All'alba sono giunti settecento poliziotti
con mitra, manganelli e candelotti,
mentr'eravamo dentro sono giunti dal di fuori
per fare uscire noi lavoratori.
Ci portan la giustizia dei padroni
ch'è fatta di fascismo e costrizioni;
sono vent'anni che la conosciamo
e sulla pelle noi bruciar sentiamo.
Di fronte a questi drammi della vita,
gridiam tutti ai padroni:
“Noi la farem finita!”
Bastard!
con mitra, manganelli e candelotti,
mentr'eravamo dentro sono giunti dal di fuori
per fare uscire noi lavoratori.
Ci portan la giustizia dei padroni
ch'è fatta di fascismo e costrizioni;
sono vent'anni che la conosciamo
e sulla pelle noi bruciar sentiamo.
Di fronte a questi drammi della vita,
gridiam tutti ai padroni:
“Noi la farem finita!”
Bastard!
envoyé par The Lone Ranger - 28/7/2010 - 13:48
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Però, permettetemi di suscitare qualche dubbio sulla datazione di questa canzone.
Mi pare – ma potrei sbagliarmi - che nella seconda strofa ci sia il riferimento temporale corretto: gli operai in sciopero conoscono bene quale sia la giustizia dei padroni, dei fascisti, ché è vent’anni che la subiscono. Credo quindi che questa canzone sia da portare indietro nel tempo, all’estate del 1943 e alla grande ondata di scioperi che seguì la caduta del fascismo. Allora, nel biellese, furono proprio gli operai (circa 1.200) del lanificio Albino Botto di Campore di Valle Mosso a far partire lo sciopero. Poi, in corteo, cercarono di far sollevare altre fabbriche ma vi riuscirono solo parzialmente e furono poi fermati dai carabinieri e dall’esercito, che arrestò gli istigatori, un pugno di comunisti.
Così risulta dalle memorie di Argante Bocchio, poi comandante partigiano nel biellese con il nome di battaglia di “Massimo”, in questo articolo pubblicato sulla rivista “L’Impegno” del’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli. Ne riporto alcuni passaggi:
[…] Giovedì 19 agosto [1943]. Eravamo in pochi ma l'obiettivo era di ottenere che si fermassero le fabbriche dell'intera valle di Mosso. La prima ad entrare in lotta doveva essere la ditta Albino Botto di Campore. Scioperi erano già in corso a Milano e a Torino.
[…] L'appuntamento era al Lanificio Botto Albino (Mulin Gros), prima dell'entrata del turno delle 6, ma arrivammo solo alle 6.30, quando tutti erano ormai entrati. Decidemmo di provare lo stesso, procedendo in modo un po' insolito: entrammo infatti in tessitura saltando dalle finestre, urlammo le ragioni dello sciopero. Cominciò a fermarsi qualche telaio, poi altri: c'era ancora molta incertezza perché scioperare faceva paura. Scattò però, a questo punto, la collaborazione di non si sa quanti sconosciuti operai, e i telai cessarono di battere. Lo sciopero era riuscito.
[…] Se è vero, infatti, che con questi scioperi le forze popolari non riuscirono ad incidere molto sul corso degli avvenimenti e sul crollo dell'8 settembre, è altrettanto vero che questi scioperi segnarono una svolta in quanto misero la classe operaia alla testa del movimento che chiedeva la rottura con la Germania, l'armistizio con i Paesi dell'alleanza antinazista, la fine, quindi, della guerra e delle sofferenze, il ripristino della libertà.”
Detto questo, i carabinieri e i soldati di fanteria che eseguirono gli arresti nel 1943 non sono i “settecenti poliziotti” della prima strofa, ma anche quelli erano tanti e ben armati…
Poi, può darsi benissimo che nei primi anni 60 nel biellese ci siano stati scioperi pesantemente repressi, però non ho trovato riscontri precisi.
In ogni caso, che fossimo nel 1943 o nel 1965, resta tutta la potenza dell’insulto finale diretto ai padroni in piemontese: “BASTARD!”