[S.Saletti - C.Cossu]
Dall'album "Stari Most" - 2005
Dalla poesia Granata s Mrkovica di Izet Sarajlić
"Non esiste una sola cultura mediterranea: ce ne sono molte in seno a un solo Mediterraneo"
Predrag Matvejević
A Mostar, nella Bosnia-Erzegovina, durante la guerra feroce che bruciava i Balcani, il 9 novembre del 1993 una granata croata abbattè lo Stari Most, il Ponte Vecchio sulla Neretva che da quattrocento anni univa Oriente e Occidente. Era il simbolo del dialogo tra cattolici, musulmani e ortodossi. Scrive lo scrittore Paolo Rumiz: "Il ponte di Mostar era il luogo della nostalgia, il segno dell'appartenenza e dell'alleanza tra mondi che si volevano a tutti i costi separare".
Dopo che l'ultima pietra cadde nel fiume ci fu un gran silenzio. Anche i cecchini per una volta fecero tacere le armi. Tutti intorno capirono che qualcosa di terribile era accaduto: non era stato abbattuto... (continua)
Da "Quel lungo treno" (2005)
Il "lungo treno" che dà il titolo all'ultimo album di Massimo Bubola sembrerebbe rimandare ad uno dei tòpos più comuni del folk e del blues americano; si tratta invece di un titolo tutto italiano, tratto da un canto degli alpini.
"Quel lungo treno" è un album dedicato alla Prima Guerra Mondiale, nel novantesimo anniversario dell'ingresso dell'Italia nel conflitto, un album concept, come si diceva negli anni '70. Bubola riprende canti della tradizione popolare veneta: alcuni famosi (Era una notte che pioveva e Monte Canino) e altri meno noti: Il Disertore (o "Ero povero ma disertore"), Ponte de Priula e Adio Ronco, riarrangiati in chiave country o addirittura tex-mex.
Nel libretto, molto curato, tutte le canzoni sono tradotte in inglese da Tim Parks.
- Recensione di Giorgio Maimone su Bielle
- Recensione di Luca Muchetti da "Cantiere Sonoro"
[1958]
Testo di Italo Calvino
Musica di Sergio Liberovici.
Prima Incisione: "Cantacronache 1", 1961.
Lyrics by Italo Calvino
Music by Sergio Liberovici.
First Recording: "Cantacronache 1", 1961.
Un bellissimo testo di Calvino, nato ovviamente dall'esperienza di Cantacronache, ricorda la sua militanza nella Resistenza e la necessità di tramandare alle future generazioni i valori che stavano alla base di quella scelta.
Nel 2005 per il 60° anniversario dalla Liberazione è stato interpretato da Moni Ovadia insieme ai Modena City Ramblers nell'album collettivo "Appunti Partigiani" (con un arrangiamento musicale ispirato alla musica originale di Sergio Liberovici e al tradizionale irlandese "The Blacksmith"). Ancora più recentemente è entrato a far parte, con risultati straordinari, del repertorio degli Apuamater Indiesfolk di Davide Giromini, che la propongono spesso durante i loro... (continua)
Un testo emozionante che esprime tutta la vitalità di chi era davvero sui campi di battaglia e sopratutto fa riflettere chi invece non c'è stato.
È il pezzo forte della mia tesina d' esame. Grazie MCR
Alla sua esperienza nella Resistenza Calvino ha dedicato il suo primo romanzo, "Il sentiero dei nidi di ragno" (1947). Da quel libro riportiamo un brano che ben si accompagna al testo di questa canzone.
C'è che noi nella storia siamo dalla parte del riscatto, loro dall'altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m'intendi? uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi a liberare i nostri figli, a costruire un'umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L'altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche se vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perdurare quel furore e quell'odio, finché dopo altri venti o cento o mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur sempre,... (continua)
[1998]
Testo e musica di Marinella Ollino [Lalli]
Da "Tempo di Vento"
Una splendida canzone della grande, ma riservata cantautrice torinese.
