Maria la stava in casa e non sapeva
che l'era morto il figlio che l'aveva
che l'era morto il figlio che l'aveva
O Giovannin che fuste benedetto
l'avete visto il mio figliol diletto
l'avete visto il mio figliol diletto
Sì sì che io l'ho visto e conosciuto
in mezzo a due ladroni forte battuto
in mezzo a due ladroni forte battuto
Appena fu arrivata a quelle porte
prese una pietra e incominciò a dà forte
prese una pietra e incominciò a dà forte
Aprite aprite c'è Maria
sono la più dolente che ci sia
sono la più dolente che ci sia
Giudei giudei statemi a ascoltare
mi par di sentir mia madre lamentare
mi par di sentir mia madre lamentare
Non si saprebbe qualche scusa fare
sentir le donne così lamentare
sentir le donne così lamentare
Piangono i piccolin piangono i grandi
Gesù fu morto di trentatré anni
Gesù fu morto di trentatré anni
Di trentatré danar fu ricomprato
a Giuda maledetto fu perdonato
a Giuda maledetto fu perdonato
E chi tre volte al giorno dirà questa
in ciel gli sarà scritta una messa
in ciel gli sarà scritta una messa
Chi la dirà con cuore e devozione
non morirà senza la confessione
non morirà senza la confessione
Chi la dirà e chi la farà dire
di mala morte non potrà morire
di mala morte non potrà morire
che l'era morto il figlio che l'aveva
che l'era morto il figlio che l'aveva
O Giovannin che fuste benedetto
l'avete visto il mio figliol diletto
l'avete visto il mio figliol diletto
Sì sì che io l'ho visto e conosciuto
in mezzo a due ladroni forte battuto
in mezzo a due ladroni forte battuto
Appena fu arrivata a quelle porte
prese una pietra e incominciò a dà forte
prese una pietra e incominciò a dà forte
Aprite aprite c'è Maria
sono la più dolente che ci sia
sono la più dolente che ci sia
Giudei giudei statemi a ascoltare
mi par di sentir mia madre lamentare
mi par di sentir mia madre lamentare
Non si saprebbe qualche scusa fare
sentir le donne così lamentare
sentir le donne così lamentare
Piangono i piccolin piangono i grandi
Gesù fu morto di trentatré anni
Gesù fu morto di trentatré anni
Di trentatré danar fu ricomprato
a Giuda maledetto fu perdonato
a Giuda maledetto fu perdonato
E chi tre volte al giorno dirà questa
in ciel gli sarà scritta una messa
in ciel gli sarà scritta una messa
Chi la dirà con cuore e devozione
non morirà senza la confessione
non morirà senza la confessione
Chi la dirà e chi la farà dire
di mala morte non potrà morire
di mala morte non potrà morire
Contributed by Lorenzo - 2010/4/3 - 11:23
La Madonna davanti al Bargello
(di RV)
Di ritorno dalla Festa della Lega di Cultura di Piadena, che ogni anno si tiene a fine marzo alla cascina del “Micio” a Pontirolo di Drizzona (CR), ho fatto il viaggio fino a Firenze in macchina in compagnia, tra gli altri, di due persone assolutamente speciali: Giovanni Bartolomei da Prato (il “da Prato” è obbligatorio, anche perché Giovanni tiene a specificare sempre di essere concittadino di Gaetano Bresci) e Jamie Marie Lazzara. “Tecnicamente” Giovanni è stato collaboratore e accompagnatore di Caterina Bueno, mentre Jamie, californiana trapiantata a Firenze da quarant'anni, 1,90 di statura, è stata anche sua liutaia e accompagnatrice al violino; in realtà, la natura dei rapporti tra di loro e Caterina è stata, ed è, qualcosa di ben oltre nel corso degli anni. Assieme a Andrea Fantacci e Monica Tosi (altri due specialissimi “buenisti” di vaglia, e che per inciso erano gli altri due in quella pienissima automobile), formano adesso una piccola “band” che ripropone in giro per un mondo sommerso, ma ancora tenacemente presente, il patrimonio lasciato da Caterina Bueno; patrimonio che, in diverse parti, è ancora pressoché inesplorato.
