Language   

Ho visto un re

Paolo Ciarchi
Language: Italian


Paolo Ciarchi

List of versions

Watch Video

Paolo Ciarchi e l'ispirazione amiatina:


More videos...


Related Songs

La balorda
(Ivan Della Mea)
Ecco s'avanza uno strano soldato [Il sacrificio del contadino partigiano]
(Paolo Ciarchi)
Dall'ultima galleria
(Alessio Lega)


[1968]
Nata durante lo spettacolo: "Ci ragiono e canto numero 2"
Prima: 8 aprile 1969
Originated d in the frame of the folk music show “Ci ragiono e canto n° 2”
First performance: 8 april 1969
Origine dans le cadre du spectacle de musique populaire “Ci ragiono e canto n° 2”
Première: 8 avril 1969


Scritta e improvvisata da: Paolo Ciarchi, Dario Fo, Gruppo Padano di Piadena e altri
Written and improvised by: Paolo Ciarchi, Dario Fo, Gruppo Padano di Piadena and others
Écrite et improvisée par: Paolo Ciarchi, Dario Fo, Gruppo Padano di Piadena et autres
Tekijät ja improvisoijat: Paolo Ciarchi, Dario Fo, Gruppo Padano di Piadena ja muut

Musica / Music / Musique / Sävel : Paolo Ciarchi
(Attribuita a / Attributed to / Attribuée à: Ernesto Esposito "Omicron")

In album CD/ In the CD album / Dans l'album CD / CD-Albumissa: Paolo Ciarchi: Cent'anni di moltitudine, qualche canzone, opinione, suono, serata nella vita musicale di Paolo Ciarchi
Contiene materiali rarissimi e inediti
A cura di Alessio Lega, Claudio Cormio, Rocco Marchi
Prodotto da Archivi della Resistenza e Istituto Ernesto De Martino

Versione di Enzo Jannacci / Enzo Jannacci’s version / Version d’Enzo Jannacci / Enzo Jannaccin versio:
1968, ARC Single : Ho visto un re / Bobo Merenda
Arrangiamento / Arrangement / Järjestely: Luis Bacalov







“La più celebre canzone del Ciarchi, non depositata dal Ciarchi (che dunque non ne ha mai percepito i diritti), portata al successo da Jannacci che avrebbe voluto addirittura imporla in TV dopo l’enorme successo di Vengo anch'io? No, tu no!, ma la censura di Mamma RAI lo impedì. A quanto pare la canzone nacque improvvisata durante le prove del “Ci ragiono e canto numero 2” da Fo e Ciarchi, con il contributo di quanti del cast passavano di lì. “Ho visto un re”, gridò Dario, “se l’è vist cusé?” (cos’è che hai visto?) replicò uno del Gruppo di Piadena che pensava ci si rivolgesse a lui. “Ah beh, sì beh” invece era la traslitterazione del “bei”, la cellula presente in alcuni canti del Monte Amiata (“bei, bei, bei-bei-bei”). In ogni caso la canzone non è presente nel disco registrato dal vivo durante la prima dello spettacolo l’8 aprile 1969. Le leggende si moltiplicano, si dice che a un certo punto Ivan Della Mea pretese (e ottenne) che Jannacci versasse un po’ di soldi al suo amico Paolo, come rimborso forfettario per non aver mai partecipato agli utili della canzone. Recentemente, quantomeno la verità storica sul suo vero autore è stata riportata nero su bianco nel libro di Giangilberto Monti “E sempre allegri bisogna stare. Le canzoni del signor Dario Fo”. La versione qui pubblicata [nel cd, ndr] è stata registrata nell’agosto del 2012 nel corso di un “mucchio selvaggio” durante il Festival degli Archivi della Resistenza a Fosdinovo, ci è difficile specificare tutti i presenti, di certo ci sono io (Alessio Lega) che suono la chitarra, battibecco (in leccese) e sovrasto Paolo (mannaggia a me!), Claudio Cormio, Rocco Marchi alla chitarra, Francesca Baccolini al contrabbasso, Davide Giromini alla fisarmonica ecc.” - Alessio Lega, nelle note dal libretto del CD “Paolo Ciarchi – Cent’anni di moltitudine” - Istituto Ernesto De Martino – Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani, Fosdinovo (MS), 2019

Alessio Lega, nelle note dal libretto del CD “Paolo Ciarchi – Cent’anni di moltitudine” - Istituto Ernesto De Martino – Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani, Fosdinovo (MS), 2019



Ho visto un CiarchiRiccardo Venturi (2024)


Premessa n° 1: Paolo Ciarchi è morto nel 2019, e fanno già cinque anni fa.
Premessa n° 2: Non credo che esista al mondo persona che più si ricordi e si rimpianga di Paolo Ciarchi, per chi lo abbia conosciuto. Beh, sì, anche Ivan Della Mea ma siamo sempre lì.
Premessa n° 3: Nella famosa registrazione poi finita nel CD, nominata da Alessio Lega, ovvero quella del “Mucchio Selvaggio” [*] di Fosdinovo dei primi d’agosto del 2012, ci sono effettivamente tutte le persone menzionate in ordine sparso dal Lega. Aggiungo che c’eravamo anche io e la Daniela -k.d.-, a fare mucchio e a cantare: quindi posso confermare per filo e per segno quanto detto dal Lega. Quell’anno, dodici anni fa, il mucchio fu veramente selvaggio anche perché faceva un freddo della madonna lassù. E, essendo all’aperto, funzionava a pieno regime il riscaldamento a vinaccio (inglese: low quality wine heating).

Queste sono le premesse per questo scritto che accompagna la ristrutturazione totale di questa pagina. Come si può vedere, dopo avere (ri)attribuito varie canzoni a Paolo Ciarchi, alla fine mi sono deciso anche per questa, la più famosa. E’, al tempo stesso, un atto di giustizia e un atto squisitamente parziale e che potrà apparire controverso. Ma come?!? “Ho visto un re” ?!?. Ma è di Jannacci! Anzi no, di Dario Fo! Anzi ancora: è una specie di “ribongia collettiva” improvvisata durante le prove di un celebre spettacolo, e c’è da crederci. Ma no, fermi: già veniva cantata nel '66 da Ivan Della Mea e da un padano di Piàdena! Poche canzoni, come questa, hanno fatto fiorire leggende quanto alla sua origine e ai suoi autori; mi viene quasi a mente “Bella ciao”. Un'altra leggenda, perché tutte le leggende sono vere e false al tempo stesso. Tra chi ci ha messo sicuramente mano in un modo o nell’altro, non ce n’è uno che non abbia dato una sua versione, e sono tutte differenti l’una dall’altra. Claudio Cormio, ad esempio, me la raccontò così diversi anni fa:

" 'Ho visto un re' è stata composta per Ci ragiono e Canto N°2 che è una versione più spuria del N°1 ed era prodotto dalla "Comune", ovvero il gruppo che viene fuori attraverso varie scissioni dal Teatro d'Ottobre e da Nuova Scena. In questa versione dello spettacolo vi sono numerose canzoni più direttamente politiche, molte dei quali scritte ex novo da Fo e spacciate per popolari. Esisteva di questo spettacolo l'incisione in due ellepi e un libretto di testi prodotti da "La Comune" e messi in vendita militante durante gli spettacoli. In quei dischi la nostra canzone non era incisa ma compariva nel libretto. Il ritornello "Ah beh, Sì beh!" deriva da un modo di canto toscano (credo della zona del Monte Amiata ) chiamato "Bey", che fa una specie di coro Yodel e sottende il canto principale. La canzone venne poi incisa da Jannacci in un 45 giri a firma Dario Fo per il testo e da un maestro prestanome che ha depositato la musica per Paolo Ciarchi che allora non era iscritto alla SIAE. Probabilmente i "Trinca" l'hanno tradotta in quel periodo. Fo la ridepositò poi completamente a suo nome in anni successivi. Per questioni di "cortesia " la paternità della musica non è ad oggi stata ancora rivendicata."




(La questione dei Trinca, nominata da Claudio Cormio, si riferisce all’ennesima leggenda che, stavolta, mi riguarda direttamente: nel 2006, quando questa pagina è stata costruita, avevo preso un clamoroso abbaglio (vulgo: non ci avevo proprio capito un casso), presentando questa canzone come la ”versione italiana di un canto popolare catalano”. Mi sembrava d’aver fatto lo scoop del secolo -o quasi-, mentre invece era una sesquipedale bischerata).

