erano rossi, erano rose rosse
e le ha lasciate lì solo per ricordare
che non bisogna più che il sangue scorra invano
Anche quest'anno qualcuno ha portato dei fiori
per te erano rossi di rosso desiderio
Sulla collina riecheggiano gli spari di una giustizia che non ci appartiene
di collina in collina soffia un vento pesante
tutto sembra distante, ma tu sei vicina.
Anche quest'anno qualcuno ha portato dei fiori per Mara Cagol
erano rossi, erano rose rosse
un attimo prima non c'erano l'attimo dopo eccole lì
sono come apparse è stato il sole a scoprirle.
Anche quest'anno qualcuno ha portato dei fiori affinché
fosse possibile non dimenticare la storia e la tragedia
di quell'Italia tradita.
Sulla collina riecheggiano gli spari di una giustizia che non ci appartiene
e di collina in collina soffia un vento pesante
tutto sembra distante ma tu sei vicina.
Sulla collina una battaglia senza vinti né vincitori
di collina in collina soffia un vento incostante
tutto sembra distante, ma tu sei vicina.
gigi la trottola - 2013/1/20 - 16:06
(cesare)
A 35 ANNI DALLA MORTE DI ANTONIETTA, LORENZO, ANGELO, ALBERTO
(Gianni Sartori)*
Negli anni settanta del secolo scorso il protagonismo politico e sociale delle classi subalterne conobbe una forte radicalizzazione.
Anche nel Veneto, considerato una sorta di “Vandea” bianca e bigotta, ma che in passato era stato periodicamente percorso da stagioni di lotte significative: dal “furto campestre di massa” a La Boje, dalle “Leghe bianche” (che in genere operavano come quelle “rosse”) alla Resistenza (v. i durissimi rastrellamenti del 1944: Malga Zonta, Asiago, il Grappa, il Cansiglio...).
Senza dimenticare la rivolta operaia di Valdagno del 19 aprile 1968.
E non erano mancate, per tutto il 900 dalla Bassa padovana all'Alto Vicentino, componenti libertarie. All'inaugurazione di una delle prime sedi sindacali a Schio partecipò Pietro Gori (l'autore di Addio Lugano bella). Una tradizione testimoniata da personaggi come il compagno anarchico “Borela”, un Ardito del Popolo che accolse i fascisti in marcia verso Schio a pistolettate. Per non parlare di uno dei fondatori del Pcd'I, Pietro Tresso (“Blasco”, comunista dissidente, ucciso in Francia da agenti della Ghepeù stalinista) e di Ferruccio Manea (il “Tar”), eroico comandante partigiano ricordato da Meneghello in “Piccoli maestri”. Tra la fine degli anni sessanta e i primi settanta a Vicenza era presente un gruppo anarchico, il MAV, molto attivo nella denuncia delle istituzioni totali. Altri gruppi a Schio, Valdagno e Marano vicentino (Circolo operaio anarchico).
Di questa tradizione si alimentarono le lotte di autodifesa proletaria contro i devastanti progetti capitalisti degli anni settanta. Progetti che trasformarono gran parte della campagna veneta in un'alienante territorio urbanizzato, il modello nordest della “fabbrica diffusa” (o meglio "dispersa"). Contro la drastica ristrutturazione produttiva (licenziamenti, lavoro nero e precario, intensificazione dello sfruttamento, inquinamento ambientale...) sorsero alcune inedite forme di autorganizzazione come i Gruppi Sociali, i Coordinamenti Operai, l'Opposizione Operaia. I metodi non furono sempre “eleganti”, ma sappiamo che “non è un pranzo di gala”.
La nuova Resistenza fu particolarmente attiva lungo la fascia pedemontana dell'Alto Vicentino in località come Schio, Piovene, Thiene, Lugo, Chiuppano, Calvene, Bassano...
