro. Quell'uomo non ha solo negato i diritti di lon e la sua dignità di persona, ha persino distrutto il suo diritto alla vita. E allora, da quel momento, lui può solo essere debitore. lo voglio che questo uomo resti in carcere, non voglio contribuire a ridurre la sua pena e non è solo la rabbia che c'è dentro di me, la disperazione, l'impotenza, che mi fa dire queste cose. C'è anche la consapevolezza che in un'epoca confusa come la nostra le autorità dello Stato, almeno loro, devono dare messaggi chiari, poiché la popolazione non valuterebbe come grave ciò che è accaduto a Ion se non dovesse essere sanzionato con una pena adeguata, penserebbe che la morte di Ion, così atroce e insensata, non ha in verità nessun peso, perché Ion era uno straniero. Penserebbe che i diritti degli stranieri non sono uguali a quelli di un cittadino italiano.
Nicoleta Cazacu.
Riccardo Venturi - 2006/12/28 - 20:44
CU POPORUL ROMÂN ÎMPOTRIVĂ RASISMULUI ŞI FASCISMULUI INSTITUŢIONAL ITALIAN
CON IL POPOLO RUMENO CONTRO IL RAZZISMO E IL FASCISMO ISTITUZIONALE ITALIANO
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"Lupii cei feroci sunteţi voi italienii. Voi, astăzi, în Italia, sfâşiaţi mai decât 30.000 de fete româneşti, şi jumătatea dintre ele sunt copile. Sunteţi voi care îngrijiţi şi hrăniţi pe criminalii români care le exploatează şi le ţin sclave cu un câştig de cel puţin 200 milioane de euro pe an. Sunt masculii voştri, italieni, care plătesc pe răufăcătorii români. Noi trebuie să-i cerem iertare doamnei care a fost masacrată fără pietate. Dar voi ar trebui să stăţi în genunchi anul întreg, pentru că masacrăţi pe copilele noastre. Sunteţi voi, criminalii italieni, care numiţi criminali români pe ai noştri, şi ai voştri sunt mai mulţi, mai mulţi decât ai noştri".
Ofiţer de poliţie la Don Oreste Benzi.
"I lupi feroci siete voi italiani. Voi oggi in Italia sbranate più di 30.000 ragazze romene, metà sono bambine. Siete voi che foraggiate, mantenete i criminali romeni che le sfruttano e le tengono schiave con almeno duecento milioni di euro all'anno di guadagno. Sono i vostri maschi italiani che pagano i delinquenti romeni. Noi dobbiamo chiedere perdono alla signora barbaramente massacrata. Ma voi dovreste stare in ginocchio tutto l'anno perché massacrate le nostre bambine. Siete voi italiani delinquenti che chiamate i nostri delinquenti romeni, e i vostri delinquenti sono molto, ma molto di più dei nostri"
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CON IL POPOLO RUMENO CONTRO IL RAZZISMO E IL FASCISMO ISTITUZIONALE ITALIANO
Centro Popolare Autogestito Firenze Sud
"Lupii cei feroci sunteţi voi italienii. Voi, astăzi, în Italia, sfâşiaţi mai decât 30.000 de fete româneşti, şi jumătatea dintre ele sunt copile. Sunteţi voi care îngrijiţi şi hrăniţi pe criminalii români care le exploatează şi le ţin sclave cu un câştig de cel puţin 200 milioane de euro pe an. Sunt masculii voştri, italieni, care plătesc pe răufăcătorii români. Noi trebuie să-i cerem iertare doamnei care a fost masacrată fără pietate. Dar voi ar trebui să stăţi în genunchi anul întreg, pentru că masacrăţi pe copilele noastre. Sunteţi voi, criminalii italieni, care numiţi criminali români pe ai noştri, şi ai voştri sunt mai mulţi, mai mulţi decât ai noştri".
Ofiţer de poliţie la Don Oreste Benzi.
"I lupi feroci siete voi italiani. Voi oggi in Italia sbranate più di 30.000 ragazze romene, metà sono bambine. Siete voi che foraggiate, mantenete i criminali romeni che le sfruttano e le tengono schiave con almeno duecento milioni di euro all'anno di guadagno. Sono i vostri maschi italiani che pagano i delinquenti romeni. Noi dobbiamo chiedere perdono alla signora barbaramente massacrata. Ma voi dovreste stare in ginocchio tutto l'anno perché massacrate le nostre bambine. Siete voi italiani delinquenti che chiamate i nostri delinquenti romeni, e i vostri delinquenti sono molto, ma molto di più dei nostri"
Ufficiale di polizia rumena a Don Oreste Benzi.