Altri anni dopo (parecchi), lo stesso Paolo Ciarchi raccontò così la “genesi” della canzone, prima di cantarla credo in una biblioteca milanese. L’introduzione alla canzone, tra l’altro, è un perfetto esempio di Ciarchianesimo sbrigliato, che potrà ben servire a ricordare Paolo a chi lo ha conosciuto, e a presentarlo a dovere a chi non sa nemmeno che sia esistito:



(Un ringraziamento d’obbligo a Salvo Lo Galbo, un’altra storica presenza su questo sito, che a suo tempo ci fece avere il video della “performance” ciarchiana -ciarchesca, ciarcante, ciarking ecc.)

Ad un certo punto, su questa pagina, ecco comparire anche Riccardo Schwamenthal, e non è mica una comparsa di poco conto, la sua. Riccardo Schwamenthal ci racconta qui (e qui) che la canzone era cantata già ai tempi del “Ci ragiono e canto numero 1” del 1966, da Ivan Della Mea e da Amedeo Merli del gruppo padano di Piadena. E giù altra materia, perché non è mica cincirinella, Riccardo Schwamenthal; e contraddice Claudio Cormio. Eh sì, più vado avanti e più, davvero, mi sembra che questa canzone ripeta la storia di “Bella ciao”. Una mattina mi sono alzato ed ho visto “Ho visto un re”. O Micio Azzali, portami via, Ho visto un re, visto un re, visto un re, re,re, Gruppo Padano, portami via, che mi sento di…. (no, morire no, per fortuna).

Ordunque: fatte tutte queste premesse e considerazioni, e tenendo particolarmente presenti le osservazioni ciarchiane sul “vero falso” (o “falso vero”), al tempo stesso universali e ciarchesche al massimo grado, ci si potrebbe ragionevolmente chiedere: ma perché, allora, attribuire questa fondamentale e leggendaria canzone a uno solo, recisamente, senza se e senza ma, senza forse e senza magari? Do qui una risposta assai chiara, inequivocabile, non fraintendibile: perché sono arbitrario, parziale, fazioso e -soprattutto- perché mi manca terribilmente il Ciarchi. E anche perché mi sento in colpa per averlo trascurato in questo sito, agendo un po’ come (quasi) tutti nei suoi confronti. Certo, questa sarebbe stata una canzone perfetta per ricorrere agli ”Autori Vari”. O, addirittura, all’ “Anonimo”, perché, a modo suo, è diventata un vero canto popolare, con le sue brave varianti testuali e con le improvvisazioni continue, le “infiorettature”, le digressioni, le interpolazioni e quant’altro fatte da chiunque la abbia cantata, e non soltanto coloro che, in un modo o nell’altro, le hanno dato origine. Stabilirne un “testo standard” è semplicemente impossibile; si dà qui, certo, il testo portato al successo da Enzo Jannacci; ma dare conto di tutte le versioni che -anche al sottoscritto- è stato dato di ascoltare, sarebbe un’impresa impossibile, ed anche inutile. Chiunque abbia cantato, eseguito, fischiettato fra sé e sé, ecc. ecc., alla televisione o sul palco di un teatro, in coda alle casse dell’Esselunga o a mollo sul materassino al lido di Jesolo, fra amici veri o finti o -perché no- fra nemici altrettanto veri o finti, si è creato la sua “Ho visto un re” personale, con gli immancabili adattamenti alle “contigenze del momento”, ai politici e ai personaggi in vista nei vari periodi, agli eventi ed al loro susseguirsi, e persino alle proprie e private esperienze di vita. “Ho visto un re” è fatta apposta per questo, “gli è i’ su’ bello”. Ci si può fare ogni cosa: ricamarci sopra, improvvisarci sopra intere performances teatrali e musicali oppure schitarrate fra amici. E, in questo, è veramente un canto popolare a prescindere dai suoi autori. E non c'è nulla di più ciarchiano.

Alla fin fine: ma tutto questo, non potevo farlo prima? Perché, caro mio, te ne vieni fuori proprio oggi? Non lo so. Non lo so e mi rivedo a Fosdinovo, e in altri posti, quelle volte che sono stato accanto al Ciarchi. Una scena quasi comica: lui basso, ossuto, magrissimo, pelle e ossa accanto a me, una bestia di quasi due metri. Paolo Ciarchi aveva un balenio, sempre. Il balenio dell’antimateria.

E ha visto un re.
Io, di re non ne ho mai visti (anche se ci ho la tazza dell'incoronazione di Carlo d'Inghilterra).
In compenso, ho visto un Ciarchi.
Molto meglio.
Ah, beh, sì, beh!

[*] Mucchio selvaggio: Al termine di ogni edizione estiva del festival della Resistenza “Fino al Cuore della Rivolta”, che si tiene da quasi vent’anni a Fosdinovo (MS) presso gli Archivi della Resistenza ed organizzata dal Circolo Bassignani e dall’Istituto Ernesto De Martino, è consuetudine, dopo la fine dell’ultimo concerto o spettacolo, ritrovarsi tutti nel piazzale all’ingresso, ai tavoli sotto i pergolati, per una ribongia generale musico-sgabeo-alcolica cui prendono parte gli artisti presenti e gli “aficionados” del Festival. Si va generalmente avanti fino alle prime luci dell’alba.


cirag


Ci ragiono e canto è uno spettacolo di canti popolari diretto da Dario Fo e messo in scena dal collettivo teatrale Nuova Scena prima nel 1966 e in una seconda edizione nel 1969. Nei primi anni '70 il Collettivo mette in minoranza Dario Fo e Franca Rame che ne escono e fondano La Comune. Lo spettacolo vede quindi una terza edizione con la sostituzione al suo interno degli artisti rimasti in Nuova Scena. Questa terza edizione sarà quella registrata anche per RAITRE.

Il lavoro nasce in seno all’Istituto Ernesto De Martino, grazie alle ricerche di Cesare Bermani e Franco Coggiola. Fu rappresentato per la prima volta il 16 aprile del 1966 al Teatro Carignano di Torino. Lo spettacolo era concepito come raccolta di canti popolari legati al lavoro e tutti i partecipanti erano intesi come "portatori" di culture. Nella seconda edizione si introducono canti nuovi legati alla attualità, in particolare quelli eseguiti da Antonio Infantino ed Enzo Del Re che su suggerimento dello stesso Dario Fo compongono "Povera gente" ed "Avola", la prima sulla nuova emigrazione dal Sud verso il Nord Italia e verso il Nord Europa e la Svizzera, la seconda sulla strage di braccianti avvenuta nel 1968 durante una manifestazione sindacale nel piccolo paese del siracusano. Nella terza edizioni queste canzoni saranno eseguite da Pino Masi, Ciccio Busacca e altri.

Tra gli interpreti Giovanna Marini, [Giovanna Daffini, Caterina Bueno, Rosa Balistreri, Piero Nissim, il Gruppo Padano di Piadena, il Coro del Galletto di Gallura, Maria Teresa Bulciolu, Ivan Della Mea, Enzo Del Re, Ciccio Busacca. Lo spettacolo mirava a rappresentare, attraverso canti popolari di tutte le regioni italiane, la condizione del mondo popolare e proletario in Italia.