Il 7 Aprile 1979 è passato alla Storia come la data dell'arresto di alcuni esponenti dell'area dell'Autonomia Operaia organizzata (Negri, Vesce, Ferrari Bravo...). Nel vicentino la mobilitazione è immediata. Per l'11 aprile è prevista una manifestazione nazionale a Padova e la sera precedente a Schio si organizza un'affollata assemblea del movimento. Da segnalare che in seguito i partecipanti rischieranno di essere incriminati perché l'assemblea pubblica verrà classificata come “riunione del servizio d'ordine” in cui sarebbero stati pianificati futuri attentati. L'11 aprile la manifestazione nazionale si svolse al Palasport dell'Arcella (Padova) con la partecipazione di circa seimila persone. Ma contemporaneamente a Thiene esplodeva una bomba rudimentale uccidendo i tre giovani che la stavano confezionando. Si trattava di Antonietta Berna, Angelo Dal Santo e Alberto Graziani, tre noti e attivi militanti dell'Alto Vicentino.
Resasi indipendente dalla famiglia, Antonietta viveva di lavoro nero svolto a domicilio. Angelo Dal Santo, operaio, nel 1978 era entrato nel consiglio di fabbrica della RIMAR. Grazie al suo impegno i lavoratori di questa fabbrica metalmeccanica di Lugo avevano ottenuto migliori condizioni normative e salariali. Aveva poi organizzato picchetti e ronde contro gli straordinari. Partecipò all'occupazione di case sfitte e della “Spinnaker”. Ai suoi funerali, oltre a centinaia di compagni, erano presenti tutte le operaie di tale fabbrica.
Angelo Graziani, studente universitario, aveva preso parte a tutte le iniziative del movimento: lotte per la casa e contro gli straordinari, organizzazione di precari e disoccupati...
In un comunicato del 1° maggio 1979 i tre militanti vennero ricordati dal “Comitato per la liberazione dei compagni in carcere”:
“Come movimento comunista, al di là delle attuali differenze interne, rivendichiamo la figura politica di questi compagni. Maria Antonietta Berna, Angelo Dal Santo, Alberto Graziani sono stati parte integrante nella loro militanza di tutte le lotte dei proletari della zona. Sono morti esprimendo la rabbia, l'odio, l'antagonismo di classe contro questo Stato, contro questa società fondata e organizzata sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. Nessuna disputa di linea politica e le differenziazioni di impostazione e di analisi e di pratica dentro il movimento possono offuscare e negare l'appartenenza di questi compagni all'intero movimento rivoluzionario, a tutti i comunisti. Di fronte all'iniziativa del nemico di classe, alle iniziative repressive, al terrore fisico e psicologico, al terrorismo propagandistico, allo stravolgimento e strumentalizzazione dei fatti, l'intero movimento di classe deve rivendicare a sé questi compagni caduti, per non dimenticare, per ricordare. Non vogliamo discutere di fronte al nemico la loro morte, essa vive oggettivamente e soggettivamente dentro il movimento di classe in Italia, alla sua altezza e nelle sue difficoltà, nel suo sviluppo fatto con la vita e con la morte di migliaia di compagni lungo una strada che porti fuori dalla barbarie capitalistica e dalla miseria del socialismo reale, per il comunismo. A questa strada difficile questi tre compagni hanno dato comunque il loro contributo, la loro vita. Per questo, oggi più che mai, sono con tutti noi”.