ZICEM NU LA POGROMURILE LEGALIZATE ÎMPOTRIVĂ ROMÂNILOR ÎN ITALIA!
DICIAMO NO AI POGROM LEGALIZZATI CONTRO I RUMENI IN ITALIA!
CCG/AWS Staff - 2007/11/2 - 23:06
Quanto vale la vita di un rumeno?
di Gennaro Carotenuto
Quanto vale la vita di un immigrato? Poco, ben poco, quasi nulla. Si può buttare in un fosso, massacrare di botte, far cadere da un’impalcatura, oppure ammazzare per pochi spiccioli e nessuno ne sa più niente. A migliaia ne muoiono nel canale di Sicilia. Un irregolare rumeno vale un po’ di più, ma poco di più… a meno che… potrebbe valere molto, moltissimo, anche un milione di €uro.
A meno che… devono essersi detti Valerio Volpe e Cristina Nervo, una coppia di trentenni di Verona con un bimbo di dieci mesi, questo rumeno non si fidi di noi. E Adrian Cosmin, 28 anni, camionista rumeno, si fidava di loro. Anzi si considerava quasi socio di Valerio e Cristina nella ditta di trasporti della quale la coppia veronese era titolare.
Adrian aveva bisogno di lavorare e, un po’ perché si fidava e lo avevano convinto, un po’ perchè era latente il ricatto e temeva di perdere il posto di lavoro, aveva accettato di sottoscrivere una polizza sulla propria vita. All’inizio aveva rifiutato, poi messo alle strette, aveva ceduto, fatto le visite mediche e firmato, quella che si sarebbe rivelata la sua condanna a morte. E’ normale, si fa sempre così, lo avevano convinto, e si era dovuto convincere anche che fosse normale che la polizza sulla sua vita fosse a favore della donna del suo datore di lavoro.
Il resto è cronaca marginale di questi giorni. Marginale anche perchè non trova spazio in cronaca che limitatamente, brevemente, distrattamente, nonostante si tratti forse del più efferato delitto dell’anno in Italia.
Adrian era andato a casa dei veronesi suoi datori di lavoro. Questi lo hanno drogato, caricato nella macchina intestata ad Adrian e in una zona isolata, ma vicina al posto di lavoro del ragazzo, gli hanno dato fuoco, tentando poi di simulare un incidente. Contavano poi di incassare la polizza di quasi un milione di Euro. Lo hanno premeditato per più di un anno l’omicidio di Adrian. Lo hanno fatto per i soldi e solo per i soldi.
Su quel corpo carbonizzato gli inquirenti non hanno impiegato più di tanto per capire cosa fosse successo e, quando è saltata fuori la polizza, Cristina Nervo, messa di fronte all’evidenza, ha fatto presto a confessare. Non preoccupatevi, l’hanno già messa agli arresti domiciliari, facendosi scudo di un figlio di dieci mesi. In un paese dove la certezza della pena fosse garantita, difficilmente Cristina Nervo eviterebbe l’ergastolo. In Italia chissà, in Padania chissà. Come vedremo è già successo, potrebbe ripetersi.
Di fronte ad uno squallido fatto di cronaca nera come questo, una piccola storia ignobile indice innanzitutto di miseria umana, ma anche evidentemente del pensare che la vita di un romeno valga meno di quella di un italiano, diviene pleonastico perfino dire che se una coppia di romeni avessero ucciso in quel modo un ragazzo italiano, saremmo letteralmente sepolti dalla notizia. Verrebbero oscurati perfino gli europei di calcio e Bruno Vespa e Giuliano Ferrara si abbandonerebbero a lunghe edizioni speciali dei loro format televisivi.
Giornalisticamente avrebbero perfino ragione perchè poche volte si assiste ad un omicidio volontario premeditato di tale efferatezza. Ammesso e non concesso (anzi rifiutato) che sia in corso una faida tra italiani e rumeni a chi ne ammazza di più, neanche nel caso terribile della povera Giovanna Reggiani possiamo individuare una tale lucidità criminale data solo dalla premeditazione. Per il caso di Vanessa Russo poi si trattò di violenza di strada finita casualmente (e preterintenzionalmente) in tragedia. Nonostante ciò servì a creare un contesto di odio antirumeno che sui media tenne banco per giorni lasciando tossine di odio in tutta l’opinione pubblica.
