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געהאַט האָב איך אַ הײם

Mordkhe Gebirtig [Mordechai Gebirtig] / מרדכי געבירטיג
Language: Yiddish


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Schlaflied für die Sehnsucht
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Gehat hob ikh a heym
[1940?]
Parole di Mordechai Gebirtig
Musica di Emil Gorovitz (Gorovets), di origine ucraina, diventato valente musicista in Russia negli anni della guerra,e poi trasferitosi negli USA.
Il testo traslitterato è stato trovato su Yom Hashoah Holocaust Memorial Service, 2000 - The Dispossessed Write: Publications of the Displaced Persons Camps; il testo in caratteri ebraici è stato ricostruito a partire da questo, in quanto non reperibile in rete.

Mordechai Gebirtig, autore della bellissima e terribile אונדזער שטעטל ברענט già presente sulla CCG/AWS, era nato a Cracovia nel 1877 e aveva quindi sicuramente respirato, quando non conosciuto, il radicato antisemitismo assai diffuso nell’Impero russo specie dopo l’assassinio dello Zar Alessandro II nel 1881, la cui responsabilità fu fatta ricadere ad arte sulla comunità ebraica, anche se solo uno dei congiurati, la rivoluzionaria Gesya Gelfman (che poi morì di parto in prigionia), era effettivamente di origini ebraiche. E’ così che tra il 1881 ed il 1884 e poi di nuovo tra il il 1903 ed il 1906 i pogrom si accesero a più riprese in tutto l’Impero, soprattutto in Ucraina ma anche in Polonia, specie a Varsavia.

Londra ,1919 Londra, 1919. Manifestazione della comunità ebraica contro i pogrom in Polonia
Londra ,1919 Londra, 1919. Manifestazione della comunità ebraica contro i pogrom in Polonia


E ancora dopo l’abdicazione di Nicola II, negli anni della guerra civile (1917-1923), decine di migliaia furono gli ebrei massacrati dalle torme antisemite o dalle Guardie Bianche…
Mordechai Gebirtig tutto quello che era successo lo conosceva e ciò nonostante molte sue poesie e le sue canzoni – come “Minutn fun bitokhn” (Momenti di fiducia) - erano ancora piene di speranza, almeno fino al 1938, anno del pogrom di Przytyk cui si riferisce la già citata אונדזער שטעטל ברענט

1 settembre 1939. Soldati tedeschi rimuovono le barriere al confine con la Polonia
1 settembre 1939. Soldati tedeschi rimuovono le barriere al confine con la Polonia



Ma è con l’invasione nazista che ogni residua fiducia, ogni barlume di speranza fu spazzato definitivamente via.
Solo qualche mese più tardi la famiglia Gebirtig, come le altre famiglie ebree, fu cacciata dalla propria casa di Cracovia e dovette adattarsi ad una vita di stenti in un villaggio vicino (è a questo periodo che probabilmente risale questa poesia), fino a quando i nazisti non allestirono un ghetto nell’area di Podgórze, un quartiere cittadino di appena 30 strade, dove nel marzo del 1942 decine di migliaia di malcapitati – e pure i Gebirtig - furono ammassati gli uni sugli altri, anche quattro famiglie per appartamento…
Era chiaro tuttavia che non si trattava che di una “sistemazione” molto provvisoria: a sole 35 miglia da lì, il campo di sterminio di Auschwitz già funzionava a buon regime, e infatti trascorsero solo un paio di mesi e i nazisti cominciarono la liquidazione.
Questa si protrasse dal maggio 1942 al marzo 1943.
Mordechai Gebirtig, 65 anni, e la moglie furono trucidati per strada durante uno dei primi rastrellamenti per la deportazione, il 4 giugno del 1942.