La sera stessa arrivano i primi arresti. Vengono incarcerati Chiara, moglie di Angelo; Lucia, compagna di Alberto; Lorenzo, compagno di Antonietta. Nel giro di poche ore anche Corrado e Tiziana che abitavano con Chiara e Angelo. Un altro ordine di cattura viene spiccato contro Donato, al momento irreperibile. Nel frattempo vengono eseguite decine di perquisizioni e si effettuano numerosi fermi. Un gran numero di posti di blocco trasforma i dintorni di Thiene in un quartiere cattolico di Belfast. Tutti coloro che in qualche modo avevano a che fare con il Gruppo Sociale di Thiene rischiano ora l'incriminazione per banda armata. A tutti gli arrestati vengono contestati: l'appartenenza ad una associazione sovversiva costituita in banda armata; il concorso nella fabbricazione dell'ordigno esplosivo e nella detenzione di armi; il concorso in tutti gli episodi avvenuti nel Veneto negli anni precedenti. Fino al concorso morale nella morte dei tre giovani di Thiene. In un documento presentato da un imputato alla Corte d'Assise (“Quegli anni, quei giorni, autonomia operaia e lotte sociali nel Vicentino: 1976-1979”) viene riportato che “la sera dell'11 aprile Chiara, Lucia e Lorenzo vengono condotti all'obitorio dell'ospedale di Thiene e lì costretti al riconoscimento dei corpi straziati e devastati”. E aggiunge “...il riconoscimento venne effettuato con criteri infami usandolo come deterrente per tutti i compagni”.
Lorenzo Bortoli subisce l'isolamento totale per quasi un mese. Dopo l'isolamento viene messo in cella con un altro imputato che starebbe già collaborando con i giudici, all'insaputa di tutti. Ricorda un suo amico che “gli si è voluto spezzare violentemente ogni possibilità di socializzazione, di vivibilità, di solidarietà all'interno del carcere, costruendogli addosso e attorno una realtà che solo attraverso la decisione di darsi la morte poteva negare”. Il primo tentativo di suicidio è dell'11 maggio con una ingestione di Roipnol. La direzione del carcere cercherà, invano, di farlo passare come un episodio di uso di sostanze stupefacenti. Numerose mozioni del Comitato Familiari
che esprimono preoccupazione per la vita di Lorenzo, saranno sottoscritte da consigli di fabbrica e di quartiere. Anche sindacati e partiti intervengono affinché si ponga fine alla detenzione del giovane garantendogli la possibilità di ricostruirsi un equilibrio psico-fisico. Ma tra il primo e il secondo tentativo di suicidio (22 maggio) i magistrati spiccano un nuovo mandato di cattura accusandolo di aver preso parte ad alcune rapine. In realtà in quei giorni Lorenzo si trovava al lavoro. Il 29 maggio l'avvocato Carnelutti, suo difensore, presenta un'istanza con cui chiede la libertà per Lorenzo Bortoli e per Chiara Dal Santo che tra l'altro aspetta un figlio. La richiesta è motivata da “gravi e preoccupanti motivi di salute”. E ancora, quasi una premonizione: “Un possibile irreparabile danno all'integrità psico-fisica dei due giovani peserebbe sul processo”.
Ma il 31 maggio l'istanza viene respinta e le accuse ribadite, anche l'omicidio colposo nei confronti di Antonietta Berna. Il 18 giugno Lorenzo Bortoli viene trasferito con destinazione Trento. Sosta nel carcere di Verona e viene sistemato in una cella da solo. L'avvocato Carnelluti deposita a Vicenza un'istanza (che fa arrivare direttamente al G.I.) in cui segnala “il delicato stato di salute di Lorenzo Bortoli (fra l'altro reduce da due autentici tentativi di suicidio e da provocazioni di un coimputato assai sospetto) e mi preoccupo per l'atmosfera squallida di un carcere che non è certamente tra i migliori. Perché questa scelta? Da chi viene?”. Raccomanda inoltre di “valutare attentamente l'intenzione del mio difeso di restare solo in cella dal momento che le esperienze negative del passato legittimano il sospetto che ogni compagno di cella possa essere un provocatore”. Ma ormai il destino di Lorenzo sta per compiersi. Si toglie la vita impiccandosi nella notte tra il 19 e il 20 giugno. Il suo ultimo desiderio, quello di poter essere sepolto con Antonietta si realizzerà solo in parte: le due tombe sono distinte ma comunque vicinissime.