Durante la domenica di Piadena, che è tradizionalmente riservata all'esibizione di cori, gruppi, band, singoli e quant'altri, in una ribongia inenarrabile mentre passano bottiglioni di vino, canti anarchici e piattate di cotechino, Giovanni, Jamie, Andrea e Monica hanno eseguito una -a mio parere stupefacente- versione proprio di “Maria la stava in casa”, la canzone di questa pagina. Qualcosa da farmi rimpiangere, per una volta, di non avere a disposizione che un telefonino stile realismo socialista, Polska Rzeczpospolita Ludowa anni '50; in questo caso, uno smartòfono per registrare un po' meglio avrebbe fatto comodo. Ma vabbè, e resto ancorato orgogliosamente alla mia preistoria tecnologica. Per me gli androidi riportano ancora alla fantascienza classica, sempre degli anni '50 ovviamente, ultracorpi invasori, baccelli assassini e viaggioni intergalattici.
Il viaggio di iersera, con il sottoscritto peraltro completamente arroìto e semidistrutto (ancorché registrato dalla Jamie mentre cantava la sua rara versione degli
stornelli mugellani), getta un po' una nuova luce su questa canzone disseppellita, come tante altre, da Caterina Bueno; una luce che mi pare molto interessante anche per questo sito e per ciò che esprime. Non solo per l'umanità che la Madonna assume nella cultura popolare (v. la breve introduzione di Riccardo Tesi e Maurizio Geri premessa al testo), ma anche per fatti più precisi.
La canzone è di provenienza fiorentina, di città (esiste certamente una cultura popolare rurale, ma ne esiste altrettanta cittadina); in particolare, pare venisse cantata durante la processione del Venerdì Santo che si svolgeva in piena città. La processione, ad un certo punto, passava davanti al Palazzo del Bargello, in via del Proconsolo, oggi importantissimo museo. Ma la funzione storica del palazzo era ben altra: nella Firenze rinascimentale, era la sede del Consiglio di Giustizia e dei Giudici di Ruota; dal 1574, sotto Cosimo I de' Medici, divenne invece sede del Bargello, vale a dire, mutatis mutandis, il capo della polizia. In pratica, la Questura; solo che il Bargello, oltre ad essere incaricato di dirigere inchieste, perquisizioni, arresti e interrogatori (con metodi facilmente immaginabili), era incaricato anche delle esecuzioni capitali. Non era soltanto la Questura, ma anche una prigione dove i condannati a morte attendevano di essere portati al supplizio.
Era consuetudine che, durante la processione del Venerdì santo, la Madonna (ovvero chi la interpretava) si fermasse davanti al portone del Bargello, e vi battesse dei forti colpi con una pietra implorando pietà per chi stava rinchiuso là dentro, torturato o in attesa di essere portato al patibolo. Si spiegano così non solo i versi che fanno diretto riferimento a questa pratica (Appena fu arrivata a quelle porte ecc.), ma probabilmente l'intero impianto della canzone. Nulla si sa, ovviamente, di come andasse a finire, anche se è altamente improbabile che all'interno del Palazzo del Bargello si cessasse di torturare in nome del condannato a morte Gesù Cristo e di sua madre (o di Maria di Magdala, se si è più propensi a seguire José Saramago). Né è più probabile che si spalancasse il portone per far uscire i condannati dalla prigione.
