So' frocio embé? Perché, c'hai da ridi'?
Non vedo che problema c'è, mettiamola così:
so' frocio embè? Perchè, non se po' fa?
Non è un problema mio se temi la diversità.
Diciamo che a ‘sto mondo ognuno è libero di fare
della propria vita tutto quello che gli pare,
e se non sei d'accordo, caro mio, sono spiacente
ma non cambia proprio niente.
So' frocio embé? Perché, c'hai da ridi'?
Non vedo che problema c'è, mettiamola così:
so frocio embè? Perchè sei meglio te?
Se ne sei tanto convinto, almeno spiegami perché:
non rubo, non sporco, non uccido nessuno
non inganno, non molesto, amo con sincerità,
quindi per favore che mi spieghi qualcuno,
la colpa dove sta?
Non è un vizio, non è una vergogna,
non è un difetto, non è una malattia,
non è un delitto da mettere alla gogna
nessuno sa dire esattamente cosa sia.
Secondo me è un istinto del tutto naturale
e infatti lo si osserva anche nel mondo animale,
ma un vile pregiudizio produce una follia
chiamata omofobia.
Checca, recchione, rottoinculo, invertito,
tutto il repertorio lo conosco a menadito,
tante ne ho sentite già durante la mia vita
compreso fru-frù, pederasta e sodomita.
Mi piace l'odore che hanno i maschi tra le gambe,
mi piace tutto quello che hanno dentro le mutande,
mi piacciono le spalle muscolose e i fianchi stretti,
le forme spigolose dei maschietti!
So' frocio embé? Perché, c'hai da ridi'?
Non vedo che problema c'è, mettiamola così:
so' frocio embé? E che ce posso fa?
So' libero de sceglie? Ce l'ho 'sta facoltà?
Oppure vogliamo davvero ritornare
ai tempi in cui la gente come me prendeva il mare,
spediti in esilio su quell'isola lontana
nel nome della virilità Italiana?
Dice sua eminenza che è un gravissimo peccato
e che dovrei sta' senza: in assoluta castità!
'Sto fatto, dice lui, che l'avrebbero scovato
su quel libbrone sacro de tremila e più anni fa.
Tutto è cominciato da quest' interpretazione
di 5 o 6 versetti, forse 7, non saprei
con tutto il mio rispetto per la vostra professione
qualche dubbio ce l'avrei!
Tra l'altro, lo sai? Siamo in buona compagnia:
uno su dieci si dice che lo sia,
tanti non lo sanno, o non ne vonno sape' niente
perchè c'hanno paura del giudizio della gente,
altri che lo fanno non lo vonno fa sape'
perchè gli crea problemi sul lavoro, sai com'è...
ma sarà ora di piantarla con questa ipocrisia
chiamata omofobia!
Siamo tutti omosessuali,
siamo tutti diversi, siamo tutti uguali,
siamo tutti uguali anche nella diversità
e poi si può guarire anche dalla normalità.
Non vedo che problema c'è, mettiamola così:
so' frocio embè? Perchè, non se po' fa?
Non è un problema mio se temi la diversità.
Diciamo che a ‘sto mondo ognuno è libero di fare
della propria vita tutto quello che gli pare,
e se non sei d'accordo, caro mio, sono spiacente
ma non cambia proprio niente.
So' frocio embé? Perché, c'hai da ridi'?
Non vedo che problema c'è, mettiamola così:
so frocio embè? Perchè sei meglio te?
Se ne sei tanto convinto, almeno spiegami perché:
non rubo, non sporco, non uccido nessuno
non inganno, non molesto, amo con sincerità,
quindi per favore che mi spieghi qualcuno,
la colpa dove sta?
Non è un vizio, non è una vergogna,
non è un difetto, non è una malattia,
non è un delitto da mettere alla gogna
nessuno sa dire esattamente cosa sia.
Secondo me è un istinto del tutto naturale
e infatti lo si osserva anche nel mondo animale,
ma un vile pregiudizio produce una follia
chiamata omofobia.
