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dall'album Grand Hotel Cristicchi, una bella canzone per il percorso violenza sui bambini

Cristicchi ha fatto una cover di questo brano che in realtà è di areamag, il quale ha scritto molte canzoni sull'infanzia violata, lo dico giusto per specificare, però nulla da togliere al senso dell'articolo.
(Giuliana)


I bambini di strada di Bucarest sono meno di una volta. Ma solo perché sono cresciuti
dal nostro inviato
Alessandro Ursic

Stazione della metro di Costin Giorgeanu, alla periferia est di Bucarest. Enormi bloc comunisti, tutti grigi, come in mezza capitale ricostruita secondo i canoni gigantisti del regime di Ceauşescu. Dietro un incrocio perennemente trafficato, lungo i binari abbandonati di una ex ferrovia, si estende una boscaglia incolta. “Vieni, vieni dentro. Ti mostro dove vivo”, dice Cătălin, 15 anni. Dopo un centinaio di metri tra le erbacce, qualche lampadina illumina una baracca fatiscente. Qui vive una quindicina di ragazzi, dai 14 ai 30 anni. Dormono per terra, su dei materassi in comune. Piccoli uomini, ma con un’anima ancora bambina, come evidenziano alcuni grandi peluche che tengono nella baracca. Dentro e fuori la “casa”, il degrado assoluto: spazzatura, fogli di giornale, bottiglie dappertutto. Eppure sono organizzati: stendono i panni su un filo dopo averli lavati in una bacinella, con l’acqua presa da un autolavaggio.

Come loro, a Bucarest ce ne sono circa un migliaio. D’inverno si rifugiano sotto la strada: le porte delle loro case sono i tombini. Non sono fogne, come molti pensano. Le tubature dell’acqua calda dei bloc di tutta Bucarest passano in quei tunnel sotterranei. I bambini le usano per riscaldare l’ambiente: nella capitale rumena, d’inverno la temperatura può scendere fino a 20 gradi sottozero. Alle tubature fanno pure dei buchi, per avere direttamente l’acqua calda per lavarsi. Si collegano ai pali della luce per avere l’elettricità, con fili che corrono nei loro cunicoli, per poter usare tv e dvd, anche se il rischio di scosse e incendi è enorme. Il gelo morde comunque, come la tristezza: per questo sniffano l’Aurolac, un solvente che costa un euro a barattolo e dà subito alla testa. Ne versano un po’ in un sacchetto di nylon, da cui aspirano continuamente. Lo stordimento aiuta a superare la sensazione di freddo, ma l’Aurolac brucia le cellule cerebrali e le vie respiratorie. Quel temporaneo sollievo che costa così poco lo paghi, prima o poi.

Il fenomeno dei bambini di strada è esploso all’inizio degli anni Novanta, dopo il crollo del regime di Ceauşescu. Sotto il conducător scarseggiavano anche i più comuni generi alimentari, ma tutti avevano un lavoro fornito dallo Stato. Con la fine del comunismo, la Romania intraprese un processo di liberalizzazione economica che lasciò milioni di famiglie senza un impiego. I più intraprendenti si adeguarono, iniziando a formare un embrione di classe media. I più poveri, diventarono ancora più poveri. Per molte famiglie era impossibile mantenere i figli, che finirono così negli orfelinat o trovarono posto in strada. Non esistevano strutture che si occupassero di loro, anche per la mancanza di personale adatto: Ceauşescu aveva abolito le facoltà universitarie di psicologia e assistenza all’inizio degli anni Settanta. Sono state riaperte solo nel 1992.

Le storie di questi ragazzi sono simili. Sono scappati di casa perché figli di padri violenti e alcolizzati. Oppure sono senza genitori, o le loro famiglie erano troppo povere, e sono stati affidati a un orfelinat, dove molti dicono di aver subito violenze. Comunque sia, sono fuggiti, scegliendo di vivere come randagi. A detta loro, non è così male. “A noi vivere qui piace”, dicono molti del gruppo di Costin Giorgeanu. Di sicuro non fa bene, almeno a vedere Radu, uno di loro. Ha 18 anni ma ha il corpo di un ragazzino di 11: piccolo, magro, chiaramente non sviluppato. Sarà alto un metro e cinquanta, peserà 30 chili. Non è cresciuto perché sniffa e beve come un forsennato, da quando era un bambino. All’arrivo dell’ospite italiano, Radu è chiaramente fatto e ride continuamente. Balla con gli altri, beve vino da una bottiglia da 3 litri, batte con un mestolo su una pentola lercia, si inginocchia a terra per accendersi la sigaretta su un mozzicone gettato da un compagno. Con lui va parecchio d’accordo Mircea, 30 anni, da una vita in strada. Ti parla ma non ti ascolta, in un rumeno pasticciato. L’Aurolac gli deve aver devastato il cervello.

