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Σαν το μετανάστη

Maria Farandouri / Mαρία Φαραντούρη
Langue: grec moderne


Maria Farandouri / Mαρία Φαραντούρη

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San to metanásti
Στίχοι: Λευτέρης Παπαδόπουλος
Μουσική: Zülfü Livaneli
Πρώτη εκτέλεση: Μαρία Φαραντούρη
Άλλες ερμηνείες: Γιώργος Νταλάρας || Γιώργος Νταλάρας & Halil Moustafa ( Ντουέτο )
1982

Testo di Lefteris Papadopoulos
Musica di Zülfü Livaneli
Prima esecuzione di Maria Farandouri
Altre interpretazioni: Yorgos Dalaras e Halil Moustafa
1982

Un piccolo contributo al filone nobile e bello della musica creata "a due mani" da Greci e Turchi, alla faccia di chi soffia sui loro antichi furori. E guardate che bei nomi: Lefteris Papadopoulos (bellissimo il nome, un po' meno il cognome...), Maria Farandouri, Zülfü Livaneli. Ma se continuiamo, altri ne verranno e di uguale bellezza. Hikmet, Dalaras, Theodorakis, i primi che vengono in mente adesso.(gpt)
Σαν τον μετανάστη στη δική σου γη
μέρα νύχτα λύνεις δένεις την πληγή
κι όλα γύρω ξένα κι όλα πετρωμένα
και δεν ξημερώνει να 'ρθει χαραυγή

Στράγγισε η ζωή σου που αιμορραγεί
κάθε ώρα τρόμος πόνος και κραυγή
και σ' ακούν οι ξένοι κι ο αδερφός σωπαίνει
αχ δεν είναι άλλη πιο βαθιά πληγή

Σύρμα κι άλλο σύρμα και χοντρό γυαλί
μάτωσε ο ήλιος την ανατολή
κλαις κι αναστενάζεις αχ ξενιτιά φωνάζεις
μα η ελπίδα μαύρο κι άπιαστο πουλί

envoyé par Gian Piero Testa - 23/11/2010 - 22:36



Langue: italien

Gian Piero Testa.
Gian Piero Testa.


Versione italiana di Gian Piero Testa
COME L'EMIGRANTE

Come l'emigrante nella tua terra
notte e giorno svolgi e avvolgi la benda alla ferita
e intorno tutto è straniero e pietrificato
e non appare il giorno a mostrare un'alba

Dalla tua vita strozzata fluisce sangue
non c'è un'ora senza paura dolore e grido
gli stranieri ti sentono ma il fratello tace
ahi non esiste ferita più profonda

Filo spinato e altro filo e vetro spesso
il sole l'oriente ha insanguinato
piangi e sospiri ahi questo è un esilio gridi
ma la speranza è un nero uccello inafferrabile

envoyé par Gian Piero Testa - 24/11/2010 - 21:12


Queste canzoni sembrano pietre. Sono fatte della loro stessa sostanza, passa il tempo e restano inalterate negli anni, ci trasmettono, con la loro arcaicità musicale, sensazioni sempre vive ed attuali (purtroppo). Bravo prof.
Mi hai fatto venire in mente questo splendido LP (allora si ascoltava solo su vinile)che mi colpì molto per il suo profilo alto sul piano musicale, e che mi ha aperto la strada verso l'ascolto della musica greca, grazie anche alle sue melodie "antiche" che talvolta mi ricordavano musiche della mia infanzia (sono pugliese).

Raf - 25/11/2010 - 08:34


Grazie, Raf. Si sente che 'ostaggiù - direbbe RV - ogni tanto soffia scirocco e vi porta suoni di arpe eoliche, di outì e di buzuki. E che ancora qualcuno ti saluta dicendo Caliméra. Certe volte è una pena per me: non conosco nessuno, si può dire, che non sia stato in Grecia, ma della sua musica ha un'idea completamente sballata. Non sa che là poesia e musica sono, come dici bene, pietra. E brezza, aggiungo io. Sangue e sogno. Non sa che, insieme, poesia e musica e certe voci inimitabili (Xylouris e la Farandouri ad esempio) sanno protendersi su abissi di retorica senza mai caderci. Da noi sarebbe ridicolo. Lo si può fare, là. E riesce.