Marzo 1943.Cracovia, Podgórze. Il ghetto è liquidato
Marzo 1943.Cracovia, Podgórze. Il ghetto è liquidato
געהאַט האָב איך אַ הײם ,אַ שטיקל רױם
אַ ביסל װירטשאַפֿט װי אָרעמע לײַט
װי צוגעבונדן װאָרצלען צו אַ בױם
האָב איך זיך מיט מײַן ביסל אָרעמקײט

געקומען זײַנען זײ מיט האַס און טױט
מײַן אָרעם שטיקל הײם װאָס איך פֿאַרמאָג
װאָס איך מיט מי האָב יאָרן לאַנג געבױט
פֿארניכטעט האָבן זײ דאָס אין אײן טאָג

געהאַט האָב איך אַ הײם ,אַ שטיבל און אַ קיך
און שטיל געלעבט אַזױ זיך יאָרן לאַנג
געהאַט פֿיל עוטע פֿרײַנד , חברים אַרום זיך
אַ שטיבל פֿול מיט לידער און געזאַנג

געקומען זײַוען זײ, װי קומען װאָלט אַ פּעסט
אַרױסגעיאָגט פֿון שטאָט מיט װײַב און קינד
געבליבן אָן אַ הײם װי פֿײגל אָן אַ נעסט
נישט װיסנדיק פֿאַר װאָס, פֿאַר װעלכע זינד

געהאַט האָב איך אַ הײם, איצט האָב איך זי נישט מער
אַ שפּיל געװען פֿאַר זײ מײַן אונטערגאַנג
איך זוך איצט אַ נײַע הײם, נאָר שבער, אױ זײער שבער
און ׳ך בײס נישט װוּ און ׳ך בײס נישט אַפֿ װי לאַנג

Contributed by Bartleby - 2011/2/2 - 13:51




Language: Yiddish

Trascrizione in caratteri latini del testo originale:
Lyrics transcription in Latin characters:
GEHAT HOB IKH A HEYM

Gehat hob ikh a heym, a shtikl roym.
A bisl virtshaft vi bay oreme layt.
Vi tsugebundn vortslen tsu a boym
Hob Ikh zikh mit mayn bisl oremkayt.

Gekumen zaynen zey mit has un toyt,
Mayn orem shtikl heym vos ikh farmog.
Vos Ikh mit mi hob yorn lang geboyt,
Farnikhtet hobn zey dos in eyn tog.

Gehat hob ikh a heym, a shtibl un a kikh,
Un shtil gelebt azoy zikh yorn lang,
Gehat fil gute fraynd, khaveyrim arum zikh,
A shtibl ful mit lider un gezang.

Gekumen zaynen zey, vi kumen volt a pest,
Aroysgeyogt fun shtot mit vayb un kind,
Geblibn on a heym vi feygl on a nest,
Nisht visndik far vos, far velkhe zind.

Gehat hob Ikh a heym, itst hob Ikh zi nisht mer.
A shpil geven far zey mayn untergang –
Ikh zukh itst a naye heym, nor shver, oy zeyer shver,
Un kh'veys nisht vu – un kh'veys nisht af vi lang.

Contributed by CCG/AWS Staff - 2011/5/15 - 01:04




Language: English

ONCE I HAD A HOME

Once I had a home to comfort me
And made a living as a poor man should,
My roots were tightly wound around a tree,
In poverty I lived there as best I could.

They came with malice, hatred and with death
And took the humble house that once was mine,
The years I spent to build it, in one breath
To rubble smashed it in a moment's time.

Once I had a place to eat, a house,
So quietly I lived there for many a year,
And there I had good friends all about,
A house that overflowed with song and cheer.

And then they came along like a pestilence,
They chased me from my city with wife and
child. Left me without a home, without a nest,
Not knowing why or what I had defiled.

Once I had a home, but I no longer do,
My ruin was their ultimate design,
I'm looking for another home but it's hard to know,
Where to go or for how long a time.

Contributed by Bartleby - 2011/2/2 - 13:52




Language: Italian

Versione italiana di Riccardo Venturi
15 maggio 2011
UNA VOLTA AVEVO UNA CASA

Una volta avevo una casa che mi confortava
E mi guadagnavo da vivere come deve fare un povero,
Avevo radici saldamente avvolte a un albero
E là vivevo in povertà come meglio potevo.

Vennero con l'inganno, con l'odio e con la morte
E si presero l'umile casa che un tempo era mia.
Gli anni che avevo speso per costruirla,
In un momento la ridussero in macerie.

Una volta avevo un posto dove mangiare, una casa,
e ci vissi tranquillamente per molti anni,
e là avevo buoni amici intorno a me,
una casa che traboccava di canzoni e gioia.