A "Ci ragiono e canto n. 3" (1973) parteciparono invece Ciccio Busacca, Piero Sciotto, Chicca De Negri e Policarpo Lanzi - (it:wikipedia)

Vol. 1: Le dodici parole della verità - Sun cuntent de vess al mund - Tibi (Da cannu semmu nati illi campagni) - Nana bobò - Ninna nanna a sette e venti - A lavorar gh'andèm prima matina - Curaggiu, bibinnaduri - S'la tera cultivada - So stato a lavorà a Montesicuro - O Signur di puveritt - El vilano e el faraone - Guarda chi vita chi fa lu zappaturi - Tarè, nun ti ni jenne - Cassisia agghia vintu - Iu partu e su custrittu di partiri - Lu suldate che va a la guerre - Fuoco e mitragliatrici e Valzer dei disertori - Avvidecci la me fata - Ero povero ma disertore - Matri ch'aviti figghi a l'abbatìa - O cancellier che tieni la penna in mano - La mia cella - Da piccola bambina aveo imparato - Figghiu sciatu meu! - Mare maje - Oh veni sonnu di la muntanella - Poca terra

Vol. 2:
Eravamo in quindici – Ascoltate o popolo ignoranteBandiera rossa del partigiano - La tradotta che parte da Novara - Abballati abballati - Ballo tondo – E mi sont chi in filandaQuando sento il primo fischio - A la matin bonora - Per Santa Caterina dei pastai - Da noi c'è tanto fumo - Eppure da un poco di tempoBattan l'otto - Chi vene a laurà – Se otto oreSun cuntent de vess al mundHo visto un re - Mama mia vurìa vurìa - Mamma mamma mi sento un gran male - La bella la va al fosso - E picchia picchia alla porticella - Non è amore – Vieni fuori compagnoAvola - Forza compagni

Vol. 2, atto secondo: Capissi pu nagott –Vieni fuori compagnoAvolaIllu Vietnam nostri compagni - Padrone Olivetti - Ho comprato un frigorifero - Sono sbarcate le navi - Peregrinazioni lagunari - Sagghiata - Dop'ott'oreSignor padrone non si arrabbi (Il merdometro)Povera gente - Audite bona zente - Gloria Laus et honor - Ecco il ridente maggio - Ballo ondo – È fatalità - Aemmu-fatigatu - Al jorn del- Giudici – 600 preti operaiUguaglianza - Cristo sara` dalla parte nostra – Non aspettar San Giorgio

Vol. 3: Su patriottu Sardu a sos feudatarios [Procurad' e moderare]Calma calma!Ogni giorno all'alba - E mi me ne su andao – Sagghiata – Saluteremo il signor padroneSignor padrone non si arrabbi (Il merdometro)Povera gente - Audite bona zente - Stabat Mater – Mi s’eri ammo’ giuvina – Figghiu sciatu meo – Gloria laus et honor - Ecco il ridente maggio - Ballo tondo – È fatalità - Aemmu-fatigatu - Al jorn del Giudici – Un servo sotto la croce - Non aspettar San Giorgio

Vol. 3 atto secondo: Un servo sotto la croce - (Tutto m’arrubau lu patruni miu) - (Eccoci giunti a questa abitazione) - (In strambotte rispetto a incastro so il migliori) - (Ora di tutto il mio Saverio so privato) - (Piantiamola di piangerci addosso) - Noi separati e loro tutti uniti - Attento, Colonnello! - (Sì sì la lotta ci vuole ma come) - La mafia, storia di Turiddu Carnevale (inizio) - La mafia, storia di Turiddu Carnevale (fine) - La GAP - Noi separati e loro tutti uniti ripresa - (In una vecchia scuola) - (Basta! Non possiamo continuare con sta danza)



1. La versione cantata da Enzo Jannacci
1. Version sung by Enzo Jannacci




Se, dal punto di vista strettamente “filologico”, l’introduzione alla canzone potrà essere quantomeno controversa con lo schwer gefasste Entschluss di intestarla al solo Paolo Ciarchi (riconosciuto comunque universalmente come esclusivo autore della musica attribuita in un primo momento, a mo’ di prestanome, al m° Ernesto Esposito, in arte “Omicron”, e che poi è l’ “Omicron” che firmava come musicista molte canzoni di Ivan Della Mea), con la versione universalmente nota eseguita di Enzo Jannacci è immensamente più agevole fare il “filologo”.

La versione di Jannacci fu pubblicata nel 1968, dopo essere sortita fuori dalle prove di “Ci ragiono e canto numero 2” con tutte le sue improvvisazioni, in un singolo ARC (o meglio, un “45 giri”) che conteneva, sul lato B, anche Bobo Merenda. L’anno successivo fu pubblicata anche nell’album Vengo anch’io, no tu no. Fu un successo clamoroso, nonostante la RAI si fosse rifiutata di trasmetterla (per ovvi motivi, aggiungo). L’incisione di Jannacci è un’autentica riunione di mostri sacri: l’orchestra è diretta da Luis Bacalov (futuro premio Oscar per le musiche del
Postino, 1996), cosicchè un Oscar si aggiunge al Nobel. Luis Bacalov dichiarò addirittura che, nell'arrangiare la musica, si ispirò ad "un modo compositivo proprio di Stravinsky" (v. l' intervento di Alberta Beccaro). Come dire: il Ciarchi arrangiato come Stravinsky!

Fin qui tutto bene e tutti d’accordo. Quel che c’è di “filologico”, o quanto meno si spera che gli si avvicini, è la resa del testo. Come sovente accade, e specialmente per una canzone famosissima, i testi presenti (in rete e altrove) non seguono il canto e presentano, spesso, lacune ed errori. Così era anche per il testo presente in questa pagina. Ho quindi ritrascritto tutto quanto, ascoltando la canzone e ridisponendo il testo (con le parti del “coretto” in corsivo). [RV]


Dai dai, conta su...ah bei, sì bei… [1]

Ho visto un re.
‘Sa l'ha vist, cus'è?...
Ha visto un re!

Ah, beh, sì, beh,
Ah, beh, sì, beh...


Un re che piangeva seduto sulla sella,
Piangeva tante lacrime,
Ma tante che...
Bagnava anche il cavallo!
Povero re!
E povero anche il cavallo.

Sì, beh, ah, beh,
Sì, beh, ah, beh...


E' l'imperatore che gli ha portato via
un bel castello…
Ohi che balòss! [2]
...di trentadue che lui ce n’ha.
Povero re!
E povero anche il cavallo.

Sì, beh, ah, beh,
Sì, beh, ah, beh...


Ho visto un ve-.
’Sa l'ha vist, cus'è?
Ho visto un vescovo!

Ah, beh, sì, beh,
Ah, beh, sì, beh...


Anche lui, lui, piangeva,
Faceva un gran baccano,
Mordeva anche una mano.
La mano di chi?
La mano del sacrestano!
Povero ve-
-scovo!

E povero anche il sacrista.

Sì, beh, ah, beh,
Sì, beh, ah, beh...


E' il cardinale che gli ha portato via
Un'abbazia...
Oh, poer crist!
...di trentadue che lui ce n’ha.
Povero ve-
-scovo!

E povero anche il sacrista.

Sì, beh, ah, beh,
Sì, beh, ah, beh...


Ho visto un ri-.
’Sa l'ha vist, cus'è?
Ha visto un ricco!
Un sciùr!

Sì...ah, beh, sì, beh,
Ah, beh, sì, beh...


Il tapino lacrimava su un calice di vino,
Ed ogni go-,
Ed ogni goccia andava...
Derent al vin?
Sì, che tutto l'annacquava!
Pover tapin!
E povero anche il vin.

Sì, beh, ah, beh,
Sì, beh, ah, beh...


Il vescovo, il re, l'imperatore
L’han mezzo rovinato,
Gli han portato via
Tre case e un caseggiato
Di trentadue che lui ce n’ha.
Pover tapin!
E povero anche il vin.

Sì, beh, ah, beh,
Sì, beh, ah, beh...


'Vist un vilàn.
’Sa l'ha vist, cus'è?
Un contadino!

Aaaah, beh, sì, beh,
Ah, beh, sì, beh...


Il vescovo, il re, il ricco, l'imperatore,
Perfino il cardinale, l'han mezzo rovinato,
Gli han portato via:

La casa
Il cascinale
La mucca
Il violino
La scatola di cachi
La radio a transistor
I dischi di Little Tony
La mòj! [3]
E po’? Cus'è?
Un figlio militare,
Ah, beh, sì, beh...
Gli hanno ammazzato anche il maiale...
Pover purscèl!
Nel senso del maiale.

Sì, beh, ah, beh,
Sì, beh, ah, beh...


Ma lui no, lui, non piangeva,
Anzi: ridacchiava!
Ha! Ha! Ha!
Ma ’sa l'è, matt?...
No.
Il fatto è che noi vilàn...
Noi vilàn...

E sempre alègri bisogna stare,
Ché il nostro piangere fa male al re!
Fa male al ricco e al cardinale,
Diventan tristi se noi piangiam!

E sempre alègri bisogna stare,
Ché il nostro piangere fa male al re!
Fa male al ricco e al cardinale,
Diventan tristi se noi piangiam!

Ah, beh!