Gian Piero Testa - 25/11/2010 - 14:28


Ellenicamente parlando, vorrei far presente ai non toscani che in presenza della congiunzione subordinante "che", dalle nostre parti non solo non si aspira, ma anzi si mette in funzione un terrificante "raddoppiamento sintattico" e si dice qualcosa come "che cccostaggiù". Viceversa, se la parola è preceduta da una vocale allora si aspira: "vèn' vìa 'hostaggiù". Fenomeni di morfofonologia non dissimili da quelli delle lingue celtiche odierne, noi toscani in questo siamo ben più celti dei padani :-))
Ebbene sì, l'ho detto.

Riccardo Venturi - 25/11/2010 - 22:55


Che vuoi mai, Riccardo, io facevo solo il verso a voi Toscani, mica le so tutte ste 'ose sulla vostra gorgia (pare che si chiami così). Da piccolo sentivo alla radio: alle 'ascine messer Aprile fa il rubacuor e: lavoro perché un giorno a 'asa tornerò, e da grande, al mare nello spezzino, trovavo e leggevo il Vernacoliere: questo è tutto il mio risciacquo in Arno. No, non dovete fare i Celti, voialtri, che siete Etruschi. Chacun à sa place.

Gian Piero Testa - 26/11/2010 - 07:22


Messaggio per Raf/Murex. Ci eravamo già conosciuti, tu ed io, attraverso stixoi.info. Me ne sono accorto poco fa. Allora, guarda che da tempo lì c'è un mio messaggio che riguarda una tua traduzione e che non hai ancora letto. Piero

Gian Piero Testa - 26/11/2010 - 07:26


Chacun à sa place, Gian Piero, d'accordo...ma il fenomeno fondante delle lingue celtiche, vale a dire la "mutazione" (ovvero l'aspirazione morfosintattica tipo "la hasa"), noi ce lo abbiamo pari pari, e voi no. Quando un bretone dice "ki" ("cani") senza articolo, e poi aspira "ar c'hi" per dire "i cani", fa esattamente come in fiorentino (e toscano in genere). Trovami tu un esempio del genere in comasco! :-) Comunque ti rimando volentieri a questo mio post sul blog per farti due risate! :-) NB. Comunque, d'accordo che tu abbia sentito "Alle 'Hascine messer aprile" eccetera, ma "a 'asa tornerò" è impossibile. Spadaro, che era fiorentino, pronunciava correttamente "accccasa" con un delirio di "c" dure (raddoppiamento sintattico = assimilazione progressiva = latino volgare "ad casam" --> "accasa", v. anche il verbo "accasare").

Riccardo Venturi - 26/11/2010 - 08:56


Ho visto, e davvero mi ha divertito, come tratti la materia nel tuo blog. Anche se non te lo dicessi, so che l'avrai già capito dalle mie goffaggini col toscano: di cose fonetiche non ne so praticamente un 'azzo (?). Di dialetti, così così, anche se da una vita ho l'opera del Rohlfs, che ho solo leggiucchiato. Lessi un po' di più il Graziadio Ascoli. La toponomastica mi incuriosisce, e qualcosa ne ho letto. A proposito, nel blog, metti insieme i suffissi -ate e -ago facendoli entrambi celtici. Ecco, mi pare che-ago garantisca abbastanza che la località già apparteneva alla Keltikè (come la chiamava il Gadda), mentre -ate rimanda ai Romani, e in generale è un prediale (si compone, praticamente del nome di una persona o di una famiglia e dichiara che quelle lì intorno sono le sue amate proprietà). Anni fa conoscevo un prof. che veniva da Pozzuoli. Quando trasferì la famiglia nel Comasco, i bambini lessero in autostrada il cartello "Turate". E chiesero al babbo: che cosa dobbiamo turare? E lui rispose: aspettate il prossimo cartello e lo saprete. Andando in direzione di Como, il cartello successivo dice: "Lomazzo"... E i guaglioncelli: papà, in che posto ci stai portando?
Però qui in Lombardia ci sono quelli che aspirano, e sono i Bergamaschi.
Si prendono in giro da soli con questa frase: "hü, hìf a hì, o hìf a hoeuff ?", che significherebbe: "voi andate per vino o andate per uova?". Non escludo di avere fatto qualche errore con il bergamasco, che mi sembra ancora più difficile del toscano. Infatti io Feltri non riesco mai a capirlo.