Sul Mostar e il suo ponte vedi anche Neretva di Ginevra Di Marco, con un brano di Paolo Rumiz nell'introduzione.
A wonderful song by a great and reserved folksinger from Turin. On Mostar Old Bridge, see also Neretva by Ginevra di Marco, introduced by a passage by Paolo Rumiz. [CCG/AWS Staff]
Eppure me lo ricordo sempre quel ponte senza pari, quello vero, non quello rifatto "più antico di prima" dopo la sua distruzione. Me lo ricordo liscio, rosato, scivoloso, i suoi gradini. E me lo ricordo come ponte tra due mondi, forse addirittura più di due; non soltanto un bello, un bellissimo ponte su un fiume. Un giorno hanno deciso di distruggerlo, stupidamente ma non inutilmente; l'utilità di chi ha voluto così era quella di annullare i collegamenti,... (continua)
[1936/37]
Testo anonimo su musica tradizionale
Si veda anche la poesia di Pablo Neruda, "Explico algunas cosas".
E’ il più noto canto madrileno della Guerra Civile, nella tradizionale forma di coplas (da qui il titolo "ufficiale" di Coplas de la defensa de Madrid; ma accanto al titolo maggiormente usato, Los cuatro generales, è nota anche come Puente de los Franceses e come Mamita mía).
La storia di questo canto si perde nel tempo. Fu Federico García Lorca a ricopiare un canto popolare del XIX secolo, intitolato Los cuatro muleros (“I quattro mulattieri”), con certezza di origini antichissime. Sulla musica del canto si svilupparono con la guerra civile (ma alcune strofe sembrano essere state note già prima) diversi canti le cui strofe e anche i titoli erano del tutto intercambiabili. Rimanevano univoci gli argomenti: la sollevazione dei generali ribelli e l’eroica difesa di Madrid. Utilizzando... (continua)
Sulla storia di Admira Ismić e Boško Brčkić, i due fidanzati di Sarajevo uccisi assieme dai cecchini sotto il ponte di Vrbanje, si veda Admira e Boško di Alberto Cantone.
They were 25 and had been together for nine years, having met at school. Seeking safety, they decided to flee the besieged city of Sarajevo in May of 1993. Both muslim and christian officials had granted them safe passage and had promised them that they would not be hurt. However, as they crossed over the Vrbanja bridge, they were deliberately gunned down by christian snipers. Bosko died immediately and Admira, wounded crawled through the mud towards her childhood sweetheart. She put her arm around him tenderly and without trying to escape to save herself, died by his side. Their bodies lay there for five days.
[1973]
Testo e musica di Francesco De Gregori
da "Alice non lo sa"
COMMENTO ED ANALISI di ANTONIO PICCOLO
tratto dal libro "La storia siamo noi"
A causa della pubblicazione de "La Storia siamo noi" riportiamo solo alcuni brani dell'analisi di Antonio
1940 nasce dal desiderio di indagare le effettive reazioni della gente comune nella II guerra mondiale, le piccole storie nella grande Storia. De Gregori si addentra in un’epoca molto ben definita, cercando di vivere da dentro l’emotività di chi la vive.
Attraverso un’imbastitura metrica ben definita, con sei strofe di sei versi l’una, l’autore dipinge un paesaggio con delle pennellate brevi e chiare. È questa la particolarità di questa canzone: la sobrietà dei versi, quasi dei “versicoli” ungarettiani per la loro essenzialità, e una chiarezza disarmante, anche nella determinazione temporale. Un’essenzialità che da sé non può bastare:... (continua)
(1999)
Testo di Ginevra Di Marco e Jacopo Di Marco
Musica di Francesco Magnelli
Cantata in duetto con Max Gazzé
«I miei testi nascono dal mio modo di essere, mi racconto attraverso sensazioni, emozioni, dolori. In Neretva c'è il viaggio con i CSI a Mostar, un'esperienza sconvolgente!»
