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Il comandante Picelli

Emily County Folk
Language: Italian


Emily County Folk

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Thomas Sankara: Discours devant l’assemblée générale de l’ONU le 4 octobre 1984
(LA CCG NUMERO 30000 / AWS NUMBER 30000 / LA CCG N° 30000 / SVL NRO 30000)
Black hills
(Emily County Folk)
Piazza Fontana [Fontana del dolor]
(Angelo e Vincenzina Cavallini)


credere ai ricordi
“Come la luce e l’aria, le idee di libertà e uguaglianza penetrano ovunque e ‎nessuna forza può contenerle”. Guido Picelli.‎




Canzone dedicata a Guido Picelli (Parma, 9 ottobre 1889 – Algora, Spagna, 5 gennaio 1937).‎
Volontario nella Croce Rossa durante il primo conflitto mondiale, nel 1919 aderì al Partito ‎Socialista nelle cui fila fu poi eletto deputato. ‎
A Parma, nel 20 fondò la Guardia Rossa e nel 22 gli Arditi del Popolo, dando vita ad un fronte ‎unico antifascista, costituito da anarchici, comunisti, popolari, repubblicani e socialisti, che difese ‎vittoriosamente Parma per cinque giorni sconfiggendo migliaia di fascisti comandati da Italo Balbo. ‎Ancora nel 1923, ben dopo la marcia su Roma, i fascisti non controllavano i quartieri popolari a ‎Parma. ‎
Picelli fu più volte arrestato e scampò a diversi tentativi di assassinio. Passato al Partito Comunista, ‎nel 1926 fu dichiarato decaduto dal mandato parlamentare, arrestato nuovamente e spedito al ‎confino. Scappò prima in Francia, poi in Belgio, quindi in Unione Sovietica dove divenne docente ‎di strategia militare. ‎



Travolto dalle purghe staliniane, come molti altri immigrati antifascisti, abbandonò disgustato ‎l’Unione Sovietica per andare a combattere in Spagna fra gli antistalinisti del POUM. Il 5 gennaio ‎‎1937 fu ucciso sul fronte di Mirabueno, vicino a Guadalajara. Secondo alcune versioni fu una ‎raffica dei fascisti ad ammazzarlo, secondo altre fu colpito alla schiena da uno dei sicari del ‎Comintern nel quadro della “pulizia” staliniana che anche in Spagna si abbattè sui militanti ‎anarchici e comunisti non ortodossi.‎

Recentemente, il regista Giancarlo Bocchi ha girato su Picelli un film intitolato “Il ribelle – Guido Picelli, un eroe scomodo”‎