Non sarebbe giusto quindi concludere che non solo gli italiani uccidono i romeni, ma che lo fanno perfino in maniera più aberrante, sia pur creando infinitamente meno allarme sociale. Eppure non può non venire in mente il caso di Jon Cazacu, il lavoratore rumeno che chiese di essere messo in regola al suo datore di lavoro. La risposta del datore di lavoro fu cospargerlo di benzina, dargli fuoco e lasciarlo morire carbonizzato. Accadde in provincia di Varese nell’anno 2000. All’assassino di Jon non mancò mai la solidarietà della Lega Nord, che organizzò fiaccolate e gli fornì copertura politica e assistenza legale.
Così tanta fu la solidarietà che in primo grado l’imprenditore assassino evitò un ergastolo scontato e fu condannato a trent’anni. Poi, sempre con la complicità della Lega Nord, riuscì ad avere la pena prima dimezzata e quindi ulteriormente ridotta, oltre a beneficiare dell’indulto che a parole la Lega Nord aborre. Sarà fuori nel 2009. Per chi uccide un romeno in Padania, dobbiamo concludere, non vale la certezza della pena. Vedrete, troveranno attenuanti anche per Volpe e Nervo, la coppietta veronese. Del resto c’è un bambino innocente di mezzo e la vita di Adrian Cosmin, lavoratore rumeno, bruciato vivo per un milione di Euro, tornerà a non valere nulla.
di Gennaro Carotenuto
Quanto vale la vita di un immigrato? Poco, ben poco, quasi nulla. Si può buttare in un fosso, massacrare di botte, far cadere da un’impalcatura, oppure ammazzare per pochi spiccioli e nessuno ne sa più niente. A migliaia ne muoiono nel canale di Sicilia. Un irregolare rumeno vale un po’ di più, ma poco di più… a meno che… potrebbe valere molto, moltissimo, anche un milione di €uro.
A meno che… devono essersi detti Valerio Volpe e Cristina Nervo, una coppia di trentenni di Verona con un bimbo di dieci mesi, questo rumeno non si fidi di noi. E Adrian Cosmin, 28 anni, camionista rumeno, si fidava di loro. Anzi si considerava quasi socio di Valerio e Cristina nella ditta di trasporti della quale la coppia veronese era titolare.
Adrian aveva bisogno di lavorare e, un po’ perché si fidava e lo avevano convinto, un po’ perchè era latente il ricatto e temeva di perdere il posto di lavoro, aveva accettato di sottoscrivere una polizza sulla propria vita. All’inizio aveva rifiutato, poi messo alle strette, aveva ceduto, fatto le visite mediche e firmato, quella che si sarebbe rivelata la sua condanna a morte. E’ normale, si fa sempre così, lo avevano convinto, e si era dovuto convincere anche che fosse normale che la polizza sulla sua vita fosse a favore della donna del suo datore di lavoro.
Il resto è cronaca marginale di questi giorni. Marginale anche perchè non trova spazio in cronaca che limitatamente, brevemente, distrattamente, nonostante si tratti forse del più efferato delitto dell’anno in Italia.
Adrian era andato a casa dei veronesi suoi datori di lavoro. Questi lo hanno drogato, caricato nella macchina intestata ad Adrian e in una zona isolata, ma vicina al posto di lavoro del ragazzo, gli hanno dato fuoco, tentando poi di simulare un incidente. Contavano poi di incassare la polizza di quasi un milione di Euro. Lo hanno premeditato per più di un anno l’omicidio di Adrian. Lo hanno fatto per i soldi e solo per i soldi.
Su quel corpo carbonizzato gli inquirenti non hanno impiegato più di tanto per capire cosa fosse successo e, quando è saltata fuori la polizza, Cristina Nervo, messa di fronte all’evidenza, ha fatto presto a confessare. Non preoccupatevi, l’hanno già messa agli arresti domiciliari, facendosi scudo di un figlio di dieci mesi. In un paese dove la certezza della pena fosse garantita, difficilmente Cristina Nervo eviterebbe l’ergastolo. In Italia chissà, in Padania chissà. Come vedremo è già successo, potrebbe ripetersi.