(Ginevra Di Marco)
La Neretva, infatti, è il fiume di Mostar. Il ponte sul fiume venne distrutto a cannonate il 9 novembre 1993 su ordine di un generale croato, che pronunciò poi una frase agghiacciante: "Era antico? Beh, lo rifaranno più antico di prima".
«Era il simbolo, e non il manufatto che si voleva colpire. La pietra non interessava ai generali croati. Il ponte, difatti, non aveva alcun valore strategico. Non serviva a portare uomini e armi in prima linea.
Esisteva, semplicemente. Era il luogo della nostalgia, il segno dell'appartenenza e dell'alleanza tra due mondi che si volevano a tutti... (continua)
Dove si corre impreparati ad avere paura (continua)
Admira Ismić e Boško Brčkić
Ansanti sotto il sole di maggio,
correndo verso un mondo migliore
programmato guardando di notte le stelle
e raccontando alla luna i progetti d'un futuro
ancora tutto da costruire.
Due sacchi con i sogni accuratamente ripiegati,
unica ricchezza ad un nulla lasciato
con la certezza del ritorno.
I corpi protesi, quasi un gioco infantile
fatto tante volte nelle giornate di sole
vicino alle aie coi cani festosi che abbaiavano dietro.
Una speranza a portata di mano oltre il fiume Miljacka
che scorre tranquillo,
incurante degli spari dei cecchini.
Poi, il silenzio nell'abbraccio freddo
d'una morte arrivata dal nulla
a spazzare via la speranza di giorni migliori.
Svolazzano ancora per l'aria
i sogni d'un mondo sereno
fuori dall'assurditàdi una guerra razziale senza ragione.
Sogni di bimbi gioiosi
sgambettanti per stanze ormai senza sorrisi;
giornate... (continua)
Questa poesia é stata scritta nel 1993 e nel 1999 si é classificata al 2° posto nel Concorso Nazionale di Poesia "Fazio degli Uberti", patrocinato dal Comune e dalla Provincia di Pisa.
Chi volesse leggere altre mie poesie contro la guerra e di impegno sociale (accanto ad altre più egocentriche e narcisiste come affermava Pasternak) può visitare il seguente link: www.poetare.it/santoro.html
Le poesie possono essere liberamente utilizzate per altri siti o per letture di gruppo.
BASTA SOLTANTO DARNE COMUNICAZIONE ALL'AUTORE SOLO PER FINI CONOSITIVI E STATISTICI.
Ai più giovani consiglio anche la lettura del racconto "Gino" (una specie di diario di guerra, autentico, nei campi di lavoro tedesco durante l'ultima guerra) pubblicato sempre dal sito poetare.it, però nella pagina dei miei racconti.
[1940]
Canto Alpino della divisione "Julia".
A song of the Alpine Division "Julia"
Chant de la Brigade Alpine "Julia"
Il seguente è il dolentissimo canto degli Alpini della divisione "Julia", impegnata nella disgraziata spedizione italiana in Grecia dell'autunno e inverno 1940/41 voluta da un fanfarone romagnolo di cui non ricordo il nome. Gli Alpini furono mandati al macello nei Balcani; “Perati” era il villaggio di Perat (che nel canto, secondo l'uso locale, è nominato con l'articolo determinato albanese -i, quasi fosse “il Perat”) presso la frontiera greca, sul fiume Sarandaporos, tributario della Voiussa (in albanese Vjosë o Vjosa, in greco Αώος [Aóos]). Nel prosieguo della guerra, Perat fu completamente distrutto e abbandonato; il ponte rimase anch'esso distrutto. Considerato “disfattista” e “sovversivo” dal regime fascista italiano, il canto fu severamente censurato e infine del... (continua)
Perati era stata erroneamente identificata con Berat. Riportiamo la precisazione di Raoul Pontalti.
