Terra, perdona la nostra civiltà di sangue.
Le campagne sono percorse da branchi di lupi.
Selve di vivi cadaveri i lager:
in processione, senza fine camminano ombre
da capitale a capitale.
Tutta l’Europa piange e non è consolata,
piange sulle figlie violentate e uccise.
Oslo è caduta, Olanda è caduta,
Belgio è caduta, Parigi è caduta,
è caduta Belgrado, Atene è caduta,
Varsavia è uccisa,
la radio di Breslavia trasmette Lilì Marlene,
a Praga sono alzate le forche,
e Kiev e Smolensk e Karkow sono cadute,
Mosca è un mare di fango,
e Budapest è ancora sgozzata come un agnello.
Raymond R.L., francese,
ha scritto sul muro della cella:
Non fate nulla dunque per me?
Vi supplico di venire in mio soccorso perché morirò…
Ho quattro bambini, forse
avranno pietà di questi innocenti e la mia povera mogliettina
che mi piange notte e giorno…
Serafim Triantafilou,
della Tessaglia,
trentadue anni,
avvocato, figlio di contadini, fucilato:
Non vediamo nulla,
soltanto sentiamo il rumore della città
come da una tomba.
Sono inconsolabile perché non possiedo una bomba per gettare in aria i tedeschi.
Quando vai a Trikala, passa dal villaggio e baciami il vecchio, il suo sudore mi ha portato sin qui.
Ciao, Niko, non invidio quelli che vivono,
ma quelli che vivranno in un mondo libero.
Franz Mager, di Vienna,
quarantasette anni, falegname,
giustiziato:
Ho dovuto morire perché la solidarietà umana mi era filtrata nel sangue,
perché stimavo superiore alla mia salvezza personale il rispetto verso il mio prossimo,
verso i miei compagni di lavoro.
Non ho commesso alcun delitto contro lo Stato.
E non sono nemmeno un eroe, un martire,
sono soltanto ciò che sono sempre stato,
un uomo semplice, semplicissimo,
che ha dovuto morire perché non era adatto per questi tempi.
Anche Sesto San Giovanni
che nel marzo 1943 vide i primi scioperi
nell’Europa schiacciata dai nazisti
ha pagato il suo duro tributo:
novecento deportati, ottanta morti nei lager,
oltre mille arrestati, quarantacinque caduti in combattimento,
quattordici i fucilati.
Da Sesto San Giovanni veniva Umberto Fogagnolo, trentadue anni,
ingegnere alla Ercole Marelli, fucilato a piazzale Loreto:
Tu, Nadina,
mi perdonerai se oggi io gioco la mia vita.
In questi giorni ho vissuto ore di dramma.
Tu però sii come sempre calma e pensami con tutta l’anima perché ho tanto bisogno di sentirti
vicina.
Sii forte come sempre lo sei stata.
Ricorda che nulla al mondo è superiore al nostro amore e nessuna forza umana, capisci, potrà
mai distruggerlo.
Siimi vicina, ricordami e scrivimi.
La nostra unione è stata la più grande grazia che Dio potesse concederci.
Prega e pensami. A Gioia il mio ricordo.
Un uomo è ritornato ai campi deserti:
una croce di ossa a sorreggere sette cuori.
Aveva sette figli. Tutti ammazzati.
Ghirlande di spine gli era la vecchia madre
E le nuore e i bimbi che fiorivano
Come novelle gocce di sangue
Giù per il suo corpo esangue.
Raggiustò la casa,
ricongiunse le strade interrotte,
e innalzò nuovi alberi nelle grandi fosse, e riprese l’aratro e ritornò ai campi.
«A raccolto distrutto, uno nuovo se ne prepari », disse!
Le campagne sono percorse da branchi di lupi.
Selve di vivi cadaveri i lager:
in processione, senza fine camminano ombre
da capitale a capitale.
Tutta l’Europa piange e non è consolata,
piange sulle figlie violentate e uccise.
Oslo è caduta, Olanda è caduta,
Belgio è caduta, Parigi è caduta,
è caduta Belgrado, Atene è caduta,
Varsavia è uccisa,
la radio di Breslavia trasmette Lilì Marlene,
a Praga sono alzate le forche,
e Kiev e Smolensk e Karkow sono cadute,
Mosca è un mare di fango,
e Budapest è ancora sgozzata come un agnello.