Di fronte ad uno squallido fatto di cronaca nera come questo, una piccola storia ignobile indice innanzitutto di miseria umana, ma anche evidentemente del pensare che la vita di un romeno valga meno di quella di un italiano, diviene pleonastico perfino dire che se una coppia di romeni avessero ucciso in quel modo un ragazzo italiano, saremmo letteralmente sepolti dalla notizia. Verrebbero oscurati perfino gli europei di calcio e Bruno Vespa e Giuliano Ferrara si abbandonerebbero a lunghe edizioni speciali dei loro format televisivi.
Giornalisticamente avrebbero perfino ragione perchè poche volte si assiste ad un omicidio volontario premeditato di tale efferatezza. Ammesso e non concesso (anzi rifiutato) che sia in corso una faida tra italiani e rumeni a chi ne ammazza di più, neanche nel caso terribile della povera Giovanna Reggiani possiamo individuare una tale lucidità criminale data solo dalla premeditazione. Per il caso di Vanessa Russo poi si trattò di violenza di strada finita casualmente (e preterintenzionalmente) in tragedia. Nonostante ciò servì a creare un contesto di odio antirumeno che sui media tenne banco per giorni lasciando tossine di odio in tutta l’opinione pubblica.
Non sarebbe giusto quindi concludere che non solo gli italiani uccidono i romeni, ma che lo fanno perfino in maniera più aberrante, sia pur creando infinitamente meno allarme sociale. Eppure non può non venire in mente il caso di Jon Cazacu, il lavoratore rumeno che chiese di essere messo in regola al suo datore di lavoro. La risposta del datore di lavoro fu cospargerlo di benzina, dargli fuoco e lasciarlo morire carbonizzato. Accadde in provincia di Varese nell’anno 2000. All’assassino di Jon non mancò mai la solidarietà della Lega Nord, che organizzò fiaccolate e gli fornì copertura politica e assistenza legale.
Così tanta fu la solidarietà che in primo grado l’imprenditore assassino evitò un ergastolo scontato e fu condannato a trent’anni. Poi, sempre con la complicità della Lega Nord, riuscì ad avere la pena prima dimezzata e quindi ulteriormente ridotta, oltre a beneficiare dell’indulto che a parole la Lega Nord aborre. Sarà fuori nel 2009. Per chi uccide un romeno in Padania, dobbiamo concludere, non vale la certezza della pena. Vedrete, troveranno attenuanti anche per Volpe e Nervo, la coppietta veronese. Del resto c’è un bambino innocente di mezzo e la vita di Adrian Cosmin, lavoratore rumeno, bruciato vivo per un milione di Euro, tornerà a non valere nulla.
complimenti a te Renato....una ballata bella e toccante degna dei grandi del passato....un grande omaggio ad un uomo sfortunato
rosario esposito - 2010/1/14 - 11:30
Non pensiamo che i commenti che seguono meritino una qualche risposta. Li riportiamo come testimonianza del clima che si respira ultimamente in Italia (e non solo nella cosiddetta "Padania") [CCG/AWS Staff]
i soliti comunisti .....
fate schifo.
Gabriel
*
ah e in PADANIA comunque immigrati illegali non ci sarebbero e non ci saranno anche perche' la lega vedrete quanti milioni di voti prendera' alle prossime elezioni....
e ci sara' da ridere !!!!!!
*
e vediamo se hai il coraggio di pubblicarlo il mio commento.... Comunista!!!!!!!!!!! inteso come profondamente offensivo ...
Navtej, un anno dopo: ecco l’indiano a cui diedero fuoco
di Paola Zanca
“Il Fatto Quotidiano” del 7 gennaio 2010
Navtej Singh Sidhu
Quando gli racconti che a Venezia è successa la stessa cosa che hanno fatto a lui, Navtej Singh Sidhu chiede solo una cosa: “È vivo?”. Navtej è l’indiano che un anno fa è stato bruciato mentre dormiva alla stazione di Nettuno. La storia si è ripetuta due giorni fa a Venezia. Le indagini su chi ha tentato di ammazzare Marino Scarpa, 61enne senzatetto, si stringono attorno a una baby gang. Anche a dare fuoco a Navtej sono stati dei "ragazzini". Uno, minorenne, ha scelto il rito abbreviato ed è stato condannato a 9 anni e 4 mesi. Altri due – 19 e 29 anni – sono ancora indagati per tentato omicidio.
