Wenn der Tag erwacht, eh´ die Sonne lacht,
Die Kolonnen ziehn zu des Tages Mühn
Hinein in den grauenden Morgen.
Und der Wald ist schwarz und der Himmel rot,
Und wir tragen im Brotsack ein Stückchen Brot
Und im Herzen, im Herzen die Sorgen.
O Buchenwald, ich kann dich nicht vergessen,
Weil du mein Schicksal bist.
Wer dich verließ, der kann es erst ermessen
Wie wundervoll die Freiheit ist!
O Buchenwald, wir jammern nicht und klagen,
Und was auch unsere Zukunft sei -
Wir wollen trotzdem "ja" zum Leben sagen,
Denn einmal kommt der Tag -
Dann sind wir frei!
Unser Blut ist heiß und das Mädel fern,
Und der Wind singt leis, und ich hab sie so gern,
Wenn treu, wenn treu sie mir bliebe!
Die Steine sind hart, aber fest unser Schritt,
Und wir tragen die Picken und Spaten mit
Und im Herzen, im Herzen die Liebe!
O Buchenwald ...
Die Nacht ist so kurz und der Tag so lang,
Doch ein Lied erklingt, das die Heimat sang,
Wir lassen den Mut uns nicht rauben!
Halte Schritt, Kamerad, und verlier nicht den Mut,
Denn wir tragen den Willen zum Leben im Blut
Und im Herzen, im Herzen den Glauben!
O Buchenwald ...
Die Kolonnen ziehn zu des Tages Mühn
Hinein in den grauenden Morgen.
Und der Wald ist schwarz und der Himmel rot,
Und wir tragen im Brotsack ein Stückchen Brot
Und im Herzen, im Herzen die Sorgen.
O Buchenwald, ich kann dich nicht vergessen,
Weil du mein Schicksal bist.
Wer dich verließ, der kann es erst ermessen
Wie wundervoll die Freiheit ist!
O Buchenwald, wir jammern nicht und klagen,
Und was auch unsere Zukunft sei -
Wir wollen trotzdem "ja" zum Leben sagen,
Denn einmal kommt der Tag -
Dann sind wir frei!
Unser Blut ist heiß und das Mädel fern,
Und der Wind singt leis, und ich hab sie so gern,
Wenn treu, wenn treu sie mir bliebe!
Die Steine sind hart, aber fest unser Schritt,
Und wir tragen die Picken und Spaten mit
Und im Herzen, im Herzen die Liebe!
O Buchenwald ...
Die Nacht ist so kurz und der Tag so lang,
Doch ein Lied erklingt, das die Heimat sang,
Wir lassen den Mut uns nicht rauben!
Halte Schritt, Kamerad, und verlier nicht den Mut,
Denn wir tragen den Willen zum Leben im Blut
Und im Herzen, im Herzen den Glauben!
O Buchenwald ...
inviata da Riccardo Venturi
Lingua: Italiano
Versione italiana da "La musica dell'Altraitalia"
CANTO DI BUCHENWALD
All'alba, ma prima che il sole si levi,
le colonne vanno verso le fatiche della giornata
avanzando nel primo mattino.
E il bosco è nero e il cielo è rosso
e noi portiamo nella bisaccia un tozzo di pane
e nel cuore, nel cuore gli affanni.
O Buchenwald, non potrò mai dimenticarti,
perché sei il mio destino.
Solo chi può lasciarti è in grado di sapere
quanto meravigliosa sia la libertà!
O Buchenwald, non ci lamentiamo e non piangiamo:
quale che sia il nostro futuro
vogliamo comunque dire sì alla vita,
poiché verrà il giorno
in cui saremo liberi.
La notte è tanto corta ed il giorno tanto lungo,
ma risuona un canto che in patria si cantava:
così il nostro coraggio non viene meno.
Tieni il passo, compagno, e non perderti d'animo,
noi portiamo la volontà di vivere nel sangue
e nel cuore, nel cuore la fede!
O Buchenwald...
Il nostro sangue è caldo e la ragazza lontana,
ed il vento canta sommesso ed io le voglio tanto bene:
se mi restasse fedele!
Le pietre sono dure ma il nostro passo è fermo,
e portiamo con noi picconi e vanghe
e nel cuore, nel cuore l'amore!
O Buchenwald...
All'alba, ma prima che il sole si levi,
le colonne vanno verso le fatiche della giornata
avanzando nel primo mattino.
E il bosco è nero e il cielo è rosso
e noi portiamo nella bisaccia un tozzo di pane
e nel cuore, nel cuore gli affanni.
O Buchenwald, non potrò mai dimenticarti,
perché sei il mio destino.
Solo chi può lasciarti è in grado di sapere
quanto meravigliosa sia la libertà!
O Buchenwald, non ci lamentiamo e non piangiamo:
quale che sia il nostro futuro
vogliamo comunque dire sì alla vita,
poiché verrà il giorno
in cui saremo liberi.
La notte è tanto corta ed il giorno tanto lungo,
ma risuona un canto che in patria si cantava:
così il nostro coraggio non viene meno.
Tieni il passo, compagno, e non perderti d'animo,
noi portiamo la volontà di vivere nel sangue
e nel cuore, nel cuore la fede!
O Buchenwald...
