Il vento picchia sulle grandi tende
perse dentro al Sahara
il vento picchia sulle grandi tende
perse dentro al Sahara
il tempo è fermo su una terra piatta
di deserto e sabbia
e tutto tace sul fronte sud,
tutto tace sul fronte sud
la croce rossa ha consegnato i pacchi
di farina e sale
la croce rossa ha consegnato i pacchi
di farina e sale
un grande aereo ci ha portato maglie
per Yasmine e Teye
E scarpe nuove per correre,
scarpe nuove per correre
La tenda azzurra si è riempita stanotte di rumori e suoni
la tenda azzurra si è riempita stanotte di rumori e suoni
C'è Alì che canta e Rajid che picchia
con i suoi tamburi
E le donne intorno che ballano,
donne intorno che ballano
Ascoltami cercami, segui le linee
di vento e di polvere su Radio Tindouf
Ascolta il richiamo di voci e deserti
le onde si inseguono su Radio Tindouf
Il vecchio Omar sta parlando ai bimbi
di città lontane
il vecchio Omar sta parlando ai bimbi
di città lontane
di un oceano amico e di terre verdi
da chiamare casa
e di cento piante che crescono,
di cento piante che crescono
Mio padre un giorno se n'è andato al fronte, non è più tornato
Mio padre un giorno se n'è andato al fronte, non è più tornato
Il vecchio Omar dice
che è finito in un posto
dove c'è la guerra
e i carri armati che sparano,
i carri armati che sparano
Ascoltami cercami, segui le linee
di vento e di polvere su Radio Tindouf
Ascolta il richiamo di voci e deserti
le onde si inseguono su Radio Tindouf
Ascolta mamma, questa notte il deserto
mi ha portato un sogno
Ascolta mamma, questa notte il deserto
mi ha portato un sogno
Un grande fiume scendeva giù
e portava via i soldati
e rivedevo la mia città,
rivedevo la mia città
Ascolta mamma, c'è una voce che chiama
al di là del muro
Ascolta mamma, c'è una voce che chiama
al di là del muro
C'è un vecchio uomo che canta e piange
per le sue catene
e mille voci che gridano
e mille voci rispondono
Ascoltami cercami, segui le linee
di vento e di polvere su Radio Tindouf
Ascolta il richiamo di voci e deserti
le onde si inseguono su Radio Tindouf.
perse dentro al Sahara
il vento picchia sulle grandi tende
perse dentro al Sahara
il tempo è fermo su una terra piatta
di deserto e sabbia
e tutto tace sul fronte sud,
tutto tace sul fronte sud
la croce rossa ha consegnato i pacchi
di farina e sale
la croce rossa ha consegnato i pacchi
di farina e sale
un grande aereo ci ha portato maglie
per Yasmine e Teye
E scarpe nuove per correre,
scarpe nuove per correre
La tenda azzurra si è riempita stanotte di rumori e suoni
la tenda azzurra si è riempita stanotte di rumori e suoni
C'è Alì che canta e Rajid che picchia
con i suoi tamburi
E le donne intorno che ballano,
donne intorno che ballano
Ascoltami cercami, segui le linee
di vento e di polvere su Radio Tindouf
Ascolta il richiamo di voci e deserti
le onde si inseguono su Radio Tindouf
Il vecchio Omar sta parlando ai bimbi
di città lontane
il vecchio Omar sta parlando ai bimbi
di città lontane
di un oceano amico e di terre verdi
da chiamare casa
e di cento piante che crescono,
di cento piante che crescono
Mio padre un giorno se n'è andato al fronte, non è più tornato
Mio padre un giorno se n'è andato al fronte, non è più tornato
Il vecchio Omar dice
che è finito in un posto
dove c'è la guerra
e i carri armati che sparano,
i carri armati che sparano
Ascoltami cercami, segui le linee
di vento e di polvere su Radio Tindouf
Ascolta il richiamo di voci e deserti
le onde si inseguono su Radio Tindouf
Ascolta mamma, questa notte il deserto
mi ha portato un sogno
Ascolta mamma, questa notte il deserto
mi ha portato un sogno
Un grande fiume scendeva giù
e portava via i soldati
e rivedevo la mia città,
rivedevo la mia città
Ascolta mamma, c'è una voce che chiama
al di là del muro
Ascolta mamma, c'è una voce che chiama
al di là del muro
C'è un vecchio uomo che canta e piange
per le sue catene
e mille voci che gridano
e mille voci rispondono
Ascoltami cercami, segui le linee
di vento e di polvere su Radio Tindouf
Ascolta il richiamo di voci e deserti
le onde si inseguono su Radio Tindouf.
SAHARAWI: IL POPOLO E LA STORIA
adattato da I Sarahawi popolo e deserto, dove si trova una versione più completa
Si veda anche http://www.saharawi.it/
Tratto dalla ricerca di
Nicola Malagoli
Il Sahara Occidentale è un territorio di circa 266000 Kmq che si affaccia sull’Atlantico per un migliaio di chilometri, confina con il Marocco, l’Algeria e la Mauritania. È in gran parte desertico, ma ricchissimo di risorse minerarie (soprattutto fosfati). Le coste sono pescosissime. I suoi confini sono convenzionali, poiché seguono in parte l'andamento dei paralleli e dei meridiani, tracciati dalle diplomazie europee in seguito alle decisioni della Conferenza di Berlino del 1884/85. Per molto tempo le popolazioni che nomadizzavano nel territorio ignorarono questi confini artificiali ma, a partire dagli inizi di questo secolo, sono diventati oggetto di un'attenta sorveglianza da parte della polizia coloniale. Le frontiere divennero allora ben reali per quelle popolazioni ma ancora oggi sono oggetto di contenzioso, per le particolare vicende legate alla decolonizzazione della regione. La popolazione appartiene al complesso delle tribù Saharawi. Organizzate da secoli in modo autonomo, con forme proprie di lingua, cultura e organizzazione sociale, nomadi fino a tempi recenti. Prima dell'arrivo degli spagnoli le tribù erano numerose, 40 secondo la tradizione, riunite in una confederazione.
