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Roy Harper
Langue: anglais


Roy Harper

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Da "Lifemask" del 1973.
Parole e musica di Roy Harper, classe 1941, folksinger e songwriter inglese, di Manchester, con 50 anni di carriera alle spalle e non meno di 23 album in studio realizzati dal 1964 ad oggi.

Lifemask

In copertina il calco del viso dell’autore, la sua “death mask”, immagine significativa perché in quel periodo Roy Harper rischiò la pelle per via di una brutta sindrome che l’aveva colpito. Non a caso il secondo lato dell’LP è interamente occupato da un brano in cinque movimenti che s’intitola “The Lord's Prayer

Una canzone dedicata al conflitto nord-irlandese, che nel 1972 e 1973 raggiunse l’apice della violenza, soprattutto in conseguenza del Bloody Sunday (30 gennaio 1972), la strage voluta dagli inglesi che chiuse di fatto ogni spazio residuo alla lotta non violenta nell’Ulster.

Ce n’è per tutti in questi pochi e densi versi: per l’illegittimità e la violenza dell’occupante inglese, ma anche per la stupidità letale “di ogni slogan nazionalista o di ogni menzogna religiosa” che porti alla morte di un essere umano. Entrambi, nazionalismo e religione, hanno dettato legge anche per troppo tempo, hanno fatto già troppi danni, non offrono nessun futuro e “non ci potrà mai essere una nuova canzone prima che entrambi siano stati abbandonati.”

Il tema antireligioso e anticlericale – nel senso delle religioni ufficiali, dei loro apparati e dei loro dogmi - è una costante della poetica di Roy Harper il quale, orfano di madre a soli tre anni, fu allevato dal padre e dalla matrigna, entrambi ferventi Testimoni di Geova che gli spaccarono non poco le palle. Sicchè lui , appena potè, si arruolò nell’esercito. Ma anche lì c’era un mucchio di stupidi “dogmi” da rispettare, sicchè l’insofferente Roy si finse matto per farsi congedare e quelli lo rinchiusero in manicomio dove, a forza di elettroshock, rischiò di diventare matto per davvero. Scappato dall’ospedale psichiatrico in cui l’avevano rinchiuso, scappò anche dal Regno Unito e se ne andò qualche anno in giro per il mondo. Tornato in patria, nel 1965 si stabilì a Londra e cominciò a suonare e ad esibirsi in pubblico grazie all’aiuto dell’amico Peter Bellamy

(Bernart Bartleby)
Goodbye free Ireland
Try again soon
The tommies and sirens
Are wolves in the moon
Devouring your children
With the law's empty spoon;
They've no time for talking
Who are calling the tune
Your spirit is proven
There's no need to die
For nationalist slogan
Or Religious lie
They've both lived for too long
And they should be long gone
And there'll not be a new song
Until it's been done.

envoyé par Renato Stecca - 24/8/2009 - 22:56




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