[1] Si tratta della resa (lombardizzata!) del “modo di canto del Monte Amiata” (v. introduzione) utilizzato per il celebre “coretto”. “Modo di canto” che compare in altri punti della canzone, inframezzato al canonico “Ah, beh, sì, beh”: ma il canto è talmente intricato che non sono stato capace di trascriverlo a dovere. E’ bene ricordare che tale modo di canto toscano fu reperito e comunicato da Caterina Bueno per il “Ci ragiono e canto”.

[2] Furbacchione, birbante

[3] Moglie

Contributed by Riccardo Venturi




Language: English


English translation / Traduzione inglese / Traduction anglaise / Englanninkielinen käännös:
Gyps Fulvus (L. Trans.)


Nota. A dire il vero, era mia intenzione farla di persona, una traduzione inglese. Poi, però, mi sono accorto che su Lyricstranslate ce n’era una, e fatta molto bene. E così mi sono risparmiato la fatica. [RV]


I saw a King

C'mon, c'mon, tell us... Um, well, yes, well...

I saw a king.
You saw what?...
He saw a king!

Um, well, yes, well,
Um, well, yes, well...


A king in the saddle, crying,
He was crying so many tears
So many that...
He was soaking the horse, too!
Poor king!
And poor horse, too.

Um, well, yes, well,
Um, well, yes, well...


It’s the emperor who took away from him
A nice castle...
My, isn’t he mean!
...one of thirty-two he owns.
Poor king!
And poor horse, too.

Um, well, yes, well,
Um, well, yes, well...


I saw a bish-.
You saw what?...
I saw a bishop!

Um, well, yes, well,
Um, well, yes, well...


He too, he was crying,
He was making such a racket,
He was even biting a hand.
Whose hand?...
The sacristan’s hand.
Poor bi-
-shop!

And poor sacristan, too.

Um, well, yes, well,
Um, well, yes, well...


It’s the cardinal who took away from him
An abbey...
Oh, poor fellow!
...of thirty-two he owns.
Poor bi-
-shop!

And poor sacristan, too.

Um, well, yes, well,
Um, well, yes, well...


I saw a ri-.
You saw what?...
He saw a rich man! A gentleman!

Um, well, yes, well,
Um, well, yes, well...


The poor thing was weeping on a goblet of wine,
And every dro-,
And every drop was falling…
Into the wine?
Yes, he was watering it!
Poor thing!
And poor wine, too.

Um, well, yes, well,
Um, well, yes, well...


The bishop, the king, the emperor
Almost ruined him,
They took away from him
Three houses and an apartment block,
One of thirty-two he owns.
Poor thing!
And poor wine, too.

Um, well, yes, well,
Um, well, yes, well...


I saw a peasant.
You saw what…?
A farmer!

Uuuum, well, yes, well,
Um, well, yes, well...


The bishop, the king, the rich man, the emperor,
Even the cardinal, almost ruined him.
They took away from him:

His house
His farm
His cow
His fiddle
His box of persimmons
His transistor radio
His Little Tony records
His wife!
What else?...
His son for military service,
Um, well, yes, well...
They even killed his pig...
Poor piggy!
I mean, the actual pig.

Um, well, yes, well,
Um, well, yes, well...


But he, he was not crying,
Rather, he was giggling!
Hahaha!
What, is he crazy?...
No.
The fact is that we, the peasants…
We, the peasants...

We have to be happy all the time,
Because our tears hurt the king,
They hurt the rich man and the cardinal,
They become sad if we cry!

We have to be happy all the time,
Because our tears hurt the king,
They hurt the rich man and the cardinal,
They become sad if we cry.

Um, well!

Contributed by Riccardo Venturi - 2024/3/26 - 22:46




Language: Catalan


Versió al català / Versione catalana / Catalan version / Kataloniankielinen versio:
Maria Aurèlia Capmany i Farnés
Interpreti / Singers / Chantent / Laulavat: La Trinca
Album / Albumi: Ca Barret! [1973]



Correva l’anno 2006, il 18 febbraio per l’esattezza, quando su questa pagina che era antica già allora (è addirittura senza data, quindi risale al 2004 e ha quindi vent’anni…) mi resi protagonista di un autentico sgub. Su una pagina, ora non più esistente, avevo trovato nientepopodimeno che l’originale catalano di ‘Ho visto un re’! Naturalmente, pur coi limitati mezzi dell’epoca, avevo pure strutturato la pagina: “Da un canto popolare catalano”… Insomma, come dire: ti pareva che Dario Fo, il Ciarchi e Enzo Jannacci non conoscessero pure i canti popolari catalani…? Il bello è che, poi, glielo andai a dire pure al De Martino, anzi a Ivan Della Mea e all’Arrighetti in persona, che mi trattarono invero con cortesia e anche con degli sguardi del tipo: “Ma questo qui da dove spunta e che vuole…?” Il fatto è che, nella pagina ora scomparsa, il canto veniva definito una cançó popular senza ulteriore specificazione; ed io ero partito in quarta. Il tempo e l’aumento dei mezzi a disposizione hanno risistemato la questione.



La versione catalana è opera di una grande scrittrice femminista e antifranchista barcellonese, Maria Aurèlia Capmany i Farnés (1918-1991). Anche una grande traduttrice: dall’italiano tradusse in catalano Calvino, Cassola, Pasolini, Pavese, Pratolini e Pirandello. E “Ho visto un re”. La canzone fu interpretata dall’assai prolifico gruppo cabarettistico musicale La Trinca, specialista in critica e satira sociale. Formatosi nel 1969, il gruppo La Trinca rimase attivo fino al 1989; era formato da Josep Maria Mainat, Toni Cruz e Miquel Àngel Pasqual. La Trinca aveva collaborazioni letterarie di tutto rispetto: oltre a quella di Maria Aurèlia Capmany, si segnalano quelle del grande poeta Pere Quart e dello scrittore maiorchino Jaume Vidal Alcover.

Ma, nel 2006, tutto questo non lo sapevo (e, probabilmente, non potevo neppure saperlo). In un certo modo, però, sono rimasto un po’ affezionato alla mia antica e colossale cretinata dell’ “originale catalano”. Insomma, ci ho provato anch'io a creare la mia leggenduola intorno a questa canzone; ma mi è andata male. E se, in fondo, tale “Maria Aurèlia Capmany” non fosse stata altro che il Ciarchi, anzi, Pablo Charcos, in uno dei suoi più riusciti travestimenti, come Stanislao Moulinsky….? [RV]



He vist un rei

Veig, veig, veig, veig ...
Què, què, què, què ...

Ei, ei, ei, ei ...
Au, au, au, au ...

Ep, ep, ep, ep ...
A, bé, si, bé. A, bé, si, bé …
A, bé, si, bé. A, bé, si, bé …
A, bé, si, bé. A, bé, si, bé …
A, bé, si, bé. A, bé, si, bé …
A, bé, si, bé. A, bé, si, bé …
A, bé, si, bé. A, bé, si, bé …
A, bé, si, bé. A, bé, si, bé …
A, bé, si, bé. A, bé, si, bé ...

He vist un rei !
Ha vist un què ?
He vist un rei.

A, bé, si, bé. A, bé, si, bé …
A, bé, si, bé. A, bé, si, bé ...


Un pobre rei que plorava,
Muntat dalt d'un cavall,
I tant i tant plorava,
Que feia...
Que feia un què?
Que feia un xaragall.
Ai, pobre rei !
I el pobre cavall què ?

Eh ! eh ! eh ! eh !
Eh ! eh ! eh ! eh !


He vist un duc!...
Ha vist un què ?
Un duc !

A, bé, si, bé. A, bé, si, bé …
A, bé, si, bé. A, bé, si, bé …
A, bé, si, bé. A, bé, si, bé ...


Un pobre duc que plorava,
Perquè plorava el rei,
I tant i tant plorava,
Que semblava ...
Semblava què ?
Que ja semblava un peix.
Ai, pobre rei !...
I el pobre cavall què ?

Eh ! eh ! eh ! eh !
Eh ! eh ! eh ! eh !


He vist un bis.
Ha vist un què ?
Un bisbe!

A, bé, si, bé. A, bé, si, bé …
A, bé, si, bé. A, bé, si, bé …
A, bé, si, bé. A, bé, si, bé ...


Un bisbe que plorava
Perquè plorava un duc,
Perquè plorava un rei,
Que perdia ...
Perdia què ?
Que perdia un remuc !…
Ai, pobre rei !...
I el pobre cavall què ?

