C'est le tango des bouchers de la Villette
C'est le tango des tueurs des abatoirs
Venez cueillir la fraise et l'amourette
Et boire du sang avant qu'il soit tout noir
Faut qu'ça saigne
Faut qu'les gens ayent à bouffer
Faut qu'les gros puissent se goinfrer
Faut qu'les p'tits puiss'nt engraisser
Faut qu'ça saigne
Faut qu'les mandataires aux halles
Puissent s'en fourrer plein la dalle
Du filet à huit cents balles
Faut qu'ça saigne
Faut qu'les peaux se fassent tanner
Faut qu'les pieds se fassent paner
Que les têtes aillent mariner
Faut qu'ça saigne
Faut avaler d'la barbaque
Pour être bien gras quand on claque
Et nourrir des vers comaques
Faut qu'ça saigne
Bien fort!
C'est le tango des joyeux militaires
Des gais vainqueurs de partout et d'ailleurs
C'est le tango des fameux va-t-en-guerre
C'est le tango de tous les fossoyeurs
Faut qu'ça saigne
Appuie sur la baïonnette
Faut qu'ça rentre ou bien qu'ça pète
Sinon t'auras une grosse tête
Faut qu'ça saigne
Démolis-en quelques-uns
Tant pis si c'est des cousins
Fais-leur sortir le raisin
Faut qu'ça saigne
Si c'est pas toi qui les crève
Les copains prendront la r'lève
Et tu joueras la Vie brève
Faut qu'ça saigne
Demain ça sera ton tour
Demain ça sera ton jour
Pus d'bonhomme et pus d'amour
Tiens! Voilà du boudin! Voilà du boudin!
Voila du boudin!
C'est le tango des tueurs des abatoirs
Venez cueillir la fraise et l'amourette
Et boire du sang avant qu'il soit tout noir
Faut qu'ça saigne
Faut qu'les gens ayent à bouffer
Faut qu'les gros puissent se goinfrer
Faut qu'les p'tits puiss'nt engraisser
Faut qu'ça saigne
Faut qu'les mandataires aux halles
Puissent s'en fourrer plein la dalle
Du filet à huit cents balles
Faut qu'ça saigne
Faut qu'les peaux se fassent tanner
Faut qu'les pieds se fassent paner
Que les têtes aillent mariner
Faut qu'ça saigne
Faut avaler d'la barbaque
Pour être bien gras quand on claque
Et nourrir des vers comaques
Faut qu'ça saigne
Bien fort!
C'est le tango des joyeux militaires
Des gais vainqueurs de partout et d'ailleurs
C'est le tango des fameux va-t-en-guerre
C'est le tango de tous les fossoyeurs
Faut qu'ça saigne
Appuie sur la baïonnette
Faut qu'ça rentre ou bien qu'ça pète
Sinon t'auras une grosse tête
Faut qu'ça saigne
Démolis-en quelques-uns
Tant pis si c'est des cousins
Fais-leur sortir le raisin
Faut qu'ça saigne
Si c'est pas toi qui les crève
Les copains prendront la r'lève
Et tu joueras la Vie brève
Faut qu'ça saigne
Demain ça sera ton tour
Demain ça sera ton jour
Pus d'bonhomme et pus d'amour
Tiens! Voilà du boudin! Voilà du boudin!
Voila du boudin!
Language: Italian
Versione italiana di Giangilberto Monti, che la interpreta nel disco Boris Vian - Le canzoni (1995)
TANGO DEI MACELLAI
Vai col tango degli allegri macellai
ma che tango da scanna-mattatoi
frutta e fiori se vieni coglierai
e sangue fresco da bere se ne vuoi.
Sangue vero
che si mangi a sazietà
grassi e magri in quantità
tutti ci si abbufferà
Sangue vero
chi al mercato ne vorrà
si fornisca a volontà
carne d'alta qualità
Sangue vero
che le pelli sian conciate
e le zampe sian bollite
e le teste marinate
Sangue vero
strafogando scoppierai
bello grasso creperai
tanti vermi nutrirai
Sangue vero!
Bello nero!
Va' che tango di allegri militari
dei vincitori felici qui e dovunque
va' che tango di guerrafondai
ma che tango dei becchini sulle tombe.
Sangue vero
alla baionetta vai
spingi e spara come sai
se no gli occhi sbarrerai
Sangue vero
fanne fuori qualcheduno
tanto peggio se è un cugino
sangue come fosse vino
Sangue vero
e se lui non creperà
qualcun altro sparerà
e il tuo ballo finirà
Sangue vero
da domani tocca a te
è il tuo giorno anche perchè
qui d'amore non ce n'è.
Toh! Ecco il sanguinaccio. Buono il sanguinaccio.
Tieni il sanguinaccio!
Vai col tango degli allegri macellai
ma che tango da scanna-mattatoi
frutta e fiori se vieni coglierai
e sangue fresco da bere se ne vuoi.
Sangue vero
che si mangi a sazietà
grassi e magri in quantità
tutti ci si abbufferà
Sangue vero
chi al mercato ne vorrà
si fornisca a volontà
carne d'alta qualità
Sangue vero
che le pelli sian conciate
e le zampe sian bollite
e le teste marinate
Sangue vero
strafogando scoppierai
bello grasso creperai
tanti vermi nutrirai
Sangue vero!
Bello nero!
Va' che tango di allegri militari
dei vincitori felici qui e dovunque
va' che tango di guerrafondai
ma che tango dei becchini sulle tombe.
Sangue vero
alla baionetta vai
spingi e spara come sai
se no gli occhi sbarrerai
Sangue vero
fanne fuori qualcheduno
tanto peggio se è un cugino
sangue come fosse vino
Sangue vero
e se lui non creperà
qualcun altro sparerà
e il tuo ballo finirà
Sangue vero
da domani tocca a te
è il tuo giorno anche perchè
qui d'amore non ce n'è.
Toh! Ecco il sanguinaccio. Buono il sanguinaccio.
Tieni il sanguinaccio!
Language: Italian
Versione italiana di Fausto Amodei
GLI ALLEGRI MACELLAI
È il tango dei beccai presi all'ingrosso
il tango dei beccai dei mattatoi,
venite a bere il sangue finch'è rosso
venite a bere il sangue assieme a noi!
Quanto sangue! Mangeremo a sazietà
tutti ci si abbufferà e infanzia ingrasserà.
Quanto sangue!
Il mercante fornirà tutta quanta la città
di bistecche a volontà. Quanto sangue!
E si affilino i coltelli si concino le pelli
si friggano i cervelli. Quanto sangue!
Tanto chi s'ingozzerà quando un giorno creperà
meglio i vermi nutrirà. Quanto sangue che c'è!
E' il tango dei soldati d'oggi e ieri
dei vincitori sempre tanto gai
il tango dei famosi condottieri
il tango degli allegri macellai.
Quanto sangue! Spingi colla baionetta
ch'è l'arma prediletta che buca e non affetta.
Quanto sangue!
Scanna scanna finché puoi tutti gli avversari tuoi
dalli in pasto agli avvoltoi. Quanto sangue!
La vittoria arriderà a chi più ne ammazzerà
senza mai provar pietà. Quanto sangue!
Fra due giorni o forse tre accadrà di certo che
toccherà crepare a te. Su, bevi pure tu!
Bevi pure tu! Bevi pure tu!
È il tango dei beccai presi all'ingrosso
il tango dei beccai dei mattatoi,
venite a bere il sangue finch'è rosso
venite a bere il sangue assieme a noi!
Quanto sangue! Mangeremo a sazietà
tutti ci si abbufferà e infanzia ingrasserà.
Quanto sangue!
Il mercante fornirà tutta quanta la città
di bistecche a volontà. Quanto sangue!
E si affilino i coltelli si concino le pelli
si friggano i cervelli. Quanto sangue!