Franco Aloisio lo considererebbe un “irrecuperabile”. Aloisio è un operatore italiano responsabile di Parada, la fondazione creata dal clown francese Miloud, che nel 1992 scoprì il fenomeno dei bambini di strada e decise di vivere con loro per alcuni mesi. Parada cerca di togliere i ragazzini della strada insegnando loro l’arte circense, dà loro da mangiare, li aiuta nelle pratiche burocratiche, a patto che i ragazzi si tengano lontani da colla e alcool. Aloisio è a contatto con questa realtà da quasi dieci anni. E l’ha vista cambiare: “A metà degli anni Novanta il fenomeno era più massiccio: i bambini di strada erano circa 4.000. Oggi la cifra è un quarto di quella”, dice. Secondo Mirela, un’operatrice del centro per ragazzi di strada “Sfânta Macrina”, gestito dalla chiesa ortodossa, non è vero che il numero è calato: durante il giorno i bambini che elemosinano soldi sarebbero più di alcuni anni fa. Solo che, alla sera, molti tornano nelle loro case.

Per Aloisio, il calo è dovuto a vari fattori. Alcuni di questi ragazzi sono morti, devastati dalla vita randagia e dall’Aurolac. Altri hanno trovato posto in apposite case-famiglia, nate negli ultimi anni per combattere il fenomeno. Oggi, quelli che scappano da famiglie e orfelinat per vivere in strada sono pochi. Ma una volta che un bambino sceglie la strada, spiega Aloisio, recuperarlo è difficile. “C’è un rapporto di uno a cinque, attraverso un lavoro costante. Per togliere dalla strada chi ha vissuto da randagio un mese, ci vogliono cinque mesi. Un anno, cinque anni. Ciò significa che i ragazzi più grandi sono ormai irrecuperabili”. Come Mircea, appunto.

La situazione sta comunque migliorando, anche perché lo stato ha preso coscienza di un fenomeno che, con l'entrata nell’Unione Europea, rischiava di peggiorare l’immagine della Romania. I politici vogliono ripulire le strade, con le buone e con le cattive. Il comune di Bucarest ha in programma di aprire tre dormitori per i bambini di strada, ma le organizzazioni che sostengono questi ragazzi non sono viste di buon occhio. “Qualche giorno fa sono stato ripreso dal sindaco del settore 4 – dice Aloisio – perché la sera precedente, mentre passeggiava con alcuni parlamentari, si è trovato davanti alcuni ragazzi di strada che bazzicavano davanti al nostro centro”. In estate, quando i ragazzini vivono all’aperto, la polizia ha iniziato anche a sigillare i tombini dove si rifugiano in inverno. “Tanto poi li riapriamo”, dice con sorriso di sfida uno del gruppo di Costin Giorgeanu. I poliziotti non hanno in simpatia questi ragazzini perché sono dei piccoli delinquenti, che creano problemi anche a chi li aiuta. Una notte un gruppetto di ragazzini fatti di Aurolac è riuscito ad entrare nel centro di Parada, causando non pochi danni. La polizia tollera i randagi fino a un certo punto, ma ogni tanto trova pretesti per incastrarli, o solo per render loro la vita difficile.

Una sera, mentre gli operatori di Parada effettuano il giro dei vari gruppetti di strada per portar loro del cibo, alla stazione della metropolitana di Dristor due agenti arrivano e chiedono a tutti i documenti, che molti ragazzi di strada non hanno. E’ un pretesto. Semplicemente, non vogliono che i randagi siano aiutati. “Se continuate a farlo, loro continuano a stare in strada, non lavorano e rubano”, dice un agente a quelli di Parada. Agli operatori sociali non resta che andarsene. “Se non lo facciamo, ci danno la multa perché dicono che non abbiamo il permesso”, ammette sconsolato uno di loro. Prima che il convoglio riparta, un bambino di 8 anni di nome Elvis abbraccia Chiara, una volontaria della Caritas Ambrosiana che dà una mano anche a “Sfânta Macrina”. L’ha riconosciuta perché ricorda di averla incontrata là qualche volta. Sembra quel che dovrebbe essere, un bambino come tutti gli altri. Solo il giorno prima, sempre a Dristor, alle sei di sera Elvis era strafatto di Aurolac, e aspirava dal suo sacchetto davanti alla macchina fotografica.

Che fine faranno quelli come lui? Toglierlo dalla strada è già difficile ora, figuriamoci tra qualche anno. Ma ciò non vuol dire che i “veterani” non provino a uscirne. Un esempio viene da Emil e Maria, 28 anni lui, 25 lei. Si conoscono da 13 anni, vivono in strada da ancor prima. Maria è già stata sposata con un altro randagio, da cui ha avuto due bambini. Intanto Emil è stato in prigione per tre anni. Quando è uscito, in carcere c’è finito il marito di Maria, e lei si è rifugiata da Emil. Ora i due hanno avuto il loro primo bambino, Alexandru Constantin, che però non può uscire dal reparto maternità, perché Emil non ha nessun documento di identità. Per l’anagrafe non esiste. Ma Emil non si dà per vinto: lavora in nero, vuole recuperare i suoi documenti nella sua vecchia casa, ha già trovato un tizio che affitterebbe un appartamento per la sua nuova famigliola. “E’ il mio primo bambino e mi piange il cuore vederlo lì e non poterlo avere con me. Ora, vorrei una vita normale”. [Alessandro Ursic]

Un angelo vestito da clown !