Navtej, invece, di anni ne ha 36, anche se per lui quest’anno immobile non conta. Sta lentamente ricominciando a camminare, ma i piedi gli fanno ancora male, soprattutto la notte. “Sta facendo riabilitazione – spiega il dottor Giovanni Di Caprio – Starà qui un altro mesetto”. La speranza di Navtej è che arrivi presto quella macchinetta che, gli hanno detto, farà il miracolo. Serve a ricostruire la pelle nei punti in cui il danno è stato maggiore: la provincia di Benevento, tramite l’assessore del Prc Gianluca Aceto, ha trovato i soldi per il noleggio, ma alla clinica in cui è ricoverato ancora non è arrivata. “Con quella dopo un paio di mesi dovrei stare meglio”, racconta Navtej.
La sua vita ormai va avanti a spanne: “Mi avevano detto che per guarire servivano meno di due mesi, poi sono diventati quattro, poi chissà”. Quando uscirà dall’istituto di riabilitazione di Telese, in provincia di Benevento, sa già che dovrà tornare al Sant’Eugenio, dove ha passato i primi mesi della convalescenza. Devono rimettergli due denti, “uno sotto e uno sopra”, caduti per le botte che si è preso quella sera. Per questo non fa programmi, non sa se resterà in Italia o tornerà nel suo paese. Anche prima viveva alla giornata: quella sera di fine gennaio era andato a Nettuno per cercare lavoro, come ogni giorno quando la stagione non era quella della raccolta nei campi. “Dopo non so dove andrò – dice – non so dove trovare una casa, un lavoro. Non ci penso adesso, quando esco troverò una soluzione”.
L’avvocato Angelo Valle, che assiste l’indiano e la sua famiglia assieme al collega Aldo Fontanelli, è preoccupato perché Navtej ha bisogno di protezione: “I medici e la psicologa del Sant’Eugenio ci hanno confermato che un recupero psicofisico totale è altamente improbabile: Navtej è magrolino, il fuoco lo ha danneggiato in profondità. Non ha più alcuno stimolo sessuale. E in lui si è creata un’ansia persistente e diffusa: quando è stato trasportato in ambulanza dalla clinica di Telese al Tribunale di Velletri si è assopito, ma aveva dei continui soprassalti. E quando in Aula gli abbiamo chiesto quali siano le sue sensazioni quando vede qualcuno che si accende anche solo una sigaretta, è scoppiato a piangere e singhiozzare, tanto che il giudice ha dovuto sospendere l’udienza”.
Navtej ha un permesso di soggiorno per fini umanitari. Scade il 28 maggio del 2010. Nessuno dubita che gli verrà rinnovato, ma a Navtej servono soprattutto una casa e un lavoro. Il comune di Roma e quello di Nettuno avevano fatto promesse che però non hanno ancora trovato riscontri. Ci sono alcuni suoi connazionali che cercano di tener viva l’attenzione sul caso, ma non vanno a trovarlo in ospedale, perché “non possono perdere neanche un giorno di lavoro”. Nella sua stanza c’è un altro paziente, italiano. “Sto bene – dice Navtej – ho una persona con cui parlare. C’è la televisione, il bar, così passiamo le giornate. E poi c’è la sua famiglia, che porta il cibo cucinato da casa e lo mangiamo insieme”. Ogni tanto riesce a parlare al telefono con sua nonna, in India. Dei suoi aggressori non vuole parlare. “Ci penseranno gli avvocati e i giudici”, confida. “C’è stato tanto dolore, tanto brutto tempo passato. Ma piano piano passa. Per me, basta tornare a camminare”.
di Paola Zanca
“Il Fatto Quotidiano” del 7 gennaio 2010
Navtej Singh Sidhu
Quando gli racconti che a Venezia è successa la stessa cosa che hanno fatto a lui, Navtej Singh Sidhu chiede solo una cosa: “È vivo?”. Navtej è l’indiano che un anno fa è stato bruciato mentre dormiva alla stazione di Nettuno. La storia si è ripetuta due giorni fa a Venezia. Le indagini su chi ha tentato di ammazzare Marino Scarpa, 61enne senzatetto, si stringono attorno a una baby gang. Anche a dare fuoco a Navtej sono stati dei "ragazzini". Uno, minorenne, ha scelto il rito abbreviato ed è stato condannato a 9 anni e 4 mesi. Altri due – 19 e 29 anni – sono ancora indagati per tentato omicidio.
