Interpretata come canzone da Emanuele Dabbono e da Davide Gastaldo
Processato nel 1947 per crimini di Guerra (Fosse Ardeatine, Marzabotto e altre orrende stragi di innocenti), Albert Kesselring, comandante in capo delle forze armate di occupazione tedesche in Italia, fu condannato a morte. La condanna fu commutata nel carcere a vita. Ma già nel 1952, in considerazione delle sue "gravissime" condizioni di salute, egli fu messo in libertà. Tornato in patria fu accolto come un eroe e un trionfatore dai circoli neonazisti bavaresi, di cui per altri 8 anni fu attivo sostenitore. Pochi giorni dopo il suo rientro a casa Kesselring ebbe l'impudenza di dichiarare pubblicamente che non aveva proprio nulla da rimproverarsi, ma che - anzi - gli italiani dovevano essergli grati per il suo comportamento durante i 18 mesi di occupazione, tanto che avrebbero fatto bene a erigergli... un monumento.
La celeberrima epigrafe che Primo Levi pose in apertura della sua opera più famosa Se questo è un uomo recita così: Voi che vivete sicuri / Nelle vostre tiepide case, / voi che trovate tornando a sera / il cibo caldo e visi amici: / considerate se questo è un uomo / che lavora nel fango / che non conosce pace / che lotta per un pezzo di pane / che muore per un sì o per un no. / Considerate se questa è una
donna, / senza capelli e senza nome / senza più forza di ricordare / vuoti gli occhi e freddo il grembo / come una rana d’inverno. / Meditate che questo è stato. / Vi comando queste parole: / scolpitele nel vostro cuore / stando in casa andando per via, / coricandovi alzandovi; / ripetetele ai vostri figli / o vi si sfaccia la casa, / la malattia vi impedisca, / i vostri nati torcano il viso da voi.
Ieri, di ritorno dalla manifestazione... (continua)
La versione di Giulio Stocchi, scritta - credo - nel 2008, quando Alemanno blaterava di fascismo come “male relativo” (giusto per rimarcare quanto lui fosse tanto più a destra di quel Fini che nel 2003 a Gerusalemme il fascismo lo aveva definito “male assoluto”) e La Russa esaltava l’innocenza e l’eroismo dei giovani di Salò…
LO AVRAI CAMERATA KESSELRING
“Lo avrai
camerata Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani”
esulta La Russa
“ma con che pietra si farà
a deciderlo tocca a noi”
mentre il sangue
gli imbratta il grugno
Coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
colla terra dei cimiteri
dove i nostri camerati giovinetti
riposano in serenità
Il 31 ottobre del 1979 te ne sei andato piegato dalla fatica.
Ricordo ancora il tuo mezzo sorriso, caro papà… dolce e gentile… L’altra metà te l’avevano portato via i due anni di lager Nazista a Dortmund che avevi dovuto scontare per non esserti voluto piegare alla barbarie del Nazi Fascismo.
Non ci crederai… ma sono tornati… lupi travestiti da agnelli…bulli.. arroganti
e le facce ghignanti.
Con i loro deliri ..i loro dileggi..
la loro propaganda…
e la stessa ignoranza !
Io resto orgoglioso di te !
Musicato da Andrea Talmelli in "MORIRONO TIRANDO DADI D'AMORE NEL SILENZIO"
Brano realizzato nel 2004 su testi di Quasimodo, Borghesi e Calamandrei dedicati al sacrificio dei Sette Fratelli Cervi
Quando la sera tornavano dai campi
sette figli ed otto col padre
il suo sorriso attendeva sull’uscio
per annunciare che il desco era pronto.
Ma quando in un unico sparo
caddero in sette dinanzi a quel muro
la madre disse:
“Non vi rimprovero o figli
d’avermi dato tanto dolore
l’avete fatto per un’idea
perché mai più nel mondo altre madri
debban soffrire la stessa mia pena.
Ma che ci faccio qui sulla soglia
se più la sera non tornerete.
Il padre è forte e rincuora i nipoti
dopo un raccolto ne viene un altro
ma io sono soltanto una mamma
o figli cari
vengo con voi”.
Piero Calamandrei pronunciò queste parole in famoso discorso tenuto al teatro Lirico di Milano il 28 febbraio del 1954
Recitativo su musica dei Mulini a vento
2019
Buonanotte Italia
In queste celebrazioni che noi facciamo della Resistenza, di fatti e di figure di quel tempo, noi ci illudiamo di essere qui, vivi, che celebriamo i morti. E non ci accorgiamo che sono loro, i morti, che ci convocano qui, come dinanzi a un tribunale invisibile, a render conto di quello che in questi dieci anni possiamo aver fatto per non essere indegni di loro, noi vivi. […] Noi sentiamo, quasi con la immediatezza di una percezione fisica, che quei morti sono entrati a far parte della nostra vita, come se morendo avessero arricchito il nostro spirito di una presenza silenziosa e vigile, con la quale ad ogni istante, nel segreto della nostra coscienza, dobbiamo tornare a fare i conti. Quando pensiamo a loro per giudicarli, ci accorgiamo che sono loro che giudicano noi: è la nostra vita, che... (continua)
Texte italien – Ci convocano qui – Piero Calamandrei – 1954
Piero Calamandrei prononça ces mots dans un célèbre discours au Teatro Lirico de Milan le 28 février 1954
Récitatif sur la musique des Mulini a vento – Buonanotte Italia – 2019
Dialogue Maïeutique
Dis-moi, Marco Valdo M.I., ce Piero Calamandrei n’est-il pas celui-là qui avait écrit « Lo avrai camerata Kesselring », poème lapidaire que tu avais intitulé, avec pas mal de grinçante ironie, en français : « Lo avrai camerata Kesselring » et donc, celui-là chez qui nous avons été chercher notre antienne : « Ora e sempre : Resistenza ! » ?
C’est bien lui, Lucien l’âne mon ami et je vois à ton œil sceptique et à tes oreilles en points d’interrogation, que tu te poses des questions à son sujet.
Certes, Marco Valdo M.I. mon ami, notamment la question suivante : « Qu’est-ce qui a bien pu amener un groupe comme les Moulins à vent (I Mulini... (continua)
Processato nel 1947 per crimini di Guerra (Fosse Ardeatine, Marzabotto e altre orrende stragi di innocenti), Albert Kesselring, comandante in capo delle forze armate di occupazione tedesche in Italia, fu condannato a morte. La condanna fu commutata nel carcere a vita. Ma già nel 1952, in considerazione delle sue "gravissime" condizioni di salute, egli fu messo in libertà. Tornato in patria fu accolto come un eroe e un trionfatore dai circoli neonazisti bavaresi, di cui per altri 8 anni fu attivo sostenitore. Pochi giorni dopo il suo rientro a casa Kesselring ebbe l'impudenza di dichiarare pubblicamente che non aveva proprio nulla da rimproverarsi, ma che - anzi - gli italiani dovevano essergli grati per il suo comportamento durante i 18 mesi di occupazione, tanto che avrebbero fatto bene a erigergli... un monumento.
A... (continua)