Storia di Miloud Oukili a Bucarest. Miloud Oukili, clown francese uscito dalla scuola di circo di Annie Fratellini, ha scoperto i ragazzi di strada in Romania nel 1992 quando lavorava con Handicap International negli orfanatrofi, negli ospedali e nei centri per adulti handicappati. Egli approfittava dei momenti di libertà per scoprire i rumeni e fare degli spettacoli per strada. A una di queste rappresentazioni, scopriva dei buffi spettatori :

"I bambini di strada sono stati il mio migliore pubblico, venivano a curiosare nella mia borsa per scoprire cosa si nascondeva", ricorda Miloud. "Poi sparivano ma puntualmente ricomparivano ad ogni spettacolo."

Il suo naso rosso, i suoi balli e la sua borsa gli servirono come passaporto per avvicinarsi ai bambini ai quali insegnava i primi rudimenti dell'arte del circo. La sera li accompagnava nei loro rifugi e passava la notte con loro, all'entrata della Gare du Nord, nei sotterranei della città. Essi giocavano ai randagi e a sorridere alla polizia che li inseguiva. Miloud condivideva il loro smarrimento, la loro profonda solitudine, le loro angosce di bambini abbandonati.

Fu così che i bambini di Bucarest, quelli senza passato e senza futuro, quelli fuggiti dagli orfanotrofi, quelli che si drogano con la colla, quelli che si prostituiscono per un panino al prosciutto, quelli che i pedofili brutalizzano, magari ammazzano tanto nessuno reclamerà nemmeno il corpo, trovarono un fratello maggiore.

I bambini lo soprannominarono "Miloud rispetto!". Non li ha più lasciati.

Forte di questa esperienza e realmente convinto dell'importanza e dell'urgenza di avvicinare i ragazzi di strada secondo le modalità da lui sperimentate, Miloud decise di strutturare un vero e proprio intervento.

Dapprima lavorò sei mesi come volontario con Terre des Hommes.

Quando il progetto si concluse, cominciò faticosamente da solo. Ripartì per la Francia alla ricerca di un nuovo sostegno. L'associazione Rue, Enfants, Ville gli permise di realizzare un primo programma.

Condividendo la vita di strada con i ragazzi, Miloud riuscì a far capire loro che se la vita fin a quel momento non era stata generosa nel farli sorridere, loro, malgrado tutto, erano capaci di far sorridere gli altri.

Una anno più tardi è montato il primo spettacolo.
Nell'agosto del 1994 i ragazzi partecipano al festival d'arte medioevale di Sighişoara.
Nell'agosto del 1994 i ragazzi parteciparono al festival d'arte medioevale di Sighişoara.

L'esibizione riscosse un grande successo, in particolare tra gli operatori dei servizi sociali e culturali. Tutti concordarono nel volere sviluppare l'esperienza. Il riconoscimento, gli applausi, l'orgoglio per i risultati ottenuti dopo un duro lavoro trasmisero ai ragazzi il desiderio di cambiare vita e di lasciare la strada. Restava la grossa difficoltà di garantire una continuità a questa scelta. Miloud, che era riuscito ad accendere l'entusiasmo attorno a lui, volle dare a questa buffa scuola di circo di strada gli strumenti per proseguire e riunì a tal fine alcuni conoscenti rumeni e amici francesi motivati. L'urgenza dell'intervento, ma anche la serietà e professionalità non erano più da dimostrare. Il giovane clown francese creò una struttura locale, indipendente dove sviluppare delle attività artistiche intorno alla nozione di reintegrazione.

Nel gennaio 1996 si costituì "Fundaţia PARADA"

Il risultato di sei anni di attività di Parada:
- 300 bambini e ragazzi hanno frequentato il primo centro diurno ricevendo assistenza socio-educativa ;
- 600 bambini e ragazzi hanno ricevuto l'assistenza medica di primo soccorso attraverso l'équipe di Caravana ;
- 150 bambini e ragazzi sono stati integrati nelle scuole e nelle loro famiglie ;
- 50 ragazzi sono stati reintegrati professionalmente ;
- 85 fra bambini e ragazzi fanno parte della Compagnia del Circo di Parada ed hanno partecipato in Romania, in Francia e in Italia alla campagna di sensibilizzazione dell'opinione pubblica ;
- 85 giovani abitano negli appartamenti sociali, hanno quindi raggiunto l'ultima tappa del processo di reintegrazione sociale verso una reale indipendenza ;
- 27 collaboratori rumeni e 5 volontari stranieri sono stati formati quali assistenti sociali ed educatori.
Tombino, chiamato così fin da ragazzino,
da quando lo gettarono nel buio,
da quando lo rinchiusero per sbaglio
nei loschi bassi fondi di Dublino,
anzi Berlino:
Roma, Vienna, Mosca, Londra, Madrid, Torino…
La geografia non è mai stata la mia forza.
Per forza! Non ho mai visitato neanche un prato,
non sono stato a scuola, non ho mai lavorato,
non sono divertente o inconcludente o poco diligente,
nessuno mi ha mai detto niente.
Da quando sono nato, mi hanno condannato a questa gogna:
Vivo in una fogna!