Checca, recchione, rottoinculo, invertito,
tutto il repertorio lo conosco a menadito,
tante ne ho sentite già durante la mia vita
compreso fru-frù, pederasta e sodomita.
Mi piace l'odore che hanno i maschi tra le gambe,
mi piace tutto quello che hanno dentro le mutande,
mi piacciono le spalle muscolose e i fianchi stretti,
le forme spigolose dei maschietti!
So' frocio embé? Perché, c'hai da ridi'?
Non vedo che problema c'è, mettiamola così:
so' frocio embé? E che ce posso fa?
So' libero de sceglie? Ce l'ho 'sta facoltà?
Oppure vogliamo davvero ritornare
ai tempi in cui la gente come me prendeva il mare,
spediti in esilio su quell'isola lontana
nel nome della virilità Italiana?
Dice sua eminenza che è un gravissimo peccato
e che dovrei sta' senza: in assoluta castità!
'Sto fatto, dice lui, che l'avrebbero scovato
su quel libbrone sacro de tremila e più anni fa.
Tutto è cominciato da quest' interpretazione
di 5 o 6 versetti, forse 7, non saprei
con tutto il mio rispetto per la vostra professione
qualche dubbio ce l'avrei!
Tra l'altro, lo sai? Siamo in buona compagnia:
uno su dieci si dice che lo sia,
tanti non lo sanno, o non ne vonno sape' niente
perchè c'hanno paura del giudizio della gente,
altri che lo fanno non lo vonno fa sape'
perchè gli crea problemi sul lavoro, sai com'è...
ma sarà ora di piantarla con questa ipocrisia
chiamata omofobia!
Siamo tutti omosessuali,
siamo tutti diversi, siamo tutti uguali,
siamo tutti uguali anche nella diversità
e poi si può guarire anche dalla normalità.
envoyé par Luca 'The River' - 26/7/2010 - 02:18
Oppure vogliamo davvero ritornare
ai tempi in cui la gente come me prendeva il mare,
spediti in esilio su quell'isola lontana
nel nome della virilità Italiana?
ai tempi in cui la gente come me prendeva il mare,
spediti in esilio su quell'isola lontana
nel nome della virilità Italiana?
I fascisti avevano creato una “isola gay” in Italia per mandare al confino gli omosessuali
DI ALAN JOHNSTON – 19 GIUGNO 2013
PUBBLICATO IN: BRASILE, GRAN BRETAGNA
75 anni fa, durante il periodo fascista in Italia, un gruppo di uomini etichettati come “degenerati” furono cacciati dalle loro case e confinati su un’isola.
Furono sottoposti al regime carcerario, ma alcuni di loro raccontano di aver vissuto un’esperienza liberatoria in quella che sarebbe stata la prima comunità gay del paese.
Ogni anno i turisti sono attratti dalla bellezza di questa piccola fila di isole vulcaniche nell’Adriatico [NdR: L’arcipelago delle Tremiti non é di origine vulcanica come indicato, ma sedimentaria]
Ma proprio qualche giorno fa un gruppo di visitatori è venuto all’arcipelago delleTremiti, non solo per godere della pace e tranquillità del luogo, ma per ricordare un fatto importante.
Il gruppo era formato da attivisti per i diritti di gay, lesbiche e transgender.
Sono arrivati qui per celebrare una piccola cerimonia in ricordo di un triste episodio occorso sull’isola 70 anni fa.
“Degenerati”
Verso la fine degli anni ‘30 l’arcipelago ha avuto un ruolo importante nel tentativo fatto dai fascisti di Benito Mussolini di sopprimere l’omosessualità.
I gay rovinavano il progetto del leader fascista del paese, Benito Mussolini, volto a diffondere in Italia l’idea di virilità.
“Il Fascismo è un regime virile. Quindi gli italiani sono forti e mascolini, ed è impossibile che l’omosessualità possa esistere nel regime fascista”, dice Lorenzo Benadusi, docente di Storia all’Università di Bergamo.
Di conseguenza la strategia era di occultare il problema con tutti i mezzi possibili.
