[1970]
Testo e musica di Francesco Guccini
Lyrics and music by Francesco Guccini
Dall'album "Due anni dopo"
(Anche dopo la primavera di Praga.)
Ricantata da Guccini, insieme ai Nomadi nell'Album Concerto del 1979
Un commento alla canzone di Riccardo Venturi, da Enciclopedia MultiMediale Attiva
NB: Il commento faceva originariamente parte della serie di recensioni di canzoni di Francesco Guccini (dette "Adozioni") organizzata tra il 1998 e il 1999 dal newsgroup it.fan.guccini.
Personalmente, ma ritengo che sia un po' l'impressione di chiunque ascolti Primavera di Praga, m'immagino veramente l'atmosfera cupa della Praga di pochi mesi dopo l'invasione sovietica, cupa ma piena di speranze che tutti avevano voglia di urlare, quella stessa atmosfera che è stata magistralmente descritta dal praghese Milan Kundera nella Nenositelná leckost' bytí. Lascio il titolo originale ceco, perché... (continua)
(dalle "recensioni", o "adozioni" del NG it.fan.guccini)
PRAŽSKÉ JÁRO (continua)
Nell'imminenza della gita a Praga (aprile 2000), al prof. Ubaldo Nicola - docente di Storia e Filosofia - è venuto in mente di spiegare nella sua classe la Primavera di Praga e la vicenda di Jan Palach.
LA PRIMAVERA DI PRAGA E LA VICENDA DI JAN PALACH
di Ubaldo Nicola
dal Sito del Liceo Copernico di Pavia.
Non ricordo il nome di quella grande piazza di Praga in cui vi è il monumento funebre di Jan Palach.
Non è un grande monumento, anzi. Ricordo solo una croce di legno, una targa e qualche mazzo di fiori che a stento riuscivano a farsi notare, quasi confusi con le aiuole di un giardinetto pubblico. Ma questo tono dimesso, pacato e civile, corrisponde, per quel poco che ne so, al carattere del popolo cecoslovacco (l'unico popolo, per fare un esempio, che è riuscito a scindere lo Stato in due Nazioni, ceca e slovacca, senza una guerra civile, anzi mantenendo poi buoni rapporti reciproci).... (continua)
Una delle primissime canzoni dei Litfiba, mai pubblicata su disco. Si tratta, come specificato dall'esauriente articolo di it.wikipedia, della prima canzone in assoluto dei Litfiba in italiano (prima ne avevano scritte solo in inglese).
Durante i concerti, Piero Pelù usciva da una bara poi declamava i primi versi della canzone, distruggeva ritualmente un qualche oggetto e infine si lanciava sul pubblico.