Tombino.
Il mondo, visto da una grata, mi lascia i segni in bella vista,
una riga sul viso, un solco, una ruga da bambino,
il torcicollo permanente, sperando che alla gente
cada qualche soldo per la strada…e poi se ne vada,
senza dire niente, non reclami il suo denaro,
non denunci la mia condizione,
a un poliziotto, alla stampa, alla pubblica opinione,
di un bambino dodicenne mendicante tra la folla,
indifferente se si incolla regolarmente il naso in un vaso,
sniffando la mia cena,
per sopportare meglio il fato, il destino, il caso
e non lanciare l’S.O.S,
non dire in giro che forse ho l’AIDS.
Non dirlo soprattutto a chi ha pagato,
a chi mi sta vicino per essere appagato,
è così da quando sono nato e mi ci sono abituato,
per questo sarò muto come un tombino!

TOMBINO la vita è un girotondo, vedrai che girerà…
Se caschi per terra, noi tutti giù per terra e finirà.
Tombino la vita è un girotondo, fermare non si può
Se caschi per terra, noi tutti giù per terra e finirà nel tombino, con tombino!

Tombino
Le scarpe sempre strette o sempre larghe,
le scarpe sempre rotte e sempre sporche, la suola che si apre, che si leva,
le scarpe che non sono mai come le voleva.
Non sono quelle viste al calciatore, non sono quelle della televisione:
sono le scarpe di un signore, di uno che mi guarda spesso
che spesso quando guarda muore,
che quando guarda vede il figlio e si sente senza cuore,
per un errore l’ha venduto allo stato
insieme al pane, all’auto, la casa, la vita,
“è stato quel che è stato”.
Gliel’hanno trascinato in una buca
e nella buca resta
nella Buca resta
nella Buca resta
nella Buca resta
nella Buca resta…
per poi chiudere tutto con un TOMBINO.

TOMBINO la vita è un girotondo, vedrai che girerà…
Se caschi per terra, noi tutti giù per terra e finirà.
Tombino la vita è un girotondo, fermarla non si può
Se caschi per terra, noi tutti giù per terra e finirà…nel tombino, con tombino!
TOMBINO prepara la buca, vedrai che servirà
Per mettere un albero, un fiore, qualcosa crescerà
TOMBINO la vita è un girotondo, vedrai che girerà…

envoyé par DonQuijote82 - 16/3/2010 - 11:15



Langue: français

Version française – TOMBINO – Marco Valdo M.I. – 2016
Chanson italienne – Tombino – Areamag – 2010

Les enfants de rue de Bucarest sont moins nombreux qu’autrefois. Mais seulement parce qu’ils ont grandi.

de notre envoyé Alessandro Ursic

Station de métro Costin Giorgeanu, à la périphérie est de Bucarest. D’énormes blocs communistes, tous gris, comme la moitié de la capitale reconstruite selon les canons gigantesques du régime de Ceaușescu. Derrière un carrefour perpétuellement saturé, le long des rails abandonnés d’un ancien chemin de fer, s’étend une brousse inculte. « Viens, viens à l’intérieur. Je te montre où je vis », dit Cătălin, 15 ans. Après une centaine de mètres dans les mauvaises herbes, une lampe éclaire une baraque délabrée. Ici vivent une quinzaine de jeunes, de 14 à 30 ans. Ils dorment à terre, sur les matelas en commun. De petits hommes, mais avec encore une âme d’enfant, comme le mettent en évidence quelques grandes peluches qu’ils gardent dans la baraque. Dans et hors de la « maison », c’est la dégradation absolue : ordures, feuilles de journaux, bouteilles partout. Pourtant, ils sont organisés : ils étendent le linge sur un fil après l’avoir lavé dans un bassin, avec l’eau prise d’un lavage auto.

À Bucarest, comme eux, il y en a environ un millier. L’hiver, ils se réfugient sous la rue : les portes de leurs maisons sont les bouches qui donnent accès aux aqueducs de chauffage urbain. Ce ne sont pas des égouts, comme beaucoup pensent. Ce sont les tuyauteries de l’eau chaude des blocs d’immeubles de tout Bucarest qui passent dans ces tunnels souterrains. Les enfants les utilisent pour réchauffer leur vie ; dans la capitale roumaine, l’hiver, la température peut descendre jusqu’à 20 degrés sous zéro. Ils font aussi des trous dans les tuyauteries, pour prélever directement l’eau chaude pour se laver. Ils se raccordent aux poteaux électriques pour avoir l’électricité, avec des fils qui courent dans leurs galeries, pour pouvoir employer télé et dvd, même si le risque d’électrocution et d’incendie est énorme. Le gel mord de toute façon, comme la tristesse : alors, ils sniffent l’Aurolac, un solvant qui coûte un euro la boîte et porte vite à la tête. Ils en versent un peu dans un sachet de nylon, qu’ils respirent continuellement. L’étourdissement aide à dépasser la sensation de froid, mais l’Aurolac brûle les cellules cérébrales et les voies respiratoires. Ce soulagement temporaire qui coûte si peu, on le paie, tôt ou tard.

