@Riccardo Venturi
Se capisco bene, quelli della canzone sono greci "comunisti" che, persa la guerra civile, si rifugiano in un altro paese del blocco comunista, la Polonia. Quelli di Firenze, che stavano in via Dei, al contrario, erano italiani fuggiti o espulsi qualche anno prima ('44, '45) perché gli si imputava da parte dei greci liberati l'occupazione fascista.
Alessandro 12/2/2018 - 17:50
In linea di massima penso tu abbia ragione, Alessandro. I "greci" di via Benedetto Dei e dintorni (via Rosellini, via del Ponte di Mezzo ecc.) -zona a Firenze detta da molti "dai Greci"- provenivano, almeno a quanto ne so, in gran parte dalle isole del Dodecaneso che erano state annesse all'Italia dopo la guerra italo-turca del 1911/12. Nel 1944/'45, come giustamente hai detto, gli italiani del Dodecaneso erano fuggiti o erano stati espulsi proprio in conseguenza dell'occupazione nazifascista; in moltissimi casi però avevano mantenuto l'uso della lingua greca. Io stesso mi ricordo, non molti anni fa (una quindicina circa) di essere intervenuto con l'ambulanza in una casa di quella zona, e la famiglia parlava in blocco il greco tra di sé, giovani compresi. Segno che se lo erano tramandato arrivando a tempi molto recenti. Ma penso sia possibile che questa situazione sia esistita non solo a... (continua)
Dopo quasi un mese di limbo viene approvata questa canzone, mese in cui si è cercato nei tanti meandri della sezione greca, per essere sicuri che non fosse nascosta in uno dei tanti paginoni di gpt.
La traduzione è sia della parte in creolo capoverdiano, sia di quella in wolof. Riprodotta anche da Lyricstranslate, dove sembra sia servita come "base" per altre traduzioni (come del resto chiaramente specificato dai traduttori). Qua e là è stato corretto qualche refuso. [RV]
Due parole dello pseudo-traduttore. In generale, non mi piace tradurre traduzioni; ma non conosco il wolof. Anch'io, quindi, mi sono basato sulla traduzione francese. Ho cercato di “rimediare” attenendomi un po' di più alla parte in creolo capoverdiano così come cantata dalla grande Cesária Évora, che Iddio la abbia veramente in gloria anche se non esiste. Naturalmente non conosco nemmeno il creolo capoverdiano, ma tra le lingue creole è senz'altro una di quelle che più ha mantenuto la somiglianza con la lingua di derivazione (il portoghese).
Sinceramente non ho proprio idea di quale "dialetto camerunense" si tratti. Benni stesso lo chiama "dialetto camerunense" ma sospetto che sia più a suo agio col dialetto bolognese. Quanto a "hapana haya harambè", non è nel famoso dialetto camerunense ma in swahili: significa "però nessuno lo fa" (putroppo, la risposta a "touche pas à mon pote"). L'ho segnalato in nota. Avverto però che, al pari dello swahili, l'ewondo è una lingua bantu e le lingue bantu si somigliano molto l'una all'altra. Una parola anche sul francese: se il verso voleva riprodurre il famoso slogan di S.0.S. Racisme, è scorretto: lo slogan era, ed è, "Touche pas à mon pote", ove la particolare costruzione "toucher à" indica "non azzardarsi a toccare".
Il termine popolare francese "pote" (amico, amicone, migliore amico ecc.) deriva dal bretone paotr "ragazzo", che si pronuncia esattamente pôt'.
Beh, Lorenzo, ci hai abbastanza preso.
"Il mondo prima di te" la trovo bellissima.
Per quanto riguarda Annalisa nel video ufficiale, avrei preferito trasparenze su pelle nuda (i "mutandoni" non vanno proprio bene) e un normale paio di anfibi al posto di quelle improbabili zeppe su calzini tipo basket...
Questa canzone è stata interpretata a Sanremo 2018 da Fiorella Mannoia con Claudio Baglioni, introdotta da una magistrale interpretazione di Pierfrancesco Favino di "La notte poco prima delle foreste" (La nuit juste avant les forêts) atto unico del 1977 del drammaturgo e regista francese Bernard-Marie Koltès.
Favino aveva esordito con il monologo a gennaio al teatro Ambra Jovinelli a Roma.
Bisognerebbe stare dall’altra parte senza nessuno intorno, amico mio
quando mi viene di dirti quello che ti devo dire, stare bene tipo sdraiati sull’erba, una cosa così
che uno non si deve più muovere con l’ombra degli alberi.
Allora ti direi: ‘qua ci sto bene, qua è casa mia, mi sdraio e ti saluto’.
Ma qua, amico mio, è impossibile, mai visto un posto dove ti lasciano in pace e ti salutano.
Ti dobbiamo mandare via, ti dicono, vai là, tu vai là
vai laggiù, leva il culo da là
e tu ti fai la... (continua)