Navtej, invece, di anni ne ha 36, anche se per lui quest’anno immobile non conta. Sta lentamente ricominciando a camminare, ma i piedi gli fanno ancora male, soprattutto la notte. “Sta facendo riabilitazione – spiega il dottor Giovanni Di Caprio – Starà qui un altro mesetto”. La speranza di Navtej è che arrivi presto quella macchinetta che, gli hanno detto, farà il miracolo. Serve a ricostruire la pelle nei punti in cui il danno è stato maggiore: la provincia di Benevento, tramite l’assessore del Prc Gianluca Aceto, ha trovato i soldi per il noleggio, ma alla clinica in cui è ricoverato ancora non è arrivata. “Con quella dopo un paio di mesi dovrei stare meglio”, racconta Navtej.
La sua vita ormai va avanti a spanne: “Mi avevano detto che per guarire servivano meno di due mesi, poi sono diventati quattro, poi chissà”. Quando uscirà dall’istituto di riabilitazione di Telese, in provincia di Benevento, sa già che dovrà tornare al Sant’Eugenio, dove ha passato i primi mesi della convalescenza. Devono rimettergli due denti, “uno sotto e uno sopra”, caduti per le botte che si è preso quella sera. Per questo non fa programmi, non sa se resterà in Italia o tornerà nel suo paese. Anche prima viveva alla giornata: quella sera di fine gennaio era andato a Nettuno per cercare lavoro, come ogni giorno quando la stagione non era quella della raccolta nei campi. “Dopo non so dove andrò – dice – non so dove trovare una casa, un lavoro. Non ci penso adesso, quando esco troverò una soluzione”.
L’avvocato Angelo Valle, che assiste l’indiano e la sua famiglia assieme al collega Aldo Fontanelli, è preoccupato perché Navtej ha bisogno di protezione: “I medici e la psicologa del Sant’Eugenio ci hanno confermato che un recupero psicofisico totale è altamente improbabile: Navtej è magrolino, il fuoco lo ha danneggiato in profondità. Non ha più alcuno stimolo sessuale. E in lui si è creata un’ansia persistente e diffusa: quando è stato trasportato in ambulanza dalla clinica di Telese al Tribunale di Velletri si è assopito, ma aveva dei continui soprassalti. E quando in Aula gli abbiamo chiesto quali siano le sue sensazioni quando vede qualcuno che si accende anche solo una sigaretta, è scoppiato a piangere e singhiozzare, tanto che il giudice ha dovuto sospendere l’udienza”.
Navtej ha un permesso di soggiorno per fini umanitari. Scade il 28 maggio del 2010. Nessuno dubita che gli verrà rinnovato, ma a Navtej servono soprattutto una casa e un lavoro. Il comune di Roma e quello di Nettuno avevano fatto promesse che però non hanno ancora trovato riscontri. Ci sono alcuni suoi connazionali che cercano di tener viva l’attenzione sul caso, ma non vanno a trovarlo in ospedale, perché “non possono perdere neanche un giorno di lavoro”. Nella sua stanza c’è un altro paziente, italiano. “Sto bene – dice Navtej – ho una persona con cui parlare. C’è la televisione, il bar, così passiamo le giornate. E poi c’è la sua famiglia, che porta il cibo cucinato da casa e lo mangiamo insieme”. Ogni tanto riesce a parlare al telefono con sua nonna, in India. Dei suoi aggressori non vuole parlare. “Ci penseranno gli avvocati e i giudici”, confida. “C’è stato tanto dolore, tanto brutto tempo passato. Ma piano piano passa. Per me, basta tornare a camminare”.