Eh ! eh ! eh ! eh !
Eh ! eh ! eh ! eh !


He vist un ric.
Ha vist un què ?
He vist un ric!

A, bé, si, bé. A, bé, si, bé …
A, bé, si, bé. A, bé, si, bé …
A, bé, si, bé. A, bé, si, bé ...


Un pobre ric que plorava
Perquè plorava el duc,
I el bisbe que plorava
Pel pobre rei ...
Pel pobre, què ?
Pel pobre rei xaruc.
Ai, pobre rei !...
I el pobre cavall què ?

Eh ! eh ! eh ! eh !
Eh ! eh ! eh ! eh !


I el ric, i el bisbe,
I el duc, i el rei xaruc,
Que tant i tant ploraven:
Perdien el remuc.

Ei ! I nosaltres què hem de fer?
Això, això ...

Nosaltres sempre hem d'estar alegres,
Que si ploràvem fem plorar el rei,
Fem plorar el bisbe i els rics sensibles,
I els ducs amables, i així plorem !

Nosaltres sempre hem d'estar alegres,
Que si ploràvem fem plorar el rei,
Fem plorar el bisbe i els rics sensibles,
I els ducs amables, i així plorem !

Contributed by Riccardo Venturi - 2006/2/18 - 22:39




Language: Portuguese (Brasileiro)


Versão portuguesa / Versione portoghese / Portuguese version / Version portugaise / Portugalinkielinen versio:
Selton [2008]





I SELTON: DAL BRASILE UNA BANANA A' MILANESA
Vincent, 29 aprile 2008

"Banana à Milanesa” è il disco d’esordio della band brasiliana, da Porto Alegre, i SELTON, composta da Ricardo Fischmann (voce e chitarra), Ramiro Levy (chitarra e voce), Eduardo Stein Dechtiar (basso e voce), Daniel Plentz (batteria, percussioni e voce). Progettato e registrato a Milano negli studi dell’Istituto Barlumen, è un incontro tra una certa canzone lombarda ed il Brasile: si tratta, infatti, di una raccolta di covers di Enzo Jannacci e di Cochi e Renato più due brani originali (“Banana à Milanesa” e “La cosa rosa”). E' composto da 13 brani e raccoglie un repertorio formato da rivisitazioni in portoghese di canzoni storiche e cover “classiche” della comicità milanese di ENZO JANNACCI e COCHI E RENATO insieme ad alcuni brani originali.

I SELTON nascono a Barcellona nel settembre del 2005 dall’incontro di Ricardo Fischmann, Eduardo Dechtiar, Ramiro Levy e Daniel Plentz. I quattro ragazzi originari di Porto Alegre condividono la passione per la musica. La band comincia a suonare cover dei Beatles su una panchina del Parc Guell di Barcellona e dopo solamente un mese di esibizioni incidono un demo CD (1500 copie vendute in un anno). In seguito si trasferiscono a Milano per lavorare con l’Istituto Barlumen al progetto “BANANA À MILANESA”. Scelta una manciata di canzoni i quattro cominciano a lavorare alla traduzione dei testi, cercando di trasportare la vena surreale di Jannacci in lingua portoghese. Ciò cattura l’attenzione di Cochi e Renato, che li invitano al loro programma TV “Stiamo lavorando per noi” (Raidue) nel gennaio 2007. Durante la registrazione del programma incontrano anche Enzo Jannacci e, nel luglio 2007, il cantautore fa la sua apparizione agli studi di Barlumen per la registrazione del disco e per “trasformare quattro brasiliani in quattro della Bovisa”. A settembre 2007 arrivano anche Cochi e Renato e il disco prende la forma definitiva: quasi un concept album sull’esperienza milanese dei quattro: l’arrivo all’aeroporto di Malpensa e l’incontro con la musica milanese e Cochi e Renato, la voce ispirata di Jannacci nel capolavoro di Chico Buarque “Pedro pedreiro” (già parte del suo repertorio degli anni ’60), l’omaggio al premio Nobel Dario Fo in “Ho visto un re” (“Eu vi um rei” in portoghese) e in “Vengo anch’io”.

Enzo Jannacci è presente, in persona, in due brani (“Pedro pedreiro” e “Silvano”), così come Cochi e Renato (in “Malpensa” e in “La canzone intelligente” in portoghese). L’incontro tra i quattro giovanissimi brasiliani e i tre “vecchi” milanesi ha prodotto, quindi, questo omaggio alla canzone surreale degli anni ’60 e ’70. Sul cd ci sono pezzi ormai classici come “Ho visto un re”, “E la vita l’è bela”, “Giovanni telegrafista”, “La gallina” e - non poteva mancare... - “Vengo anch’io” rielaborati in chiave rock e tradotti in portoghese. L'esperimento di un connubio tra surreale lombardo e anima brasileira non dispiace, anzi evidenza una certa sintonia tra due mondi in apparenza lontani. E' un pò come se si ascoltasse la versione per il mercato latino-americano di un album di Jannacci o di Cochi e Renato. Nel disco non sono stati usati strumenti digitali. La tracklist dell'album, pubblicato il 21 gennaio 2008, è: Malpensa - É a vida - Vengo anch'io no tu no - Pedro pedreiro - La gallina - Banana à milanesa - Madonina - Eu vi um rei - João telegrafista - Canção inteligente - La Quiniela - Silvano - La cosa rosa.


Eu vi um rei

Eu vi um rei!
...eh, eu viu um rei.
Ele viu o que?
Ele viu um rei.

Ah tá, tá bem, vem pra cá, conta bem...

Um rei que chorava aos prantos cavalgando,
Chorava tantas lâgrimas…
Chorava quê?...
...molhava o seu cavalo.
Pobre do rei !
E coitado do cavalo.

Ah tá, tá bem, vem pra cá, conta bem...

O imperador lhe roubou um belo dia o seu castelo...
Mas que azar!
...dos trinta e dois que ele tem por lá.
Pobre do rei !
E coitado do cavalo.

Ah tá, tá bem, vem pra cá, conta bem,
Ah tá, tá bem, vem pra cá, conta bem…


Eu vi um bi.
Como é que é?
Ele viu um bispo!

Ah tá, tá bem, vem pra cá, conta bem,
Ah tá, tá bem, vem pra cá, conta bem…


E também ele, o bispo, chorava,
Fazia um papelão, mordia uma mão…
A mão de quem?
A mão do sacristão.
Coitado bis-
-po !

E pobre do sacristão.

Ah tá, tá bem, vem pra cá, conta bem...

É que o cardial lhe roubou um belo dia uma igrejinha…
Ó coitadinho!
...das trinta e duas que ele tem por lá.
Coitado bis-
po !

Ai, pobre do sacristão.

Ah tá, tá bem, vem pra cá, conta bem,
Ah tá, tá bem, vem pra cá, conta bem…


Eu vi um de nózes!
Ele viu o que?!
Ele viu um de nós. [1]

Ah tá, tá bem, vem pra cá, conta bem,
Ah tá, tá bem, vem pra cá, conta bem…


O bispo, o rei, o imperador, o sacristão e o cardial
Passaram a mão sem pena:

Na casa
Na granja
Levaram a vaca,
O violão,
A árvore de caqui,
O rádio de pilha
O disco do Belchior
A mulher…
E mais o que?
Seu filho mais gordo.
Ah tá, tá bem…
Depois mataram o seu porco.
Pobre leitão.
É… o porco, né?

Ah tá, tá bem, vem pra cá, conta bem…

Mas ele não chorava,
Pelo contrário, gargalhava…
Ha ha ha ha…!
Tá pinel?
Não.
É porque nós somos minhoca da terra!

E sempre alegres vamos estar,
Que o nosso choro faz mal ao rei;
Faz mal ao bispo e ao imperador
Que ficam tristes se nos vêem com dor !

E sempre alegres vamos cantar,
Que o nosso choro faz mal ao rei;
Machuca os ricos e os cardiais
Que ficam tristes com os nossos ais !

Laia laia laia laia,
Laia laia laia laia,
Laia laia laia laia,
Laia laiaaaaa… bé.