Gian Piero Testa - 26/11/2010 - 11:00


R: Messaggio gpt,
grazie per la delicatezza! letto e risposto,
ευχαριστώ πολύ

Raf - 27/11/2010 - 01:58


Sul suffisso "-ate" come romano permettimi di dissentire (a furia di dissentire mi piglierà la dissenteria...); è anzi considerato come uno dei celtismi più sicuri, ed ha una storia complessa. Come segnatoponimi lo si ritrova in due varianti: -ate più propriamente diffuso in Lombardia, e -te che arrivava fino a Trieste (lat. "Terges-te", propriamente "luogo di mercato", con quella radice "terg-" assolutamente celtica e che ha avuto successo un tutta Europa: rumeno "târg", sloveno e serbocroato "trg", persino svedese "torg" e danese "torv" -tutti questi termini significano "mercato" o "piazza"). Sono questi i veri relitti linguistici dei celti continentali, un tempo il popolo più vasto d'Europa. Poi mi ha sempre incuriosito una piccolissima località chiamata "Sezzate": come nome lo vedresti bene in Brianza, eppure è in pieno Chianti a metà tra San Polo e Strada in Chianti. Stranezze dei toponimi! Ad ogni modo, è da tenere presente che nella remota antichità le lingue celtiche e il latino si assomigliavano molto (tanto che qualche linguista ebbe a parlare di "gruppo italo-celtico", pensa se lo sapesse il senatùr!). Nei nomi dei Galli in "-rix", tipo Vercingetorix, quel "-rix" corrisponde perfettamente al latino "rex" (e tuttora, in gaelico, si dice "rí"). Il "servitore", in gallico, era un "ambactos", corrispondente lettera per lettera al latino "ambactus", cioè "colui che gira intorno" (al padrone): è alla base del tedesco "Amt" (ufficio, carica). Poi c'è il nome di Milano, "Mediolanum": è celticissimo, ma il suo primo elemento "("medios") è identico al latino "medius", mentre "-lanum" corrisponde a "planum" con un tipico fenomeno delle lingue celtiche: la scomparsa totale della "p" (latino "porcus", gaelico "orc"; latino "pater", gaelico "athair"; latino "capra", gaelico "caora", e così via). Va da sé che "pianura" ha ancora questa forma nelle lingue celtiche superstiti, come nel gaese "llan" o nel bretone "lân". Interessante, no? :-) A vedere le lingue celtiche attuali non si direbbe mai, ma c'è stata un'epoca in cui quelle continentali erano quanto di più simile al latino esistesse. Eravamo noi etruschi a parlare un idioma incomprensibile, mica voi! :-)

Riccardo Venturi - 30/11/2010 - 00:38


Caro Riccardo, devi sapere che tutto quanto ti avvenga di scrivere in materie filologiche, io lo prendo ad occhi chiusi e mi vale per oro colato. Che siano le lingue italiche preromane, o il gaelico, o il greco e l'arabo, o il turco e il vandalo,o lo svevo e il tartaro, io taccio e imparo. La toponomastica (ma anche l'onomastica) l'ho sempre guardata un po' da lontano, anche se mi incuriosisce: ma so che è una disciplina tosta. O la si studia davvero, o ci si deve accontentare del chiacchiericcio. Circa il suffisso -ate di tanti toponimi delle mie parti, ti dico perché tendo a collegarlo automaticamente ai Romani. Non per ragioni filologiche, per carità, ma storiche, piuttosto. Ho notato che, trattandosi di un prediale, gli studiosi vanno sistematicamente alla ricerca del nome della persona o della gente detentrice un tempo della proprietà. E il più delle volte ipotizzano un nome latino. Per questo, se il suffisso -ate, come dici, testimonia anche lui (come -ago, -ano, -uno) una preesistenza celtica, l'onomastico evoca immediatamente situazioni da prima Egloga di Virgilio. Forse fa eccezione il mio paese, che si chiama Guanzate. Gli studiosi rimandano a un Vocontius: ma i Voconzi erano dei Galli; e non erano neppure stanziati qui. Per me è un mistero: ci potrei scrivere anch'io un romanzo storicheggiante. Sono tanto di moda, e ci guadagnerei dei soldini.

Gian Piero Testa - 30/11/2010 - 10:44


Questo testo "San To Metanasti" di Lefteris Papadopoulos viene cantato da Maria Farandouri sulla musica già composta per "Kardeşin Duymaz", da Zülfü Livaneli e presente nel disco "Günlerimiz" del 1980. Vorrei ricordare che la versione del brano si trova già a partire dal disco registrato nel 1982 a nome dell'Ensemble co-intestato.

Flavio Poltronieri

Flavio Poltronieri - 25/11/2018 - 17:45




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