Le phénomène des enfants de la rue a explosé au début des années nonante, après l’écroulement du régime de Nicolae Ceaușescu. Sous le Conducător, même les denrées alimentaires les plus communes se faisaient rares, mais tous avaient un travail fourni par l’État. Avec la fin du communisme, la Roumanie connut un processus de libéralisation économique qui laissa des millions de familles sans emploi. Les plus entreprenants s’adaptèrent, en commençant à reformer un embryon de classe moyenne. Les plus pauvres devinrent encore plus pauvres. Pour beaucoup de familles, il était impossible d’élever les enfants, qui finirent ainsi à l’orphelinat ou se retrouvèrent à la rue. Il n’existait pas de structures qui s’occupaient d’eux, aussi en raison du manque de personnel adapté. Ceaușescu avait dissous les facultés universitaires de psychologie et l’assistance au début des années septante. Elles ont été rouvertes seulement en 1992.

Les histoires de ces jeunes sont semblables. Ils se sont enfuis de chez eux , car ce sont des enfants de pères violents et alcooliques. Ou bien ils sont sans parents, ou leurs familles étaient trop pauvres, et ils ont été confiés à un orphelinat, où beaucoup disent avoir subi des violences. Quoi qu’il en soit, ils ont fui, en choisissant de vivre comme des vagabonds. À les entendre, ce n’est pas si mal. « Ça nous plaît de vivre ici », disent beaucoup du groupe de Costin Giorgeanu. Il est sûr que ça ne fait pas de bien, au moins à voir Radu, l’un d’eux. Il a 18 ans, mais le corps d’un gamin de 11 : petit, maigre, clairement non développé. Il mesure un mètre cinquante et pèse 30 kilos. Il n’a pas grandi car il sniffe et boit comme un forcené, depuis son enfance. À l’arrivée de l’hôte italien, Radu est clairement cuit et rit continuellement. Il blague avec les autres, boit le vin d’une bouteille de 3 litres, frappe avec une louche sur une marmite dégoûtante, s’agenouille à terre pour s’allumer la cigarette sur un mégot jeté par un camarade. Avec lui, il y a Mircea, 30 ans, qui vit la vie de rue. Il parle dans un roumain approximatif, mais il n’écoute pas. L’Aurolac doit lui avoir ravagé le cerveau.
Franco Aloisio le considérerait « irrécupérable ». Aloisio est un opérateur italien responsable de Parada, la fondation créée par le clown français Miloud, qui en 1992 découvrit le phénomène des enfants de la rue et décida de vivre avec eux pendant quelques mois. Parada cherche à sortir les enfants de la rue en leur enseignant l’art du cirque, leur donne à manger, les aide dans les pratiques administratives, à condition que les jeunes se tiennent à l’écart de la colle et l’alcool. Aloisio est en contact avec cette réalité depuis presque dix ans. Et il l’a vue changer : « À la moitié des années nonante, les faits étaient massifs : les enfants de la rue étaient environ 4.000. Aujourd’hui, il chiffre leur nombre au quart ». Selon Mirela, une opératrice du centre pour enfants des rues « Sfanta Macrina », géré par l’Église orthodoxe, il n’est pas vrai que le nombre a baissé. De jour, les enfants qui mendient de l’argent seraient plus nombreux qu’il y a quelques années. Le soir, beaucoup rentrent chez eux.

Pour Aloisio, la baisse est due à divers facteurs. Quelques-uns de ces jeunes sont des morts, ravagés par la vie errante et l’Aurolac. D’autres ont trouvé place dans les maisons-familiales, nées depuis quelques années pour combattre le phénomène. Aujourd’hui, ceux qui s’enfuient des familles et de l’orphelinat pour vivre dans la rue sont peu nombreux. Mais une fois qu’un enfant a choisi la rue, explique Aloisio, il est difficile de le récupérer. « Il y a un rapport d’un à cinq, pour un travail similaire. Pour sortir de la rue celui qui a vécu en tant qu’errant un mois, il nous faut cinq mois. Un an, cinq ans. Cela signifie que les jeunes les plus âgés sont maintenant irrécupérables ». Comme Mircea, justement.