Leggi discriminatorie contro i gay alla fine non furono approvate, ma il clima creato non permetteva che l’omosessualità si manifestasse, pena una feroce repressione.
Un sindaco della città di Catania approfitto’ di questa atmosfera di repressione mussoliniana.
“Abbiamo visto che alcuni luoghi di ritrovo, spiagge e località di montagna ricevono molti di questi uomini malati, e che giovani di ogni classe sociale cercano la loro compagnia”, scrisse.
Era deciso a combattere “l’avanzare della degenerazione” in città, o “almeno a circoscrivere l’aberrazione sessuale che offende la moralità, e che è un disastro per la salute pubblica e per il miglioramento della razza”.
Continuava: “Questo demonio dev’essere attaccato e bruciato nella sua essenza”.
Il libro
Cosi’ nel 1938 circa 45 uomini accusati di essere omosessuali furono arrestati a Catania e mandati in esilio, un esilio interno.
Improvvisamente il gruppo fu spedito a 600 chilometri di distanza, nell’isola di San Domino, nelle Tremiti.
L’episodio fu completamente dimenticato. Si ritiene che nessuno di coloro che subi’ la punizione sia ancora vivo, ed esistono poche testimonianze di cio’ che avvenne sull’isola.
Ma nel libro L’Isola e la Città, i ricercatori Gianfranco Goretti e Tommaso Giartosi parlano di decine di uomini, per la maggior parte di Catania, e delle dure condizioni che affrontarono a San Domino.
Questi sarebbero stati ammanettati e quindi alloggiati in un’ampia casa con dormitori spartani, senza elettricità né acqua corrente.
“Noi eravamo curiosi, perché li chiamavano ‘le signorine’”, racconta Carmela Santono, un’abitante dell’isola che era solo una bambina quando i gay esiliati iniziarono ad arrivare.
“Andavamo ad assistere al loro arrivo in barca… tutti ben vestiti, d’estate, con calze bianche… con il cappello. E venivamo a guardarli stupiti … ‘guarda quella, come si muove!’ Ma non avevamo nessun contatto con loro”.
Un altro abitante, Attilio Carducci, ricorda quando un segnale sonoro suonava alle 8 di sera, tutti i giorni, annunciando che gli uomini non potevano più restare fuori.
“Loro venivano chiusi nei dormitori e rimanevano sotto vigilanza della polizia”, ricorda.
“Mio padre parlava sempre bene di loro. Non ebbe mai niente di male da dire su di loro – ed era un rappresentante fascista locale”.
I prigionieri sapevano che l’esternazione della propria omosessualità avrebbe provocato vergogna e rabbia nelle proprie famiglie, in città e paesi italiani estremamente conservatori.
Un po’ di questa atmosfera é racchiusa nella lettera di un figlio al padre povero e agricoltore. Egli stava studiando per diventare prete quando fu catturato.
Implorando le autorità giudiziaire di lasciarlo tornare a casa, scrisse: “Immagini, Sua Eccellenza, il dolore del mio amato padre. Che disonore per lui!”
“In esilio per cinque anni… Divento pazzo solo a pensarci”.
Il prigioniero, identificato solo come Orazio L., chiese la possibilità di lasciare l’isola per “servire la Patria” nell’Esercito.
“Diventare soldato, e poi ritornare al seminario per vivere in isolamento, é l’unico modo in cui posso rimediare allo scandalo e al disonore provocato alla mia famiglia”, scrisse.
Non così male
Ma alcuni resoconti fatti da ex-esiliati gay indicano che la vita non era così male a San Domino.
Descrivono una vita quotidiana relativamente tranquilla nel regime di prigionia.
Senza volerlo, i fascisti avevano creato in Italia una nicchia dove dove si poteva essere apertamente gay.
Per la prima volta nella loro vita gli uomini potevano essere se stessi, liberi dalla stigmatizzazione che normalmente li circondava nella devota Italia cattolica degli anni ‘30.
La testimonianza di un ex-prigioniero dell’isola ha spiegato cosa questo significasse, in una rara intervista pubblicata qualche anno fa sulla rivista gay Babilonia. Egli disse che, in qualche modo, gli uomini vivevano meglio sull’isola che fuori.