Bartolomeo Pestalozzi - 2010/8/26 - 22:48
Nicoleta, Le scrivo qui e spero che, comunque, sia un modo per farle avere il mio pensiero. Io sono di Gallarate. Abito addirittura vicino a Via Pietro Micca ove Suo marito, Ion, è stato privato del trattamento civile e rispettoso che ogni essere umano merita di avere. Io ci tengo a dirLe, anche se non serve a nulla, che sono dispiaciuta di tutto quello che Vi è successo. Io ero molto più giovane all' epoca dei fatti e allora non avevo inteso la gravita' del gesto. L'ho realizzato e, non so se qualcuno l'ha gia' fatto, ma io Le voglio chiedere scusa per quello che la mia citta' Vi ha causato e portato via. L' Ingegner Cazacu si è battuto con onore per rendere giustizia alla sua dignita' di uomo che vuole lavorare nel pieno diritto della legalita' e ha trovato sul suo cammino una bestia-detta-uomo che ha deciso che questa lotta non fosse giusta, infierendo, addirittura, sulla vita stessa. Che vergogna, Signora Nicoleta. Mi vergogno profondamente e mi scuso per questo sentimento. Mi vorrei impegnare, comunque, a cercare di rispettare la memoria di Suo marito promettendo di non ammettere mai soprusi nel mondo del lavoro e nella vita in generale. Ion Cazacu meriterebbe che la via dove ha perso la vita (perche' credo che tutto si sia fermato a Gallarate) gli sia dedicata. Intitolandola cosi' ad un eroe morto per il diritto al lavoro. Che Dio ci perdoni per quello che abbiamo permesso che succedesse a due passi da casa..
Manuela Bassetti - 2010/12/21 - 22:48
Tratto da una scheda del programma RAI "Chi l'ha visto?":
10 luglio 2013, da La Repubblica:
MIHAI ISTOC
Mihai Istoc
Sesso: M
Età: 45 (al momento della scomparsa)
Nazionalità: Rumena
Corporatura: esile
Statura: 170
Occhi: azzurri
Capelli: castani
Abbigliamento: Jeans e maglietta
Scomparso da: Torino
Data della scomparsa: 08/06/2009
Data pubblicazione: 12/02/2010
Di Mihai Istoc non si hanno notizie dall’8 giugno del 2009. Romeno, si era trasferito in Italia, a Torino, da alcuni anni, lasciando moglie e figlie nel suo paese. A Torino vive anche il fratello che ha sporto la denuncia di scomparsa. Nel capoluogo piemontese Mihai Istoc lavora come muratore. Abita con alcuni connazionali i quali hanno confermato alla polizia che quel giorno, come tutte le mattine, si era alzato molto presto per recarsi al lavoro, dopodiché non è più rientrato.
Mihai Istoc
Sesso: M
Età: 45 (al momento della scomparsa)
Nazionalità: Rumena
Corporatura: esile
Statura: 170
Occhi: azzurri
Capelli: castani
Abbigliamento: Jeans e maglietta
Scomparso da: Torino
Data della scomparsa: 08/06/2009
Data pubblicazione: 12/02/2010
Di Mihai Istoc non si hanno notizie dall’8 giugno del 2009. Romeno, si era trasferito in Italia, a Torino, da alcuni anni, lasciando moglie e figlie nel suo paese. A Torino vive anche il fratello che ha sporto la denuncia di scomparsa. Nel capoluogo piemontese Mihai Istoc lavora come muratore. Abita con alcuni connazionali i quali hanno confermato alla polizia che quel giorno, come tutte le mattine, si era alzato molto presto per recarsi al lavoro, dopodiché non è più rientrato.
10 luglio 2013, da La Repubblica:
Identificato dopo 4 anni muratore morto sul lavoro.
E' Mihai Istoc, un rumeno di 45 anni. Il suo cadavere era stato abbandonato in una discarica a Montafia nei pressi di Asti. Rinviati a giudizio per occultamento di cadavere e omicidio colposo l'imprenditore per cui lavorava e un suo complice.
Dopo quattro anni è stato identificato con il test del DNA il muratore romeno trovato morto nel giugno 2009 a Montafia d'Asti, al limitare di una discarica abusiva. E' Mihai Istoc, 45 anni. Secondo l'accusa, dopo essere morto in un incidente sul lavoro, l'imprenditore edile e un suo complice ne avrebbero nascosto il cadavere. Il caso stava per essere archiviato quando, alcuni mesi fa, l'Interpol ha segnalato alle autorità italiane la scomparsa di Mihai Istoc.