E poi arrivarono come una pestilenza,
mi cacciarono dalla città assieme a mia moglie
e a mio figlio. Mi lasciarono senza una casa, senza un nido,
e non sapevo perché, o che cosa io avessi violato.

Una volta avevo una casa, ora non ce l'ho più,
la mia rovina è stata il loro scopo definitivo,
sto cercando un'altra casa, ma è difficile sapere
dove andare, e per quanto tempo ancora.

2011/5/15 - 01:59


I have a dream: che l'Alieno che un tempo si installò in Alessandro facendogli assumere poi varie identità, lo trasformi momentaneamente in Rav Shlomo Bar 'Tlebay, gli faccia imparare in tre minuti (gli alieni possono tutto!) l'alfabeto yiddish e faccia sí che mi dia una mano nelle trascrizioni...Alieno, agisci! :-)

Riccardo Venturi - 2011/5/15 - 01:10


Sicuramente la lingua yiddish è ancora ben compresa e parlata in Israele (tra le altre cose, i chassidim di Me'a Shearim si rifiutano di parlare ebraico, in quanto lingua sacrale, e tra di loro parlano esclusivamente in yiddish). Bisognerebbe allora che in Israele si leggesse questa canzone, pensando magari alla quantità di case di palestinesi rase al suolo per punire la famiglia di un attentatore, oppure alle case di Gaza, oppure a non so quante case in Libano...

Vennero con l'inganno, con l'odio e con la morte
E si presero l'umile casa che un tempo era mia.
Gli anni che avevo speso per costruirla,
In un momento la ridussero in macerie.

Riccardo Venturi - 2011/5/15 - 02:03


Stai facendo un gran lavoro, o Riccardo L'Amanuense.
Purtroppo Alienandro non sa proprio come aiutarti sull'ebraico... Ci vede poco l'alieno ultimamente (+ tutta un'altra congerie di problemi da alieno alienato) e quell'alfabeto lo confonde e irrita parecchio..

E, anzi, l'Alieno è qui per cagarti ulteriormente la minkia col rischio che t'inkazzi (e sappiamo tutti che quanto ti 'rabbi sei cativo cativo e blutto blutto): visto che ci sei, così come fai per il nome dell'autore, o perchè non metti anche la traslitterazione nel titolo del brano? Così, per prevenire eventuali doppi inserimenti (già successo, neh?)

Oppure - ed ecco la soluzione senza che t'inkazzi - bisognerà dare avvertenza che chiunque inserisca un presunto nuovo titolo in yiddish (e normalmente non accade che ciò avvenga direttamente in caratteri ebraici) abbia cura di verificare prima in "ricerche" se nell'archivio è già presente in traslitterazione...

Un'altra cosa: hai provato a vedere se esistono programmi per la conversione automatica? Non so bene ma magari Antioch può essere utile...
E questo che traslittera on line? Sarà valido?

Ti saluta l'inutile Alieno cagacazzo, o Riccardo Lo Scriba.

Alienandro - 2011/5/15 - 09:17


Carissimo Alienandro, ti dirò...indicativamente sono molto contrario a mettere traslitterazioni già nel titolo, a parte certi rari casi: ne verrebbero fuori "stringhe" lunghissime, ed è anche un'opposizione ideale. Perché dover sempre riportare tutto all'alfabeto latino? Te lo immagini, seguendo lo stesso principio, se uno dovesse traslitterare, che so io, Λα λοκομοτίβα, Ла гуерра ди Пиеро oppure אימעזהין ("Imagine", ndr)? Traslittero quindi il titolo sopra le indicazioni discografiche e di autoria, la cosa viene indicizzata lo stesso e nel caso può essere reperita facilmente con un bel "find". Senza contare un'altra possibile soluzione: se hai qualche altra canzone in yiddish da inserire, prima contattami per mail e te lo dico in un minuto se c'è già. Ma del resto sono soluzioni già prospettate da te, sono ragionevolissime e assai fattibili. Quanto ai programmi di conversione automatica, io mi fido poco. Sono uno del secolo scorso, ho imparato l'ebraico su dei bei quaderni con la matita, e mi sono trovato parecchio bene...

Riccardo Venturi - 2011/5/15 - 10:22




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