La Spagna era apparsa sulla costa atlantica del Sahara alla fine del ‘400, prima che la conquista dell'America spostasse 1'interesse delle potenze europee verso il nuovo continente.
La conferenza di Berlino nel 1885 riconobbe la sovranità spagnola sul Rio de Oro, ma gli spagnoli cominciarono ad occuparsi del Sahara Occidentale solo agli inizi del nostro secolo, sollecitati dall’avanzata francese in Algeria, Mauritania e in Marocco. Solo con le convenzioni di Parigi del 1900 e 1904 e di Madrid del 1912 si arrivò alla definitiva delimitazione dei confini del possedimento spagnolo.
In assenza di autorità spagnole, erano i francesi che si incaricavano di far rispettare i confini. Nel 1934 l’amministrazione spagnola attribuì alla popolazione uno stato civile e un documento di identità con l’introduzione di un visto obbligatorio per la transumanza in territori francesi. Si consolida così nel tempo l’autoidentificazione della popolazione autoctona ed il sentimento dell’appartenenza territoriale al Sahara spagnolo, che termina con i confini al di là dei quali occorre il " visto".
Contemporaneamente inizia la formazione di una resistenza Saharawi contro lo sfruttamento e i soprusi coloniali.
Dopo la seconda guerra mondiale, la resistenza Saharawi guarda con speranza in direzione del Marocco che sta rivendicando l'indipendenza. Tra il 1956 e il 1958, molti Saharawi si arruolano nell’Armée de la Liberation che opera nel sud marocchino.
La Francia decide di lanciare un'operazione di pulizia nel deserto per contrastare le rivendicazioni marocchine: coinvolge anche i comandi spagnoli del Sahara Occidentale e riescono per il momento a soffocare le rivendicazioni marocchine e a porre sotto controllo la resistenza Saharawi.
Nell’agosto 1974, il governo di Madrid informa il Segretario generale dell'ONU dell’intenzione di tenere un referendum, sotto gli auspici delle Nazioni Unite, entro i primi sei mesi dell’anno successivo, e nell’autunno del 1974 procede al primo censimento della popolazione.
Violenta è la reazione del re del Marocco Hassan II, che all’annuncio del referendum vede vanificati i suoi disegni di estensione della sua sovranità anche sul Sahara.
Il re, per bloccare iniziative di indipendenza del popolo Saharawi, annuncia una marcia popolare di occupazione pacifica di 350000 persone. I marciatori reclutati in tutto il paese, ricevono la consegna di una copia del Corano e bandierine verdi, il colore dell’Islam: da qui l'appellativo di marcia verde dato all’operazione. In realtà si tratta di una vera invasione nel territorio Saharawi con forze di polizia e militari.
La Spagna in cambio di una sostanziosa buona uscita si ritira, cedendo i territori a Marocco e Mauritania. (Accordo di Madrid l975).
Migliaia di persone si danno alla fuga attraverso il deserto fino al confine algerino, dove, nei pressi di Tindouf, viene allestita una prima tendopoli di accoglienza. L’esodo di massa avviene sotto i bombardamenti dell’aviazione marocchina.
adattato da I Sarahawi popolo e deserto, dove si trova una versione più completa
Si veda anche http://www.saharawi.it/
Tratto dalla ricerca di
Nicola Malagoli
Il Sahara Occidentale è un territorio di circa 266000 Kmq che si affaccia sull’Atlantico per un migliaio di chilometri, confina con il Marocco, l’Algeria e la Mauritania. È in gran parte desertico, ma ricchissimo di risorse minerarie (soprattutto fosfati). Le coste sono pescosissime. I suoi confini sono convenzionali, poiché seguono in parte l'andamento dei paralleli e dei meridiani, tracciati dalle diplomazie europee in seguito alle decisioni della Conferenza di Berlino del 1884/85. Per molto tempo le popolazioni che nomadizzavano nel territorio ignorarono questi confini artificiali ma, a partire dagli inizi di questo secolo, sono diventati oggetto di un'attenta sorveglianza da parte della polizia coloniale. Le frontiere divennero allora ben reali per quelle popolazioni ma ancora oggi sono oggetto di contenzioso, per le particolare vicende legate alla decolonizzazione della regione. La popolazione appartiene al complesso delle tribù Saharawi. Organizzate da secoli in modo autonomo, con forme proprie di lingua, cultura e organizzazione sociale, nomadi fino a tempi recenti. Prima dell'arrivo degli spagnoli le tribù erano numerose, 40 secondo la tradizione, riunite in una confederazione.
La Spagna era apparsa sulla costa atlantica del Sahara alla fine del ‘400, prima che la conquista dell'America spostasse 1'interesse delle potenze europee verso il nuovo continente.
La conferenza di Berlino nel 1885 riconobbe la sovranità spagnola sul Rio de Oro, ma gli spagnoli cominciarono ad occuparsi del Sahara Occidentale solo agli inizi del nostro secolo, sollecitati dall’avanzata francese in Algeria, Mauritania e in Marocco. Solo con le convenzioni di Parigi del 1900 e 1904 e di Madrid del 1912 si arrivò alla definitiva delimitazione dei confini del possedimento spagnolo.
In assenza di autorità spagnole, erano i francesi che si incaricavano di far rispettare i confini. Nel 1934 l’amministrazione spagnola attribuì alla popolazione uno stato civile e un documento di identità con l’introduzione di un visto obbligatorio per la transumanza in territori francesi. Si consolida così nel tempo l’autoidentificazione della popolazione autoctona ed il sentimento dell’appartenenza territoriale al Sahara spagnolo, che termina con i confini al di là dei quali occorre il " visto".