Raymond R.L., francese,
ha scritto sul muro della cella:
Non fate nulla dunque per me?
Vi supplico di venire in mio soccorso perché morirò…
Ho quattro bambini, forse
avranno pietà di questi innocenti e la mia povera mogliettina
che mi piange notte e giorno…
Serafim Triantafilou,
della Tessaglia,
trentadue anni,
avvocato, figlio di contadini, fucilato:
Non vediamo nulla,
soltanto sentiamo il rumore della città
come da una tomba.
Sono inconsolabile perché non possiedo una bomba per gettare in aria i tedeschi.
Quando vai a Trikala, passa dal villaggio e baciami il vecchio, il suo sudore mi ha portato sin qui.
Ciao, Niko, non invidio quelli che vivono,
ma quelli che vivranno in un mondo libero.
Franz Mager, di Vienna,
quarantasette anni, falegname,
giustiziato:
Ho dovuto morire perché la solidarietà umana mi era filtrata nel sangue,
perché stimavo superiore alla mia salvezza personale il rispetto verso il mio prossimo,
verso i miei compagni di lavoro.
Non ho commesso alcun delitto contro lo Stato.
E non sono nemmeno un eroe, un martire,
sono soltanto ciò che sono sempre stato,
un uomo semplice, semplicissimo,
che ha dovuto morire perché non era adatto per questi tempi.
Anche Sesto San Giovanni
che nel marzo 1943 vide i primi scioperi
nell’Europa schiacciata dai nazisti
ha pagato il suo duro tributo:
novecento deportati, ottanta morti nei lager,
oltre mille arrestati, quarantacinque caduti in combattimento,
quattordici i fucilati.
Da Sesto San Giovanni veniva Umberto Fogagnolo, trentadue anni,
ingegnere alla Ercole Marelli, fucilato a piazzale Loreto:
Tu, Nadina,
mi perdonerai se oggi io gioco la mia vita.
In questi giorni ho vissuto ore di dramma.
Tu però sii come sempre calma e pensami con tutta l’anima perché ho tanto bisogno di sentirti
vicina.
Sii forte come sempre lo sei stata.
Ricorda che nulla al mondo è superiore al nostro amore e nessuna forza umana, capisci, potrà
mai distruggerlo.
Siimi vicina, ricordami e scrivimi.
La nostra unione è stata la più grande grazia che Dio potesse concederci.
Prega e pensami. A Gioia il mio ricordo.
Un uomo è ritornato ai campi deserti:
una croce di ossa a sorreggere sette cuori.
Aveva sette figli. Tutti ammazzati.
Ghirlande di spine gli era la vecchia madre
E le nuore e i bimbi che fiorivano
Come novelle gocce di sangue
Giù per il suo corpo esangue.
Raggiustò la casa,
ricongiunse le strade interrotte,
e innalzò nuovi alberi nelle grandi fosse, e riprese l’aratro e ritornò ai campi.
«A raccolto distrutto, uno nuovo se ne prepari », disse!
envoyé par DonQuijote82 - 29/1/2012 - 11:27
Langue: italien
2012
Storie dell'altra Italia
Portata in scena e musicata da Daniele Biacchessi, Gang e Massimo Priviero in "Storie dell'altra Italia"
Storie dell'altra Italia
Portata in scena e musicata da Daniele Biacchessi, Gang e Massimo Priviero in "Storie dell'altra Italia"
Padre Davide Maria Turoldo era un uomo straordinario.
Nella sua “Salmodia della speranza” è racchiusa l’idea di un cristianesimo vissuto dal basso, dalla parte dei più poveri, gli umili del mondo.
Durante l’occupazione nazista di Milano collabora con la Resistenza.
La sua militanza durò tutta la vita, interpretando il comando evangelico “essere nel mondo senza essere del mondo” come un “essere nel sistema senza essere del sistema”.
E allora?
Allora stasera vi raccontiamo un pezzo della “Salmodia della speranza”, a modo nostro.
Perché anche questa è una storia dell’Altra Italia.
Terra, perdona la nostra civiltà di sangue.
Le campagne sono percorse da branchi di lupi.
Selve di vivi cadaveri i lager:
in processione, senza fine camminano ombre
da capitale a capitale.
Tutta l’Europa piange e non è consolata,
piange sulle figlie violentate e uccise.