C'è, ovviamente, di più. Non bisogna pensare che, ai tempi del Bargello, gli arresti venissero eseguiti con l'avviso di garanzia, il fermo di polizia, l'avvocato e quant'altro. Si era prelevati e sbattuti in galera, senza avvisare nessuno. C'è da immaginarsene parecchie, di Marie (spose, madri, sorelle) che stavano in casa senza sapere che fine avesse fatto il loro (spesso povero) Cristo, e che poi si aggiravano chiedendo “dove fusse il figliol diletto” a un qualche Giovannino, che più che un apostolo sembra qui uno della porta accanto,un Giovannino, un Piero, un Lorenzo, uno qualsiasi. Senza sapere magari che il suo Cristo era morto non in croce, ma sotto qualche ferro del Bargello o di botte. In mezzo a due ladroni forte battuto, e magari lui era semplicemente il terzo. Insomma, durante la processione popolare, la Passione di Cristo riportava parecchio alla vita di tutti i giorni; e nel passare di fronte al Palazzo del Bargello, quei colpi dati dalla Madonna con la pietra al portone del Palazzo assumevano un significato del tutto attuale.
Ugualmente particolare e interessante è il riferimento a Giuda “maledetto”, che si ricollega peraltro a filoni popolari europei molto antichi e lontani dai Vangeli canonici. Il perdono a Giuda, espresso in questa canzone, può naturalmente anche rifarsi al suo andamento generale di estrema umanizzazione popolare della Passione di un condannato a morte, mentre si sfila in processione davanti al luogo dove stanno altri condannati. Si perdona, quindi, anche a Giuda che ha venduto qui Gesù Cristo per un numero di denari che non sono più i “trenta” del canone evangelico, bensì trentatré, come gli anni di Cristo. Chiarissimo qui un riferimento al valore tradizionale, di perfezione e di chiusura del circolo vitale, del numero 3; si fondono quindi in questo testo elementi popolari più antichi e presenti in aree vastissime. La figura di Giuda subisce, in giro per l'Europa, un trattamento che, a volte, per così dire, la “dice lunga”: non è più il traditore per antonomasia, l'incarnazione del male che ha venduto il figlio di Dio e che viene sbattuto nel pozzo più profondo dell'Inferno, bensì anch'egli un autentico povero cristo, un ingenuo che può essere vittima di artifici (ovviamente di una donna: si veda Judas), un disgraziato rinchiuso dentro il Bargello per aver rubato trenta fiorini o chissà cosa. Ed è qui che la canzone, nella sua parte finale, elenca tutta una serie di pratiche di scongiuro (Chi tre volte al giorno dirà questa ecc.) che toccano veramente il fondo di tradizioni di religiosità popolare che sconfinano nella magia, e che sono presenti ancora oggi (avete presenti le “Catene di Sant'Antonio”?).
(di RV)
Di ritorno dalla Festa della Lega di Cultura di Piadena, che ogni anno si tiene a fine marzo alla cascina del “Micio” a Pontirolo di Drizzona (CR), ho fatto il viaggio fino a Firenze in macchina in compagnia, tra gli altri, di due persone assolutamente speciali: Giovanni Bartolomei da Prato (il “da Prato” è obbligatorio, anche perché Giovanni tiene a specificare sempre di essere concittadino di Gaetano Bresci) e Jamie Marie Lazzara. “Tecnicamente” Giovanni è stato collaboratore e accompagnatore di Caterina Bueno, mentre Jamie, californiana trapiantata a Firenze da quarant'anni, 1,90 di statura, è stata anche sua liutaia e accompagnatrice al violino; in realtà, la natura dei rapporti tra di loro e Caterina è stata, ed è, qualcosa di ben oltre nel corso degli anni. Assieme a Andrea Fantacci e Monica Tosi (altri due specialissimi “buenisti” di vaglia, e che per inciso erano gli altri due in quella pienissima automobile), formano adesso una piccola “band” che ripropone in giro per un mondo sommerso, ma ancora tenacemente presente, il patrimonio lasciato da Caterina Bueno; patrimonio che, in diverse parti, è ancora pressoché inesplorato.