Contemporaneamente inizia la formazione di una resistenza Saharawi contro lo sfruttamento e i soprusi coloniali.
Dopo la seconda guerra mondiale, la resistenza Saharawi guarda con speranza in direzione del Marocco che sta rivendicando l'indipendenza. Tra il 1956 e il 1958, molti Saharawi si arruolano nell’Armée de la Liberation che opera nel sud marocchino.
La Francia decide di lanciare un'operazione di pulizia nel deserto per contrastare le rivendicazioni marocchine: coinvolge anche i comandi spagnoli del Sahara Occidentale e riescono per il momento a soffocare le rivendicazioni marocchine e a porre sotto controllo la resistenza Saharawi.
Nell’agosto 1974, il governo di Madrid informa il Segretario generale dell'ONU dell’intenzione di tenere un referendum, sotto gli auspici delle Nazioni Unite, entro i primi sei mesi dell’anno successivo, e nell’autunno del 1974 procede al primo censimento della popolazione.
Violenta è la reazione del re del Marocco Hassan II, che all’annuncio del referendum vede vanificati i suoi disegni di estensione della sua sovranità anche sul Sahara.
Il re, per bloccare iniziative di indipendenza del popolo Saharawi, annuncia una marcia popolare di occupazione pacifica di 350000 persone. I marciatori reclutati in tutto il paese, ricevono la consegna di una copia del Corano e bandierine verdi, il colore dell’Islam: da qui l'appellativo di marcia verde dato all’operazione. In realtà si tratta di una vera invasione nel territorio Saharawi con forze di polizia e militari.
La Spagna in cambio di una sostanziosa buona uscita si ritira, cedendo i territori a Marocco e Mauritania. (Accordo di Madrid l975).
Migliaia di persone si danno alla fuga attraverso il deserto fino al confine algerino, dove, nei pressi di Tindouf, viene allestita una prima tendopoli di accoglienza. L’esodo di massa avviene sotto i bombardamenti dell’aviazione marocchina.
UNA TRAGEDIA NASCOSTA
di LUCIO LUCA
da Repubblica
Un documento tenuto a lungo segreto rivela la sorte di centinaia di persone scomparse dal 1958 al 1992 nel Sahara Occidentale. E si scopre che in carcere sono morti anche adolescenti e neonati. Dure critiche dalla comunità internazionale al governo marocchino
ROMA - La lista è spuntata a sorpresa, forse per errore, su un sito vicino al governo di Rabat: quello del Royal Advisory Council for Human Rights (CCDH), una istituzione creata per scoprire le violazioni dei diritti umani e promuovere la riconciliazione nazionale. Un elenco dettagliato, terribile, tenuto nascosto per decenni e destinato, probabilmente, a restare segreto per sempre. Perché contiene nomi e storie dei desaparecidos saharawi, 352 persone arrestate e sparite nel nulla dal 1958 al 1992, combattenti del "popolo del deserto" che lottavano per l'autodeterminazione e la sopravvivenza stessa di una comunità che vive in condizioni drammatiche. "Il documento della vergogna", lo definisce il giornalista Malainin Lakhlal, in questi giorni in Italia grazie a un programma di aiuti umanitari portato avanti dal Cisp (Comitato internazionale per lo sviluppo dei popoli), la regione Emilia Romagna, il Comune e il Polo didattico scientifico di Forlì.
Sono un migliaio i nomi riportati nella lista, 352 dei quali, come detto, saharawi. E decine sono anche le storie di vecchi, donne e bambini di cui non si sa niente ormai da più di trent'anni. Bambini, sì. Anche loro. Adolescenti, ma anche neonati portati via insieme alle madri e morti nelle carceri lager di Agdez e Kalaat Magouna: "Due penitenziari dell'orrore", li definisce Lakhlal, segretario dell'Unione Periodistas y Escritores Sahrawi (Upes).
Nelle carte si parla di 115 bambini finiti in carcere, 14 dei quali morti
dietro le sbarre. C'è Aziza Brahim Sid, catturata con la madre nel 1976 - un anno dopo la "gloriosa" Marcia verde dell'esercito di re Hassan II - Era appena nata, non riuscì a resistere al freddo e morì di stenti ad appena tre o quattro mesi. Reguia Zahou, invece, aveva 13 anni quando i militari assaltarono il villaggio nel quale viveva insieme al fratello Mohamed e alla sorella Safia. Dopo sette mesi le sue condizioni di salute si aggravarono, con ogni probabilità anche lei morì in carcere. E anche di Mohamed e Safia da quel giorno non si è saputo più niente.
El Walid Belgadi Mahfoud aveva soltanto due anni nel 1977, quando fu portato in carcere insieme a tutta la sua famiglia. Rimase in una cella buia della base militare di Smara. Qualche tempo dopo la madre venne rilasciata, ma il bambino era già deceduto da mesi. E poi Mustapha, Abderrahman, Mohamed, Horma, Taleb, Brahim, Bachir: nomi diversi, storie tutte tremendamente simili. Piccoli rubati all'adolescenza e morti dietro le sbarre senza aver mai capito il perché.
Nella lista i nomi di almeno undici donne, tredici giustiziati dalla Corte marziale subito dopo la "Marcia verde" e centinaia di desaparecidos per i quali, da anni, le ong di tutto il mondo chiedono giustizia. In particolare, dal 1961 (il Sahara Occidentale era ancora sotto il controllo spagnolo) al 1992, furono almeno 191 i morti in carcere. Ma c'è anche un lungo elenco di numeri, freddi e impietosi, dei caduti in battaglia, dei deportati, di chi ha resistito per qualche giorno in ospedale dopo i combattimenti ma poi ha cessato di vivere.