La situation de toute façon s’améliore, aussi car l’État a pris conscience du fait que, avec l’entrée dans l’Union Européenne, cela risquait d’obérer l’image de la Roumanie. Les politiciens veulent nettoyer les rues, tant bien que mal. La commune de Bucarest a au programme d’ouvrir trois dortoirs pour les enfants des rues ; cependant les organisations qui soutiennent ces jeunes ne sont pas vues d’un bon œil. « L’autre jour, j’ai été interpellé par le maire du secteur 4 – dit Aloisio – car le soir précédent, alors qu’il se promenait avec quelques parlementaires, il s’est retrouvé devant quelques enfants des rues qui se trouvaient devant notre centre ». En été, lorsque les jeunes vivent en plein air, la police a commencé à sceller les accès aux conduits où ils se réfugient en hiver. « Nous les rouvrons immédiatement après », dit avec un sourire de défi un gars du groupe de Costin Giorgeanu. Les policiers ne tiennent pas en sympathie ces enfants, car ce sont de petits délinquants, qui créent des problèmes même à ceux qui il les aident. Une nuit un groupe d’enfants bourrés d’Aurolac a réussi à entrer dans le centre de Parada, en causant pas mal de dommages. La police tolère les errants jusqu’à un certain point, mais de temps en temps, elle trouve des prétextes pour les coincer, ou seulement pour leur rendre la vie difficile.

Un soir, alors que les opérateurs de Parada effectuent le tour des divers groupes de rue pour les porter de la nourriture, à la station de Dristor deux agents arrivent et demandent à tous leurs papiers, que nombre de jeunes des rues n’ont pas. C’est un prétexte. Ils ne veulent tout simplement pas que les errants soient aidés. « Si on continue à le faire, ils restent dans la rue, ils ne travaillent pas et ils volent », dit un agent à ceux de Parada. Aux opérateurs sociaux, il ne reste qu’à s’en aller. « Si nous ne le faisons pas, ils nous collent une amende, car ils disent que nous n’avons pas la permission », admet désolé l’un d’eux. Avant que le convoi ne reparte, un enfant de 8 ans du nom d’Elvis embrasse Claire, une volontaire du Caritas Ambrosiano qui aide aussi « Sfanta Macrina ». Il l’a reconnue, car il se rappelle l’avoir rencontrée là une autre fois. Il ressemble à ce qu’il devrait être : un enfant comme tous les autres. Seulement le jour d’avant, toujours à Dristor, à six heures du soir, Elvis était saturé d’Aurolac, et respirait son sachet devant l’appareil photo.

Quelle fin feront ceux comme lui ? Le sortir de la rue déjà difficile à présent, imaginez dans quelques années. Mais cela ne veut pas dire que les « vétérans » n’essayent pas d’en sortir. Un exemple : Emil et Maria, lui 28 ans, elle 25. Ils se connaissent depuis 13 ans, ils vivent dans la rue depuis bien avant. Marie, qui a déjà été mariée avec un autre errant, a deux enfants. Entretemps, Emil a été en prison pour trois ans. Lorsque il est sorti, le mari de Marie s’est retrouvé en prison, et elle s’est réfugiée auprès d’Emil. Maintenant les deux ont eu leur premier enfant, Alexandru Constantin, qui cependant ne peut pas sortir du service de maternité, car Emil n’a aucun document d’identité. Pour l’état civil, il n’existe pas. Mais Emil ne s’avoue pas vaincu : il travaille au noir, veut récupérer ses papiers dans son ancien domicile, il a déjà trouvé quelqu’un qui louerait un appartement pour sa nouvelle petite famille. « C’est mon premier enfant et mon cœur pleure de le voir là et ne pas le pouvoir l’avoir avec moi. Maintenant, je voudrais une vie normale ». [Alessandro Ursic]

Un ange habillé en clown !

Voici l’histoire de Miloud Oukili à Bucarest. Miloud Oukili, clown français sorti de l’école de cirque d’Annie Fratellini, a découvert les enfants de la rue en Roumanie en 1992 quand il travaillait avec Handicap International dans les orphelinats, dans les hôpitaux et dans les centres pour adultes handicapés. Il profitait des instants de liberté pour découvrir les Roumains et faire des spectacles de rue. À une de ces représentations, il découvrit d’amusants spectateurs :

« Les enfants de rue ont été mon meilleur public, ils venaient voir dans mon sac pour découvrir ce qui s’y cachait », se rappelle de Miloud. « Ensuite ils disparaissaient, mais ponctuellement ils reparaissaient à chaque spectacle. »

Son nez rouge, ses gags et sa bourse lui servirent de passeport pour approcher les enfants auxquels il enseignait les premiers rudiments de l’art du cirque. Le soir, il les accompagnait dans leurs refuges et passait la nuit avec eux, à l’entrée de la Gare du Nord, dans les souterrains de la ville. Ils jouaient aux errants et à sourire à la police qui les poursuivait. Miloud partageait leur désarroi, leur profonde solitude, leurs angoisses d’enfants abandonnés.

Ce fut ainsi que des enfants de Bucarest, ceux sans passé et sans futur, ceux échappés des orphelinats, ceux qui se droguent avec la colle, ceux qui se prostituent pour un sandwich au jambon, ceux que les pédophiles brutalisent, peut-être tuent du fait que personne ne réclamera même pas le corps, trouvèrent un frère aîné.