La canzone è di provenienza fiorentina, di città (esiste certamente una cultura popolare rurale, ma ne esiste altrettanta cittadina); in particolare, pare venisse cantata durante la processione del Venerdì Santo che si svolgeva in piena città. La processione, ad un certo punto, passava davanti al Palazzo del Bargello, in via del Proconsolo, oggi importantissimo museo. Ma la funzione storica del palazzo era ben altra: nella Firenze rinascimentale, era la sede del Consiglio di Giustizia e dei Giudici di Ruota; dal 1574, sotto Cosimo I de' Medici, divenne invece sede del Bargello, vale a dire, mutatis mutandis, il capo della polizia. In pratica, la Questura; solo che il Bargello, oltre ad essere incaricato di dirigere inchieste, perquisizioni, arresti e interrogatori (con metodi facilmente immaginabili), era incaricato anche delle esecuzioni capitali. Non era soltanto la Questura, ma anche una prigione dove i condannati a morte attendevano di essere portati al supplizio.
Era consuetudine che, durante la processione del Venerdì santo, la Madonna (ovvero chi la interpretava) si fermasse davanti al portone del Bargello, e vi battesse dei forti colpi con una pietra implorando pietà per chi stava rinchiuso là dentro, torturato o in attesa di essere portato al patibolo. Si spiegano così non solo i versi che fanno diretto riferimento a questa pratica (Appena fu arrivata a quelle porte ecc.), ma probabilmente l'intero impianto della canzone. Nulla si sa, ovviamente, di come andasse a finire, anche se è altamente improbabile che all'interno del Palazzo del Bargello si cessasse di torturare in nome del condannato a morte Gesù Cristo e di sua madre (o di Maria di Magdala, se si è più propensi a seguire José Saramago). Né è più probabile che si spalancasse il portone per far uscire i condannati dalla prigione.
Ugualmente particolare e interessante è il riferimento a Giuda “maledetto”, che si ricollega peraltro a filoni popolari europei molto antichi e lontani dai Vangeli canonici. Il perdono a Giuda, espresso in questa canzone, può naturalmente anche rifarsi al suo andamento generale di estrema umanizzazione popolare della Passione di un condannato a morte, mentre si sfila in processione davanti al luogo dove stanno altri condannati. Si perdona, quindi, anche a Giuda che ha venduto qui Gesù Cristo per un numero di denari che non sono più i “trenta” del canone evangelico, bensì trentatré, come gli anni di Cristo. Chiarissimo qui un riferimento al valore tradizionale, di perfezione e di chiusura del circolo vitale, del numero 3; si fondono quindi in questo testo elementi popolari più antichi e presenti in aree vastissime. La figura di Giuda subisce, in giro per l'Europa, un trattamento che, a volte, per così dire, la “dice lunga”: non è più il traditore per antonomasia, l'incarnazione del male che ha venduto il figlio di Dio e che viene sbattuto nel pozzo più profondo dell'Inferno, bensì anch'egli un autentico povero cristo, un ingenuo che può essere vittima di artifici (ovviamente di una donna: si veda Judas), un disgraziato rinchiuso dentro il Bargello per aver rubato trenta fiorini o chissà cosa. Ed è qui che la canzone, nella sua parte finale, elenca tutta una serie di pratiche di scongiuro (Chi tre volte al giorno dirà questa ecc.) che toccano veramente il fondo di tradizioni di religiosità popolare che sconfinano nella magia, e che sono presenti ancora oggi (avete presenti le “Catene di Sant'Antonio”?).
Riccardo Venturi - 2018/3/26 - 18:48
Ave Mary di Michela Murgia
Dovevo fare i conti con Maria, anche se questo non è un libro sulla Madonna.
È un libro su di me, su mia madre, sulle mie amiche e le loro figlie, sulla mia panettiera, la mia maestra e la mia postina.
Su tutte le donne che conosco e riconosco.