L'associazione Rights Monitoring 1 ha chiesto e ottenuto la traduzione del report che sarebbe dovuto rimanere nascosto al grande pubblico. Adesso, però, l'elenco è finito in rete: "Nel corso degli anni - si legge - il Marocco è stato accusato di un uso sistematico di detenzioni extragiudiziarie e uccisioni, specialmente contro chi si è opposto all'occupazione del Sahara Occidentale. Questo è stato negato categoricamente da autorità marocchine. Fin dagli anni Novanta - rileva il Royal Advisory Council for Human Rights - i diritti umani sono stati gradualmente rispettati. Ma in particolare nel Sahara Occidentale, gli abusi rimangono la norma".
"Il documento è tradotto in inglese, ma presto sarà disponibile anche in altre lingue - spiega Malainin Lakhlal - perché vogliamo che tutto il mondo sia messo a conoscenza di questi crimini. Nella speranza che l'Occidente, questa volta, decida davvero di intervenire a favore di un popolo che chiede solo di non essere colonizzato"
di LUCIO LUCA
da Repubblica
Un documento tenuto a lungo segreto rivela la sorte di centinaia di persone scomparse dal 1958 al 1992 nel Sahara Occidentale. E si scopre che in carcere sono morti anche adolescenti e neonati. Dure critiche dalla comunità internazionale al governo marocchino
Sono un migliaio i nomi riportati nella lista, 352 dei quali, come detto, saharawi. E decine sono anche le storie di vecchi, donne e bambini di cui non si sa niente ormai da più di trent'anni. Bambini, sì. Anche loro. Adolescenti, ma anche neonati portati via insieme alle madri e morti nelle carceri lager di Agdez e Kalaat Magouna: "Due penitenziari dell'orrore", li definisce Lakhlal, segretario dell'Unione Periodistas y Escritores Sahrawi (Upes).
Nelle carte si parla di 115 bambini finiti in carcere, 14 dei quali morti
dietro le sbarre. C'è Aziza Brahim Sid, catturata con la madre nel 1976 - un anno dopo la "gloriosa" Marcia verde dell'esercito di re Hassan II - Era appena nata, non riuscì a resistere al freddo e morì di stenti ad appena tre o quattro mesi. Reguia Zahou, invece, aveva 13 anni quando i militari assaltarono il villaggio nel quale viveva insieme al fratello Mohamed e alla sorella Safia. Dopo sette mesi le sue condizioni di salute si aggravarono, con ogni probabilità anche lei morì in carcere. E anche di Mohamed e Safia da quel giorno non si è saputo più niente.
El Walid Belgadi Mahfoud aveva soltanto due anni nel 1977, quando fu portato in carcere insieme a tutta la sua famiglia. Rimase in una cella buia della base militare di Smara. Qualche tempo dopo la madre venne rilasciata, ma il bambino era già deceduto da mesi. E poi Mustapha, Abderrahman, Mohamed, Horma, Taleb, Brahim, Bachir: nomi diversi, storie tutte tremendamente simili. Piccoli rubati all'adolescenza e morti dietro le sbarre senza aver mai capito il perché.
Nella lista i nomi di almeno undici donne, tredici giustiziati dalla Corte marziale subito dopo la "Marcia verde" e centinaia di desaparecidos per i quali, da anni, le ong di tutto il mondo chiedono giustizia. In particolare, dal 1961 (il Sahara Occidentale era ancora sotto il controllo spagnolo) al 1992, furono almeno 191 i morti in carcere. Ma c'è anche un lungo elenco di numeri, freddi e impietosi, dei caduti in battaglia, dei deportati, di chi ha resistito per qualche giorno in ospedale dopo i combattimenti ma poi ha cessato di vivere.
L'associazione Rights Monitoring 1 ha chiesto e ottenuto la traduzione del report che sarebbe dovuto rimanere nascosto al grande pubblico. Adesso, però, l'elenco è finito in rete: "Nel corso degli anni - si legge - il Marocco è stato accusato di un uso sistematico di detenzioni extragiudiziarie e uccisioni, specialmente contro chi si è opposto all'occupazione del Sahara Occidentale. Questo è stato negato categoricamente da autorità marocchine. Fin dagli anni Novanta - rileva il Royal Advisory Council for Human Rights - i diritti umani sono stati gradualmente rispettati. Ma in particolare nel Sahara Occidentale, gli abusi rimangono la norma".
"Il documento è tradotto in inglese, ma presto sarà disponibile anche in altre lingue - spiega Malainin Lakhlal - perché vogliamo che tutto il mondo sia messo a conoscenza di questi crimini. Nella speranza che l'Occidente, questa volta, decida davvero di intervenire a favore di un popolo che chiede solo di non essere colonizzato"
DonQuijote82 - 29/1/2011 - 22:21
Anche la pratica del surf e una scorpacciata di ostriche - nel loro piccolo - possono contribuire a rinsaldare il dominio di Rabat sui territori rivendicati dalla Repubblica Araba Democratica dei Saharawi.
TURISMO E COLONIALISMO A BRACCETTO NEI TERRITORI SAHARAWI
Gianni Sartori
La discussa tesi - evocata dal sottoscritto in svariate occasioni (vedi l’alpinismo in Pakistan) - per cui turismo e colonialismo spesso vanno a braccetto, riceve un’ulteriore conferma.
Questa la notizia. In quel di Dakhla un ristorante in prossimità all’Atlantico avrebbe raggiunto il rango di “paradiso marocchino delle ostriche”.
Se può lasciare indifferenti la notizia che la nuova gestione avrebbe “convertito” al consumo di ostriche l’affezionata clientela (ormai oltre il il 50% dei clienti consumerebbe, a testa, almeno 20 ostriche a pasto in alternativa al pesce) quello che sconcerta è altro.