Les enfants le surnommèrent « Miloud respect ! ». Il ne les a plus laissés.

Fort de cette expérience et réellement convaincu de l’importance et de l’urgence d’approcher les enfants des rues selon les modalités qu’il avait expérimentées, Miloud décida de structurer une véritable intervention.

D’abord, il travailla six mois comme volontaire avec Terres des Hommes.

Quand le projet se termina, il commença tout seul, difficilement. Il repartit pour la France à la recherche d’un nouveau soutien. L’association Rue, Enfants, Ville lui permit de réaliser un premier programme.

En partageant la vie de rue avec les jeunes, Miloud réussit à leur faire comprendre que si jusqu’à ce moment, la vie n’avait pas été généreuse pour les faire sourire, eux, malgré tout, étaient capables de faire sourire les autres.

Un an plus tard le premier spectacle est monté .
En août 1994, les jeunes participent au festival d’art du Moyen Âge de Sighişoara.

Leur spectacle rencontra un grand succès, en particulier parmi les opérateurs des services sociaux et culturels. Tous s’accordèrent sur la volonté de développer l’expérience. La reconnaissance, les applaudissements, l’orgueil pour les résultats obtenus après un dur travail transmirent aux jeunes le désir de changer de vie et de quitter la rue. Restait la grosse difficulté de garantir une continuité à ce choix. Miloud, qui avait réussi à susciter l’enthousiasme autour de lui, voulut donner à cette amusante école de cirque de rue les moyens de poursuivre et il réunit dans ce but certains Roumains de sa connaissance et des amis français motivés. L’urgence de l’intervention, mais aussi son sérieux et son caractère professionnel n’étaient plus à démontrer. Le jeune clown français créa une structure locale, indépendante où développer des activités artistiques autour de la notion de réinsertion.

En janvier 1996, se constitua « Fundaţia PARADA ».

Le résultat de six ans d’activités de Parada :
- 300 enfants et jeunes ont fréquenté le premier centre diurne, recevant une assistance socio-éducative ;
- 600 enfants et jeunes ont reçu les soins médicaux de premier secours par l’équipe de Caravana ;
- 150 enfants et jeunes ont été insérés dans les écoles et dans leurs familles ;
- 50 jeunes ont été réinsérés professionnellement ;
- 85 de ces enfants et jeunes font partie de la Compagnie du Cirque de Parada et ont participé en Roumanie, en France et en Italie à la campagne de sensibilisation de l’opinion publique ;
- 85 jeunes habitent dans les appartements sociaux, ils ont ainsi atteint la dernière étape du processus de réintégration sociale vers une réelle indépendance ;
- 27 collaborateurs roumains et 5 volontaires étrangers ont été formés comme assistants sociaux et éducateurs.

La photo de rue pour prendre le monde


Dialogue maïeutique

Tombino, tombino, kesako ?, dit Lucien l’âne d’un œil épouvanté.

Tombino, tombino ? C’est une chanson qu’on aurait pu intituler « La complainte des enfants de rue ». Elle nécessite quelques explications préliminaires. En premier, il faut élucider ce terme de Tombino, qui est à la fois le titre de la canzone et le nom qui désigne aussi bien, une petite tombe, une bouche d’égout ou d’aération, la plaque qui les couvre qu’une entrée de tunnel ou d’une conduite couverte, d’une galerie souterraine. Dans la chanson, il désigne aussi celui ou celle qui vit dans ces galeries, c’est-à-dire les enfants les enfants perdus de Bucarest (et par extension, d’ailleurs). C’est tout cela qui fait que j’ai dû conserver de mot et par fois, le traduire.

Voilà qui éclaire un peu ma lanterne et facilité ma compréhension de la canzone.

Avant d’autres commentaires, je voudrais encore expliciter un jeu mots particulier, car il repose sur la connaissance simultanée de l’italien et du français. Le passage est le suivant :

« Ils l’ont traîné dans un trou
Et dans le trou, il reste,
Dans le Buca reste »

Comme tu le vois, il joue sur la similarité de ce « dans le Buca reste » avec le nom de la ville de Bucarest, où se passe l’histoire. Mot infaisable en français ; il m’a fallu- là aussi – ruser et garder le mot italien Buca : bouche, trou… Traduction : très exactement : dans le trou reste...
On ne pouvait changer le nom de la ville… Aux dernières nouvelles, « Trourest » n’est pas le nom de la capitale de la Roumanie, ni d’ailleurs, commente Lucien l’âne en riant.

Une dernière chose : comme on le verra, il s’agit d’une histoire déjà ancienne et qui dure encore, mais elle a des descendances diverses. Parmi celles-ci, je voudrais spécialement faire écho à une initiative en cours à Bruxelles depuis quelques années, qui a connu elle aussi connu des débuts difficiles. Au départ, elle concernait des enfants roumains réfugiés dans la capitale de l’Europe ; elle a étendu son champ d’action à d’autres enfants en difficulté. Elle est menée par une association appelée Karousel ( http://www.karousel.be/) et utilise notamment la photographie pour ouvrir le champ de vision du monde.