Tanto chi s'ingozzerà quando un giorno creperà
meglio i vermi nutrirà. Quanto sangue che c'è!
E' il tango dei soldati d'oggi e ieri
dei vincitori sempre tanto gai
il tango dei famosi condottieri
il tango degli allegri macellai.
Quanto sangue! Spingi colla baionetta
ch'è l'arma prediletta che buca e non affetta.
Quanto sangue!
Scanna scanna finché puoi tutti gli avversari tuoi
dalli in pasto agli avvoltoi. Quanto sangue!
La vittoria arriderà a chi più ne ammazzerà
senza mai provar pietà. Quanto sangue!
Fra due giorni o forse tre accadrà di certo che
toccherà crepare a te. Su, bevi pure tu!
Bevi pure tu! Bevi pure tu!
Language: Italian
GLI ALLEGRI MACELLAI
Questo è il tango dei macellai della Villette
questo è il tango dei carnefici dei mattatoi
vieni a cogliere le fragole e le violette
e a bere svelto il sangue se nero non lo vuoi.
Bisogna che sanguini
bisogna che la gente abbia da mangiare
bisogna che i grassi si possano abbuffare
bisogna che i piccoli possano ingrassare
bisogna che sanguini
bisogna che i clienti dei mercati
possano riempirsi le trippe
di filetto a ottomila l'etto
bisogna che sanguini
bisogna che le pelli si facciano conciare
bisogna che le zampe si facciano bollire
che le teste si faccian marinare
bisogna che sanguini
bisogna ingozzarsi di bistecconi
per essere ben grassi quando si scoppia
e si va a nutrire i vermacchioni
bisogna che sanguini
bello forte!
Questo è il tango degli allegri militari
dei gioiosi vincitori di dovunque e anche altrove
questo è il tango dei famosi armiamoci e partite
questo è il tango di tutti i beccamorti.
Bisogna che sanguini
spingi quella baionetta
bisogna che entri o scoppi
sennò sbarrerai gli occhi
bisogna che sanguini abbattine qualcuno
pazienza se è un cugino
spillagli sangue come se fosse vino
bisogna che sanguini se non li fai crepare
ai compagni il cambio dovrai dare
e tu la Vita breve interpretare
bisogna che sanguini
domani sarà il tuo turno
domani sarà il tuo giorno
non più un brav'uomo e non più amore.
Toh! che buon sanguinaccio! che sanguinaccio!
che buon sanguinaccio!
Questo è il tango dei macellai della Villette
questo è il tango dei carnefici dei mattatoi
vieni a cogliere le fragole e le violette
e a bere svelto il sangue se nero non lo vuoi.
Bisogna che sanguini
bisogna che la gente abbia da mangiare
bisogna che i grassi si possano abbuffare
bisogna che i piccoli possano ingrassare
bisogna che sanguini
bisogna che i clienti dei mercati
possano riempirsi le trippe
di filetto a ottomila l'etto
bisogna che sanguini
bisogna che le pelli si facciano conciare
bisogna che le zampe si facciano bollire
che le teste si faccian marinare
bisogna che sanguini
bisogna ingozzarsi di bistecconi
per essere ben grassi quando si scoppia
e si va a nutrire i vermacchioni
bisogna che sanguini
bello forte!
Questo è il tango degli allegri militari
dei gioiosi vincitori di dovunque e anche altrove
questo è il tango dei famosi armiamoci e partite
questo è il tango di tutti i beccamorti.
Bisogna che sanguini
spingi quella baionetta
bisogna che entri o scoppi
sennò sbarrerai gli occhi
bisogna che sanguini abbattine qualcuno
pazienza se è un cugino
spillagli sangue come se fosse vino
bisogna che sanguini se non li fai crepare
ai compagni il cambio dovrai dare
e tu la Vita breve interpretare
bisogna che sanguini
domani sarà il tuo turno
domani sarà il tuo giorno
non più un brav'uomo e non più amore.
Toh! che buon sanguinaccio! che sanguinaccio!
che buon sanguinaccio!
Language: Russian
Versione russa di V. Zajcev:
ВЕСЁЛЫЕ МЯСНИКИ
Вот танго для весёлых мясников,
На скотобойнях показавших класс.
Спешите дам препроводить в альков
И выпить кровь, пока не запеклась.
Больше крови!
Больше мяса будут жрать,
Больше веса набирать,
Больше станет толстых рать!
Больше крови! —
Чтоб струилась как река,
Чтоб свиней окорока
На складах — до потолка!
Больше крови!
Больше спрос и шире сбыт
Кожи, шкур, рогов, копыт!
Будет каждый бык убит!
Больше крови,
Чтоб хватило всем котлет,
Чтоб, покинув этот свет,
Сытный дать червям обед!
Больше крови!
Вот танго для военных молодцов,
Что победить готовы всех и вся,
Для тех крутых, испытанных бойцов,
Кто ремеслом могильным занялся.
Больше крови!
Посильнее штык воткни,
Помни: мы — или они,
Прозевал — себя вини.
Больше крови!
Замочи побольше их,
Неприятелей своих,
Не спускай им ни на миг,
Больше крови!
Коль врага не ты добил,
То дружок твой, что любил
Эти игры как дебил.
Больше крови!
А назавтра — твой черёд,
А назавтра приберёт
Смерть тебя и в пыль сотрёт…
А вот колбаса! А вот колбаса!
А вот колбаса…
Вот танго для весёлых мясников,
На скотобойнях показавших класс.
Спешите дам препроводить в альков
И выпить кровь, пока не запеклась.
Больше крови!
Больше мяса будут жрать,
Больше веса набирать,
Больше станет толстых рать!
Больше крови! —
Чтоб струилась как река,
Чтоб свиней окорока
На складах — до потолка!
Больше крови!
Больше спрос и шире сбыт
Кожи, шкур, рогов, копыт!
Будет каждый бык убит!
Больше крови,
Чтоб хватило всем котлет,
Чтоб, покинув этот свет,
Сытный дать червям обед!
Больше крови!
Вот танго для военных молодцов,
Что победить готовы всех и вся,
Для тех крутых, испытанных бойцов,
Кто ремеслом могильным занялся.
Больше крови!
Посильнее штык воткни,
Помни: мы — или они,
Прозевал — себя вини.
Больше крови!
Замочи побольше их,
Неприятелей своих,
Не спускай им ни на миг,
Больше крови!
Коль врага не ты добил,
То дружок твой, что любил
Эти игры как дебил.
Больше крови!
А назавтра — твой черёд,
А назавтра приберёт
Смерть тебя и в пыль сотрёт…
А вот колбаса! А вот колбаса!
А вот колбаса…
Contributed by Riccardo Venturi - 2004/11/21 - 17:49
Language: German
Versione tedesca da questa pagina
DIE FRÖHLICHEN SCHLÄCHTER
Das ist der Tango der Schlächter von La Villette
Das ist der Tango der Schlachthoffusiliere
Sammelt Gekröse und Nierenmark
Und trinkt vom Blut bevor es schwarz wird
Blut muß fließen
Die Menschen müssen was zu fressen haben
Die Reichen müssen sich stopfen können
Die Armen müssen sich mästen können
Blut muß fließen
Die beauftragten Händler am Platz
Stopft ihnen voll ihren Latz
Mit einem Achthundertfrancfilet
Blut muß fließen
Damit die Felle gegerbt werden können
Damit die Füße paniert werden können
Damit wir die Köpfe einpökeln können
Blut muß fließen
Fleischmassen muß man verzehren
Um fett zu sein, wenn man stirbt
Und sich von Schlachtliedern nähren
Blut muß fließen ... Noch mehr!