Ossia che perfino la rivista Jeune Afrique - in quello che a prima vista sembrava un articolo promozionale - parli di Dakhla come di una località marocchina a tutti gli effetti. Dandolo per scontato. E invece Dakhla - se la geografia non è un’opinione - si trova nella Penisola del Rio de Oro ossia in territorio saharawi.*
Il locale in questione serve almeno 500 piatti di ostriche al dì (circa 2000 nei fine settimana) in ogni periodo dell’anno (tranne che nel Ramadan) e con il suo allevamento rifornisce di ostriche un buon numero di altri ristoranti.
Oltretutto l’attuale proprietario sarebbe originario del Morbihan (in Bretagna, ma si può ?). Viveva a Marrakesh, ma si è innamorato della “laguna di Dakhla assai pescosa grazie a una falda pratica preistorica” che garantisce la temperatura ottimale per l’allevamento delle ostriche. Torna alla mente la questione della risorsa ittica, una delle poche a disposizione della Repubblica Araba Democratica dei Sahrawi (l’altra è costituita da fosfati). Risorsa attualmente saccheggiata dal Marocco, fino a qualche tempo fa anche con la benedizione dell’Unione Europea (grazie ai voti presumibilmente comprati).
Ma i turisti? Quelli che vi fanno scalo (definiti “amanti degli scatti allo iodio”, con riferimento, presumo, ai selfie con piedi nell’acqua e Oceano sullo sfondo) sarebbero per lo più, oltre che marocchini benestanti, europei e statunitensi dediti al surf. E qui, senza bisogno di aggiungere altro, il cerchio si chiude.
Gianni Sartori
* nota 1: Insediato da secoli nei territori conosciuti come Sāqiyat al-ḥamrāʾ (Saguia el Hamra) e Wādī al-dhahab (Rio de Oro) il popolo saharawi rivendicava il diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza già negli anni trenta del secolo scorso.
TURISMO E COLONIALISMO A BRACCETTO NEI TERRITORI SAHARAWI
Gianni Sartori
La discussa tesi - evocata dal sottoscritto in svariate occasioni (vedi l’alpinismo in Pakistan) - per cui turismo e colonialismo spesso vanno a braccetto, riceve un’ulteriore conferma.
Questa la notizia. In quel di Dakhla un ristorante in prossimità all’Atlantico avrebbe raggiunto il rango di “paradiso marocchino delle ostriche”.
Se può lasciare indifferenti la notizia che la nuova gestione avrebbe “convertito” al consumo di ostriche l’affezionata clientela (ormai oltre il il 50% dei clienti consumerebbe, a testa, almeno 20 ostriche a pasto in alternativa al pesce) quello che sconcerta è altro.
Ossia che perfino la rivista Jeune Afrique - in quello che a prima vista sembrava un articolo promozionale - parli di Dakhla come di una località marocchina a tutti gli effetti. Dandolo per scontato. E invece Dakhla - se la geografia non è un’opinione - si trova nella Penisola del Rio de Oro ossia in territorio saharawi.*
Il locale in questione serve almeno 500 piatti di ostriche al dì (circa 2000 nei fine settimana) in ogni periodo dell’anno (tranne che nel Ramadan) e con il suo allevamento rifornisce di ostriche un buon numero di altri ristoranti.
Oltretutto l’attuale proprietario sarebbe originario del Morbihan (in Bretagna, ma si può ?). Viveva a Marrakesh, ma si è innamorato della “laguna di Dakhla assai pescosa grazie a una falda pratica preistorica” che garantisce la temperatura ottimale per l’allevamento delle ostriche. Torna alla mente la questione della risorsa ittica, una delle poche a disposizione della Repubblica Araba Democratica dei Sahrawi (l’altra è costituita da fosfati). Risorsa attualmente saccheggiata dal Marocco, fino a qualche tempo fa anche con la benedizione dell’Unione Europea (grazie ai voti presumibilmente comprati).
Ma i turisti? Quelli che vi fanno scalo (definiti “amanti degli scatti allo iodio”, con riferimento, presumo, ai selfie con piedi nell’acqua e Oceano sullo sfondo) sarebbero per lo più, oltre che marocchini benestanti, europei e statunitensi dediti al surf. E qui, senza bisogno di aggiungere altro, il cerchio si chiude.
Gianni Sartori
* nota 1: Insediato da secoli nei territori conosciuti come Sāqiyat al-ḥamrāʾ (Saguia el Hamra) e Wādī al-dhahab (Rio de Oro) il popolo saharawi rivendicava il diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza già negli anni trenta del secolo scorso.
Gianni Sartori - 5/1/2023 - 09:04
Ora anche il Marocco invia armi pesanti all’Ucraina. Un favore a Washington in cambio, presumibilmente, del riconoscimento dell’occupazione dei territori della RADS. Nel frattempo le esercitazioni congiunte tra Rabat e la NATO.
ANCHE IL MAROCCO SCHIERATO CON L’UCRAINA? PIU’ CHE ALTRO CON WASHINGTON
Gianni Sartori
Parlare di “partita a scacchi” (o di risiko) sarà anche banale, ma è quello che (mi) viene in mente. Stando a quanto preannunciato, era previsto che in febbraio il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov includesse anche il Marocco nel suo secondo giro di capitali africane. Ed ecco che tempestivamente - a pochi giorni dalla notizia della partecipazione a esercitazioni Nato - arriva anche quella per cui Rabat ha già inviato carri armati in Ucraina. Il primo tra i paesi africani.
Si tratta di venti T-72B, riveduti e corretti dalla Excalibur Army (Repubblica Ceca) acquistati una ventina di anni fa.
Una decisione patrocinata da Washington e che - forse - dovrebbe contribuire a stendere un velo pietoso non solo sul Maroccogate, ma soprattutto sulle recenti critiche da parte europea della pesante situazione in cui versa il Paese. Sia dal punto di vista della libertà d’informazione, sia in materia di diritti umani (per non parlare dei sahrawi). Stando a quanto diffuso da fonti algerine, l’accordo per l’invio di armi pesanti, concluso a Ramstein in Germania, risalirebbe ancora all’aprile 2022. E probabilmente finora tenuto in serbo per renderlo pubblico al momento opportuno.
