Precisazione doverosa: come c'era da aspettarsi, Pablo Hasel non ha mai appoggiato Al Qaeda anzi ha denunciato la complicità della monarchia borbonica con il regime dell'Arabia Saudita, principale sponsor del cosiddetto Stato Islamico. Correggo quindi nell'introduzione per non alimentare questo equivoco.
Lorenzo 20/2/2021 - 22:51
La precisazione è essenziale e benvenuta come la rettifica. Sono giunto alla conclusione che si tratti di qualcosa che va ben oltre “l’equivoco”, perciò intervengo.
Premessa
Ho preso la notizia in questione da La Vanguardia, quotidiano catalano liberal, certamente non di destra. A seguito delle perplessità e della mia tendenza al confronto con altre fonti di diverso orientamento (escludendo fascisti e assimilati), mi ero preso la briga di consultare altri organi di informazione. Dato il carattere ideologico della materia mi sono rivolto alla stampa distante da posizioni di conservatorismo. El Pais , nella ancora più attenta edizione inglese, confermava la notizia con un riferimento esplicito alla centrale jiahadista. Anche El Periódico de Catalunya confermava. Che fare? In mancanza di informazioni diverse e di tempo per approfondire non me la sono sentita, sia pure a malincuore, di riportare... (continua)
Un mio recente, breve intervento sulla tragica fine di una giovane donna curda di Afrin (selvaggiamente picchiata da una banda di collaborazionisti, era morta al momento di partorire due gemelli) aveva scatenato la reazione di qualche sostenitore di Assad e della intangibile integrità dello Stato siriano.
Commenti che - almeno credo - non provenivano da seguaci di Forza Nuova, Casa Pound o da qualche rosso-bruno, ma - sempre presumibilmente - da esponenti della "sinistra antimperialista".
Cosa dire? Forse “più realisti del re” in questa difesa d’ufficio dell’attuale regime siriano.
Nell’articolo, sottolineo,non si affrontava minimamente la questione dell’autonomia - meno che mai dell’indipendenza - curda.
Ma forse era bastato nominare il Rojava!
Non sia mai, questa è Siria (e basta!).
Ora non è mia intenzione approfondire la questione “sovranità... (continua)
Quattro parole del traduttore. Zio Georges coupait, d'accordo, in piena intesa con Paul Fort e addirittura con complicità visto che nel 1953 non si potevano cantare ventisette strofe... Però, quelle ventisette strofe contengono una cosa ben diversa, come già accennato. Eccola qua, dopo che mi ci sono quasi scervellato per due giorni. Scervellatura risolta per prima cosa restaurando una semplice cosa (anche nella versione coupée di Brassens): la punteggiatura. Questa è una poesia dove, senza una punteggiatura corretta, non si capisce nulla, oppure si rischia di prendere degli sfondoni colossali. In una poesia scritta, le pause precisano il senso; e non capisco la stupida mania di riportare testi poetici (ma anche di semplici canzonette) senza punteggiatura -spesso dai poeti stessi, che sono notoriamente strane creature e che non di rado andrebbero appesi... (continua)