Das ist der Tango der fröhlichen Militärverehrer
Von Hiroshima, Buchenwald und anderswo
Das ist der Tango der berühmten Kriegsbegehrer
Das ist der Tango aller Totengräber
Blut muß fließen
Stütz dich auf das Bajonett
Du mußt dich fügen oder furz ins Bett
Außer dein Kopf ist ein hartes Brett
Blut muß fließen
Du mußt sie niederstrecken
Peinlich, wenn es Vettern sind
Sie müssen eben halt verrecken
Blut muß fließen
Tust du nicht deine Pflicht
Zögern deine Kumpel dann nicht
Und hast du dein Leben verwirkt
Blut muß fließen
Morgen bist du an der Reih
Morgen bist du auch dabei
Was heißt schon Mensch, was Liebe
Blut muß fließen ... Noch mehr!
Das ist der Tango der Schlächter von La Villette
Das ist der Tango der Schlachthoffusiliere
Sammelt Gekröse und Nierenmark
Und trinkt vom Blut bevor es schwarz wird
Blut muß fließen
Die Menschen müssen was zu fressen haben
Die Reichen müssen sich stopfen können
Die Armen müssen sich mästen können
Blut muß fließen
Die beauftragten Händler am Platz
Stopft ihnen voll ihren Latz
Mit einem Achthundertfrancfilet
Blut muß fließen
Damit die Felle gegerbt werden können
Damit die Füße paniert werden können
Damit wir die Köpfe einpökeln können
Blut muß fließen
Fleischmassen muß man verzehren
Um fett zu sein, wenn man stirbt
Und sich von Schlachtliedern nähren
Blut muß fließen ... Noch mehr!
Das ist der Tango der fröhlichen Militärverehrer
Von Hiroshima, Buchenwald und anderswo
Das ist der Tango der berühmten Kriegsbegehrer
Das ist der Tango aller Totengräber
Blut muß fließen
Stütz dich auf das Bajonett
Du mußt dich fügen oder furz ins Bett
Außer dein Kopf ist ein hartes Brett
Blut muß fließen
Du mußt sie niederstrecken
Peinlich, wenn es Vettern sind
Sie müssen eben halt verrecken
Blut muß fließen
Tust du nicht deine Pflicht
Zögern deine Kumpel dann nicht
Und hast du dein Leben verwirkt
Blut muß fließen
Morgen bist du an der Reih
Morgen bist du auch dabei
Was heißt schon Mensch, was Liebe
Blut muß fließen ... Noch mehr!
Contributed by Riccardo Venturi - 2005/5/8 - 02:39
Lettre à sa Magnificence le Baron Jean Mollet, Vice-Curateur du Collège de 'Pataphysique, sur les truqueurs de la guerre
da / d'après Le Petit Cahier du grand Boris Vian
da / d'après Le Petit Cahier du grand Boris Vian
L'on s'en doutait parfois, comme je ne saurais l'apprendre à Votre Magnificence, mais le doute n'est plus possible ; le moment est venu de le dire au grand jour ; la guerre est truquée. Quelle guerre ? Je n'en mets aucune spécialement en cause ; à mon avis, il n'y en a pas encore eu une bonne, et l'on verra pourquoi. Il me semble, et c'est tout, utile et urgent d'attirer l'attention des bons citoyens sur le mauvais usage que l'on fait de leurs deniers.
C'est le hasard d'une rencontre qui m'a mis la puce à la cervelle. Obligé, récemment, de laisser au garage mon char à essence (la paresse, je crains) j'eus l'idée, pour gagner le lieu clos où je travaille, dans un silence approximatif, à préparer la mise en conserve de ces aliments spécifiques de l'oreille, les vibrations musicales, j'eus, disais-je, l'idée de prendre l'autobus. Il n'était pas fort encombré et c'est ainsi que je trouvai place vis-à-vis d'un homme âgé. Son âge était-il respectable ? Je n'ai pas accoutumé de respecter ou de mépriser ; je choisis plutôt parmi cette gamme de sentiments qui vont de l'amour à la haine en passant par les degrés de l'affection, de l'indifférence et de l'inimitié. Bref, j'étais en face d'un homme de soixante-neuf ans, nombre pour lequel je n'éprouve non plus aucun respect particulier ; il n'est, à tout prendre, qu'un symbole et je n'en suis point, j'en remercie Votre Magnificence, à m'effrayer d'un symbole qui restera, quelle que soit la force de l'éruption, sous mon entière domination.
Pour en venir au fait, le revers du veston de ce vieil énantiomorphe de moi-même portait quelques fragments de rubans colorés, noués à la boutonnière ; curieux de nature, je me permis d'en demander l'usage.
— Celui-ci, me dit-on, est la Médaille militaire. L'autre, la Croix de Guerre. Et voici la Légion d'honneur de Lyon. La rosette.
— Je ne vois ni médaille ni croix, observai-je, mais de jolis galons de couleur. Serait-ce qu'il y eut une guerre et que vous...
— Quatorze-Dix-huit, fit-il, me coupant la parole, mais sans insolence.
— Je m'exprime mal, repris-je, seriez-vous revenu de la guerre ?
— Sans une égratignure, jeune homme.
La canaille semblait s'en vanter.
— Voulez-vous me dire, poursuivis-je (d'un ton que j'avais quelque peine à modérer), que cette guerre de Quatorze a été mal faite ?
Magnificence, je passe sur la suite de ce colloque. Il devait m'apporter cette triste certitude : oui, on nous trompe ; oui, les guerres sont mal faites ; oui, il y a des survivants parmi les combattants. Oh ! j'imagine que Votre Magnificence va hausser les épaules. Il s'emporte, pensera-t-Elle, avec un léger sourire et ce mouvement du chef que je connais bien. Il se fait des idées... On lui aura monté le bourrichon...
Eh bien non. J'ai fait mon enquête ; elle est concluante. La vérité est affreuse : toute noire avec du rosé en plaques ; la voici : à chaque guerre, des milliers de combattants reviennent sains et saufs.
***
Je me garderai d'insister sur le danger psychologique de ce triste état de choses : il est précis, colossal, monstrueux ; l'individu qui revient d'une guerre a, obligatoirement, plus ou moins l'idée qu'elle n'était pas dangereuse. Ceci concourt à l'échec de la suivante, et ne fait pas prendre au sérieux les guerres en général. Mais ce ne serait rien. Le combattant qui ne s'est pas fait tuer garde en lui-même une mentalité de raté ; il aura à cœur de compenser cette déficience et contribuera donc à préparer la suivante ; or comment voulez-vous qu'il la prépare bien, puisqu'il s'est tiré de la précédente et que par conséquent, du point de vue de la guerre, il est disqualifié ?
Mais je le répète, je ne traînerai pas sur l'aspect intérieur de la chose. Le côté social est plus grave. Voici, Magnificence, ce à quoi l'on utilise l'argent que vous versez ; voilà ce que l'on fait du mien, de nos impôts, de nos efforts. Voilà ce que l'on fait du travail de ces dizaines de milliers de braves ouvriers qui, du matin au soir, d'un bout de l'année à l'autre, s'épuisent à tourner des obus, à fabriquer, au péril de leur vie, des explosifs dangereux dans des établissements pleins de courants d'air, à monter des avions qui, eux non plus, ne devraient pas revenir mais qui reviennent parfois. On m'a cité des cas. La vie blesse.
Oh, qu'une bonne partie de la responsabilité de tout ceci incombe à l'ennemi, cela, Magnificence, je n'en disconviens pas. C'est grave, certes. L'ennemi, lui non plus, ne fait pas son devoir. Mais tout de même, reconnaissons que nous essayons de le gêner. Un ennemi un peu aidé nous détruirait jusqu'au dernier. Or, loin de l'aider, nous lui donnons dans le nez de l'arme rouge, de l'arme blanche, du mortier, du canon, de la bombe variée, du napalm ; si parfois, comme en 1940, nous usons d'une tactique neuve, tentant de l'induire à courir très vite pour tomber à la mer, emporté par son élan, reconnaissons que de tels exemples sont rares et qu'en 1940, en tout cas, la technique n'était pas au point puisque nous n'avons pas sauté dans l'eau les premiers pour l'attirer à notre suite.