”Il ‎ribelle”, di Giancarlo Bocchi‎
”Il ‎ribelle”, di Giancarlo Bocchi‎


Risultato di oltre tre anni di lavoro, d’intense ricerche negli archivi russi, italiani, francesi, spagnoli, ‎statunitensi “Il Ribelle” narra l'avventura di Guido Picelli, strenuo combattente per la libertà e ‎antifascista, personaggio da riscoprire, che visse da protagonista la storia d'Italia e d'Europa del ‎‎'900, che si batté per l'affermazione della giustizia sociale e che si oppose a ogni forma ‎di totalitarismo.
Antesignano di Che Guevara, teorico della “guerriglia”, anticipò di vent’anni la Resistenza ‎opponendosi nel 1922 con le armi al fascismo. Nell’agosto del 1922 sconfisse con i suoi 400 Arditi ‎del Popolo diecimila fascisti di Italo Balbo, durante i cinque giorni della Battaglia di Parma. Eletto ‎due volte deputato, nel 1921 e nel 1924, fu il primo sostenitore in Europa dell'idea del "Fronte ‎popolare" e autore di gesti eroici e clamorosi. Il primo maggio del 1924 ridicolizzò il regime ‎fascista inalberando la bandiera rossa sul palazzo del Parlamento italiano per protestare contro ‎l’abolizione della Festa dei lavoratori.
In quel periodo sfuggì ai numerosi agguati mortali fascisti, tentando di far insorgere l'Italia contro ‎Mussolini. Dopo 5 anni di galera e di confino a Lipari, giunto in URSS fu emarginato e perseguitato ‎dagli stalinisti.
Durante la Guerra di Spagna, alla testa del Battaglione Garibaldi, ottenne importanti vittorie sul ‎fronte di Madrid. Mentre preparava un attacco contro il nemico franchista, il 5 gennaio 1937, una ‎pallottola lo fulminò, colpendolo alle spalle, all'altezza del cuore.
Con le voci di Valerio Mastandrea e Francesco Pannofino, il film di Giancarlo Bocchi racconta la ‎storia di un eroe scomodo, dimenticato, ma attualissimo per le sue idee sociali e politiche, di un ‎‎“ribelle” la cui morte è rimasta fino ad ora avvolta nel mistero.
‎“Il Ribelle” è un film indipendente, che vuole riaffermare l’assoluta necessità di una “democrazia ‎delle immagini” contro i “format” preconfezionati di storia, attualmente nelle mani delle ‎multinazionali o dei gruppi televisivi. L’intenso lavoro di ricerca negli archivi di molti paesi ha ‎portato al ritrovamento di numerosi documenti segreti e di filmati inediti, tra questi anche una ‎pellicola del 1914, l’unica che ritrae Guido Picelli.

(intro by Bartleby)
Erano arrivati sul far della mattina
Per portare ordine e disciplina
Ma non era così obbediente
Quel giorno il rosso oltretorrente

Era un caldo 2 di agosto
E l’attacco era ormai pronto
Ma nessuno battè ciglio
Nel quartiere del Naviglio

Si scavano trincee come nel 15-18
Adesso gli operai sono pronti alla lotta
Barricate di sassi, legno e terra
Il popolo ora è pronto alla guerra

Erano pochi gli arditi contro molti
Ma non si vedea paura sui loro volti
Balzan fuori con bombe e moschetti
Respingono i nemici maledetti.

Comandante Picelli all'attacco
sopra queste barricate
Comandante Cieri all'attacco
in mezzo alle fucilate
Comandànt Picelli a l’atàc
In sòra tuti'l barichèdi
Comandànt Cieri a l’atac
In mez al fùm e al fusiledi.

Sconfitti i fascisti chiamano Balbo
Che porti loro consiglio e coraggio
Intima il Ras la resa ai ribelli
“resistere, resistere” risponde Picelli!

Poco dopo arrivano i soldati
E come eroi da tutti sono salutati
“Viva l’esercito dei proletari”
con i “figli peggiori” non sporcatevi le mani.

Comandante Picelli all'attacco
sopra queste barricate
Comandante Cieri all'attacco
in mezzo alle fucilate
Comandànt Picelli a l’atàc
In sòra tuti'l barichèdi
Comandànt Cieri a l’atac
In mez al fùm e al fusiledi

Contributed by DonQuijote82 - 2011/4/2 - 15:57


Guido Picelli, le battaglie del "Che" di Parma

Il primo agosto di novant'anni fa la città emiliana sconfisse e cacciò gli squadristi ‎inviati da Mussolini. Fu il più importante episodio di opposizione armata al fascismo pre-‎Resistenza. Dietro le barricate uomini e donne, anarchici e cattolici Comandati da un guerrigliero ‎pacifista che avrebbe voluto fare l'attore

di Giancarlo Bocchi, autore del recente documentario intitolato Il ribelle – ‎Guido Picelli, un eroe scomodo
da La Repubblica di Parma del 22 luglio 2012‎



Nell'estate del 1922 ha trentatré anni. È alto, occhi cerulei, luminosi e magnetici, baffi ‎‎"all'americana". Veste quasi sempre di scuro, portamento elegante, modi garbati. Da ragazzo Guido ‎Picelli non pensava alla rivoluzione, inseguiva sogni d'artista: recitava sui palcoscenici di provincia, ‎girava l'Italia, a fianco di Ermete Zacconi partecipò a uno dei primi film del cinema muto italiano- ‎si legge nell'articolo che Bocchi ha scritto per edizione cartacea di repubblica-. Ora invece si ‎ritrova capopopolo, uno poco incline ai dibattiti teorici ma che sa combattere con coraggio. Per il ‎pane, il lavoro, la giustizia sociale. E che da tempo ha in testa una parola sola, "unità": "La salvezza ‎del proletariato sta solamente nella valorizzazione delle sue forze effettive, nell'unità" scrive.

