Già la passa di li quagghi
Tirminau; lu cacciaturi
Cchiù nun pensa a li travagghi
Di lu cani a li chianuri
Chi currìa pricipitusu
Pr'un patruni capricciusu
Nun curava di li spini
Di macchiuni e di ruvetti
Di sbalanchi e di pinnini
Né di vampi e di scupetti
Pri serviri ad un patruni
Chi cridìa ch'era amicuni.
Stu patruni, alcuni voti
Ch'era stancu, si jittava
Ntra un'agnuni a li rimoti
E si poi s'addurmintava
Chistu cani vigilanti
Guai a cui si facìa avanti!
Doppu poi chi fu finuta
Già la passa di li quagghi
Stu patruni lu rifiuta
Chiù nun voli sti canagghi:
-Nesci fora, 'un vogghiu cani
Vatti vuscati lu pani!-
Accussì mi pari a mia
Chi lu munnu è situatu;
ora lassu diri a tia
di stu cani disprizzatu
d'un patruni chi n'ha avutu
spassu, vita e grann'ajutu.
Tirminau; lu cacciaturi
Cchiù nun pensa a li travagghi
Di lu cani a li chianuri
Chi currìa pricipitusu
Pr'un patruni capricciusu
Nun curava di li spini
Di macchiuni e di ruvetti
Di sbalanchi e di pinnini
Né di vampi e di scupetti
Pri serviri ad un patruni
Chi cridìa ch'era amicuni.
Stu patruni, alcuni voti
Ch'era stancu, si jittava
Ntra un'agnuni a li rimoti
E si poi s'addurmintava
Chistu cani vigilanti
Guai a cui si facìa avanti!
Doppu poi chi fu finuta
Già la passa di li quagghi
Stu patruni lu rifiuta
Chiù nun voli sti canagghi:
-Nesci fora, 'un vogghiu cani
Vatti vuscati lu pani!-
Accussì mi pari a mia
Chi lu munnu è situatu;
ora lassu diri a tia
di stu cani disprizzatu
d'un patruni chi n'ha avutu
spassu, vita e grann'ajutu.
envoyé par Bartleby - 19/7/2011 - 15:51
Langue: italien
Traduzione italiana dal sito della Regione Sicilia citato.
IL CACCIATORE (O IL GOVERNO ITALIANO E GARIBALDI)
Già la passa delle quaglie
È finita, il cacciatore
Più non pensa alle fatiche
Del cane nelle pianure
Che mandava a precipizio
Per un padrone capriccioso
Non si curava delle spine
Di macchioni e di rovi
Di dirupi e di pendici
Né del fuoco del fucile
Per servire un padrone
Che credeva un vero amico
Il padrone, qualche volta
Ch'era stanco, si sdraiava
In un angolo remoto
E poi s'addormentava
E questo cane sempre vigile
Guai a chi si faceva avanti!
Non appena fu finita
la passa delle quaglie
Il padrone lo respinge
Più non vuole ‘sta canaglia:
-Vai via, non voglio cani
Va, guadagnati il tuo pane!-
È così che mi pare
Questo mondo sia combinato;
ora lascio dire a te
di questo cane disprezzato
da un padrone che ne ha tratto
divertimento, vita e grande aiuto.
Già la passa delle quaglie
È finita, il cacciatore
Più non pensa alle fatiche
Del cane nelle pianure
Che mandava a precipizio
Per un padrone capriccioso
Non si curava delle spine
Di macchioni e di rovi
Di dirupi e di pendici
Né del fuoco del fucile
Per servire un padrone
Che credeva un vero amico
Il padrone, qualche volta
Ch'era stanco, si sdraiava
In un angolo remoto
E poi s'addormentava
E questo cane sempre vigile
Guai a chi si faceva avanti!
Non appena fu finita
la passa delle quaglie
Il padrone lo respinge
Più non vuole ‘sta canaglia:
-Vai via, non voglio cani
Va, guadagnati il tuo pane!-
È così che mi pare
Questo mondo sia combinato;
ora lascio dire a te
di questo cane disprezzato
da un padrone che ne ha tratto
divertimento, vita e grande aiuto.
envoyé par Bartleby - 19/7/2011 - 15:52
Dall’introduzione alla canzone in “Risorgimento e società nei canti popolari siciliani” di Antonino Uccello:
“Il movimento garibaldino aveva un contenuto sociale, indeterminato e vago finchè si vuole, ma certamente democratico, tanto che la borghesia liberale e moderata si preoccupò di svuotarlo di questo significato e di eliminare lo stesso Garibaldi; il governo italiano, insomma, come scriveva il Nievo, fece da “carabiniere all’alleato di ieri”.
Il nuovo Stato, con un’azione lenta e inflessibile, liquidava le poche conquiste democratiche del movimentoe stroncava le grandi illusioni e le prospettive delle masse rurali che avevano fermamante creduto in Garibaldi e nella sua rivoluzione. Tramontavano le meravigliose speranze delle giornate del maggio 1860, quando i contadini erano insorti nel nome della libertà e vedevano nel governo di Garibaldi il proprio governo, quello che avrebbe infine risolto il problema della terra.”
“Il movimento garibaldino aveva un contenuto sociale, indeterminato e vago finchè si vuole, ma certamente democratico, tanto che la borghesia liberale e moderata si preoccupò di svuotarlo di questo significato e di eliminare lo stesso Garibaldi; il governo italiano, insomma, come scriveva il Nievo, fece da “carabiniere all’alleato di ieri”.
Il nuovo Stato, con un’azione lenta e inflessibile, liquidava le poche conquiste democratiche del movimentoe stroncava le grandi illusioni e le prospettive delle masse rurali che avevano fermamante creduto in Garibaldi e nella sua rivoluzione. Tramontavano le meravigliose speranze delle giornate del maggio 1860, quando i contadini erano insorti nel nome della libertà e vedevano nel governo di Garibaldi il proprio governo, quello che avrebbe infine risolto il problema della terra.”
Bartleby - 18/8/2011 - 14:07
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Dal volume di Antonino Uccello intitolato “Risorgimento e società nei canti popolari siciliani”, edito per la prima volta nel 1961 in occasione del centenario dell’Unità d’Italia.
Ho trovato il testo sul sito della Regione Sicilia, dove viene attribuito senza riscontri (e nemmeno ne ho trovati in rete) a tal Girolamo Accardi, per cui ho preferito attribuirla ad anonimo.
“Con un'efficace allegoria Girolamo Accardi, autore di questo canto, restituisce il senso di delusione e frustrazione delle masse rurali siciliane che avevano sperato nella conquista della terra, una volta finita la rivoluzione e la dittatura garibaldina.”