Oslo è caduta, Olanda è caduta,
Belgio è caduta, Parigi è caduta,
è caduta Belgrado, Atene è caduta,
Varsavia è uccisa,
la radio di Breslavia trasmette Lilì Marlene,
a Praga sono alzate le forche,
e Kiev e Smolensk e Karkow sono cadute,
Mosca è un mare di fango,
e Budapest è ancora sgozzata come un agnello.
Raymond R.L., francese,
ha scritto sul muro della cella:
Non fate nulla dunque per me?
Vi supplico di venire in mio soccorso perché morirò…
Ho quattro bambini, forse
avranno pietà di questi innocenti e la mia povera mogliettina
che mi piange notte e giorno…
Serafim Triantafilou,
della Tessaglia,
trentadue anni ,
avvocato, figlio di contadini, fucilato:
Non vediamo nulla,
soltanto sentiamo il rumore della città
come da una tomba.
Sono inconsolabile perché non possiedo una bomba per gettare in aria i tedeschi.
Quando vai a Trikala, passa dal villaggio e baciami il vecchio, il suo sudore mi ha portato sin
qui.
Ciao, Niko, non invidio quelli che vivono,
ma quelli che vivranno in un mondo libero.
Franz Mager, di Vienna,
quarantasette anni, falegname,
giustiziato:
Ho dovuto morire perché la solidarietà umana mi era filtrata nel sangue,
perché stimavo superiore alla mia salvezza personale il rispetto verso il mio prossimo,
verso i miei compagni di lavoro.
Non ho commesso alcun delitto contro lo Stato.
E non sono nemmeno un eroe, un martire,
sono soltanto ciò che sono sempre stato,
un uomo semplice, semplicissimo,
che ha dovuto morire perché non era adatto per questi tempi.
Anche Sesto San Giovanni
che nel marzo 1943 vide i primi scioperi
nell’Europa schiacciata dai nazisti
ha pagato il suo duro tributo:
novecento deportati, ottanta morti nei lager,
oltre mille arrestati, quarantacinque caduti in combattimento,
quattordici i fucilati.
Da Sesto San Giovanni veniva Umberto Fogagnolo, trentadue anni,
ingegnere alla Ercole Marelli, fucilato a piazzale Loreto:
Tu, Nadina,
mi perdonerai se oggi io gioco la mia vita.
In questi giorni ho vissuto ore di dramma.
Tu però sii come sempre calma e pensami con tutta l’anima perché ho tanto bisogno di sentirti vicina.
Sii forte come sempre lo sei stata.
Ricorda che nulla al mondo è superiore al nostro amore e nessuna forza umana, capisci, potrà
mai distruggerlo.
Siimi vicina, ricordami e scrivimi.
La nostra unione è stata la più grande grazia che Dio potesse concederci.
Prega e pensami. A Gioia il mio ricordo.
Un uomo è ritornato ai campi deserti:
una croce di ossa a sorreggere sette cuori.
Aveva sette figli. Tutti ammazzati.
Ghirlande di spine gli era la vecchia madre
E le nuore e i bimbi che fiorivano
Come novelle gocce di sangue
Giù per il suo corpo esangue.
Raggiustò la casa,
ricongiunse le strade interrotte,
e innalzò nuovi alberi nelle grandi fosse, e riprese l’aratro e ritornò ai campi.
«A raccolto distrutto, uno nuovo se ne prepari », disse!
Nella sua “Salmodia della speranza” è racchiusa l’idea di un cristianesimo vissuto dal basso, dalla parte dei più poveri, gli umili del mondo.
Durante l’occupazione nazista di Milano collabora con la Resistenza.
La sua militanza durò tutta la vita, interpretando il comando evangelico “essere nel mondo senza essere del mondo” come un “essere nel sistema senza essere del sistema”.
E allora?
Allora stasera vi raccontiamo un pezzo della “Salmodia della speranza”, a modo nostro.
Perché anche questa è una storia dell’Altra Italia.
Terra, perdona la nostra civiltà di sangue.
Le campagne sono percorse da branchi di lupi.
Selve di vivi cadaveri i lager:
in processione, senza fine camminano ombre
da capitale a capitale.
Tutta l’Europa piange e non è consolata,
piange sulle figlie violentate e uccise.