Gli USA avrebbero garantito sia sostegno finanziario e militare, sia di pagare i T-72B di tasca propria (per un totale di novanta milioni di euro con il contributo, pare, dei Paesi Bassi).
E la novità - da segnalare il tempismo - non contribuirà certamente a rafforzare i legami di Rabat con Mosca che contava perlomeno sul "non schieramento"..
Non si può nemmeno escludere che costituisca una reazione agli evidenti progressi, sia a livello diplomatico che di accordi commerciali (vedi i recenti protocolli d’intesa con l’Italia), dell’Algeria, storicamente alleato di Mosca.
Algeria, non dimentichiamo, schierata sul fronte opposto in merito alla questione della Repubblica Araba Democratica dei Sahrawi (RADS, ex Sahara spagnolo).
Per quanto riguarda la collocazione del Marocco a livello strategico-militare mi rifaccio ad un recente intervento di Antonio Mazzeo. Lo studioso e pacifista ricordava che “l’ufficio stampa dell’ Allied Joint Force Command (JFC Naples, con sede a Lago Patria, Napoli) ha reso noto che un reparto d’élite dell’esercito marocchino ha iniziato il suo percorso verso l’inter-operabilità con le unità NATO grazie al programma addestrativo alleato denominato “OCC E&F” (Capacità operative e valutazione strategica e feedback) svoltosi dal 23 novembre al 10 dicembre 2022 nel poligono di Ramram, Marrakech”.
Le attività di addestramento si sarebbero svolte “con l’assistenza del personale specializzato del Comando Alleato di Lago Patria e il supporto di uno staff di militari provenienti da Bosnia-Herzegovina, Colombia, Georgia, Irlanda, Serbia e Svezia, paesi non ancora membri de iure della NATO”.
Collaborando, come riportato dall’ufficio stampa del Comando alleato “con un team di valutazione dell’esercito del Marocco per condurre il Self Evaluation Level-1 (SEL-1) di una compagnia del 2° Battaglione della 2^ Brigata di fanteria aviotrasportata dell’esercito marocchino”.
In precedenza tale brigata aviotrasportata aveva già ”partecipato a numerose esercitazioni in ambito nazionale ed internazionale e nel corso del programma di formazione a Marrakech ha mostrato di avere appreso rapidamente e di avere implementato con successo gli standard NATO di livello 1”.
Prima unità di un Paese africano a conseguire la certificazione SEL-1.
E il popolo sahrawi (quello che una volta ho definito “un popolo che grida nel deserto”) a questo punto come dovrebbe reagire? Farsene una ragione o continuare a denunciare l’occupazione delle proprie terre da parte di Rabat?
Gianni Sartori
ANCHE IL MAROCCO SCHIERATO CON L’UCRAINA? PIU’ CHE ALTRO CON WASHINGTON
Gianni Sartori
Parlare di “partita a scacchi” (o di risiko) sarà anche banale, ma è quello che (mi) viene in mente. Stando a quanto preannunciato, era previsto che in febbraio il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov includesse anche il Marocco nel suo secondo giro di capitali africane. Ed ecco che tempestivamente - a pochi giorni dalla notizia della partecipazione a esercitazioni Nato - arriva anche quella per cui Rabat ha già inviato carri armati in Ucraina. Il primo tra i paesi africani.
Si tratta di venti T-72B, riveduti e corretti dalla Excalibur Army (Repubblica Ceca) acquistati una ventina di anni fa.
Una decisione patrocinata da Washington e che - forse - dovrebbe contribuire a stendere un velo pietoso non solo sul Maroccogate, ma soprattutto sulle recenti critiche da parte europea della pesante situazione in cui versa il Paese. Sia dal punto di vista della libertà d’informazione, sia in materia di diritti umani (per non parlare dei sahrawi). Stando a quanto diffuso da fonti algerine, l’accordo per l’invio di armi pesanti, concluso a Ramstein in Germania, risalirebbe ancora all’aprile 2022. E probabilmente finora tenuto in serbo per renderlo pubblico al momento opportuno.
Gli USA avrebbero garantito sia sostegno finanziario e militare, sia di pagare i T-72B di tasca propria (per un totale di novanta milioni di euro con il contributo, pare, dei Paesi Bassi).
E la novità - da segnalare il tempismo - non contribuirà certamente a rafforzare i legami di Rabat con Mosca che contava perlomeno sul "non schieramento"..
Non si può nemmeno escludere che costituisca una reazione agli evidenti progressi, sia a livello diplomatico che di accordi commerciali (vedi i recenti protocolli d’intesa con l’Italia), dell’Algeria, storicamente alleato di Mosca.
Algeria, non dimentichiamo, schierata sul fronte opposto in merito alla questione della Repubblica Araba Democratica dei Sahrawi (RADS, ex Sahara spagnolo).
Per quanto riguarda la collocazione del Marocco a livello strategico-militare mi rifaccio ad un recente intervento di Antonio Mazzeo. Lo studioso e pacifista ricordava che “l’ufficio stampa dell’ Allied Joint Force Command (JFC Naples, con sede a Lago Patria, Napoli) ha reso noto che un reparto d’élite dell’esercito marocchino ha iniziato il suo percorso verso l’inter-operabilità con le unità NATO grazie al programma addestrativo alleato denominato “OCC E&F” (Capacità operative e valutazione strategica e feedback) svoltosi dal 23 novembre al 10 dicembre 2022 nel poligono di Ramram, Marrakech”.
Le attività di addestramento si sarebbero svolte “con l’assistenza del personale specializzato del Comando Alleato di Lago Patria e il supporto di uno staff di militari provenienti da Bosnia-Herzegovina, Colombia, Georgia, Irlanda, Serbia e Svezia, paesi non ancora membri de iure della NATO”.