Quando arriva il momento di mettere in pratica le sue convinzioni Picelli è pronto. Mussolini ha ‎appena inviato diecimila fascisti alla volta della sua città, Parma, con l'ordine di "metterla a ferro e ‎fuoco". In poco tempo Picelli fa il miracolo. Coalizza forze da sempre antagoniste - socialisti, ‎comunisti, anarchici, popolari e repubblicani - in un fronte unico, gli "Arditi del popolo". La ‎battaglia durerà cinque giorni, dall'1 al 6 agosto, sarà il più importante episodio di opposizione ‎armata al fascismo prima della Resistenza, dimostrerà che il fascismo si poteva fermare ‎militarmente.

Picelli era un pacifista convinto. Allo scoppio della Grande guerra si arruola come volontario nella ‎Croce Rossa, meritando due medaglie al valore. Ma è proprio l'aver assistito all'"inutile massacro ‎del proletariato" che lo spinge a fare il corso ufficiali all'Accademia di Modena: vuole imparare a ‎combattere per una società più giusta. Tornato a Parma fonda "Le Guardie rosse", una formazione ‎di autodifesa proletaria. Nel 1920 viene imprigionato per aver impedito la partenza di un treno ‎militare, ma nella primavera del 1921 è il popolo a tirarlo fuori di galera: con ventimila preferenze è ‎eletto deputato per il Partito socialista (che poi abbandonerà) e esce dal carcere. Sulla scheda di ‎accettazione, alla voce "impieghi all'epoca dell'elezione", scrive beffardo: "Carcerato".

La notte del primo agosto 1922 le forze squadriste si sono raggruppate alla Stazione di Parma. I ‎carabinieri e le guardie regie sono state ritirate dalle due caserme dell'Oltretorrente, una sorta di via ‎libera ai fascisti. All'alba Picelli decide di mobilitare i suoi. Comandante della spedizione punitiva ‎fascista, almeno diecimila uomini armati con mitragliatrici, bombe e fucili, è Italo Balbo. Picelli ‎può contare su trecento "Arditi", fucili modello 1891, moschetti, pistole. Ma dalla sua parte ha ‎anche, come ricorderà nei suoi scritti, "la popolazione operaia scesa per le strade, impetuosa come ‎le acque di un fiume che straripi, con picconi, badili, spranghe ed ogni sorta di arnesi". Come un ‎Che Guevara d'altri tempi e latitudini, mette in atto un piano di guerriglia urbana mai attuato prima. ‎Fortifica l'Oltretorrente, e i rioni Naviglio e Saffi, con tre-quattro linee di barricate per ogni strada, ‎intervallate da reticolati percorsi da corrente elettrica e da sbarramenti per le autoblindo protetti da ‎mine. Ottavio Pastore, inviato per L'Ordine Nuovo di Gramsci, scrive: "Le donne avevano preparato ‎l'acqua e l'olio bollente... perfino delle boccette di vetriolo".

I fascisti attaccano in forze, vengono respinti. Nel rione Naviglio difeso dal vice di Picelli, ‎l'anarchico Antonio Cieri, gli scontri più duri. Colpito da un cecchino cade il più giovane degli ‎Arditi, la vedetta Gino Gazzola, quattordici anni. Anche i comunisti si sono schierati con gli Arditi, ‎ignorando i diktat di Bordiga. E nell'Oltretorrente muore, in mano il suo fuciletto da caccia, Ulisse ‎Corazza, consigliere comunale per il Partito Popolare. Costretti alla fuga, i fascisti non cantano più ‎‎"Quando in un cantone ci sta un certo Picelli, lo manderemo in Russia, a colpi di bastone". Muti, ‎impauriti. Hanno avuto 39 morti e 150 feriti. Sono allo sbando. "Se Picelli dovesse vincere - ‎annotava Balbo nel suo diario - i sovversivi di tutta Italia rialzerebbero la testa. Sarebbe dimostrato ‎che armando e organizzando le squadre rosse si neutralizza ogni offensiva fascista".