Mais, quoi !...à chaque guerre, le même phénomène navrant se reproduit : on engage, en masse, des amateurs. La guerre, pourtant, ce n'est pas n'importe quoi ; c'est fait pour tuer les gens et ça s'apprend. Or, que se passe-t-il ? Chaque fois, dans les deux camps, au lieu de confier à des mains professionnelles l'infinité de tâches délicates qui concourent à la réussite des belles campagnes, on embauche des milliers de manœuvres non spécialisés et on les fait instruire par des guerriers professionnels âgés ou de grade inférieur, donc qui ont raté une guerre précédente. Comment veut-on que l'esprit des recrues — et certaines ne demanderaient pas mieux que de se dévouer à la cause de la guerre — acquière les qualités nécessaires à la réalisation parfaite d'une guerre idéale ? Sans nous y attarder, ne faisons qu'effleurer au passage le terme " mobilisation ". Croyez-vous que le dessein du législateur, en employant ce mot, ait été, justement, d'" immobiliser " les mobilisés dans les casernes ? Pour moi, éclairé que je suis déjà par mes réflexions, la contradiction ne saurait surprendre ; elle procède purement et simplement de l'esprit de sabotage entretenu par les survivants des guerres passées.
Imaginons, par un vol majestueux de l'esprit — et celui de Votre Magnificence a l'envergure apte à ces élans immenses — une guerre réussie. Imaginons une guerre où toutes les munitions sont épuisées, tous les ouvriers à court de matières premières, tous les soldats et tous les chefs abattus — et ceci de part et d'autre, dans les deux camps. Ah, je le sais bien, tel résultat exigerait une minutieuse préparation ; et l'on vous déclare les guerres avec une légèreté, une désinvolture, qui rendent irréalisable cette guerre idéale en vue de laquelle, contre toute espérance, nous continuons — et nous continuerons — de verser notre obole quotidienne. Mais imaginons, Magnificence, imaginons ce combat dont pas un combattant ne réchapperait ! Voilà qui serait résoudre le conflit. Car un problème ne se pose pas. Votre Magnificence sait qu'on le pose. Il n'est que de supprimer cet " on ". De même, un conflit sans combattants n'est plus un conflit, et il ne survit jamais à leur disparition.
J'ai vilipendé — non sans raison. Votre Magnificence me l'accordera — les amateurs ; mais le plus triste, c'est que certains professionnels ne font pas leur devoir. Certes, il est inadmissible qu'un mobilisé ordinaire revienne intact du front ; mais c'est qu'on a le tort de mobiliser n'importe qui, et en trop grand nombre. Que Votre Magnificence me donne une armée de cinquante hommes, et je me fais fort de la contrôler ; je lui garantis qu'aucun des cinquante hommes n'en reviendra, dusse-je les abattre de mes mains et sans l'aide de l'ennemi ; mais un million d'hommes. Magnificence... non. Un million, je ne peux plus rien lui garantir. Mais là n'est pas l'argument ; le plus tragique, c'est que des soldats de carrière réchappent de la guerre. Jadis, les officiers chargeaient à la tête de leurs troupes ; ils savaient bien, eux, que leur mort était essentielle à la bonne marche de la guerre, grâce au jeu de l'avancement qui plaçait immédiatement le subalterne le plus qualifié au point le plus dangereux, celui où le chef venait de périr. De nos jours, on semble mettre cette notion de base en doute ; on a vu des généraux modernes dépasser cinquante ans et commander leurs forces depuis des P. C. disposés à l'arrière, voire abrités. L'on m'assure, et je suis tout prêt à le croire, que ceci a l'heureux effet d'étendre le champ des opérations et de multiplier ainsi les risques, en allongeant l'attaque adverse ; les avions, me dit-on, sont actuellement assez nombreux pour inonder de bombes des surfaces importantes. Ce raisonnement me semble suspect ; on sait bien, hélas, que certaines bombes manquent leur but, que toutes, malheureusement, n'explosent pas ; que le maladroit et grossier camouflage grâce auquel on tente de mettre en valeur les cibles de choix voit souvent son effet annulé par la malignité de la nature, qui réussit dans certains cas à l'imiter. Pourtant, on conçoit encore, je l'admets, que les professionnels de la guerre, irrités par l'idée de n'avoir que des amateurs à leur disposition, cherchent à s'en débarrasser le plus vite possible en les expédiant à l'avant-garde. Or, ils y rencontrent d'autres amateurs, ennemis, oui mais aussi maladroits qu'eux-mêmes, et le conflit s'éternise comme il le fit, paraît-il, à Verdun voici une quarantaine d'années, ces pauvres gens ne parvenant pas à s'exterminer malgré l'aide intensive de l'artillerie des deux camps. La discussion est délicate ; il y a, sans doute, à déterminer l'ordre dans lequel il faut éliminer les officiers des différents grades pour obtenir de la guerre son rendement maximum. Des chaussetrapes surgissent à chaque pas : par exemple, si un général est adroit, vaut-il mieux qu'il soit tué rapidement ou non ? Le calcul est délicat. S'il est très adroit, il tue ou fait tuer de nombreux ennemis sans perdre trop d'hommes ; mais s'il ne subit pas de grosses pertes, c'est que le général ennemi devant lequel il se trouve n'est pas très adroit ; en ce cas, comment dire du premier qu'il est très adroit, s'il se borne à triompher de maladroits ? et s'il n'est pas très adroit, ne serait-il pas bon — du point de vue de la guerre, toujours — qu'il fût tué rapidement ? Le problème, je le dis, est très épineux et fait intervenir le calcul des probabilités. Naturellement, on peut dire, en gros, qu'il serait bon qu'un général disparût au moment où il a fait un quota déterminé de victimes ; une étude statistique donnerait des chiffres provisoirement acceptables pour le minimum exigible.
Il ne reste pas moins de tout ceci, pour revenir à l'exemple de l'officier chargeant jadis à la tête de ses troupes, que (et c'était le cas) lorsque des professionnels sont en présence, la guerre réussit beaucoup mieux (tout est relatif) que lorsque les amateurs abondent sur le terrain. Un homme, à mon sens, s'est conduit, jadis, à merveille : c'est celui qui, à Fontenoy, lança la phrase, fameuse à juste titre : " Messieurs les Anglais, tirez les premiers. " A n'en pas douter, dans son esprit, les Français devaient tirer en même temps ; c'était la façon de réaliser un carnage maximum : réunir, au point fixe, les troupes, et se fusiller à bout portant. Sans doute trahi par des subordonnés d'esprit lent, cet homme, ce vrai soldat, n'en obtint pas moins un résultat satisfaisant. Depuis, des stratèges improvisés ont inventé la guerre droite, la guerre de mouvement, la guérilla, le harcèlement, le décrochage, le repli sur des positions préparées (oh ! hideux pléonasme) à l'avance, toutes tactiques qui ont l'avantage de gâcher énormément de matériel et de coûter fort cher, mais qui négligent l'essentiel : la disparition du combattant.
Votre Magnificence me pardonnera le désordre de ces réflexions que je jette tout à trac, notées comme elles me sont venues ; mon indignation n'a pas laissé à ma pensée le temps de filtrer et de mettre à sa place chacun des éléments qui venaient s'offrir à l'alimenter. Cette lettre part du cœur ; je me suis soudain vu bafoué, volé, floué ; nous n'avons pas les guerres pour lesquelles nous payons, et je ne suis pas content : Votre Magnificence ne niera pas qu'il y avait de quoi.
