Langue   

Lamento del contadino

Caterina Bueno
Langue: italien (Toscano)


Caterina Bueno

Liste des versions


Peut vous intéresser aussi...

Se si pensa alla spaventosa guerra
(Altamante Logli)
Lampedusa
(Linard Bardill)
Lune
(Riccardo Tesi & Banditaliana)


[1965]
Primo album: EP (33 giri formato 17 cm) in Canti del lavoro 5 - (I dischi del sole, DS 50)
Ultimo album: Se otto ore son troppo poche (1998)
interpretato anche da Riccardo Tesi & Maurizio Geri in "Acqua foco e vento" (2003)

Da Il Deposito

Giovanni Fattori Il Riposo (1887)
Giovanni Fattori Il Riposo (1887)
Vi prego tutti, o cittadini
di ascoltare o po'eri contadini,
che dopo tanto che si lavora
e mai di pace non abbiamo un'ora.

Colla zappa e lo zappone
e lo zaino i 'ssu groppone
giovani e vecchi, tutti armati,
noi sembriamo tanti soldati.

Si va colla speranza della raccolta,
si spera sempre sarà di morta,
poi vene la ruggine e la brinata:
ecco la vita bell'e disperata.

Quando la faccenda è fatta
qui' po' di grano s'arraccatta
e po' viene la battitura
e tutti còrgano co' gran premura.

I' primo frate che vien sull'aia
saluta i' cappoccia e po' la massaia
e a sedere si mette a i' fresco
lo vole i' grano pe' San Francesco.

Poi c'è i' cappuccino con quella barba
che gli ci viene dopo l'alba:
padre Dionigi e San Gregorio
accattate l'anime del Purgatorio.

Po' c'è la monica colla sacchetta
lo vole i' gran per Santa 'Lisabetta,
per mantenere l'uso e 'l sistema
e a 'i contadino la raccolta scema.

Po' c'è i' sensale colla bugia,
lui più di tutti ne porta via
e colla scusa di vedé la stalla
lo vuole il fieno per la cavalla.

Poi c'è i' dottore, i' veterinario,
il fabbro, il sarto e i' carzolaio,
la levatrice con i' becchino,
e tutti addosso al po'ero contadino.

Mangiare e bere a' mietitori,
e po' pagarli saran dolori;
e gli ci corre giù alla lesta,
al contadino cosa gli ci resta?

Lasciamo stà queste partite,
ma ce n'è d'artre più squisite
e di tutte questa è peggiore:
la mezza parte la vol i' padrone.

Poi vien i' tempo della vendemmia
e allora sì che si bestemmia:
e gli si mette dentro la botte
e gli si vende e bona notte.

Po' si prende un po' di vinaccia,
so fa una botte con acquettaccia
e lì di beve tutto l'inverno,
si soffre pene dell'inferno.

Poi c'è la massaia che viene in piazza
con que' be' polli di prima razza;
per rivestire i lor bambini
a casa porta de' savattini.

Po' c'è le ragazze fresche e belle:
pe' fassi il letto e le gonnelle
e dietro l'uscio depongan l'uova,
e chi le schiaccia e poi nessun le cova.

Così success'a' mie' finali
e si sta peggio de' maiali,
e si lavora quant'e vvoi
e i maltrattati siamo sempre noi.

envoyé par giorgio - 4/4/2010 - 10:31



Langue: italien (bucinese (AR))

Eecuzione di Adamo Tinti (Bucine 1911 - San Giusto di Prato 4 luglio 1974)
registrazione effettuata da Caterina Bueno nel settembre 1965 a San Giusto di Prato



tratto da I CANTI DEL LAVORO 5
dischi del sole DS50 dell’ottobre 1965

Canzone assai conosciuta, ancora oggi, nel Casentino e nell'Aretino (e forse altrove, in Toscana). L'informatore, il contadino Adamo Tinti (nato nel 1911) assicura che l'autore del Lamento fu il «poeta» Alfredo Murati, di Bucine. L'avrebbe scritta nel 1924. Il Tinti ricorda di averla appresa proprio dal Murati, quando viveva a Bucine (prima di trasferirsi, nel 1925, a San Giusto di Prato, dove ora vive).
In realtà la canzone è certo anteriore al ’24, come testimonia un foglio volante da noi conservato: Il Lamento dei Contadini / Tip. E. Ducci Firenze / s.d. il foglio è databile alla fine del secolo scorso.
La lezione orale contiene tutte le strofe comprese nel foglio volante, con lievissime modificazioni. L’unica strofa sostanzialmente variata è la diciassettesima, che così figura nel foglio volante: «C’è le ragazze fresche e belle / per farsi il letto e le gonnelle / sotto la lucia pongon l’ova / o gliele stiaccia o non le cova. »
La lucia è la chioccia.(1)
La registrazione è stata effettuata da Caterina Bueno