Il quinto giorno Picelli ha vinto e entra nella leggenda, ma capisce che non c'è tempo per ‎festeggiare. Il nodo politico-militare dell'estate-autunno del 1922 è cruciale. La battaglia da ‎difensiva deve diventare offensiva. Dalle colonne del suo giornale, L'Ardito del popolo, lancia ‎appelli all'unità delle forze antifasciste: "Tutti in piedi come un sol uomo, pronti alla riscossa!". ‎Gira il Nord per costituire "l'Esercito rosso", ma il suo piano trova una forte opposizione nei partiti ‎della sinistra. Dopo che Mussolini diventa capo del governo, Picelli scioglie gli Arditi per fondare ‎‎"I soldati del popolo", un'organizzazione segreta insurrezionale. Viene pedinato, spiato, arrestato. ‎Nel 1923 i fascisti gli tendono un agguato a Parma. Sfugge anche a un complotto per eliminarlo. Il ‎sicario pentito, Vincenzo Tonti, fa i nomi dei mandanti: il generale Agostini, il generale Sacco, il ‎vicequestore Angelucci. E Italo Balbo. Nel 1924 viene rieletto deputato come indipendente nelle ‎liste del Partito comunista: il Primo maggio entra in Parlamento. Lo fa a modo suo, issando sul ‎pennone di Montecitorio una grande bandiera rossa.

Si avvicina sempre di più a Gramsci. Viaggia per organizzare la struttura insurrezionale clandestina ‎del Partito comunista. In un documento segreto del PCd'I viene indicato, insieme a Fortichiari ‎dell'ufficio "I" del Partito, come responsabile delle questioni militari. L'8 novembre del 1926 viene ‎arrestato insieme a tutti i maggiori leader antifascisti. Dopo cinque anni di confino e di galera nel ‎‎1932 fugge in Francia, poi in Belgio, infine Mosca. Qui le sue speranze si scontrano con la dura ‎realtà: viene emarginato, perseguitato, processato in una "cista" sulla base di false e futili accuse. ‎L'Nkvd, la polizia segreta, indaga su di lui e solo grazie all'intervento del potente Dimitri Manuilski, ‎che conosce Picelli come grande combattente antifascista, accantona la pratica. Scampato al gulag ‎Picelli parte alla volta della Spagna per combattere i franchisti. Abbandona i comunisti italiani ed ‎entra in contatto con il Poum, il Partito comunista antistalinista spagnolo. A Barcellona Andreu Nin, ‎leader del Poum ed ex segretario di Trotsky, gli propone il comando di un battaglione. Ma alla fine ‎Picelli accetta, pur consapevole dei rischi di una vendetta stalinista, un comando delle Brigate ‎internazionali.

Il primo gennaio è al comando del Battaglione Garibaldi. Attacca e conquista Mirabueno, la prima ‎vittoria repubblicana sul Fronte di Madrid. La fine arriva pochi giorni dopo, il 5 gennaio 1937, ‎sull'altura del San Cristobal. "La pallottola che l'ha fulminato, l'ha colpito alle spalle, all'altezza del ‎cuore" scrive l'amico Braccialarghe che è andato a recuperare il corpo abbandonato sul posto. A ‎Picelli vengono tributati tre funerali di Stato. A Madrid, Valencia e Barcellona. A quest'ultimo ‎partecipano più di centomila persone. Sulla lapide, che due anni più tardi i franchisti faranno a pezzi ‎insieme al corpo di Picelli, sta scritto: "All'eroe delle barricate di Parma". A un anno dalla sua morte ‎alti ufficiali degli "Internazionali" propongono di conferire alla sua memoria "l'Ordine di Lenin", la ‎più alta onorificenza sovietica. Alcuni funzionari comunisti italiani, però, stilano un rapporto ‎segreto al Comintern sui contatti tra Picelli e il Poum che di fatto blocca tutto. Non sarà l'ultimo ‎tentativo di far cadere nell'oblio la vita straordinaria del "Che" Guevara italiano.