Qu'on se réveille donc, il est temps encore ; allons contre ce courant dangereux qui nous entraîne vers les gouffres. Qu'on me croie : le jour où personne ne reviendra d'une guerre, c'est qu'elle aura enfin été bien faite. Ce jour-là, on s'apercevra que toutes les tentatives avortées jusqu'ici ont été l'oeuvre de farceurs. Ce jour-là, on s'apercevra qu'il suffit d'UNE guerre pour effacer les préjugés qui s'attachent encore à ce mode de destruction. Ce jour-là, il sera, à jamais, inutile de recommencer.
Le 29 sable 86, vacuation de Bombe.
P.-S. — On s'enquiert auprès de moi de la conduite à tenir vis-à-vis de ceux qui reviennent des guerres actuelles. Sachez que cela m'indiffère ; ce sont des guerres falsifiées, il est bien vrai, mais surtout ce ne sont pas mes guerres. En bonne logique, on devrait abattre tous ceux qui reviennent intacts et tolérer — pourvu qu'ils se taisent — ceux qui reviennent partiellement morts, mutilés ou blessés. On préférera, évidemment, ceux qui reviennent déprivés de l'usage de la parole, et l'on interdira absolument à tous, quels qu'ils soient, de se targuer du titre " ancien combattant ". Une seule dénomination convient à cette vermine : celle de " ratés de la guerre ".
1er décervelage 86
Dossier 7 du Collège de 'Pataphysique
(11 gidouille 86 = 25 juin 1959).
C'est le hasard d'une rencontre qui m'a mis la puce à la cervelle. Obligé, récemment, de laisser au garage mon char à essence (la paresse, je crains) j'eus l'idée, pour gagner le lieu clos où je travaille, dans un silence approximatif, à préparer la mise en conserve de ces aliments spécifiques de l'oreille, les vibrations musicales, j'eus, disais-je, l'idée de prendre l'autobus. Il n'était pas fort encombré et c'est ainsi que je trouvai place vis-à-vis d'un homme âgé. Son âge était-il respectable ? Je n'ai pas accoutumé de respecter ou de mépriser ; je choisis plutôt parmi cette gamme de sentiments qui vont de l'amour à la haine en passant par les degrés de l'affection, de l'indifférence et de l'inimitié. Bref, j'étais en face d'un homme de soixante-neuf ans, nombre pour lequel je n'éprouve non plus aucun respect particulier ; il n'est, à tout prendre, qu'un symbole et je n'en suis point, j'en remercie Votre Magnificence, à m'effrayer d'un symbole qui restera, quelle que soit la force de l'éruption, sous mon entière domination.
Pour en venir au fait, le revers du veston de ce vieil énantiomorphe de moi-même portait quelques fragments de rubans colorés, noués à la boutonnière ; curieux de nature, je me permis d'en demander l'usage.
— Celui-ci, me dit-on, est la Médaille militaire. L'autre, la Croix de Guerre. Et voici la Légion d'honneur de Lyon. La rosette.
— Je ne vois ni médaille ni croix, observai-je, mais de jolis galons de couleur. Serait-ce qu'il y eut une guerre et que vous...
— Quatorze-Dix-huit, fit-il, me coupant la parole, mais sans insolence.
— Je m'exprime mal, repris-je, seriez-vous revenu de la guerre ?
— Sans une égratignure, jeune homme.
La canaille semblait s'en vanter.
— Voulez-vous me dire, poursuivis-je (d'un ton que j'avais quelque peine à modérer), que cette guerre de Quatorze a été mal faite ?
Magnificence, je passe sur la suite de ce colloque. Il devait m'apporter cette triste certitude : oui, on nous trompe ; oui, les guerres sont mal faites ; oui, il y a des survivants parmi les combattants. Oh ! j'imagine que Votre Magnificence va hausser les épaules. Il s'emporte, pensera-t-Elle, avec un léger sourire et ce mouvement du chef que je connais bien. Il se fait des idées... On lui aura monté le bourrichon...
Eh bien non. J'ai fait mon enquête ; elle est concluante. La vérité est affreuse : toute noire avec du rosé en plaques ; la voici : à chaque guerre, des milliers de combattants reviennent sains et saufs.
***
Je me garderai d'insister sur le danger psychologique de ce triste état de choses : il est précis, colossal, monstrueux ; l'individu qui revient d'une guerre a, obligatoirement, plus ou moins l'idée qu'elle n'était pas dangereuse. Ceci concourt à l'échec de la suivante, et ne fait pas prendre au sérieux les guerres en général. Mais ce ne serait rien. Le combattant qui ne s'est pas fait tuer garde en lui-même une mentalité de raté ; il aura à cœur de compenser cette déficience et contribuera donc à préparer la suivante ; or comment voulez-vous qu'il la prépare bien, puisqu'il s'est tiré de la précédente et que par conséquent, du point de vue de la guerre, il est disqualifié ?
Mais je le répète, je ne traînerai pas sur l'aspect intérieur de la chose. Le côté social est plus grave. Voici, Magnificence, ce à quoi l'on utilise l'argent que vous versez ; voilà ce que l'on fait du mien, de nos impôts, de nos efforts. Voilà ce que l'on fait du travail de ces dizaines de milliers de braves ouvriers qui, du matin au soir, d'un bout de l'année à l'autre, s'épuisent à tourner des obus, à fabriquer, au péril de leur vie, des explosifs dangereux dans des établissements pleins de courants d'air, à monter des avions qui, eux non plus, ne devraient pas revenir mais qui reviennent parfois. On m'a cité des cas. La vie blesse.
Oh, qu'une bonne partie de la responsabilité de tout ceci incombe à l'ennemi, cela, Magnificence, je n'en disconviens pas. C'est grave, certes. L'ennemi, lui non plus, ne fait pas son devoir. Mais tout de même, reconnaissons que nous essayons de le gêner. Un ennemi un peu aidé nous détruirait jusqu'au dernier. Or, loin de l'aider, nous lui donnons dans le nez de l'arme rouge, de l'arme blanche, du mortier, du canon, de la bombe variée, du napalm ; si parfois, comme en 1940, nous usons d'une tactique neuve, tentant de l'induire à courir très vite pour tomber à la mer, emporté par son élan, reconnaissons que de tels exemples sont rares et qu'en 1940, en tout cas, la technique n'était pas au point puisque nous n'avons pas sauté dans l'eau les premiers pour l'attirer à notre suite.
Mais, quoi !...à chaque guerre, le même phénomène navrant se reproduit : on engage, en masse, des amateurs. La guerre, pourtant, ce n'est pas n'importe quoi ; c'est fait pour tuer les gens et ça s'apprend. Or, que se passe-t-il ? Chaque fois, dans les deux camps, au lieu de confier à des mains professionnelles l'infinité de tâches délicates qui concourent à la réussite des belles campagnes, on embauche des milliers de manœuvres non spécialisés et on les fait instruire par des guerriers professionnels âgés ou de grade inférieur, donc qui ont raté une guerre précédente. Comment veut-on que l'esprit des recrues — et certaines ne demanderaient pas mieux que de se dévouer à la cause de la guerre — acquière les qualités nécessaires à la réalisation parfaite d'une guerre idéale ? Sans nous y attarder, ne faisons qu'effleurer au passage le terme " mobilisation ". Croyez-vous que le dessein du législateur, en employant ce mot, ait été, justement, d'" immobiliser " les mobilisés dans les casernes ? Pour moi, éclairé que je suis déjà par mes réflexions, la contradiction ne saurait surprendre ; elle procède purement et simplement de l'esprit de sabotage entretenu par les survivants des guerres passées.