"Imparate la geografia, somari: Perati è il nome italiano del villaggio di Perat (con la P!) nei pressi del confine con la Grecia, per la difesa del cui ponte la Julia si dissanguò nell'autunno del 1940, mentre Berat (italiano Berati) è una bellissima città posta a Nord di Argirocastro e, a diferenza di questa, non fu toccata dagli eventi bellici del 1940/41."
Non so se il commento di Raoul Pontalti sia scherzoso o meno. Se lo è, d'accordo. Se non lo è, viene accettato per la preziosa precisazione, ma non certamente per il tono.
Riccardo Venturi
Palesemente ricalcato sul "Ponte di Perati" è questo canto composto collettivamente dai componenti della formazione partigiana "Maiella", che operò anche nell'Appennino romagnolo, e che divenne in qualche modo l'inno ufficiale di quel gruppo di partigiani abruzzesi. Bisogna tuttavia notare che su questa formula sono nati molti altri canti di cui il più noto è il celeberrimo "Pietà l'è morta" (q.v.).
Der hoyfzinger fun Varshever geto
[1943]
Testo e musica di Reuven Lifshutz
Lyrics and music by Reuven Lifshutz
Paroles et musique : Reuven Lifshutz
Sanat ja sävel: Reuven Lifšuts
"Der hoyfzinger fun varshever geto", cioè "Il cantore di strada del ghetto di Varsavia" nasce direttamente dalla rivolta del 1943 contro lo sterminatore nazista, rivolta che fu soffocata -come tutti sanno- con l'annientamento totale del ghetto stesso. Il testo yiddish è dato sia nell'originale che in trascrizione in caratteri latini.
Canzone dall’insurrezione armata del ghetto di Varsavia, durata da 19 aprile al 16 maggio 1943, scritta da Reuven Lifshutz (1918-1975), un sopravvissuto poi emigrato negli USA che dedicò gran parte della vita a raccogliere canzoni relative a quello specifico episodio dell’Olocausto. [Bartleby]
Scritta (e a volte interpretata) da Massimo Bubola
Written (and sometimes performed) by Massimo Bubola
Musica di Sandro Severini
“Il testo di questa ballata l’ho scritto per una promessa fatta a mio padre, comandante a soli 22 anni della Brigata partigiana “Adige” di Giustizia e Libertà. Visto il suo amore per la cultura classica e per Virgilio in particolare, ho cercato così di collegare idealmente questa storia di amore e di guerra, ambientata nel 1943, con l’episodio dell’Eneide in cui i due soldati troiani Eurialo e Niso vanno a compiere l’azione notturna nel campo dei latini” (Massimo Bubola).
La vicenda dei due valorosi guerrieri è nota a molti: dopo la caduta di Troia, Niso, figlio di Irtaco e della ninfa Ida, ed Eurialo, giovanissimo figlio di Ofelte, fuggirono con Enea. Quando i Rutuli assalirono il campo troiano, i due amici si offrirono... (continua)
La notte era chiara, la Luna un grande lume (continua)
Dall'album "Stari Most" - 2005
Dalla poesia Granata s Mrkovica di Izet Sarajlić
"Non esiste una sola cultura mediterranea: ce ne sono molte in seno a un solo Mediterraneo"
Predrag Matvejević
A Mostar, nella Bosnia-Erzegovina, durante la guerra feroce che bruciava i Balcani, il 9 novembre del 1993 una granata croata abbattè lo Stari Most, il Ponte Vecchio sulla Neretva che da quattrocento anni univa Oriente e Occidente. Era il simbolo del dialogo tra cattolici, musulmani e ortodossi. Scrive lo scrittore Paolo Rumiz: "Il ponte di Mostar era il luogo della nostalgia, il segno dell'appartenenza e dell'alleanza tra mondi che si volevano a tutti i costi separare".
Dopo che l'ultima pietra cadde nel fiume ci fu un gran silenzio. Anche i cecchini per una volta fecero tacere le armi. Tutti intorno capirono che qualcosa di terribile era accaduto: non era stato abbattuto... (continua)