Oslo è caduta, Olanda è caduta,
Belgio è caduta, Parigi è caduta,
è caduta Belgrado, Atene è caduta,
Varsavia è uccisa,
la radio di Breslavia trasmette Lilì Marlene,
a Praga sono alzate le forche,
e Kiev e Smolensk e Karkow sono cadute,
Mosca è un mare di fango,
e Budapest è ancora sgozzata come un agnello.
Raymond R.L., francese,
ha scritto sul muro della cella:
Non fate nulla dunque per me?
Vi supplico di venire in mio soccorso perché morirò…
Ho quattro bambini, forse
avranno pietà di questi innocenti e la mia povera mogliettina
che mi piange notte e giorno…
Serafim Triantafilou,
della Tessaglia,
trentadue anni ,
avvocato, figlio di contadini, fucilato:
Non vediamo nulla,
soltanto sentiamo il rumore della città
come da una tomba.
Sono inconsolabile perché non possiedo una bomba per gettare in aria i tedeschi.
Quando vai a Trikala, passa dal villaggio e baciami il vecchio, il suo sudore mi ha portato sin
qui.
Ciao, Niko, non invidio quelli che vivono,
ma quelli che vivranno in un mondo libero.
Franz Mager, di Vienna,
quarantasette anni, falegname,
giustiziato:
Ho dovuto morire perché la solidarietà umana mi era filtrata nel sangue,
perché stimavo superiore alla mia salvezza personale il rispetto verso il mio prossimo,
verso i miei compagni di lavoro.
Non ho commesso alcun delitto contro lo Stato.
E non sono nemmeno un eroe, un martire,
sono soltanto ciò che sono sempre stato,
un uomo semplice, semplicissimo,
che ha dovuto morire perché non era adatto per questi tempi.
Anche Sesto San Giovanni
che nel marzo 1943 vide i primi scioperi
nell’Europa schiacciata dai nazisti
ha pagato il suo duro tributo:
novecento deportati, ottanta morti nei lager,
oltre mille arrestati, quarantacinque caduti in combattimento,
quattordici i fucilati.
Da Sesto San Giovanni veniva Umberto Fogagnolo, trentadue anni,
ingegnere alla Ercole Marelli, fucilato a piazzale Loreto:
Tu, Nadina,
mi perdonerai se oggi io gioco la mia vita.
In questi giorni ho vissuto ore di dramma.
Tu però sii come sempre calma e pensami con tutta l’anima perché ho tanto bisogno di sentirti vicina.
Sii forte come sempre lo sei stata.
Ricorda che nulla al mondo è superiore al nostro amore e nessuna forza umana, capisci, potrà
mai distruggerlo.
Siimi vicina, ricordami e scrivimi.
La nostra unione è stata la più grande grazia che Dio potesse concederci.
Prega e pensami. A Gioia il mio ricordo.
Un uomo è ritornato ai campi deserti:
una croce di ossa a sorreggere sette cuori.
Aveva sette figli. Tutti ammazzati.
Ghirlande di spine gli era la vecchia madre
E le nuore e i bimbi che fiorivano
Come novelle gocce di sangue
Giù per il suo corpo esangue.
Raggiustò la casa,
ricongiunse le strade interrotte,
e innalzò nuovi alberi nelle grandi fosse, e riprese l’aratro e ritornò ai campi.
«A raccolto distrutto, uno nuovo se ne prepari », disse!
envoyé par dq82 - 1/5/2015 - 11:33
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La pianura dei sette fratelli (Gang)
Per i morti di Reggio Emilia (Fausto Amodei) (Sangue del nostro sangue, nervi dei nostri nervi, come fu quello dei Fratelli Cervi)
La ballata dei Fratelli Cervi (Ignazio Buttitta)
Compagni Fratelli Cervi (anonimo)
Papà Cervi raggiunge i sette figli (Eugenio Bargagli)
Sette fratelli (Mercanti di Liquore e Marco Paolini)
Campi rossi (La Casa del vento)
Ai fratelli Cervi, alla loro Italia (Salvatore Quasimodo)
Canzone per Delmo (Filippo Andreani), dedicata ad Adelmo Cervi
I Sette Cervi (anonimo)
Salmodia della speranza (David Maria Turoldo)
Compagni fratelli Cervi (Gianni Rodari)
Nel ricordo della madre (Piero Calamandrei)
Cervi (Paolo Benvegnù)
Milioni di urla (Banda Bassotti)
Ribelli (Riccardo Sgavetti)