Riscrittura italiana / Ré-écriture en italien / Italian reworking / Italiankielinen uudelleenkirjoittaminen:
Riccardo Venturi, 22-11-2018 21:12
Sulla base di una traduzione di Flavio Poltronieri
Based on Flavio Poltronieri's translation
Sur la base d'une traduction de Flavio Poltronieri
Perustuu Flavio Poltronierin käännös
Nel suo “Librone”, Flavio Poltronieri aveva a suo tempo eseguito una traduzione italiana del brano, che naturalmente e prontamente ha inviato in fotografia. Da vecchio e avido goditore degli Esercizi di Stile queneliani, mi sono detto: e perché non accettare il gioco? E', del resto, la medesima considerazione che si fece, a suo tempo, chi rese in italiano gli Exercices, tale Umberto Eco, un giovane alessandrino di cui sentiremo senz'altro parlare in futuro specie quando si deciderà a scrivere un suo giallo su certi omicidi di monaci. Accettare il gioco significa, ovviamente,... (continua)
CILE TT (continua)
22/11/2018 - 21:25
Non bastava evidentemente una banale denunzia degli orrendi misfatti compiuti dall'imperialismo. Qui ci si mette a confronto con le responsabilità politiche. Eppure niente è enunciato distintamente. Nessuna frase reca un senso compiuto. E' il rapporto stesso tra sigla e parole a creare il significato. Come autore a mia volta, affermo che ci troviamo al cospetto della massima forma di concisione possibile nella scrittura del testo di una canzone. Le associazioni sparse che svolazzano in apparentemente casualità, invece che la confusione, suscitano l'angoscia ed evocano gli spettri dell'orrore come non avrebbero saputo fare delle frasi sapientemente elaborate da logiche e grammatiche. La poesia qui espressa, per i suoi collegamenti con la storia e la lotta del popolo, colpisce duro quel che censuriamo in noi stessi e non osiamo dire, nulla viene analizzato o discusso, in questo testo la poesia si impregna della più nefanda realtà che l'uomo possa creare: l'esercizio della forza, della violenza, della sopraffazione.
Caro Riccardo 3C, non voglio meriti non miei, rinuncio ai diritti d'autore sul nuovo epiteto. Ho terminato a casa l'intervento iniziato su un treno, devi evidentemente ringraziare la strada ferrata italiana che corre nella pianura padana e i suoi sobbalzi per l'errore ortografico.
Mi stupisce la tua richiesta perchè sai che ho scritto "Koroll Ar C'hleze" a metà anni '80 che conteneva centinaia di testi bretoni antichi e contemporanei tradotti e che al suo interno contemplava pure il canzoniere completo di Servat. Quelli che non possedevo me li fornì lui medesimo in fotocopie dattiloscritte con talvolta annotazioni di suo pugno. Era un secolo fa. Quello di Chili T.T però l'avevo trascritto assieme alla mia donna di allora M.P. Non riesco ora a ricopiare originale e traduzione, parola per parola, potrei farti una foto con il cellulare e inviartela ma tu non hai WhatsApp....mandami sul telefonino... (continua)
Flavio Poltronieri 20/11/2018 - 16:06
Oltremodo caro Flav Kadorvrec'her, parto dal fondo, cioè da Carlo Ferrari e dal suo Brassens cremonese. Davvero, non so più che pisces piscare. Te l'ho mandato due volte e non so che fine abbia fatto, e cosí anche a te tocca purtroppo sperimentare il mio abbonamento con l'assurdo, che ho fin dalla nascita e non di rado con esiti ben più gravi. Mi dispiace immensamente; a questo punto non resterà che pigliare e portartelo a mano a Verona, a Quimper, a San Donato Milanese, a Lecce dei Marsi o dove ti pare, sperando ovviamente che non dirottino il treno o l'autobus, perché quando si ha a che fare con il Venturi R., con due o tre C, è una maledetta costante con la quale devo convivere da sempre, nelle piccole nelle grandi cose, e a volte pure melle medie.