La photo, quelle bonne idée ! La photo, le sténopé, pour comprendre le monde… Ce serait marrant, si on avait une photo de leurs photos…

J’en mettrai une pour illustrer. Mais revenons au fond de cette histoire des enfants des rues. Il nous faut considérer les efforts de tous ceux qui tentent d’y apporter un bout de solution comme le fait Parada, mais aussi Karousel à Bruxelles ou en Italie, les « Maestri di strada » (les maîtres d’école de rue – http://www.maestridistrada.it/). C’est un travail de Titans ou de fourmis ; ça dépend la façon dont on exprime la chose. Mais il faut également considérer l’existence de ces « enfants des rues » (de toutes les grandes villes du monde) comme un de ces multiples effets collatéraux de la Guerre de Cent Mille Ans La Guerre de Cent mille ans que les riches mènent sans discontinuer contre les pauvres afin de les soumettre à l’exploitation, de les dominer, d’étendre leurs propres privilèges, de renforcer leur pouvoir, d’accroître leurs fortunes et satisfaire leurs ambitions et leurs délires.

Je le pensais ainsi aussi, dit Lucien l’âne en relevant le front. Cependant, reprenons notre tâche et tissons le linceul de ce vieux monde avaricieux, dispendieux, exploiteur, entrepreneur, riche et généreux pour les riches et cacochyme.

Heureusement !

Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
TOMBINO

Tombino, on l’appela ainsi dès sa prime enfance,
Depuis qu’on le jeta dans le noir,
Depuis qu’on l’enferma par erreur
Dans les bas-fonds de Dublin,
Ou de Berlin :
Rome, Vienne, Moscou, Londres, Madrid, Turin…
La géographie n’a jamais été mon fort.
Par force ! Je n’ai jamais visité même un pré,
Je n’ai jamais été à l’école, je n’ai jamais travaillé,
Je ne suis pas amusant ou incapable ou peu diligent,
Personne ne m’a jamais rien dit.
Depuis que je suis né, ils m’ont condamné à cette honte :
Je vis dans un égout !

Tombino.
Le monde, vu au travers d’une grille, me laisse de beaux signes,
Une ligne sur le visage, un sillon, une ride d’enfant,
Le torticolis permanent, en espérant que les gens
Laissent tomber quelque sou dans la rue… et ensuite s’en aillent,
Sans rien dire, ne réclament pas leur argent,
Ne dénoncent pas ma position,
À un policier, à la presse, à toute l’opinion,
D’enfant de douze ans mendiant parmi la foule,
Indifférents à ce qu’on colle régulièrement le nez dans un vase,
Sniffant mon dîner,
Pour mieux supporter mon sort, mon destin, mon cas
Et ne pas lancer de S.O.S,
Ne pas dire partout que j’ai peut-être le SIDA.
Ne pas le dire surtout à celui qui a payé,
À celui qui attend pour être satisfait,
C’est ainsi depuis que je suis né et moi, j’y suis habitué,
Pour ça, je suis muet comme une Tombino !

Tombino la vie est une ronde, tu verras qu’elle tournera…
Quand tu tombes à terre, on est tous à terre et elle finira.
Tombino la vie est une ronde, qui ne s’arrête pas
Si tu tombes à terre, on est tous à terre et elle finira dans la Tombino, avec Tombino !

Tombino
Les chaussures toujours étroites ou toujours larges,
Les chaussures toujours cassées et toujours sales, la semelle qui s’ouvre, qui se lève,
Les chaussures qui ne sont jamais comme les voudrait.
Ce ne sont pas celles du footballeur, ce ne sont pas celles de la télévision :
Ce sont les chaussures d’un monsieur, d’un qui me regarde souvent,
Qui souvent quand il regarde meurt,
Qui souvent quand il regarde voit son fils et il se sent sans cœur.
Par erreur, il l’a vendu à l’État
Au pain, à l’auto, la maison, la vie,
« Il est arrivé ce qui est arrivé ».
Ils l’ont traîné dans un trou
Et dans le trou, il reste,
Dans le Buca reste,
Dans le Buca reste,
Dans le Buca reste,
Dans le Buca reste …
Et ensuite, on fermera tout avec un Tombino.

Tombino la vie est une ronde, tu verras qu’elle tournera…
Quand tu tombes à terre, nous tous à terre et elle finira.
Tombino la vie est une ronde, qui ne s’arrête pas
Si tu tombes à terre, nous tous à terre et elle finira dans la Tombino, avec Tombino !
Tombino prépare le trou, tu verras qu’il servira
Pour mettre un arbre, une fleur, quelque chose qui grandira
Tombino la vie est une ronde, tu verras qu’elle tournera…

envoyé par Marco Valdo M.I. - 26/3/2016 - 20:49




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