Secondo le indagini, l'uomo, di professione muratore, aveva trovato lavoro in nero in un cantiere edile alla periferia di Torino. Morto in seguito alle ferite riportate cadendo da una impalcatura, il datore di lavoro con l'aiuto di un amico, lo avrebbe gettato in una discarica nella speranza che nessuno lo avrebbe trovato. Essendo una zona di caccia ai cinghiali, due cacciatori, invece, lo trovarono quasi subito, ma il caso è rimasto un giallo fino a poco tempo fa. Ora, la Procura di Asti ha chiesto due rinvii a giudizio con l'accusa di omicidio colposo ed occultamento di cadavere.
E' Mihai Istoc, un rumeno di 45 anni. Il suo cadavere era stato abbandonato in una discarica a Montafia nei pressi di Asti. Rinviati a giudizio per occultamento di cadavere e omicidio colposo l'imprenditore per cui lavorava e un suo complice.
Dopo quattro anni è stato identificato con il test del DNA il muratore romeno trovato morto nel giugno 2009 a Montafia d'Asti, al limitare di una discarica abusiva. E' Mihai Istoc, 45 anni. Secondo l'accusa, dopo essere morto in un incidente sul lavoro, l'imprenditore edile e un suo complice ne avrebbero nascosto il cadavere. Il caso stava per essere archiviato quando, alcuni mesi fa, l'Interpol ha segnalato alle autorità italiane la scomparsa di Mihai Istoc.
Secondo le indagini, l'uomo, di professione muratore, aveva trovato lavoro in nero in un cantiere edile alla periferia di Torino. Morto in seguito alle ferite riportate cadendo da una impalcatura, il datore di lavoro con l'aiuto di un amico, lo avrebbe gettato in una discarica nella speranza che nessuno lo avrebbe trovato. Essendo una zona di caccia ai cinghiali, due cacciatori, invece, lo trovarono quasi subito, ma il caso è rimasto un giallo fino a poco tempo fa. Ora, la Procura di Asti ha chiesto due rinvii a giudizio con l'accusa di omicidio colposo ed occultamento di cadavere.
Bernart - 2013/7/10 - 22:44
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Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.
Testo e musica di Renato Franchi
dell' "Orchestrina Suonatore Jones"
Interpretata anche assieme ai Gang.
Album: "Sogni e tradimenti"
La discussione diventò presto un brutto litigio. L'imprenditore perse la testa, prese una tanica di benzina, la versò addosso all'uomo e gli dette fuoco. I compagni della vittima denunciarono immediatamente l'accaduto alla polizia.
Agli inquirenti Iannece raccontò di averlo fatto per il timore che l'operaio chiedesse di essere regolarizzato per "scippargli" un appalto.
In primo grado il "padroncino" venne condannato a 30 anni di galera e a risarcire i danni alle due figlie di Cazacu, Alina e Florina: 400 milioni di lire a testa. La sentenza venne successivamente confermata in appello. La Cassazione rimandò il processo alla Corte d'Assise d'Appello per un vizio procedurale.
Con un verdetto sconcertante, la Corte d'assise d'appello (presidente Santo Belfiore) confermava l'intento omicida ma dimezzava la condanna cancellando l'unica aggravante rimasta a carico dell'imprenditore: l'aver agito per futili motivi. Esclusa quella, hanno potuto applicare la pena massima prevista per l'omicidio volontario semplice, 24 anni, riducendola automaticamente di un terzo come prevede il rito abbreviato: sedici anni.
La Procura Generale di Milano ricorreva in Cassazione ma la sentenza veniva confermata.
ho appena letto la tua bellissima "Canzone delle reti invisibili", seguita dai Nomi degli uccisi per mano di fascisti e servi(tori) del Potere... Mi sono fermato sul nome di Ion Cazacu, l'operaio rumeno che nel 2000 a Gallarate fu bruciato vivo dal padrone aguzzino - italiano - che voleva continuare a sfruttarlo illegalmente... (e che per quell'omicidio brutale si è beccato solo 16 anni di galera!)... Mi è venuto subito in mente come doveva essere il viso di Ion devastato dal fuoco e mi sono detto che dovevo trovare una foto per ricordarlo invece come era prima di subire tanta furia inumana che lo portò a morire dopo una terribile agonia durata un mese intero... L'ho cercata quella foto [...e la hai trovata, Alessandro+]. Su
rassegna.it ho trovato il testo di una canzone dedicata a Ion, scritta da Renato Franchi C'è anche l'mp3 scaricabile...