Imaginons, par un vol majestueux de l'esprit — et celui de Votre Magnificence a l'envergure apte à ces élans immenses — une guerre réussie. Imaginons une guerre où toutes les munitions sont épuisées, tous les ouvriers à court de matières premières, tous les soldats et tous les chefs abattus — et ceci de part et d'autre, dans les deux camps. Ah, je le sais bien, tel résultat exigerait une minutieuse préparation ; et l'on vous déclare les guerres avec une légèreté, une désinvolture, qui rendent irréalisable cette guerre idéale en vue de laquelle, contre toute espérance, nous continuons — et nous continuerons — de verser notre obole quotidienne. Mais imaginons, Magnificence, imaginons ce combat dont pas un combattant ne réchapperait ! Voilà qui serait résoudre le conflit. Car un problème ne se pose pas. Votre Magnificence sait qu'on le pose. Il n'est que de supprimer cet " on ". De même, un conflit sans combattants n'est plus un conflit, et il ne survit jamais à leur disparition.
J'ai vilipendé — non sans raison. Votre Magnificence me l'accordera — les amateurs ; mais le plus triste, c'est que certains professionnels ne font pas leur devoir. Certes, il est inadmissible qu'un mobilisé ordinaire revienne intact du front ; mais c'est qu'on a le tort de mobiliser n'importe qui, et en trop grand nombre. Que Votre Magnificence me donne une armée de cinquante hommes, et je me fais fort de la contrôler ; je lui garantis qu'aucun des cinquante hommes n'en reviendra, dusse-je les abattre de mes mains et sans l'aide de l'ennemi ; mais un million d'hommes. Magnificence... non. Un million, je ne peux plus rien lui garantir. Mais là n'est pas l'argument ; le plus tragique, c'est que des soldats de carrière réchappent de la guerre. Jadis, les officiers chargeaient à la tête de leurs troupes ; ils savaient bien, eux, que leur mort était essentielle à la bonne marche de la guerre, grâce au jeu de l'avancement qui plaçait immédiatement le subalterne le plus qualifié au point le plus dangereux, celui où le chef venait de périr. De nos jours, on semble mettre cette notion de base en doute ; on a vu des généraux modernes dépasser cinquante ans et commander leurs forces depuis des P. C. disposés à l'arrière, voire abrités. L'on m'assure, et je suis tout prêt à le croire, que ceci a l'heureux effet d'étendre le champ des opérations et de multiplier ainsi les risques, en allongeant l'attaque adverse ; les avions, me dit-on, sont actuellement assez nombreux pour inonder de bombes des surfaces importantes. Ce raisonnement me semble suspect ; on sait bien, hélas, que certaines bombes manquent leur but, que toutes, malheureusement, n'explosent pas ; que le maladroit et grossier camouflage grâce auquel on tente de mettre en valeur les cibles de choix voit souvent son effet annulé par la malignité de la nature, qui réussit dans certains cas à l'imiter. Pourtant, on conçoit encore, je l'admets, que les professionnels de la guerre, irrités par l'idée de n'avoir que des amateurs à leur disposition, cherchent à s'en débarrasser le plus vite possible en les expédiant à l'avant-garde. Or, ils y rencontrent d'autres amateurs, ennemis, oui mais aussi maladroits qu'eux-mêmes, et le conflit s'éternise comme il le fit, paraît-il, à Verdun voici une quarantaine d'années, ces pauvres gens ne parvenant pas à s'exterminer malgré l'aide intensive de l'artillerie des deux camps. La discussion est délicate ; il y a, sans doute, à déterminer l'ordre dans lequel il faut éliminer les officiers des différents grades pour obtenir de la guerre son rendement maximum. Des chaussetrapes surgissent à chaque pas : par exemple, si un général est adroit, vaut-il mieux qu'il soit tué rapidement ou non ? Le calcul est délicat. S'il est très adroit, il tue ou fait tuer de nombreux ennemis sans perdre trop d'hommes ; mais s'il ne subit pas de grosses pertes, c'est que le général ennemi devant lequel il se trouve n'est pas très adroit ; en ce cas, comment dire du premier qu'il est très adroit, s'il se borne à triompher de maladroits ? et s'il n'est pas très adroit, ne serait-il pas bon — du point de vue de la guerre, toujours — qu'il fût tué rapidement ? Le problème, je le dis, est très épineux et fait intervenir le calcul des probabilités. Naturellement, on peut dire, en gros, qu'il serait bon qu'un général disparût au moment où il a fait un quota déterminé de victimes ; une étude statistique donnerait des chiffres provisoirement acceptables pour le minimum exigible.
Il ne reste pas moins de tout ceci, pour revenir à l'exemple de l'officier chargeant jadis à la tête de ses troupes, que (et c'était le cas) lorsque des professionnels sont en présence, la guerre réussit beaucoup mieux (tout est relatif) que lorsque les amateurs abondent sur le terrain. Un homme, à mon sens, s'est conduit, jadis, à merveille : c'est celui qui, à Fontenoy, lança la phrase, fameuse à juste titre : " Messieurs les Anglais, tirez les premiers. " A n'en pas douter, dans son esprit, les Français devaient tirer en même temps ; c'était la façon de réaliser un carnage maximum : réunir, au point fixe, les troupes, et se fusiller à bout portant. Sans doute trahi par des subordonnés d'esprit lent, cet homme, ce vrai soldat, n'en obtint pas moins un résultat satisfaisant. Depuis, des stratèges improvisés ont inventé la guerre droite, la guerre de mouvement, la guérilla, le harcèlement, le décrochage, le repli sur des positions préparées (oh ! hideux pléonasme) à l'avance, toutes tactiques qui ont l'avantage de gâcher énormément de matériel et de coûter fort cher, mais qui négligent l'essentiel : la disparition du combattant.
Votre Magnificence me pardonnera le désordre de ces réflexions que je jette tout à trac, notées comme elles me sont venues ; mon indignation n'a pas laissé à ma pensée le temps de filtrer et de mettre à sa place chacun des éléments qui venaient s'offrir à l'alimenter. Cette lettre part du cœur ; je me suis soudain vu bafoué, volé, floué ; nous n'avons pas les guerres pour lesquelles nous payons, et je ne suis pas content : Votre Magnificence ne niera pas qu'il y avait de quoi.
Qu'on se réveille donc, il est temps encore ; allons contre ce courant dangereux qui nous entraîne vers les gouffres. Qu'on me croie : le jour où personne ne reviendra d'une guerre, c'est qu'elle aura enfin été bien faite. Ce jour-là, on s'apercevra que toutes les tentatives avortées jusqu'ici ont été l'oeuvre de farceurs. Ce jour-là, on s'apercevra qu'il suffit d'UNE guerre pour effacer les préjugés qui s'attachent encore à ce mode de destruction. Ce jour-là, il sera, à jamais, inutile de recommencer.
Le 29 sable 86, vacuation de Bombe.
P.-S. — On s'enquiert auprès de moi de la conduite à tenir vis-à-vis de ceux qui reviennent des guerres actuelles. Sachez que cela m'indiffère ; ce sont des guerres falsifiées, il est bien vrai, mais surtout ce ne sont pas mes guerres. En bonne logique, on devrait abattre tous ceux qui reviennent intacts et tolérer — pourvu qu'ils se taisent — ceux qui reviennent partiellement morts, mutilés ou blessés. On préférera, évidemment, ceux qui reviennent déprivés de l'usage de la parole, et l'on interdira absolument à tous, quels qu'ils soient, de se targuer du titre " ancien combattant ". Une seule dénomination convient à cette vermine : celle de " ratés de la guerre ".
1er décervelage 86
Dossier 7 du Collège de 'Pataphysique
(11 gidouille 86 = 25 juin 1959).