Gianni Sartori
*nda Per una serie di vicende personali chi scrive non ha partecipato direttamente alle lotte della seconda metà degli anni settanta di cui si parla nell'articolo. Credevo anzi di aver concluso la mia militanza, iniziata davanti alla Ederle (nota base statunitense, la "madre" del Dal Molin) nell'ottobre 1967, con le manifestazioni del settembre 1975 al consolato spagnolo di Venezia per protestare contro la fucilazione di due etarras e di tre militanti del FRAP. A farmi ricredere, nel 1981, la morte per sciopero della fame di Bobby Sands e di altri nove repubblicani dell'IRA e dell'INLA (contemporaneamente a quella di un prigioniero politico basco dei GRAPO).
Quindi soltanto negli anni ottanta ho conosciuto alcuni di quei compagni dell'Alto Vicentino che avevano subito la repressione del 7 aprile. La mia prima impressione fu che in questa area pedemontana la “breve estate dell'Autonomia” avesse avuto caratteristiche simili a quelle dell'Irlanda del Nord e di Euskal Herria, sviluppando un'idea di “società molto orizzontale” (così Eva Forest mi spiegava la lotta dei baschi).
Bibliografia minima:
1)“Quegli anni, quei giorni – autonomia operaia e lotte sociali nel Vicentino: 1976-1979”
(E' un testo ricco di informazioni di carattere storico, indispensabili per comprendere il contesto dei tragici avvenimenti del 1979. Realizzato da un imputato vicentino del processo “7 Aprile-Veneto”, fotocopiato in proprio, pro manuscripto, forse reperibile in qualche Centro di documentazione ndr)
2)“E' primavera. Intervista a Antonio Negri” di Claudio Calia, BeccoGiallo edizioni, 2008
(a fumetti)
3) “Gli autonomi. Le storie, le lotte, le teorie” (2 volumi) a cura di S. Bianchi e L. Caminiti, DeriveApprodi, 2007
4) ed eventualmente per conoscere anche l'altra campana:
“Terrore Rosso – dall'autonomia al partito armato” Pietro Calogero, Carlo Fumian, Michele Sartori, editori Laterza, 2010.
Gianni Sartori - 2014/9/17 - 20:15
(Maurizio 65)
Se anche fosse che decine di persone sonno state ammazzate dai carabinieri cio non giustifica il terrorismo che ha ammazzato anche molta gente (non carabinieri) colpevole solo di non condividere la delirante ideolgia violenta di quegli assassini. E parlo di docenti universitari , sindacalisti come Guido Rossa .
E potrei citare Pasolini quando diceva di stare dalla parte dei poliziotti...
maurizio 65 - 2016/7/12 - 23:23
CCG Staff - 2016/7/13 - 00:27
L.L. - 2016/7/13 - 09:12
Riccardo Venturi - 2016/7/13 - 10:11
Servì solo a far finire in carcere -per aver distribuito volantini- un cinquantenne di nome Francesco Berardi, che era già nonno e che si suicidò dopo pochi mesi di detenzione.
Io non sto con Oriana - 2016/7/13 - 13:21
2) Ma questo sarebbe anche il meno.
Va bene erano degli eroi , santi che combattevano per una giusta causa- Contnuate pure a crederlo. La storia ha sconfitti . Come ha sconfitto i NAR e Ordine Nuovo.
Continuate pure a credere alle favole. Ah a proposito avete la notizia di oggi su Via Fani ?
maurizio65 - 2016/7/13 - 20:45
Pazienza: finché non mi si taccia di italiano, va bene quasi tutto!
Io non sto con Oriana - 2016/7/13 - 21:34
Comunque riprendo virgolettandoli alcuni versi, per renderti le cose più facili, visto che dimostri di avere gravi problemi di analisi e patologie semplificatorie tipiche di chi bercia senza leggere e tanto meno capire:
"... non bisogna più che il sangue scorra invano"
"... riecheggiano gli spari di una giustizia che non ci appartiene"
"... non dimenticare la storia e la tragedia
di quell'Italia tradita"
"... una battaglia senza vinti né vincitori"
Ti ricordo anche che l'acronimo A.C.A.B. (All Cops Are Bastards), che qui tu usi ad minchiam, è nato decenni fa in Gran Bretagna nel mondo skinhead legato alle tifoserie calcistiche.