Dentro ci sono le storie di cui siamo figlie e di cui sono figli anche i nostri uomini: quelli che ci vorrebbero belle e silenti, ma soprattutto gli altri. Questo libro è anche per loro, e l'ho scritto con la consapevolezza che da questa storia falsa non esce nessuno se non ci decidiamo a uscirne insieme.
Michela Murgia
Dovevo fare i conti con Maria, anche se questo non è un libro sulla Madonna.
È un libro su di me, su mia madre, sulle mie amiche e le loro figlie, sulla mia panettiera, la mia maestra e la mia postina.
Su tutte le donne che conosco e riconosco.
Dentro ci sono le storie di cui siamo figlie e di cui sono figli anche i nostri uomini: quelli che ci vorrebbero belle e silenti, ma soprattutto gli altri. Questo libro è anche per loro, e l'ho scritto con la consapevolezza che da questa storia falsa non esce nessuno se non ci decidiamo a uscirne insieme.
Michela Murgia
Interpretata da La Serpe d'Oro: Maria la stava in casa / Taranteretike
Album: Il pane e la sassata, 2021
Taranteretike: Composizione di Igor Vazzaz
Album: Il pane e la sassata, 2021
Taranteretike: Composizione di Igor Vazzaz
Riccardo Venturi - 2021/11/10 - 06:17
Ascoltando questa versione mi sono accorto di un refuso presente anche nel testo di questa pagina:
L'ultima strofa dice "di mala morte non potrà morire" e non "fino alla morte non potrà morire" che, volendo, sembra quasi una presa in giro.
la "mala morte" oggetto dello scongiuro è la morte violenta, quindi non solo quella dei delitti e degli incidenti, magari sul lavoro, ma anche quella applicata dal potere, la pena di morte.
L'ultima strofa dice "di mala morte non potrà morire" e non "fino alla morte non potrà morire" che, volendo, sembra quasi una presa in giro.
la "mala morte" oggetto dello scongiuro è la morte violenta, quindi non solo quella dei delitti e degli incidenti, magari sul lavoro, ma anche quella applicata dal potere, la pena di morte.
Giovanni Bartolomei da Prato - 2021/12/29 - 14:59
Ottima osservazione Giovanni, abbiamo corretto. La versione con "fino alla morte" si trova anche sul libretto del disco "Sopra i tetti di Firenze" omaggio a Caterina Bueno, di Riccardo Tesi & Maurizio Geri (da cui probabilmente l'avevo ripreso a suo tempo).
Lorenzo - 2021/12/29 - 16:44
"Fino alla morte non potrà morire", anche se così suona alla nostra sensibilità moderna, non è una "presa in giro": è l'assicurazione che l'orante non sarebbe morto di morte violenta o comunque improvvisa prima del tempo dovuto, in una logica tutta popolare che vuole la morte di vecchiaia, nel proprio letto (magari a sessant'anni scarsi per una malattia facilmente curabile) come naturale e voluta da dio, e quella prematura e violenta come frutto di malefici terreni o soprannaturali interventi maligni.
Un verso del genere riprende oltretutto la sensibilità poetica del canto popolare basato sulla ripetizione cadenzata di suoni, ma anche di concetti ("giudei giudei", "piangono i piccolin piangono i grandi"...).
Un verso del genere riprende oltretutto la sensibilità poetica del canto popolare basato sulla ripetizione cadenzata di suoni, ma anche di concetti ("giudei giudei", "piangono i piccolin piangono i grandi"...).
Leandro - 2022/8/16 - 17:12
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"La Maria generalmente divulgata è una creatura piena di grazia, più dea che donna. Nei canti popolari Maria è invece piena di umanità, non la Regina dei Cieli ma una tenera, spaesata, angosciata madre terrena."
(dalle note di copertina del disco "Sopra i tetti di Firenze" omaggio a Caterina Bueno, di Riccardo Tesi & Maurizio Geri)