Collaborando, come riportato dall’ufficio stampa del Comando alleato “con un team di valutazione dell’esercito del Marocco per condurre il Self Evaluation Level-1 (SEL-1) di una compagnia del 2° Battaglione della 2^ Brigata di fanteria aviotrasportata dell’esercito marocchino”.
In precedenza tale brigata aviotrasportata aveva già ”partecipato a numerose esercitazioni in ambito nazionale ed internazionale e nel corso del programma di formazione a Marrakech ha mostrato di avere appreso rapidamente e di avere implementato con successo gli standard NATO di livello 1”.
Prima unità di un Paese africano a conseguire la certificazione SEL-1.
E il popolo sahrawi (quello che una volta ho definito “un popolo che grida nel deserto”) a questo punto come dovrebbe reagire? Farsene una ragione o continuare a denunciare l’occupazione delle proprie terre da parte di Rabat?
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 28/1/2023 - 17:16
Gli accordi tra Unione Europea e Marocco in merito ai territori rivendicati dell’ex Sahara spagnolo non tengono conto delle richieste di autodeterminazione della popolazione saharawi
ACCORDI TRA UE E MAROCCO A SPESE DEI SAHARAWI?
Gianni Sartori
Mentre il dibattito su quale sia o dovrebbe essere il rapporto corretto (?!?) con il Continente africano rimane sostanzialmente intriso o di volgare razzismo (più o meno malcelato) o di paternalismo buonista e mentre ci si interroga su chi sia più “colonialista” (i francesi, gli Usa…o le new entry cinesi, russe o saudite), da qualche parte un popolo oppresso e colonizzato (prima dalla Spagna, ora da Marocco) resiste.
E lo fa smascherando l’ipocrisia di chi sotto la foglia di fico di una “soluzione politica” fasulla e inconsistente contribuisce a prolungarne l’oppressione.
Un passo indietro. Nel dicembre 2022 il Qatar-gate e il suo corollario, il Marocco-gate, scombinavano ulteriormente le carte. Ma questo non impediva che ai primi di gennaio Josep Borrel (nell’incontro con il ministro degli esteri del Marocco, Naser Burita) proponesse l’ennesima “soluzione politica” calata dall’alto (in ambito onusiano) della questione Sahara Occidentale. Anche senza prendere esplicitamente posizione a favore di una delle due alternative in campo (quella del referéndum di autodeterminazione sostenuta dal Polisario o quella del “piano per l’autonomia” proposta dal Marocco) Borrel mostrava comunque apprezzamento per “la serietà e credibilità” dei negoziati tra Rabat e Staffan de Mistura. Per giungere ad un accordo “realista, pragmatico e accettabile da entrambe le parti”.
Nel frattempo, come è noto, Madrid aveva gettato alle ortiche la sua posizione tradizionale di neutralità nel conflitto tra l’ex colonia e lo Stato occupante. Schierandosi di fatto con il Marocco e definendone la proposta come “seria e credibile”.
Del Qatar-gate, magari non abbastanza, ma se ne è comunque parlato. Forse un po’ meno del Marocco-gate, chissà perché. Eppure la lista degli “insospettabili” coinvolti è lunga e variagata: dai think tank alle fondazioni, dai centri culturali (in genere finanziati o comunque promossi da qualche governo) agli ambasciatori e deputati europei…
Resta il fatto che la principale vittime del “network di Mohammed VI a Bruxelles”sembra proprio essere stato il popolo sahrawi.
E’ quanto si deduce anche da un recente comunicato del fronte Polisario (emesso proprio a Bruxelles) con cui viene contestato un rapporto della Commissione europea.
Rapporto che dava una valutazione alquanto positiva dell’accordo tra Unione Europea e Marocco per le "province meridionali". Ossia per il Sahara Occidentale (l’ex Sahara spagnolo), territorio rivendicato dagli indipendentisti come Repubblica Araba Democratica dei Sahrawi.
Per il Polisario tale rapporto della Commissione europea sancisce “l’accelerazione del saccheggio delle ricchezze saharawi”.
Viene dato infatti particolare risalto al fatto che numerosi attori economici e rappresentanti della società civile, comprese alcune Ong che operano nel campo dei diritti umani (oddio! Non si starà mica parlando della Fight Impunity di Panzieri & C. ? O dell’Ituc, vedi Luca Visentini ? O magari di No Peace Without Justice ?) avevano valutato molto positivamente tali accordi. Per “il loro soddisfacente lavoro di attuazione e il loro impatto positivo sulla società e sviluppo economico del Sahara”.
Sostenendo (sempre nel rapporto Ue) che “l’attuazione degli accordi procede in modo equilibrato mentre i giusti meccanismi di attuazione sono ancora in atto e funzionano correttamente”.
E la Commissione europea proseguiva imperterrita affermando che “lo scambio di informazioni è stato effettuato su base regolare e in uno spirito di cooperazione. Il sistema di scambio fornisce mensilmente informazioni sull’esportazione dei prodotti, funziona bene e non ha creato difficoltà nella ricerca”.
Per concludere senza remore che “grazie alla crescita che stanno vivendo, le regioni del Sahara marocchino sono oggi diventate un vero e proprio centro di prosperità e investimenti nel quadro del partenariato vantaggioso per tutti, con l’Unione europea”.
In sostanza, una pietra tombale sulle aspirazione all’autodeterminazione dei sahrawi.
Nel suo comunicato il fronte Polisario ha denunciato con forza “l’assenza di consenso da parte del popolo sahrawi a tali accordi”.
Avvertendo che metterà in campo ogni sforzo possibile (anche davanti alla Corte europea) per “porre fine alle ingerenze europee nella realizzazione del diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza”.
Gianni Sartori
ACCORDI TRA UE E MAROCCO A SPESE DEI SAHARAWI?