Tutto quello che hai ritenuto di vomitare qui dentro - e che, per quanto farneticante, ti è stato democraticamente approvato dagli Admins - c'entra proprio una beata cippa.
Saluti
Bernart Bartleby - 2016/7/13 - 22:04
Io non sto con Oriana - 2016/7/14 - 06:40
1) So benissimo dove nasce il termine ACAB... cosa credete che siete gli unici ad avere quattro soldi di cultura..? Il termine può essere nato ovunque ma rappresenta un modo di considerare le forze dell'ordine che accomuna estremismi forse neanche tanti opposti.
Non per nulla ho citato NAR e Ordine Nuovo: con gli skinhead e le Brigate rosse, hanno in comune molte cose.
2) Quanto ai versi citati : qual'è la giustizia che non ci appartiene ? Quella dei carabinieri ? Quella dei tribunali proletari che hanno giustiziato o gambizzato negli anni 70.-80 o quella dei carabinieri ?
3) Alla battaglia senza vincitori ne vinti ? Secondo me dei vincitori ci sono stati e per fortuna non sono stati ne quei borghesucci che si inventaro una guerra nel nome di un proletariato cui non appartenevano, ne quegli altri figli di papà che mettevano le bombe nelle banche o nelle stazioni.
Buona serata e continuate così. Siete sicuramente molto innocui.
maurizio65 - 2016/7/17 - 18:22
Emanuele Caligiuri - 2016/7/17 - 22:47
Poi quanto al pensiero unico ce ne siamo liberati sin dagli anni '80. Del vostro pensiero "unico", intendo...
PS
1) La canzone la conosco bene (ero anche uno degli spettatori dei primi concerti degli Yo-yo Mundi) e se all'epoca rimasi perplesso, oggi sono molto di piu' che perplesso.
2) Anche il sito lo conosco bene. Da anni, e mi sono solo sorpreso di non essermi accorto prima che c'era anche questa discutibile canzone.
maurizio65 - 2016/7/17 - 23:37
1) Nutriamo alcuni dubbi sul fatto che il sig. Maurizio 65 conosca bene e "da anni" questo sito; altrimenti si sarebbe accorto che di "canzoni discutibili" ve ne sono, probabilmente, a centinaia. A rigore si potrebbe dire che ogni canzone contenuta nel sito è "discutibile", a seconda dei propri punti di vista personali. La canzone di questa pagina è ospitata da questo sito da lungo tempo (20 agosto 2005), purtroppo senza indicazione del contributore. La contribuzione a questo sito è libera e aperta a tutti, con indicazioni delle motivazioni per l'inserimento che vengono vagliate il più attentamente possibile; centinaia e centinaia di canzoni proposte nel corso degli anni non sono state approvate. Se questa canzone invece lo è stata, significa che sono stati ravvisate motivazioni sufficienti per inserirla, ferma restando la sua possibile "discutibilità" per alcuni. Anche l'eventuale discussione è libera.
2) L'inserimento di una canzone non è legato però né alla sua eventuale "discutibilità", né ai gusti personali degli utenti e né alle loro eventuali "sorprese". Ognuno è libero di esprimere pareri al riguardo di una canzone, o di qualsiasi cosa, a condizione di non esprimere giudizi generalistici sul sito, che è sempre stato estremamente chiaro al riguardo: si tratta di uno spazio che, attraverso canzoni e brani musicali, intende fornire testimonianze storiche e di memoria, non di rado anche sgradevoli e sgradite per alcuni. Non si tratta di un sito genericamente "pacifista" o roba del genere, ma di un sito di fatti analizzati attraverso il particolare strumento delle canzoni e della musica. Le discussioni dovrebbero apportare fatti afferenti alla conoscenza, non giudizi più o meno "trancianti" che ci lasciano del tutto indifferenti.