Ovviamente la mia osservazione sulle 3 "c" era e voleva essere scherzosa, e frequento a sufficienza i treni per conoscere i loro sobbalzi... (continua)
Ho notato che c'è un errore all'inizio della seconda riga della sesta quartina dell'originale francese: "des maux" al posto di "des mots". La pronuncia è la stessa solo che quelli che hai tradotto come "mali" in realtà sono "parole" e la frase suonerebbe così:
"Des mots de son enfance, à son cou le symbole"
ovvero:
"Delle parole della sua infanzia, al collo il simbolo"
Ne approfitto per spiegarne il significato (scusandomi, in quanto non è mia abitudine intervenire sul lavoro altrui, solo che in questo caso mi sembra indispensabile ai fini della corretta interpretazione): quello che Gilles chiama "symbole" era una palla di legno che pendeva dal collo dei bambini che parlavano bretone a scuola, appesa loro per farli vergognare e punirli di questo.
Questo purtroppo succede quando, ahimè, ci si fida dei testi che si reperiscono in rete (e già è piuttosto difficile trovare i testi più antichi di Gilles Servat, sembra impossibile ma è così). I siti di "lyrics" e le altre fonti inesatte fanno il resto. Purtroppo, nelle traduzioni, sono stato fuorviato proprio da quel "maux" al posto di "mots"; e dire che conoscevo bene la storia del "symbole", autentica ignominia del sistema scolastico francese. Ad ogni modo, Flavio, non devi assolutamente avere remore nell'intervenire sul lavoro altrui, né tantomeno sul mio: nessuno di noi è Dio in terra. Personalmente, anzi, ti ringrazio: quel che conta davvero è avere testi corretti e traduzioni che li seguono altrettanto correttamente. Oltreché, naturalmente, a ulteriori precisazioni sul brano in questione; a tale riguardo, importantissime sono quelle che hai fornito su François Quenechou. Grazie ancora, un grazie infinito.
The name of the band performing the song, Kollaa kestää (Kollaa will hold), refers to the Battle of Kollaa fought from December 7, 1939, to March 13, 1940, in then Finnish Karelia, north of Lake Ladoga, as a part of the Soviet-Finnish Winter War.
Caro BB, sarò sincero del tutto. Quando ho messo qua dentro questa canzone, era un periodo in cui a volte non stavo molto attento. Avevo visto un titolo "Ratna pjesma" di un gruppo croato, anzi jugoslavo, e una cosa del genere, probabilmente, nella mia testolina veniva associato automaticamente alle guerre jugoslave. Probabilmente avrò messo il testo senza nemmeno guardare cosa dicesse in realtà, con la famosa frasetta della "traduzione al più presto possibile" (e dodici anni sono un discreto "presto possibile, non c'è che dire!). Però or ora mi sono posto un quesito: come mai questa canzone, in realtà dedicata a tale Vesna, si chiama "canzone di guerra"? Un motivo ci dovrà pur essere, e mi sto facendo una mia idea al riguardo. Magari, tra un po' (tipo dodici anni, se la salute mi assiste), la dirò. Saluzzi!
Tout part d’une anecdote sur Léo Ferré. Il fut arrêté à la frontière, entre la France et l’Italie, à l’époque des Brigades Rouges. Et pendant que les policiers fouillaient dans la voiture et ne trouvaient rien, il dit : « Cons ! », « Les bombes ne sont pas où vous les cherchez, elles sont là, dans la tête ! ».
La chanson fondamentalement développe l’idée qu’il ne suffit pas d’attendre que le rêve vienne à toi. Il faut le chercher, travailler, vraiment te casser le cul pour n’importe quoi, n’importe quelle idée. Pour avoir raison, il faut se démener… c’est une souffrance immense, surtout pour celui qui n’est aidé par personne, même au niveau psychologique. L’idée que nos parents n’ont pas dû nous soutenir jusqu’ici. Nous ne devons remercier personne. Nous avons travaillé davantage lorsque ça allait mal,... (continua)
Pippo Fava sull'area di Siracusa Priolo Melilli