“In quell’epoca se eri una femmenella (gergo italiano, per dire gay) non potevi nemmeno uscire di casa o farti vedere, la polizia ti avrebbe arrestato”, ha detto dalla sua città natale, vicino a Napoli.
“Sull’isola, d’altra parte, celebravamo le feste religiose o i nuovi arrivi. Facevamo teatro e potevamo vestirci da donna senza che nessuno dicesse niente”.
E per concludere, ovviamente, dice che c’erano storie d’amore e anche litigi.
Alcuni prigionieri partirono, disse Giuseppe, con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale nel 1939, e conseguentemente con la fine del regime di isolamento di San Domino. I prigionieri furono quindi collocati in una sorta di confino domestico nelle città da cui provenivano.
Esclusivamente gay
Un gran numero di uomini gay furono internati insieme ai prigionieri politici in altre piccole isole, come Ustica e Lampedusa, ma San Domino fu l’unica in cui tutti gli esiliati erano gay.
Fu proprio un’ironia della sorte che i gay, considerata la situazione italiana all’epoca, potessero trovare un certo grado di libertà solo in una prigione su un’isola.
Durante la cerimonia degli attivisti gay per i diritti umani, che si sono incontrati nell’arcipelago qualche settimana fa, è stata deposta una targa in memoria degli esiliati.
La targa sarà un ricordo perenne delle persecuzioni mussoliniane contro gli omosessuali in Italia.
“Questo è necessario, perché nessuno sa cos’è successo in quegli anni”, ha detto uno degli attivisti, Ivan Scalfarotto, che è inoltre membro del Parlamento a Roma.
Egli afferma che la comunità gay soffre ancora, in Italia. Gli omosessuali non sono più arrestati e spediti su un’isola, ma ancor oggi non sono considerati cittadini “di classe A”
Per Scalfarotto, in Italia esiste ancora la stigmatizzazione sociale legata all’omofobia, dal momento che lo Stato non estende tutti i diritti civili alle coppie omosessuali.
Per questo, Scalfarotto crede che in Italia la battaglia per l’uguaglianza debba continuare.
(pubblicato il 14 giugno 2013)
DI ALAN JOHNSTON – 19 GIUGNO 2013
PUBBLICATO IN: BRASILE, GRAN BRETAGNA
75 anni fa, durante il periodo fascista in Italia, un gruppo di uomini etichettati come “degenerati” furono cacciati dalle loro case e confinati su un’isola.
Furono sottoposti al regime carcerario, ma alcuni di loro raccontano di aver vissuto un’esperienza liberatoria in quella che sarebbe stata la prima comunità gay del paese.
Ogni anno i turisti sono attratti dalla bellezza di questa piccola fila di isole vulcaniche nell’Adriatico [NdR: L’arcipelago delle Tremiti non é di origine vulcanica come indicato, ma sedimentaria]
Ma proprio qualche giorno fa un gruppo di visitatori è venuto all’arcipelago delleTremiti, non solo per godere della pace e tranquillità del luogo, ma per ricordare un fatto importante.
Il gruppo era formato da attivisti per i diritti di gay, lesbiche e transgender.
Sono arrivati qui per celebrare una piccola cerimonia in ricordo di un triste episodio occorso sull’isola 70 anni fa.
“Degenerati”
Verso la fine degli anni ‘30 l’arcipelago ha avuto un ruolo importante nel tentativo fatto dai fascisti di Benito Mussolini di sopprimere l’omosessualità.
I gay rovinavano il progetto del leader fascista del paese, Benito Mussolini, volto a diffondere in Italia l’idea di virilità.
“Il Fascismo è un regime virile. Quindi gli italiani sono forti e mascolini, ed è impossibile che l’omosessualità possa esistere nel regime fascista”, dice Lorenzo Benadusi, docente di Storia all’Università di Bergamo.
Di conseguenza la strategia era di occultare il problema con tutti i mezzi possibili.