3) Chiunque abbia a commentare una data canzone, è pregato di non utilizzare espressioni generiche (del tipo "siete" o roba del genere), e di attenersi sempre ad una discussione civile e serena nel rispetto dei punti di vista di chiunque. Questo sito non è "Facebook", né un qualsiasi "social network", e non a caso (a parte un blog) non si è mai lasciato tentare da simili strumenti di finta comunicazione in Rete. Espressioni del tipo "mettetevi ACAB sulla homepage" sono, appunto, espressioni tipiche della finta discussione stile social network, fatte di "accuse" e "controaccuse" che lasciano il tempo che trovano e che si risolvono regolarmente in fuffa e in ridicole esibizioni muscolar-virtuali. Per le discussioni "di pancia", si prega quindi vivamente di spostarsi altrove.
4) Lo Staff del sito non esprime generalmente opinioni al riguardo di una data canzone e dell'eventuale discussione che vi si sviluppa; lo possono fare singoli amministratori, ma a loro titolo personale e con il loro nominativo. Di converso, lo Staff del sito invita costantemente a non trasformarlo in una sorta di "palestra", o, peggio, di stadio dove si fa il tifo. Questo sito, compresa questa pagina, non gradisce "ultras", né di terroristi, né di carabinieri e né di nessuno. Questo sito, peraltro, si occupa specificamente anche del terrorismo di Stato, e dello Stato terrorista.
Cordiali saluti a tutti.
CCG/AWS Staff - 2016/7/18 - 01:01
Se da un lato mi scuso per certe esagerazioni nel modo mi esprimermi, vorrei precisare che il "siete" o le critiche sono rivolte piu che allo staff, a certi commentatori.
maurizio65 - 2016/7/18 - 07:45
Se non si vuole essere trattati da talijani (mafia, maccheroni, pornografia minorile, pallone) è buon inizio l'evitare di comportarsi da talijani. Purtroppo non si vive in un mondo perfetto e non ci sono dunque garanzie neppure a questo riguardo; tuttavia nulla vieta di sperare.
Io non sto con Oriana - 2016/7/18 - 08:55
Hai avuto solo quello che ti meritavi.
Sottoscrivo in pieno l'intervento di Emanuele Caligiuri e l'azzeccata descrizione del "puzzo di morte e di noia" che emanano i tuoi interventi.
Bernart Bartleby - 2016/7/18 - 12:14
Maurizio65 - 2024/9/27 - 23:38
Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.
"Abbiamo scritto questa canzone affinché non si possano dimenticare tutte le vittime - consapevoli e inconsapevoli - del terrorismo."
(dalle note dell'album)
Era il 6 Giugno del 1975. Margherita - Mara per i compagni delle bierre- era morta il giorno prima alla cascina Spiotta dove, insieme ad un altro bierre riuscito a fuggire, teneva in ostaggio l’industriale delle bollicine –Vallarino Gancia- rapito il 4 Giugno.
Nello scontro armato era stato ferito a morte anche l’appuntato Giovanni D’Alfonso, 44 anni e padre di 3 figli, uno dei tre militari che la mattina del 5 Giugno erano andati in perlustrazione sulle colline del Monferrato.
I Carabinieri giunsero alla Spiotta, videro due macchine parcheggiate e suonarono alla porta. Dall’interno della casa cominciarono a sparare e fu il finimondo.Il primo a cadere a terra fu l’appuntato D’Alfonso. Mara e l’altro bierre uscirono dal casale, lei viene ferita, lui riusci a dileguarsi tra i boschi. Il primo colpo aveva raggiunto Mara alla spalla sinistra,il secondo, sparato più tardi le aveva trapassato il torace. L’esito del conflitto a fuoco, secondo l’arma: un’esecuzione in piena regola secondo i bierre. Furono quei due proiettili a fermare Mara,l’ex ragazza di Trento ormai trentenne che si era laureata in Sociologia, nell’estate del 1969, salutando la commissione con il pugno chiuso e due giorni dopo andava in sposa a Renato Curcio nella chiesetta di San Romedio di Trento in via Val di Non.
