Quante volte avevo ascoltato questa canzone (che fra l'altro fa parte anche della colonna sonora de Il Caimano di Moretti)... senza avere idea di cosa dicesse. E avevo sempre pensato che fosse di Khaled. Un grazie a Gabriele Del Grande. Se poi qualcuno fosse capace di trovare il testo in alfabeto arabo e non in trascrizione, sarebbe una bella cosa.
The song as sung by Lou Dalfin.
La chanson comme elle est chantée par Lou Dalfin.
E' una versione standard del canto in "grafia mistraliana" (presente così anche sul sito del vecchio amico Maurizio Pistone). A tale riguardo ricordo che l'occitano moderno può essere scritto in due grafie distinte: una "tradizionale" o "etimologica", basata in gran parte sull'ortografia del provenzale classico ma corrispondente abbastanza male alla realtà fonetica attuale; e l'altra detta "mistraliana", dal grande poeta Mistral che ne fu inventore e fautore, che corrisponde assai meglio alla pronuncia attuale. La prima ha senz'altro il vantaggio di "riannodare i fili" col passato; la seconda ha quello di facilitare la lettura. E' una questione tuttora importante nell'occitano di oggi, che comunque predilige oramai decisamente la grafia tradizionale etimologica (anche nei cartelli stradali, ad esempio). Come... (continua)
SE CHANTO (continua)
inviata da DoNQuijote82 9/1/2012 - 19:19
Il "Se chanto", vi apparirà strano, è considerato l'inno della popolazione occitana che vive in Piemonte sul territorio delle Valli Po-Bronda e Infernotto, Varaita, Maira, Grana, Stura, Gesso-Vermenagna-Pesio, Monregalesi, Tanaro-Mongia-Cevetta in provincia di Cuneo e, nel torinese, in Val Pellice, Valli Chisone e Germanasca, Alta Valle Susa. (L'Occitania è più di una minoranza: è il collante fra la gente di queste vallate del Piemonte, il cosidetto "Midi" francese e la Val d'Aran in Catalogna).
Abituati da sempre ai canti guerrieri quali inni alla "grande nazione" e al suo popolo "eroico", ci appare forse singolare che quello degli occitani sia un canto d'amore, di un poeta per l'amata. La nostalgia di un desiderio, un affetto perduto probabilmente per sempre.
E la presenza immanente della natura dei luoghi, di quelle loro montagne tanto alte, limite invalicabile, odiate dal troppo amore,... (continua)
Come i trovatori d'antan per le loro donne viste solo in ritratto, sono sempre stato innamorato di questa canzone, ascoltata forse una volta chissà quanti anni fa - credo grazie alla Sacca del Diavolo di Radio Popolare - e non più uscitami dalla testa. Sto vivendo un'emozione fortissima, ascoltandola. Era come un amore di terra lontana, e adesso lo incontro. Grazie e grazie, don Quijote82: è incredibile quello che sto provando. E questa lingua...,che per me ha un fascino che neppure il greco. Peccato che non l'abbia coltivata, e non so se ne avrò ancora il tempo.
L'analisi di Tibaldo Pianta La Vigna, lo stesso dell'analisi de Lo boièr. Traduzione da BalliFolk:
Questa canzone d'amore è originaria di Béarn (Guascogna).
Una leggenda vuole che l'autore sia Gaston III, Conte di Foix e visconte di Béarn dal 1343, detto Gaston Febus (30/04/1331 - 01/08/1391).
Il soprannome di Febo (sole) gli fu dato per i suoi capelli biondi e per il suo desiderio di potere.
Era un uomo di stato potente ed indipendente. Era anche un uomo molto colto, un mecenate circondato da una brillante corte, appassionato di caccia e... di donne.
Si dice che è sicuramente per farsi scusare le sue numerose infedeltà che scrisse questo canto destinato alla sua sposa Agnese di Navarra quando lei si ritirò presso la sua famiglia in Spagna. Dunque dall'altro lato dei Pirenei, delle montagne.
Di sicuro il canto è anteriore al quindicesimo secolo. Difatti un universitario di... (continua)
Prima di metter mano a questa pagina come è dovuto, mi sia permesso un po' di essere fiero (di voi): ora veramente sapete camminare con le vostre zampe, peccato solo che non vogliate diventare amministratori! "Tibaldo Pianta la Vigna" poi è stupendo :-PP Un'altra cosa: trovate da qualche parte (credo che ci sia) anche la versione cantata da Véronique Chalot: so di essere fissato con quella ragazza, ma ha una voce troppo bella per non esserlo. Per il resto...complimenti e basta, anche perché non sapevo affatto che pure "Se chanto" era...catara. A questo punto il percorso è d'obbligo.