[1] Um camponês

2008/4/26 - 23:05




Language: Italian (Toscano Fiorentino)

Versione in fiorentino periferico / Suburban Florentine version / Version en florentin de banlieue / Esikaupunki-firenzenkielinen versio:
Anonimo Toscano del XXI Secolo, 27-3-2024 23:50



Dichiaravo, quasi solennemente, nell’introduzione, che con “Ho visto un re” si può fare praticamente quello che più aggrada; ma non tanto per volontà creatrice, quanto perché è la canzone stessa che invita, incita e blandisce a farlo. Ha vita propria, e questa è infatti la più profonda ed antica essenza del canto popolare, che si perpetua e trasmigra. In effetti, è una spinta che è stata colta da parecchi, anche in occasioni poco ufficiali. Quello che però, almeno a mia conoscenza, non è stato mai fatto (ma chissà!) è “demilanare” la canzone. Ora, nonostante i lontanissimi addentellati toscani col “bei” amiatino, la canzone, inutile negarlo, è milanese. Milanese il Ciarchi, milanese Jannacci, lombardo il Dariofò, milanese Paolo Rossi, milanese d’adozione e di lingua Ivan Della Mea seppure fosse (the horror!) lucchese di nascita, milanesissimo Alessio Lega...stasera, quindi, m’è venuto di farne una versione in fiorentino rustico, oppure di periferia (isolottino), almeno così per provare a ribadire che le vie dei canti sono infinite, e che non si fermano alla barriera di Melegnano. Ogni tanto, certo, mi piglia quest’uzzolo di proporre versioni dialettali di questa o quella canzone, vedasi El me gatt (altra canzone milanese, scritta dal lucchese di cui sopra) o Sesto San Giovanni, i cui autori sono marchigiani ma in cui Milano c’entra comunque parecchio. Va dato atto a Milano di saper proporre situazioni universali, che secondo me andrebbero colte. Del resto, come si può vedere in questa pagina, Ho visto un re è stata adattata benissimo al catalano e al brasiliano; mi domando quindi se lo possa essere, che so, anche al romanesco, al siciliano o al goriziano. Per l’intanto, ecco questa versione fiorentina piuttosto “sperimentale”. Lo è perché il fiorentino parlato, in verità, non è quasi mai stato scritto e continua a non esserlo, nonostante qualche sporadico tentativo. Parlo del fiorentino integrale, come lo si può sentire in bocca ai’ ppòpolo. A tale riguardo, propongo qui una grafia un po’ particolare, che tiene conto rigoroso di tutto il gioco morfo-fonologico e morfosintattico delle affricate e labiovelari e delle legature dovute ai raddoppiamenti sintattici, un gioco complicatissimo che rende pressoché impossibile ai non fiorentini (e non toscani, esclusi quelli, come i carraresi e i massesi, che si ritrovano in Toscana per puri purissimi accidenti della Storia) l’imitazione sia pur imperfetta del vero accento -con rarissime eccezioni, come quella di Bebo Storti quando faceva il Conte Uguccione, veramente eccellente. Ad maiora, sperando che qualcuno voglia, prima o poi, giocare a questo gioco. [AT-XXI]


Gli ovvìst’ urré

Gli ovvìst’urré.
T’à βist’icché…?!?
Gli avvìst’urré!

Abbè, sibbè,
Abbè, sibbè.


Urré cche ffrignaβa [1] montaχo [2] ‘nzella,
φiangeva θante làγrime
Ma ttante χe...
Bagnaβa anch’ iccavallo.
Pòero re!
E ppòer’ anch’ iccavallo!

Sibbè, abbè,
Sibbè, abbè...


E ll’imperaθore, χe gnà pportaχo βia
Un castello χoi’ ttorrione...
Um bei’ vvorpone!
...δi θrentaδu’ χe llui ćenà.
Pòero re!
E ppòer’ anch’ iccavallo!

Sibbè, abbè,
Sibbè, abbè...


Gli ovvìst’ un vé.
T’à βist’ icché?!?
Gli ovvìst’ un véscoβo!

Abbè, sibbè,
Abbè, sibbè...


Anche lu' χome frignaβa,
Faćéa χonfusione,
Mordéa anc’ un diθone,
Diθone δiχì…?
Iddiθone δissor curaχo!
Pòero βé-
-scoβo!

Eppòero issor curaχo.

Sibbè, abbè,
Sibbè, abbè...


Po’ ćè iccardinale χe gnà pportaχo βia
Un’abbazzìa…
Oppoerìno!
...δi θrentaδu’ χe llui ćenà.
Pòero βe-
-scoβo!

Eppòero issor curaχo.

Sibbè, abbè,
Sibbè, abbè...


Gli ovvìst’ urrí.
T’à βisto χi...?!?
Gli ovvìst’ urricco!
Uno χο’ sòrdi!

Sì...abbè, sibbè,
Abbè, sibbè...


Qui’ ppoerino frignava su i’ ssù γottino,
Ciandaβa [3] δe-,
Ciandaβa δentr’ ippianto…
O 'nzùppagnene!!
...e ll’annacquaβa θutto χwanto!
Oppoerìno!
Eppòero anch’ ivvino.

Sibbè, abbè,
Sibbè, abbè...


Ivvéscoβo, irré, ll’imperaθore
L’àn quasi roβinaχo,
Gn’ànno φortaχo βia
Treccàs’ e un caseggiaχo
δi θrentaδu’ χe llui ćenà.
Poèro meschino!
Eppòero anch’ ivvino.

Sibbè, abbè,
Sibbè, abbè...


Gli ovvìst’ un vìlliχo.
T’à βist’ icché?!?
Un contaδino, ‘iaχàne! [4]

Aaaa...abbè, sibbè,
Abbè, sibbè...


Ivvéscoβo, irré, irricco, l’imperaθore
Eppùre iccardinale, l’à’ mmezzo roβinaχο,
Gn’ànno φortaχo βia:

La χasa
Iggippòne usaχo
La mucca
La χitarra stratoχàste’
Otto χili δi δiòsperi
Lo smàrfon
Le χassette δi Ćelentano
(Eppure una δi Fausto Φaφetti χo’ una gnùδa)
L’abbonamento in Curva Fiesole
La su’ moglie
Che ttà' finiχo…?!?
Un figliolo miliθare,
Irrèddito δi ćittaδinanza
Abbè, sibbè...
Gn’ànno ammazzaθo ipporcellino…
Oppòerino!
Cian fatto issalamino!

Sibbè, abbè,
Sibbè, abbè...


Ma llui, no! Coiccàzzo χe frignaβa!
Anzi, riδacchiaβa!
Ha! Ha! Ha! Ha!
Ma icché gliè ddiβentaχo γrullo…?!?
Maicché!
Gliecchè noàrtri…
I χontaδini...

Essèmpre festa ‘e si δèe fare,
χe sse ssi φiange, fammàl’ airré!
Fammàl’ airricco e aiccardinale,
So’ ttristi, e acciδent’ assumà!

Essèmpre festa ‘e si δèe fare,
χe sse ssi φiange, fammàl’ airré!
Si φιglia ‘ncùlo attutt’andare,
Però irré è ttriste, χecciβofà!

(Ad libitum)

[1] Per quanto riguarda le forme dell'imperfetto della 1a coniugazione, mi sono attenuto qui a una forma meno rozza nella quale la "v" labiovelare (bagnaβa) si sente ancora; ma comunemente non si sente praticamente più (bagnàa). Nelle altre due coniugazioni oramai la labiovelare è scomparsa, o meglio non è mai stata presente (facéa, dormìa), riproducendo in pratica le forme dell'italiano antico (e dello spagnolo).

[2] A rigore, le desinenze del participio passato, che contengono la dentale [ t ], andrebbero trascritte con [ θ ], e così si fa nella pronuncia popolare più soigneuse. Ma nel fiorentino parlato rozzo & rustico, oramai si è passati a pronunciarle con la velare sorda [ χ ] (il “j” spagnolo, insomma). A dire il vero, nel fiorentino rozzo più enfatico è scomparsa pure quella: [ montào ] [mangiào] ecc.

[3] Qui si potrebbe utilizzare anche la vera forma del fiorentino rustico per l'imperfetto (irregolare) del verbo "andare": andéa (quindi: ciandéa). E' la vera forma del contado.

[4] Trattasi di comune mòccolo (= bestemmia) fiorentina, da pronunciarsi rigorosamente con la "a" al posto della "o" che ci si attenderebbe. Inserimento del tutto arbitrario nel testo, ma ci sta secondo me alla perfezione nel contesto.