Leggi discriminatorie contro i gay alla fine non furono approvate, ma il clima creato non permetteva che l’omosessualità si manifestasse, pena una feroce repressione.
Un sindaco della città di Catania approfitto’ di questa atmosfera di repressione mussoliniana.
“Abbiamo visto che alcuni luoghi di ritrovo, spiagge e località di montagna ricevono molti di questi uomini malati, e che giovani di ogni classe sociale cercano la loro compagnia”, scrisse.
Era deciso a combattere “l’avanzare della degenerazione” in città, o “almeno a circoscrivere l’aberrazione sessuale che offende la moralità, e che è un disastro per la salute pubblica e per il miglioramento della razza”.
Continuava: “Questo demonio dev’essere attaccato e bruciato nella sua essenza”.
Il libro
Cosi’ nel 1938 circa 45 uomini accusati di essere omosessuali furono arrestati a Catania e mandati in esilio, un esilio interno.
Improvvisamente il gruppo fu spedito a 600 chilometri di distanza, nell’isola di San Domino, nelle Tremiti.
L’episodio fu completamente dimenticato. Si ritiene che nessuno di coloro che subi’ la punizione sia ancora vivo, ed esistono poche testimonianze di cio’ che avvenne sull’isola.
Ma nel libro L’Isola e la Città, i ricercatori Gianfranco Goretti e Tommaso Giartosi parlano di decine di uomini, per la maggior parte di Catania, e delle dure condizioni che affrontarono a San Domino.
Questi sarebbero stati ammanettati e quindi alloggiati in un’ampia casa con dormitori spartani, senza elettricità né acqua corrente.
“Noi eravamo curiosi, perché li chiamavano ‘le signorine’”, racconta Carmela Santono, un’abitante dell’isola che era solo una bambina quando i gay esiliati iniziarono ad arrivare.
“Andavamo ad assistere al loro arrivo in barca… tutti ben vestiti, d’estate, con calze bianche… con il cappello. E venivamo a guardarli stupiti … ‘guarda quella, come si muove!’ Ma non avevamo nessun contatto con loro”.
Un altro abitante, Attilio Carducci, ricorda quando un segnale sonoro suonava alle 8 di sera, tutti i giorni, annunciando che gli uomini non potevano più restare fuori.
“Loro venivano chiusi nei dormitori e rimanevano sotto vigilanza della polizia”, ricorda.
“Mio padre parlava sempre bene di loro. Non ebbe mai niente di male da dire su di loro – ed era un rappresentante fascista locale”.
I prigionieri sapevano che l’esternazione della propria omosessualità avrebbe provocato vergogna e rabbia nelle proprie famiglie, in città e paesi italiani estremamente conservatori.
Un po’ di questa atmosfera é racchiusa nella lettera di un figlio al padre povero e agricoltore. Egli stava studiando per diventare prete quando fu catturato.
Implorando le autorità giudiziaire di lasciarlo tornare a casa, scrisse: “Immagini, Sua Eccellenza, il dolore del mio amato padre. Che disonore per lui!”
“In esilio per cinque anni… Divento pazzo solo a pensarci”.
Il prigioniero, identificato solo come Orazio L., chiese la possibilità di lasciare l’isola per “servire la Patria” nell’Esercito.
“Diventare soldato, e poi ritornare al seminario per vivere in isolamento, é l’unico modo in cui posso rimediare allo scandalo e al disonore provocato alla mia famiglia”, scrisse.
Non così male
Ma alcuni resoconti fatti da ex-esiliati gay indicano che la vita non era così male a San Domino.
Descrivono una vita quotidiana relativamente tranquilla nel regime di prigionia.
Senza volerlo, i fascisti avevano creato in Italia una nicchia dove dove si poteva essere apertamente gay.
Per la prima volta nella loro vita gli uomini potevano essere se stessi, liberi dalla stigmatizzazione che normalmente li circondava nella devota Italia cattolica degli anni ‘30.
La testimonianza di un ex-prigioniero dell’isola ha spiegato cosa questo significasse, in una rara intervista pubblicata qualche anno fa sulla rivista gay Babilonia. Egli disse che, in qualche modo, gli uomini vivevano meglio sull’isola che fuori.