(1) In realtà la lùcia è la tacchina

(dalle note del disco)
IL LAMENTO DEL CONTADINO

Vi prego tutti oh cittadini,
di ascortare de’ contadini
che dopo quanto che si lavora
e mai di pace non abbiamo un’ora

Con la zappa e lo zappone
e lo zaino su i’ groppone
giovani e vecchi tutti armati
noi sembriamo tanti sordati

Si va con la speranza della raccòrta
si spera sempre sarà di mórta
poi vien la ruggine e la brinata
ecco la vita bell’e disperata

Quando la faccenda è fatta
quel po’ di grano che si arraccatta
quando s’arriva alla battitura
e tutti còrgano con gran premura

Il primo frate che vien sull’aia
saluta i’ cappoccio e po’ la massaia
e a sedere si mett’al fresco
lo vòle il grano pe’ San Francesco

Poi c’è la monaca con la sacchetta
lo vol’i’ gran pe’ Santa Lisabetta
per mantenere l’uso e i’ sistema
a i’ contadino la raccòrta scema

Poi c’è il cappuccino con quella barba
che lui ci viene dopo l’arba
Padre Dionisi e San Gregorio
a ‘ccatta’ pe’ l’anime del Purgatorio

Poi c’è i’ dottore e ‘l veterinaio
i’ fabbro, i’ sarto e i’ carzolaio
la levatrice con el becchino
son tutti addosso a i’ pòero contadino

Po’ c’è i’ sensale co’ ‘na bugia
lui più di tutti ne porta via
la fa ‘na visita nella stalla
lo vuole il fieno per la cavalla

Lasciamo anda’ queste partite
ma ce n’è d’artre più squisite
e dopo tutte queste persone
la mezza parte la vòle il padrone

Mangiare e bere ai mietitori
e po’ a pagalli saran dolori
e ti ricorre giù alla lesta
a i’ contadino cosa li ci resta?

Quand’è fatta questa faccenda
si ’ol’i’ granturco per fa’ la polenta
per isfamare i nostri figlioli
li si finisce di sfonda’ i paioli

Po’ s’ingrassano de’ bei vitelli
e ‘li si vendano freschi e belli
e l’artri mangiano le lombate
e noi si mangia testa e patate

Quando s’arriva alla vendemmia
allora sì che si bestemmia
e li si mette dentro le botte
e po’ si vende e bòna notte

Po’ si prende un po’ di vinaccia
si fa ‘na botte di acquettaccia
e lì si beve tutto l’inverno
si soffre le pene dell’inferno

Poi c’è la massaia che viene in piazza
con quei bei polli di prima razza
per rivestire i lor bambini
a casa porta de’ salacchini

Poi c’è le ragazze franche e belle
pe’ fassi i’ letto e le gonnelle
e dietro l’uscio ‘le pongan l’òva
e chi le stiaccia poi nessun le cova

Così successe a’ miei finali
noi si sta peggio dei maiali
e si lavora quant’e bòi
e maltrattati siamo sempre noi

envoyé par Giovanni Bartolomei da Prato - 1/12/2016 - 18:34


Ho 85 anni e imparai questo canto-lamento da mio padre
quando ero piccolo. Vorrei precisare che le strofe -

"le ragazze fresche e belle pe' fassi il letto e le gonnelle
e dietro l'uscio depongan l'ova e chi le schiaccia e poi nessun le cova"


- le ho sempre conosciute :

-"sotto la lùcia le pongan l'ova,o la le stiaccia o la un le cova"-


la lùcia è la femmina del lùcio cioè la tacchina che nel nostro caso faceva la chioccia. nel covare le uova, con una certa frequenza, la chioccia si muove e col becco smuove le uova stesse cambiandogli posizione per dare lo stesso calore a tutte (miracoli della natura), in queste fasi la tacchina chioccia, più maldestra della gallina chioccia, poteva anche rompere qualche uovo, da ciò il lamento del contadino.

Franco Giorgetti - 3/1/2017 - 19:03




Page principale CCG

indiquer les éventuelles erreurs dans les textes ou dans les commentaires antiwarsongs@gmail.com




hosted by inventati.org