2024/3/27 - 23:52




Language: Italian


2. Versione di Paolo Rossi (con Enzo Jannacci) [1993]
2. Version by Paolo Rossi (with Enzo Jannacci) [1993]


Paolo Rossi ha eseguito spesso “Ho visto un re”, con “rivisitazioni” più o meno consistenti. Tipo la seguente (registrata a Ariccia il 5 agosto 2011):



Nel 1993, nell’album Canzonacce aveva proposto una versione “rivisitata” assieme a Enzo Jannacci, speditaci da un anonimo nel 2021 assieme a un video e alla sua trascrizione del testo. Il video è, purtroppo, scomparso. Rimane la trascrizione, in alcuni punti lacunosa, dell’anonimo; non esistendo più il video, non è possibile confrontarla ed integrarla. La lasciamo così com’è, “ad memoriam”. La versione contiene alcuni riferimenti a polici degli anni ‘90 del secolo scorso. [RV]


C'è un uomo che mi ha inspirato per tutta la vita. Io l'ho visto da quando ero piccolo. Io l'ho visto da quando sono rimasto piccolo. Quel signore lì, che m'ha fatto sbagliare questo spettacolo informale entrando, è il maestro esimio ed eccellente Enzo Jannacci.


Sì beh... ah beh, ...

- Ho visto un re.
- Ah, beh; sì, beh...
- Un re che piangeva ...oh-oh... seduto sulla sella ...oh-oh...
piangeva tante lacrime, ma tante che
bagnava anche il cavallo!
- Ah, beh; sì, beh.
[?]
din don...

- È l'imperatore che gli ha portato via
un bel castello...
è stato lui
- ...di trentadue che lui ce n'ha.
- Ohi che baloss!
- Povero re!
- E povero anche il cavallo!

- Ohi che baloss!

- Ho visto un ve...
- Sa l'ha vist cus'è?
- Ha visto un vescovo!
- Ah, beh; sì, beh.
[?]
- Anche lui, lui, piangeva,
- piangeva, il vescovo piangeva
- faceva un gran baccano, mordeva anche una mano.
- La mano di chi?
- La mano del sacrestano!
- Il tapino [?] su un calice di vino
ed ogni go-...ed ogni go-... ed ogni goccia andava...
- Deren't al vin?
- che tutto l'annacquava!
Miracolo!

Stiamo andan.. Come stiamo andando?
Stiamo andando bene,
- Ah, beh;
Spiegare qui a Scalfaro che ha detto..
No, ho detto di no!
Chi è quello lì per dire di no a me? Era lui!
sì beh... ah beh, ...
La Jervolino tutta contenta, [?] pirla, è arrivato...[?]

Finiamo in manette, stai rischiando. E per dirlo Rossi...!
Ho preso da te, ma i tempi sono cambiati.

- Il cardinale, il vescovo, il re, l'imperatore, il papa...
lascia il papa
... dalla Colombia...
E' una telenovela, scusa
tutto bianco
tutto bianco il papa dalla Colombia :-
Non si è mai capito come mai il papa quando torna dalla Colombia
[?] E bravo anche il papa, bianco

sì beh... ah beh, ...

gli han portato via, al contadin:
la casa
il cascinale
la mucca
il violino
quattro dischi compact di Baglioni Claudio
la moglie!
- E po`, cus'è?
- E po`, cus'è?
- Un figlio militare
- Ah, beh; sì, beh.
[?]
gli hanno ammazzato anche il maiale...
- Pover purscel!
- Nel senso del maiale...
- Ah, beh; sì, beh.

[assolo di chitarra]
Che manina!
- Il fatto è...
- Il fatto è che noi villan...
Noi villan...

E sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re
fa male al ricco e al cardinale
diventan tristi se noi piangiam!

2021/1/18 - 23:05




Language: Italian


3. La versione cantata da Dario Fo e Paolo Jannacci a Che tempo che fa (Rai 3, 19 dicembre 2011)
3. Version sung by Dario Fo and Paolo Jannacci on TV show Che tempo che fa (Rai 3, 19 December 2011)


Non è certamente che Dario Fo è stato proditoriamente espulso da questa pagina; ci mancherebbe altro. Anzi, siamo profondamente convinti che la stesura “canonica” del testo poi affidato a Enzo Jannacci sia -almeno in gran parte- sua, e pur restando fermo tutto il discorso dell’improvvisazione ecc. ecc. Il 19 dicembre 2011, Rai 3 trasmise una serata speciale dedicata proprio a Enzo Jannacci, intitolata Vengo anch’io. Ovvero Enzo Jannacci, alla quale partecipò lui stesso. Fu la sua ultima apparizione in televisione: Enzo Jannacci era già gravemente malato (sarebbe scomparso il 29 marzo 2013). Non era in grado di cantare; e quando comparve un’ospite veramente speciale, vale a dire Dario Fo, l’omaggio avvenne proprio con una canzone a caso, e s’indovini quale. E poiché il padre non era in grado di cantare, Dario Fo si fece accompagnare dal figlio, vale a dire Paolo Jannacci. Neppure Dario Fo, va detto, era granché bene in arnese; sarebbe morto, novantenne, il 13 ottobre 2016 e aveva quindi, all’epoca della trasmissione faziana, la bellezza di ottantacinque anni sonati. Dell’evento esiste tuttora un filmato; ma essendo proveniente da “Repubblica”, non è possibile “embeddarlo”. Nel filmato, Dario Fo afferma che sarebbe “la prima volta che canta la canzone senza Enzo Jannacci”. E’ forse sbagliato dire che si tratta di una “versione”: è il testo canonico portato al successo da Jannacci (il testo fondamentale di questa pagina, insomma) con inserita soltanto una digressione, o battuta, invero piuttosto miserella basata su un gioco di parole tra l’ICI e le alici. Al momento del “figlio militare”, Dario Fo si concede però una breve aggiunta contro la guerra (“che non è tornato”); oltre al contadino ci mette un'operaio, e vengono inseriti anche un industriale e un deputato. Due giorni dopo la trasmissione, il nostro admin Dq82 si occupò di trascrivere il testo; sebbene risulti una specie di doppione di quello principale -a parte la battuta sull’ICI e le altre aggiunte-, lo lasciamo a mo’ di testimonianza e di documento. [RV]


Dai dai, conta su...ah bei, sì bei…

Ho visto un re.
‘Sa l'ha vist, cus'è?...
Ha visto un re!

Ah, beh, sì, beh,
Ah, beh, sì, beh...


Un re che piangeva seduto sulla sella,
Piangeva tante lacrime,
Ma tante che...
Bagnava anche il cavallo!
Povero re!
E povero anche il cavallo.

Sì, beh, ah, beh,
Sì, beh, ah, beh...


E' l'imperatore che gli ha portato via
un bel castello…
Ohi che balòss!
...di trentadue che lui ce n’ha.
Povero re!
E povero anche il cavallo.

Sì, beh, ah, beh,
Sì, beh, ah, beh...


Ho visto un ve-.
’Sa l'ha vist, cus'è?
Ho visto un vescovo!

Ah, beh, sì, beh,
Ah, beh, sì, beh...


Anche lui, lui, piangeva,
Faceva un gran baccano,
Mordeva anche una mano.
La mano di chi?
La mano del sacrestano!
Povero ve-
-scovo!

E povero anche il sacrista.

Sì, beh, ah, beh,
Sì, beh, ah, beh...


E' il cardinale che gli ha portato via
Un'abbazia...
Oh, poer crist!
...di trentadue che lui ce n’ha.
Senza l’ICI?
Senza l’ICI?
Senza alici!
Povero ve-
-scovo!

E povero anche il sacrista.

Sì, beh, ah, beh,
Sì, beh, ah, beh...


Ho visto un ri-.
’Sa l'ha vist, cus'è?
Ha visto un ricco!
Un sciùr!

Sì...ah, beh, sì, beh,
Ah, beh, sì, beh...


Il tapino lacrimava su un calice di vino,
Ed ogni go-,
Ed ogni goccia andava...
Derent al vin?
Sì, che tutto l'annacquava!
Pover tapin!
E povero anche il vin.

Sì, beh, ah, beh,
Sì, beh, ah, beh...


Il vescovo, il re, l'imperatore
L’han mezzo rovinato,
Gli han portato via
Tre case e un caseggiato
Di trentadue che lui ce n’ha.
Pover tapin!
E povero anche il vin.