Alessandro - 2006/10/4 - 22:19
Da segnalare la versione italiana dell'intera commedia musicale di Henry-François Rey, con canzoni di Boris Vian, opera di Giangilberto Monti:
(da Folk Club Ethnosuoni)
Giangilberto Monti
"LA BELLE EPOQUE DELLA BANDA BONNOT"
storia del bandito anarchico Jules Bonnot su canzoni originali di Boris Vian.
Roberto Carlotti, fisarmonica - Renata Mezenov Sa, voce e chitarra - Marco Mistrangelo, contrabbasso - Caroline Tallone, ghironda, violino, organetto diatonico.
Jules Bonnot, operaio, anarchico e poi bandito, viene braccato per anni dalla polizia in piena Belle Epoque e diventa suo malgrado un eroe popolare: la sua cattura avviene di fronte a cinquecento soldati e ventimila parigini, nell'aprile del 1912. Henry-François Rey nel 1954 trasforma questa storia in una commedia musicale e ne affida le canzoni all'eclettico artista francese Boris Vian. Dopo lo spettacolo gli spartiti originali si perdono e l'opera viene riallestita solo nel 1970. Il fisarmonicista Louis Bessières ne rimusica alcuni spartiti, modificandone in parte i testi.
Giangilberto Monti adatta in italiano le venti canzoni di Vian, per lo più inedite, musica quelle rimaste senza uno spartito e riconduce l'opera al suo ordine originale. Le composizioni più jazzate vengono mischiate a un'anima folk, G.G. Monti interpreta le canzoni dell'opera insieme alla russo-cubana Renata Mezenov Sa e alla svizzera Caroline Tallone, con la direzione del compositore Cialdo Capelli, già collaboratore di Giorgio Gaber. Il risultato è una intensa contaminazione tra musica colta e ritmi popolari. La Radio Svizzera Italiana accetta di produrre uno sceneggiato radiofonico tratto dal lavoro di G.G.Monti, che nella sorpresa generale vince il Prix Suisse 2004, l'Oscar della radiofonia elvetica.
Il doppio CD omonimo raccoglie le venti canzoni dello spettacolo e come bonus offre la versione integrale della radiocommedia musicale, dove un cast di dieci attori affianca i musicisti e lo stesso Monti. Il libretto del CD, in italiano e francese, oltre ai testi delle canzoni, contiene una lunga presentazione di Oliviero Ponte di Pino - editor Garzanti, autore, saggista e uomo di teatro - che traccia un profilo dei tre "bravi ragazzi": Jules Bonnot, Boris Vian e Giangilberto Monti.
"Molte di queste canzoni sono politicamente scorrette, musicalmente ricercate, inutilmente romantiche: in una parola, anarchiche. Forse è per questo che le ho amate con tutta la fatica e la felicità possibile" (G.G. Monti)
"LA BELLE EPOQUE DELLA BANDA BONNOT"
storia del bandito anarchico Jules Bonnot su canzoni originali di Boris Vian.
Roberto Carlotti, fisarmonica - Renata Mezenov Sa, voce e chitarra - Marco Mistrangelo, contrabbasso - Caroline Tallone, ghironda, violino, organetto diatonico.
Jules Bonnot, operaio, anarchico e poi bandito, viene braccato per anni dalla polizia in piena Belle Epoque e diventa suo malgrado un eroe popolare: la sua cattura avviene di fronte a cinquecento soldati e ventimila parigini, nell'aprile del 1912. Henry-François Rey nel 1954 trasforma questa storia in una commedia musicale e ne affida le canzoni all'eclettico artista francese Boris Vian. Dopo lo spettacolo gli spartiti originali si perdono e l'opera viene riallestita solo nel 1970. Il fisarmonicista Louis Bessières ne rimusica alcuni spartiti, modificandone in parte i testi.
Giangilberto Monti adatta in italiano le venti canzoni di Vian, per lo più inedite, musica quelle rimaste senza uno spartito e riconduce l'opera al suo ordine originale. Le composizioni più jazzate vengono mischiate a un'anima folk, G.G. Monti interpreta le canzoni dell'opera insieme alla russo-cubana Renata Mezenov Sa e alla svizzera Caroline Tallone, con la direzione del compositore Cialdo Capelli, già collaboratore di Giorgio Gaber. Il risultato è una intensa contaminazione tra musica colta e ritmi popolari. La Radio Svizzera Italiana accetta di produrre uno sceneggiato radiofonico tratto dal lavoro di G.G.Monti, che nella sorpresa generale vince il Prix Suisse 2004, l'Oscar della radiofonia elvetica.
Il doppio CD omonimo raccoglie le venti canzoni dello spettacolo e come bonus offre la versione integrale della radiocommedia musicale, dove un cast di dieci attori affianca i musicisti e lo stesso Monti. Il libretto del CD, in italiano e francese, oltre ai testi delle canzoni, contiene una lunga presentazione di Oliviero Ponte di Pino - editor Garzanti, autore, saggista e uomo di teatro - che traccia un profilo dei tre "bravi ragazzi": Jules Bonnot, Boris Vian e Giangilberto Monti.
"Molte di queste canzoni sono politicamente scorrette, musicalmente ricercate, inutilmente romantiche: in una parola, anarchiche. Forse è per questo che le ho amate con tutta la fatica e la felicità possibile" (G.G. Monti)
(da Folk Club Ethnosuoni)
Riccardo Venturi - 2008/6/27 - 14:53
Il nostro Marco Valdo M.I., non accorgendosi che la canzone era già presente nel sito (anche se con un'intestazione "filologica" rigorosa, ma un po' particolare), la aveva inviata per l'inserimento. Ovviamente gliel'abbiamo dovuta cancellare, ma poiché aveva inviato uno dei suoi interessanti commenti, eccolo qui:
Boris Vian a écrit tellement de chansons et tant de chansons où il règle les comptes avec l'armée, les militaires et les tueurs en tous genres, qu'on en oublie parfois. On ne peut pas tout savoir.
Les Joyeux Bouchers est une de ces chansons , comme Le Petit commerce, dont le titre a priori n'est pas des plus inquiétants... Quoique... ça dépend pour qui.
Le deuxième couplet est plus explicite encore : voici venir les joyeux militaires, les gais vainqueurs... Là, on commence à comprendre où le Boris voulait en venir.
Sa dénonciation est farouche. C'est le tango de tous les fossoyeurs... Finalement, une seule conclusion : Faut que ça saigne... bien fort.
On ne sait trop de l'humour ou de l'ironie quelle était la vraie patrie de Boris Vian.
Pour le reste, on signalera seulement que « Tiens voilà du boudin ! » est la chanson de marche de la Légion étrangère...
Les Joyeux Bouchers est une de ces chansons , comme Le Petit commerce, dont le titre a priori n'est pas des plus inquiétants... Quoique... ça dépend pour qui.
Le deuxième couplet est plus explicite encore : voici venir les joyeux militaires, les gais vainqueurs... Là, on commence à comprendre où le Boris voulait en venir.
Sa dénonciation est farouche. C'est le tango de tous les fossoyeurs... Finalement, une seule conclusion : Faut que ça saigne... bien fort.
On ne sait trop de l'humour ou de l'ironie quelle était la vraie patrie de Boris Vian.
Pour le reste, on signalera seulement que « Tiens voilà du boudin ! » est la chanson de marche de la Légion étrangère...
CCG/AWS Staff - 2008/10/30 - 12:19
“C.A. della provincia di Livorno, anni 23, marinaio, celibe, soldato del 57° artiglieria; condannato a 4 mesi di reclusione.