“In quell’epoca se eri una femmenella (gergo italiano, per dire gay) non potevi nemmeno uscire di casa o farti vedere, la polizia ti avrebbe arrestato”, ha detto dalla sua città natale, vicino a Napoli.
“Sull’isola, d’altra parte, celebravamo le feste religiose o i nuovi arrivi. Facevamo teatro e potevamo vestirci da donna senza che nessuno dicesse niente”.
E per concludere, ovviamente, dice che c’erano storie d’amore e anche litigi.
Alcuni prigionieri partirono, disse Giuseppe, con l’inizio della Seconda Guerra Mondiale nel 1939, e conseguentemente con la fine del regime di isolamento di San Domino. I prigionieri furono quindi collocati in una sorta di confino domestico nelle città da cui provenivano.
Esclusivamente gay
Un gran numero di uomini gay furono internati insieme ai prigionieri politici in altre piccole isole, come Ustica e Lampedusa, ma San Domino fu l’unica in cui tutti gli esiliati erano gay.
Fu proprio un’ironia della sorte che i gay, considerata la situazione italiana all’epoca, potessero trovare un certo grado di libertà solo in una prigione su un’isola.
Durante la cerimonia degli attivisti gay per i diritti umani, che si sono incontrati nell’arcipelago qualche settimana fa, è stata deposta una targa in memoria degli esiliati.
La targa sarà un ricordo perenne delle persecuzioni mussoliniane contro gli omosessuali in Italia.
“Questo è necessario, perché nessuno sa cos’è successo in quegli anni”, ha detto uno degli attivisti, Ivan Scalfarotto, che è inoltre membro del Parlamento a Roma.
Egli afferma che la comunità gay soffre ancora, in Italia. Gli omosessuali non sono più arrestati e spediti su un’isola, ma ancor oggi non sono considerati cittadini “di classe A”
Per Scalfarotto, in Italia esiste ancora la stigmatizzazione sociale legata all’omofobia, dal momento che lo Stato non estende tutti i diritti civili alle coppie omosessuali.
Per questo, Scalfarotto crede che in Italia la battaglia per l’uguaglianza debba continuare.
(pubblicato il 14 giugno 2013)
dq82 - 28/4/2015 - 17:45
In Italia sono tutti maschi
In Italia sono tutti maschi è una graphic novel edita da Kappa Edizioni, nel settembre 2008, scritta da Luca de Santis e illustrata da Sara Colaone. Nel 2009 vince il premio A.Micheluzzi al Comicon di Napoli come "Miglior fumetto dell'anno". Il graphic novel è stato tradotto in quasi tutta Europa: per il mercato francese, belga e canadese con il titolo "En Italie il n'ya que vrais hommes", Ed. Dargaud; per il mercato tedesco col titolo "Insel der Manner", Schreiber und Leser Ed.; per il mercato polacco col titolo “We Włoszech wszyscy są mężczyznami“, Centrala Edizioni; per il mercato spagnolo col titolo "En Italia son todos Machos", Norma Editorial.
Trama
Racconta del confino degli omosessuali italiani durante il ventennio fascista e più precisamente l'ultimo anno di esilio (il 1939-1940) di un gruppo di uomini all'Isola di San Domino nell'arcipelago delle Tremiti. La storia del protagonista Antonio Angelicola detto "Ninella" e della sua mandata al confino, si intreccia -in un secondo piano temporale ambientato alla fine degli anni '80- con quella del giovane documentarista Rocco. Le vicende e i personaggi raccontati nel libro sono tratte da storie vere e da persone realmente esistite. In particolare, la vicenda si basa su quella, realmente avvenuta, di Giuseppe B., detto "Peppinella", che è stato anche intervistato col suo vero nome nella docu-fiction di Gabriella Romano, Ricordare.
Il libro è uno dei più importanti esempi italiani di graphic novel che affrontano temi storici.
dq82 - 29/4/2015 - 10:06
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Il Paese Di Pulcinella
Contro l'omofobia.