Sì, beh, ah, beh,
Sì, beh, ah, beh...


'Vist un vilàn.
’Sa l'ha vist, cus'è?
Un contadino!
Un operaio, è la stessa cosa!

Aaaah, beh, sì, beh,
Ah, beh, sì, beh...


Il vescovo, il re, il ricco, l'imperatore, un industriale,
Persino un deputato, l'han mezzo rovinato,
Gli han portato via:

La casa
Il cascinale
La mucca
Il violino
La scatola di cachi
La radio a transistor
I dischi di Little Tony
La moglie!
E po’? Cus'è?
Un figlio militare che poi non è tornato
Ah, beh, sì, beh...
Gli hanno ammazzato anche il maiale...
Pover purscèl!
Nel senso del maiale.

Sì, beh, ah, beh,
Sì, beh, ah, beh...


Ma lui no, lui, non piangeva,
Anzi: ridacchiava!
Ha! Ha! Ha!
Ma ’sa l'è, matt?...
No.
Il fatto è che noi vilàn...
Noi vilàn...

E sempre alègri bisogna stare,
Ché il nostro piangere fa male al re!
Fa male al ricco e al cardinale,
Diventan tristi se noi piangiam!

E sempre alègri bisogna stare,
Ché il nostro piangere fa male al re!
Fa male al ricco e al cardinale,
Diventan tristi se noi piangiam!

Ah, beh!

Contributed by DonQuijote82 - 2011/12/21 - 15:11


La più popolare versione di questa canzone è tuttora sicuramente quella incisa nel 1968 da Enzo Jannacci nel 45 giri della ARC (casa sussidiaria della RCA) (il relativo video è visibile nell'apposita sezione)

L'arrangiamento - a sua volta godibilissimo - è di Luis Bacalov (che all'epoca, assieme ad Ennio Morricone, si occupava della quasi totalità degli arrangiamenti e delle orchestrazioni in RCA), ed è di recente così stato commentato dallo stesso Bacalov nel libro "C'era una volta la RCA" (2007), di Maurizio Becker, editore Coniglio, pagina 163:

Becker: Però i suoi arrangiamenti di quel periodo sono bellissimi e tutt'altro che standard ...

Bacalov: Forse perchè mi sforzavo di immettere qualcosa di diverso, di ispirarmi alla mia formazione classica. Con Jannacci ad esempio mi sono divertito molto.

Becker: C'è un arrangiamento che giudica significativo, in questo senso?

Bacalov: Quello di "Ho visto un re": seppur in maniera molto semplificata, è una rivisitazione di un certo modo di scrivere tipico di Stravinsky.

Alberta Beccaro - Venezia - 2008/1/21 - 03:41


Io sono in possesso di alcuni brani "bey" del Monte Amiata disponibili per un'eventuale confronto.

smakko - 2008/6/22 - 10:52


Mi spiace contraddire l'amico Claudio Cormio, ma la canzone c'era anche nella prima versione di Ci ragiono e canto. Allora era cantata da Ivan Della Mea e da uno del gruppo dei Piadena, credo Amedeo Merli. A questo proposito ne ho parlato un Bruno Fontanella, uno dei protagonisti dello spettacolo, proprio all'ultima festa a casa del Miciu a Pontirolo perché ricordavo la canzone, ma non esattamente da chi era cantata. Per controllare basterebbe ascoltare i nastri dello spettacolo depositati all'Istituto Ernesto De Martino di Sesto Fiorentino.
Riccardo Schwamenthal

Riccardo Schwamenthal - 2012/4/1 - 15:53


Volevo aggiungere ancora un paio di cose: nel programma cartaceo di "Ci ragiono e canto" la canzone non c'è e probabilmente Claudio è stato tratto in inganno da questo. Per ovvie ragioni anagrafiche Claudio Cormio non può avere esperienze "assolutamente dirette" dello spettacolo. Io avevo seguito le prove e ho visto sia la prima di Torino che quella di Milano e nei miei ricordi "Ho visto un re" c'è. Come c'è in quelli di Bruno Fontanella che era uno dei protagonisti dello spettacolo.

C'è un'altra cosa invece su cui mi sto battendo da anni all'interno dell'Istituto Ernesto De Martino ed è la pubblicazione di un CD con la versione INTEGRALE di "Ci ragiono e canto" in sostituzione di quello attualmente in vendita che non è che la copia del vecchio, pur bellissimo, LP. Credo che la cosa sia possibile perché, come ho detto nel post precedente, i nastri ci sono, ma manca la volontà di fare quest'operazione che, secondo me, potrebbe avere anche un certo successo commerciale. E a questo proposito ho cercato di far fare la stessa cosa con "Bella Ciao", anche se adesso - e sottolineo ADESSO proprio perché è da un bel po' che mi sto battendo per questa operazione,- è un problema più complesso perché oramai i nastri dello spettacolo integrale registrati da Roberto Leydi si trovano a Bellinzona. Per entrambe queste operazioni ho dato la mia disponibilità a fare questo lavoro personalmente o dare una mano a chi ha più competenza specifica di me nel campo della produzione discografica.

Mi farebbe piacere se riuscissi a trovare qualche altra persona che condividesse queste mie idee e potesse darmi un aiuto morale sulla stampa e sul web perché l'operazione vada a buon fine.

Riccardo Schwamenthal - 2012/4/15 - 11:19


E po', cus'è?? Vabbè, passi per il cascinale,la mucca, il maiale, il violino, la scatola di scacchi.. e pure la moglie!.
Ma i dischi di Little Tony! Quelli proprio no! :)))

Un cuore matto - 2012/8/26 - 21:05


Anch'io darei da matti se mi portassero via i dischi di Rita Pavone: la prima Rita, dalla bella voce stridula.

teddy - 2012/8/29 - 10:55


Mi è dispiaciuto anche per Little Tony, anche se non sono mai stata una fan delle sue canzoni. I suoi dischi valevano pur qualcosa se vescovi, re e imperatori se li accaparravano....

Silva - 2013/5/28 - 11:34




Language: Italian

Canzone della Bandabardò da "tre passi avanti" (2004) che cita e omaggia Ho visto un re

SEMPRE ALLEGRI

Datemi i mulini a vento
le chiavi del convento
la soluzione a tutti i difetti miei
è la solitudine (ma non la vorrei)...

All' attacco miele e tabacco!!!!!?

Sono nato sulle ossa rotte
dalla parte più forte
La fortuna è un fatto di geografia
Voglio un 2 cavalli armato di energia 

ALL' ATTACCO MIELE E TABACCO
E VINO NERO CONTRO L' ACIDITÀ
La danza dell' arroganza ha da finire e presto finirà

Non lascerò il timone al tempo
guardo l'orizzonte ogni momento
cerco soluzioni e trucchi di magia
credo che alla fine arrivi la cavalleria

ALL' ATTACCO MIELE E TABACCO
E VINO NERO CONTRO L' ACIDITÀ
Grido!!! senza permesso senza rumore nessuno sentirà

Datemi i mulini a vento
le chiavi del convento
la soluzione a tutti i difetti miei
è la solitudine ma...

Sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re
fa male al ricco e al cardinale
diventan tristi se noi piangiam

Contributed by Donquijote82 - 2015/8/1 - 10:02



Paolo Ciarchi racconta la genesi di "Ho visto un re".


Salvo Lo Galbo - 2018/12/29 - 22:14


Ciao a tutti, vivo in Spagna, nel paesello dove vive uno degli autori de “he un vist un rei” la versione catalana, Miguel Ángel, ho la fortuna di annoverare tra i miei amici. Uomo di grande intelligenza e cultura. Abbiamo parlato di “he vist un Rei”. La tradussero dall’originale italiana di Fo e amici, in versione ridotta, “perché” mi disse “già solo nominare il re e i vescovi in quegli anni (seconda metà degli anni 70) era una mezza rivoluzione, era già sufficiente così (per la satira)”.

Raffaello Fabio Ducceschi - 2020/4/22 - 20:50


CCG/AWS Staff - 2024/3/27 - 20:23




Main Page

Please report any error in lyrics or commentaries to antiwarsongs@gmail.com

Note for non-Italian users: Sorry, though the interface of this website is translated into English, most commentaries and biographies are in Italian and/or in other languages like French, German, Spanish, Russian etc.




hosted by inventati.org