Per DQ82: Aspetta a mettere le numerose altre versioni, magari sarà necessario farne una scelta come ho fatto io con Lo boièr. Pagine del genere devono essere sí "corpose" ma non troppo pesanti, è un'esigenza generale.
La "versione bilingue" di Véronique Chalot
Véronique Chalot's "bilingual version"
La "version bilingue" de Véronique Chalot
La "versione bilingue" cantata da Véronique Chalot in "Chansons de Provence" (1991, ried. 1995). In essa sono cantati solo i due ritornelli per due volte, in occitano e in francese.
Ora che la pagina è stata un po' "rimessa", vorrei dire due parole su questa canzone.
Se mi è permessa un'ipotesi basata un po' sulla conoscenza di certe cose e dei meccanismi sia della genuina tradizione popolare, sia della cosiddetta "creazione della tradizione", questa canzone li rappresenta entrambi.
Non c'è alcun dubbio che si tratti di una canzone autenticamente popolare e parecchio antica; ma l'unica canzone per la quale esistono testimonianze dirette e coeve della sua diffusione presso i Catari e del suo "uso" come canzone cifrata, è Lo boièr. Non perché lo ha deciso Riccardo Venturi, ma perché c'è una documentazione ben precisa al riguardo.
Tale uso documentato, a mio parere, deve avere "trascinato" nel discorso della cifratura anche "Se chanta". A prescindere dal valore che poi ha assunto per tutta l'Occitania (è senz'altro anch'essa una "canzone identitaria"), in questo caso... (continua)
Credo che tu abbia ragione, Riccardo, anche il preciso Tibaldo Piantalavigna nella sua analisi non fa nessun riferimento ai catari o a simbolismi particolari e si limita a dire che, se proprio non fu composta da Gaston III de Foix-Béarn (nel secolo successivo allo sterminio degli albigesi), sarebbe anteriore al XV secolo e probabilmente originaria della Svevia e composta in un dialetto tedesco alemanno...
Però, anche se i catari non c'entrano, perchè non mettere come prima la versione più antica a noi nota, quella del 1349 attribuita a Gaston III dit Fébus?
SE CANTO
Al foun de la prado
Ay un auselou
Touto la ney canto,
Canto sa cansou
Se canto que canto,
Canto pas per you,
Canto per ma mio
Qu'ès alen de you.
Aqeros mountagnos
Que tan hautes soun,
M'empéchoun de beyre
Mas amours oun soun.
Se canto que canto,
Canto pas per you,
Canto per ma mio
Qu'ès alen de you.
Maria Santiloni Cavatassi est née en novembre 1928 à Comunanaza dans la province d'Ascoli Piceno. Elle était d'une famille de métayers.
Toute la vie de Maria est un témoignage du chemin pour la conquête de la dignité du monde paysan. De l'appui à la Résistance à l'organisation du syndicat dans les campagnes marchigianes et au-delà. L'histoire de Maria est une part importante de l'histoire du grand "Humanisme" d'origine paysanne et de la longue marche qu'on appelle émancipation.
Je voudrais ajouter une dernière chose à propos de la révolution. Quel est le mot qui l'annonce? Quel est le Mot prononcé, écrit et chanté qui la fait advenir? Le mot est MERCI! Quand Nous recommençons, après une nouvelle éducation sentimentale à dire merci – ou mieux MMMEEERRRCCCIII !!! – alors la révolution est commencée. Je ne me rappelle pas le nom du philosophe qui divisait... (continua)
Den ena handen vet vad den andra gör La versione originale del 1972 dei Blå Taget
1972 original song by Blå Taget
Originalversion från 1972 av Blå Taget
Kapitalet höjer hyrorna, och staten bostadsbidragen (continua)
Amici cari dello staff, proprio vi pare che si possa spiegare - a uno che non sia di qui, e da tanto tempo- la politica italiana? A meno che non sia profondamente versato in Pirandello e Kafka: ma allora non avrebbe scritto quella spiegazione sul "Corriere della Serva" ( una volta lo chiamavamo così). Ammiro, comunque, la buona volontà. E lunga vita al compagno Monti.
Fra un paio di giorni, Fabrizio de André sarà rimorto. Poi, come tutti gli anni, rinasce poco dopo la metà di febbraio. Oggi m'è preso di ricordarlo in un modo un po' così, ma estremamente "mio": ho tradotto "La guerra di Piero" in latino. Addirittura con qualche rima (o assonanza) qua e là e cercando di tenere un po' il ritmo. Naturalmente ne è venuta fuori una cosa piuttosto buffa, e di quella buffezza che riescono ad avere soltanto le cose più improbabili. Del resto, è pure improbabile che Fabrizio de André sia morto; per me sta nascosto nel Borneo assieme a Elvis Presley. [RV, 9/1/2012]