Nel giugno 1916 spediva un manoscritto dal titolo “S’io fossi mamma – Ai coscritti” che contiene, fra l’altro, le seguenti frasi: “S’io fossi mamma ed avessi un figlio che dovesse andare in guerra ad uccidere esseri umani per i capriccio e l’interesse dei governanti…”, “…hai l’obbligo di rifiutarti di fare l’assassino…”, “…se mio figlio ubbidisse inconsciamente al comando dei macellai di carne umana…”, “… tua madre non ti stillò brutali sentimenti di vendetta nel cuore… non ti viziò il sangue con feroci pregiudizi di superiorità e di oppressione, mai ti inculcò nell’animo canaglieschi sentimenti di patriottismo bellicoso… la guerra è la più feroce esplosione della cagnesca vendetta e della superstiziosa brutalità, l’assassinio legalizzato…”.
Così si legge nella motivazione alla sentenza di condanna:
“Con queste parole si viene a dire che l’esercito non è costituito per la difesa dello Stato, per il mantenimento dell’integrità nazionale, per la tutela della proprietà, della libertà, della civiltà raggiunte dal paese; ma è una riunione di uomini asserviti ai macellai di carne umana e divenuti assassini per il capriccio e l’interesse dei governanti, per soddisfare ai sentimenti di vendetta di costoro.”
Esattamente. (ndr)
Da "Sentenze dei tribunali militari italiani durante la prima guerra mondiale". Documenti dell'archivio centrale dello Stato. Testo a cura di Gioacchino Maviglia. Luciano Manzuoli Editore, Firenze (1972/1973). Collana della Biblioteca del Lavoro, a cura de gruppo sperimentale coordinato da Mario Lodi. (Lire 1.250)
Nel giugno 1916 spediva un manoscritto dal titolo “S’io fossi mamma – Ai coscritti” che contiene, fra l’altro, le seguenti frasi: “S’io fossi mamma ed avessi un figlio che dovesse andare in guerra ad uccidere esseri umani per i capriccio e l’interesse dei governanti…”, “…hai l’obbligo di rifiutarti di fare l’assassino…”, “…se mio figlio ubbidisse inconsciamente al comando dei macellai di carne umana…”, “… tua madre non ti stillò brutali sentimenti di vendetta nel cuore… non ti viziò il sangue con feroci pregiudizi di superiorità e di oppressione, mai ti inculcò nell’animo canaglieschi sentimenti di patriottismo bellicoso… la guerra è la più feroce esplosione della cagnesca vendetta e della superstiziosa brutalità, l’assassinio legalizzato…”.
Così si legge nella motivazione alla sentenza di condanna:
“Con queste parole si viene a dire che l’esercito non è costituito per la difesa dello Stato, per il mantenimento dell’integrità nazionale, per la tutela della proprietà, della libertà, della civiltà raggiunte dal paese; ma è una riunione di uomini asserviti ai macellai di carne umana e divenuti assassini per il capriccio e l’interesse dei governanti, per soddisfare ai sentimenti di vendetta di costoro.”
Esattamente. (ndr)
Da "Sentenze dei tribunali militari italiani durante la prima guerra mondiale". Documenti dell'archivio centrale dello Stato. Testo a cura di Gioacchino Maviglia. Luciano Manzuoli Editore, Firenze (1972/1973). Collana della Biblioteca del Lavoro, a cura de gruppo sperimentale coordinato da Mario Lodi. (Lire 1.250)
Alessandro - 2009/2/5 - 13:09
Language: Italian
GLI ALLEGRI MACELLAI :
Dei macellai
ti canto le delizie
e questo è il Tango
degli Scannatoi
Vieni a raccoglier,
fresche, le primizie
e berne il sangue,
quanto tu ne puoi.
Vuoi del sangue?
Vuole il popolo mangiare.
E il potente più aumentare.
Vuole il magro più ingrassare.
Vuoi del sangue?
Dal commesso del mercato
vuoi il bue ben squartato
ed il filetto sfilettato.
Vuoi del sangue?
Vuoi le pelli ben conciate,
le zampette già impanate.
le testine marinate.
Vuoi del sangue?
Vuoi che scorra nella fossa
o sia sodo come l'ossa,
nutra vermi quanto possa?
Vuoi il mio sangue. E già.
Questo è il Tango gioioso
e militare dei vincitori,
sia lontani che vicini.
E' il noto Tango che in Guerra
fa marciare. Questo è il Tango
allegro dei becchini.
Vuoi il mio sangue?
"Chi non usa baionetta
ha certo il culo che scoppietta
e una testa da marmitta.
Voglio il sangue.
E ora scanna il tuo vicino,
tanto più se è un tuo cugino,
sputi l'anima il meschino.
Voglio il sangue.
E se non lo fai adesso
lo fa un altro, fa lo stesso,
perde il Fante contro l'Asso.
Voglio il sangue.
Poi anche a te, di buon mattino,
qualcun fermerà il cammino.
Ecco, è questo il tuo destino:
Vuoi il mio sangue. E già.
Dei macellai
ti canto le delizie
e questo è il Tango
degli Scannatoi
Vieni a raccoglier,
fresche, le primizie
e berne il sangue,
quanto tu ne puoi.
Vuoi del sangue?
Vuole il popolo mangiare.
E il potente più aumentare.
Vuole il magro più ingrassare.
Vuoi del sangue?
Dal commesso del mercato
vuoi il bue ben squartato
ed il filetto sfilettato.
Vuoi del sangue?
Vuoi le pelli ben conciate,
le zampette già impanate.
le testine marinate.
Vuoi del sangue?
Vuoi che scorra nella fossa
o sia sodo come l'ossa,
nutra vermi quanto possa?
Vuoi il mio sangue. E già.
Questo è il Tango gioioso
e militare dei vincitori,
sia lontani che vicini.
E' il noto Tango che in Guerra
fa marciare. Questo è il Tango
allegro dei becchini.
Vuoi il mio sangue?
"Chi non usa baionetta
ha certo il culo che scoppietta
e una testa da marmitta.
Voglio il sangue.
E ora scanna il tuo vicino,
tanto più se è un tuo cugino,
sputi l'anima il meschino.
Voglio il sangue.
E se non lo fai adesso
lo fa un altro, fa lo stesso,
perde il Fante contro l'Asso.
Voglio il sangue.
Poi anche a te, di buon mattino,
qualcun fermerà il cammino.
Ecco, è questo il tuo destino:
Vuoi il mio sangue. E già.
Contributed by dq82 - 2015/11/16 - 11:57
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[1954]
Paroles de Boris Vian
Testo di Boris Vian
Lyrics by Boris Vian
Musique de Jimmy Walter
Musica di Jimmy Walter
Music by Jimmy Walter
D'après la comédie musicale La bande à Bonnot de Henry-François Rey [1954]
Dalla commedia musicale La bande à Bonnot di Henry François-Rey [1954]
From the musical La bande à Bonnot by Henry-François Rey [1954]
Disque Canetti n° 48863: La Bande à Bonnot, douze chansons.
"Jules Bonnot, operaio, anarchico e poi bandito, viene braccato per anni dalla polizia in piena Belle Époque e diventa suo malgrado un eroe popolare: la sua cattura avviene di fronte a cinquecento soldati e ventimila parigini, nell'aprile del 1912. Henry-François Rey nel 1954 trasforma questa storia in una commedia musicale e ne affida le canzoni all'eclettico artista francese Boris Vian. Dopo lo spettacolo gli spartiti originali si perdono e l'opera viene riallestita solo nel 1970. Il fisarmonicista Louis Bessières ne rimusica alcuni spartiti, modificandone in parte i testi."
(da Folk Club Ethnosuoni)
# Boris Vian (1955)
# Les Garçons de la Rue (1956)
# Robert Darame, Jacques Degor, Francis Lemaire, Michel Muller, Marie-Thérèse Orain (1968)
# Marcel Mouloudji (1976)
# Jean Bourbon (1981 live)
# Les Garçons (1986)
# Sue et les Salamandres (1994)
# Catherine Ringer and the Renegade Brass Band (1997)
# Loes Snijders (1999)
# Stéphane Aubry (2003)
# Les Croquants (2004)