(da Avvenimenti italiani - la memoria non si archivia - ma è stata corretta la data)
*
Seguono stralci di una mail al direttore di PMNet scritta dal cantante degli Yo Yo Mundi, Paolo Enrico Archetti Maestri, in seguito alle polemiche scatenate dall'esecuzione di questa canzone durante una manifestazione a Brà.
«Ho scritto quella canzone nel 1994 e la stessa è stata pubblicata dalla allora Polygram (oggi Universal), per conto dell'etichetta Consorzio Produttori Indipendenti sul nostro fortunatissimo album "Bande Rumorose", registrato in diretta televisiva nel programma "Segnali di Fumo" negli studi di Videomusic (divenuta poi TMC2).
Sull'album quale commento per il testo, abbiamo voluto apporre una dedica precisa.
Mi preme sottolineare che noi siamo originari di Acqui Terme e viviamo a pochi chilomentri dal luogo dove avvennero i fatti tragici che portarono, oltre alla morte della Cagol, sia la liberazione di Vittorio Vallarino Gancia e sia la morte del carabiniere Giovanni D'Astolfo e il grave ferimento di altri due colleghi, e che quei fatti e anche tutte le storie, leggende, cronache e risvolti sono risuonati nella nostra memoria con una forza ancor maggiore, dato il particolare coinvolgimento emotivo di tutta la popolazione dell'acquese.
Riportiamo di seguito - a tal proposito - quanto scritto in un intervento di Luciana Ziruolo, sul Quaderno di Storia Contemporanea (numero 20, 1996) realizzato dall'Istituto per la Storia della Resistenza e della Storia Contemporanea in provincia di Alessandria:
"...una breve digressione, in realtà un'ulteriore riflessione sul "passaggio della memoria": non è un caso che, a distanza di vent'anni, una canzone "Chi ha portato quei fiori per Mara Cagol?" sia stata scritta e musicata dall'acquese Paolo Archetti Maestri. Nel 1975, appena ragazzino, deve essere rimasto particolarmente colpito dai fatti, recandone i segni, come alcuni di noi. La canzone potrebbe rientrare nel genere delle leggende metropolitane di questi ultimi anni, se non fosse che molti, ed io tra questi, hanno potuto constatare nel tempo la presenza di mazzi di fiori posti all'inizio del viottolo che conduce alla Cascina Spiotta (è questo il nome del luogo degli eventi luttuosi).
Un atto tragico e dolce al contempo che sarebbe certo caduto nell'oblio senza la volontà raccoglierlo, di serbarlo, di fermarlo in questo caso con le parole di una canzone.
Nella canzone ci sono parti di testo che chiariscono meglio di ogni possibile commento lo sconcerto di chi narra e si fa portavoce di una minima parte della vicenda - appunto l'atto di lasciare, forse per amore, delle rose in quel luogo".
Insomma per approfondire ancora di più il senso di quel testo, potremmo aggiungere che il protagonista della canzone è un giovane che si pone delle domande, certamente confuso da ciò che la tenera età non gli permette di capire nella sua completezza, ma con la straordinarietà di poter percepire diffusamente l'amore, il ricordo, la devastazione, la morte senza alcun giudizio o pregiudizio di sorta.
È indubbio che senza un'adeguata presentazione della canzone, il testo potesse essere frainteso altresì ci spiace che qualcuno - forse nella difficoltà di informarsi rispetto alla canzone di un gruppo come il nostro certamente conosciuto, ma non così celebre! - possa aver creduto di avere a che fare con una canzone inneggiante al terrorismo (che non sia detto nemmeno per scherzo!). »
(Paolo Enrico Archetti Maestri e Yo Yo Mundi)