Noi, ragazzi dell'Oltretorrente

Le Barricate raccontate dall'autore di "Oltretorrente", pubblicato dalla Feltrinelli nel ‎‎2003

di Pino Cacucci (scrittore ribelle che nel 2003 ha dedicato un libro alla resistenza ‎antifascista a Parma nel 1922)‎
da La Repubblica di Parma del 22 luglio 2012‎




A Parma il 25 agosto 1972 un gruppo di neofascisti aggredisce e uccide a pugnalate Mario Lupo, ‎giovane militante di Lotta Continua. L'omicidio a freddo, davanti al cinema Roma di viale Tanara, ‎segna il culmine di uno stillicidio di provocazioni e violenze che hanno instaurato in città un clima ‎di forte tensione. E qui, all'inizio degli anni Settanta, la memoria storica delle barricate e degli ‎Arditi del popolo sta vivendo un ritorno di fiamma che fa dell'antifascismo militante un dovere ‎politico e morale. Tutto ciò accade quarant'anni fa, a mezzo secolo dall'insurrezione che vide ‎l'Oltretorrente resistere e respingere migliaia di squadristi in armi capeggiati da Italo Balbo.

La voce corre nelle strade e scatena una reazione inarrestabile: la sede dell'Msi, da cui partivano le ‎incursioni neofasciste, viene devastata da una folla infuriata, lo stesso questore ordina alle forze di ‎polizia di non intervenire: "Se proviamo a fermarli, qua si rischia una carneficina ". Il ricordo di ‎cosa era accaduto a Parma nel 1922 sembra riaccendere le braci mai del tutto spente ‎nell'Oltretorrente. Il poeta Attilio Bertolucci aveva contribuito a ravvivarle con versi memorabili: ‎‎"Si eran vestiti dalla festa /per una vittoria impossibile /nel corso fangoso della Storia /(...) Vincenti ‎per qualche giorno / vincenti per tutta la vita". E proprio Lotta Continua, l'organizzazione in cui ‎militava Mario Lupo, portava impressa sulla testata un'elaborazione grafica di una barricata di ‎Parma nel 1922.

Sempre negli anni Settanta, i cortei della sinistra "extraparlamentare" marciavano cantando Siam ‎del popolo gli arditi, e molti di noi credevano che fosse davvero l'inno dei reduci della Grande ‎guerra passati dai reparti d'assalto alla resistenza armata contro le orde di Mussolini. In realtà, ‎quella canzone che in tanti sapevamo a memoria era stata scritta e musicata da Leoncarlo Settimelli, ‎operaio e poi giornalista dell'Unità (nonché autore di biografie per la Rai di Pavarotti, Modugno, ‎Gabriella Ferri), che aveva ripreso alcune strofe dell'inno di battaglia originale, ormai andato ‎perduto.

Per la mia generazione, la memoria di quegli eventi era un emblema di dignità, quella che i ‎lavoratori parmigiani difesero strenuamente. Qualcuno a distanza di mezzo secolo aveva rinfrescato ‎la scritta sul muraglione dell'argine: Balbo, t'è pasé l'Atlantic, mo miga la Perma. Fu la frase a ‎caratteri cubitali che accolse Italo Balbo tornato sul luogo del misfatto per prendersi la rivincita, ‎tronfio delle imprese di trasvolatore oceanico. Era riuscito a passare dall'altra parte dell'Atlantico ‎ma non a superare le barricate dell'Oltretorrente.

Dead End - 2012/7/26 - 08:41




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