Gianni Sartori
Mentre il dibattito su quale sia o dovrebbe essere il rapporto corretto (?!?) con il Continente africano rimane sostanzialmente intriso o di volgare razzismo (più o meno malcelato) o di paternalismo buonista e mentre ci si interroga su chi sia più “colonialista” (i francesi, gli Usa…o le new entry cinesi, russe o saudite), da qualche parte un popolo oppresso e colonizzato (prima dalla Spagna, ora da Marocco) resiste.
E lo fa smascherando l’ipocrisia di chi sotto la foglia di fico di una “soluzione politica” fasulla e inconsistente contribuisce a prolungarne l’oppressione.
Un passo indietro. Nel dicembre 2022 il Qatar-gate e il suo corollario, il Marocco-gate, scombinavano ulteriormente le carte. Ma questo non impediva che ai primi di gennaio Josep Borrel (nell’incontro con il ministro degli esteri del Marocco, Naser Burita) proponesse l’ennesima “soluzione politica” calata dall’alto (in ambito onusiano) della questione Sahara Occidentale. Anche senza prendere esplicitamente posizione a favore di una delle due alternative in campo (quella del referéndum di autodeterminazione sostenuta dal Polisario o quella del “piano per l’autonomia” proposta dal Marocco) Borrel mostrava comunque apprezzamento per “la serietà e credibilità” dei negoziati tra Rabat e Staffan de Mistura. Per giungere ad un accordo “realista, pragmatico e accettabile da entrambe le parti”.
Nel frattempo, come è noto, Madrid aveva gettato alle ortiche la sua posizione tradizionale di neutralità nel conflitto tra l’ex colonia e lo Stato occupante. Schierandosi di fatto con il Marocco e definendone la proposta come “seria e credibile”.
Del Qatar-gate, magari non abbastanza, ma se ne è comunque parlato. Forse un po’ meno del Marocco-gate, chissà perché. Eppure la lista degli “insospettabili” coinvolti è lunga e variagata: dai think tank alle fondazioni, dai centri culturali (in genere finanziati o comunque promossi da qualche governo) agli ambasciatori e deputati europei…
Resta il fatto che la principale vittime del “network di Mohammed VI a Bruxelles”sembra proprio essere stato il popolo sahrawi.
E’ quanto si deduce anche da un recente comunicato del fronte Polisario (emesso proprio a Bruxelles) con cui viene contestato un rapporto della Commissione europea.
Rapporto che dava una valutazione alquanto positiva dell’accordo tra Unione Europea e Marocco per le "province meridionali". Ossia per il Sahara Occidentale (l’ex Sahara spagnolo), territorio rivendicato dagli indipendentisti come Repubblica Araba Democratica dei Sahrawi.
Per il Polisario tale rapporto della Commissione europea sancisce “l’accelerazione del saccheggio delle ricchezze saharawi”.
Viene dato infatti particolare risalto al fatto che numerosi attori economici e rappresentanti della società civile, comprese alcune Ong che operano nel campo dei diritti umani (oddio! Non si starà mica parlando della Fight Impunity di Panzieri & C. ? O dell’Ituc, vedi Luca Visentini ? O magari di No Peace Without Justice ?) avevano valutato molto positivamente tali accordi. Per “il loro soddisfacente lavoro di attuazione e il loro impatto positivo sulla società e sviluppo economico del Sahara”.
Sostenendo (sempre nel rapporto Ue) che “l’attuazione degli accordi procede in modo equilibrato mentre i giusti meccanismi di attuazione sono ancora in atto e funzionano correttamente”.
E la Commissione europea proseguiva imperterrita affermando che “lo scambio di informazioni è stato effettuato su base regolare e in uno spirito di cooperazione. Il sistema di scambio fornisce mensilmente informazioni sull’esportazione dei prodotti, funziona bene e non ha creato difficoltà nella ricerca”.
Per concludere senza remore che “grazie alla crescita che stanno vivendo, le regioni del Sahara marocchino sono oggi diventate un vero e proprio centro di prosperità e investimenti nel quadro del partenariato vantaggioso per tutti, con l’Unione europea”.
In sostanza, una pietra tombale sulle aspirazione all’autodeterminazione dei sahrawi.
Nel suo comunicato il fronte Polisario ha denunciato con forza “l’assenza di consenso da parte del popolo sahrawi a tali accordi”.
Avvertendo che metterà in campo ogni sforzo possibile (anche davanti alla Corte europea) per “porre fine alle ingerenze europee nella realizzazione del diritto all’autodeterminazione e all’indipendenza”.
Gianni Sartori
Gianni Sartori - 12/2/2023 - 11:13
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Dall'album "Terra e libertà"
Il popolo Saharawi vive in esilio, nel deserto algerino dell'Hammada di Tindouf dal 1975, da quando il Marocco ha attaccato il loro territorio nel Sahara "spagnolo". Da allora tra lotte di liberazione, tregue e perfino incontri di pace, poco si è risolto, il Governo Marocchino non retrocede dalle posizioni conquistate e la guerra continua.
L'Algeria ha così concesso un pezzo di territorio desertico ai profughi che hanno dato inizio alla straordinaria esperienza sociale, politica e civile degli accampamenti Saharawi. I nostri vagabondi vi si sono recati nel 1996.
(da La Grande Famiglia)
Vedi anche Suad
Sempre dedicata al popolo saharawi i MCR hanno scritto anche Suad dall'album successivo a Terra e libertà: Fuori Campo
Macondo Express - Il ritorno di Paddy Garcia - Il ballo di Aureliano - Remedios la bella - Radio Tindouf - Marcia balcanica - Danza infernale - Qualche splendido giorno - Transamerika - Lettera dal fronte - L'ultima mano - Cuore blindato - Don Chisciotte - Cent'anni di solitudine - L'amore ai tempi del caos