Il nostro sangue è caldo e la ragazza lontana,
ed il vento canta sommesso ed io le voglio tanto bene:
se mi restasse fedele!
Le pietre sono dure ma il nostro passo è fermo,
e portiamo con noi picconi e vanghe
e nel cuore, nel cuore l'amore!
O Buchenwald...
Lingua: Italiano
Ulteriore versione italiana, ripresa da:
http://www.millepiani.net/archives/
http://www.millepiani.net/archives/
LA CANZONE DI BUCHENWALD
Quando il giorno si desta,
prima che il sole rida,
le colonne si dirigono
alla fatica del giorno
nel mattino che spunta.
E la foresta è nera e il cielo rosso
E noi portiamo nel tascapane un pezzetto di pane
E nel cuore, nel cuore le pene.
O Buchenwald non ti posso dimenticare
perché Tu sei il mio destino.
Chi ti abbandona, lui solo può aver la misura
di quanto è meravigliosa la libertà!
O Buchenwald non ci dogliamo e lamentiamo,
E quale che sia il nostro destino,
ciononostante vogliamo dire sì alla vita,
perché prima o poi verrà il giorno, allora saremo liberi!
Vogliamo dire sì! alla vita,
perché prima o poi verrà il giorno: allora saremo liberi!
E la notte è bollente e la bimba lontana,
e il vento canta piano, e io le voglio così bene
se solo restasse fedele, sì fedele!
E le pietre son dure, ma il nostro passo è deciso
E portiamo vanghe e picconi
e nel cuore, nel cuore l'amore.
O Buchenwald non ti posso dimenticare
perché Tu sei il mio destino.
Chi ti abbandona, lui solo può aver la misura
di quanto è meravigliosa la libertà!
O Buchenwald non ci dogliamo e lamentiamo,
E quale che sia il nostro destino,
ciononostante vogliamo dire sì alla vita,
perché prima o poi verrà il giorno, allora saremo liberi!
Vogliamo dire sì! alla vita,
perché prima o poi verrà il giorno: allora saremo liberi!
E il giorno è breve e la notte sì lunga,
tuttavia un canto risuona, ché la patria cantò:
il coraggio non ce lo facciamo rubare!
Tieni il passo, compagno e non perdere il coraggio,
perché la volontà di vivere portiamo nel sangue
e nel cuore, nel cuore la fede.
O Buchenwald non ti posso dimenticare
perché Tu sei il mio destino.
Chi ti abbandona, lui solo può aver la misura
di quanto è meravigliosa la libertà!
O Buchenwald non ci angosciamo e lamentiamo,
E quale che sia il nostro destino,
ciononostante vogliamo dire sì alla vita,
perché prima o poi verrà il giorno, allora saremo liberi!
Vogliamo dire sì! alla vita,
perché prima o poi verrà il giorno: allora saremo liberi!
Quando il giorno si desta,
prima che il sole rida,
le colonne si dirigono
alla fatica del giorno
nel mattino che spunta.
E la foresta è nera e il cielo rosso
E noi portiamo nel tascapane un pezzetto di pane
E nel cuore, nel cuore le pene.
O Buchenwald non ti posso dimenticare
perché Tu sei il mio destino.
Chi ti abbandona, lui solo può aver la misura
di quanto è meravigliosa la libertà!
O Buchenwald non ci dogliamo e lamentiamo,
E quale che sia il nostro destino,
ciononostante vogliamo dire sì alla vita,
perché prima o poi verrà il giorno, allora saremo liberi!
Vogliamo dire sì! alla vita,
perché prima o poi verrà il giorno: allora saremo liberi!
E la notte è bollente e la bimba lontana,
e il vento canta piano, e io le voglio così bene
se solo restasse fedele, sì fedele!
E le pietre son dure, ma il nostro passo è deciso
E portiamo vanghe e picconi
e nel cuore, nel cuore l'amore.
O Buchenwald non ti posso dimenticare
perché Tu sei il mio destino.
Chi ti abbandona, lui solo può aver la misura
di quanto è meravigliosa la libertà!
O Buchenwald non ci dogliamo e lamentiamo,
E quale che sia il nostro destino,
ciononostante vogliamo dire sì alla vita,
perché prima o poi verrà il giorno, allora saremo liberi!
Vogliamo dire sì! alla vita,
perché prima o poi verrà il giorno: allora saremo liberi!
E il giorno è breve e la notte sì lunga,
tuttavia un canto risuona, ché la patria cantò:
il coraggio non ce lo facciamo rubare!
Tieni il passo, compagno e non perdere il coraggio,
perché la volontà di vivere portiamo nel sangue
e nel cuore, nel cuore la fede.
O Buchenwald non ti posso dimenticare
perché Tu sei il mio destino.
Chi ti abbandona, lui solo può aver la misura
di quanto è meravigliosa la libertà!
O Buchenwald non ci angosciamo e lamentiamo,
E quale che sia il nostro destino,
ciononostante vogliamo dire sì alla vita,
perché prima o poi verrà il giorno, allora saremo liberi!
Vogliamo dire sì! alla vita,
perché prima o poi verrà il giorno: allora saremo liberi!
inviata da Riccardo Venturi - 28/6/2005 - 13:39
Lingua: Inglese
Versione inglese da:
http://jusos-ratingen.de/kampflieder/lieder/buchenwald2.htm
http://jusos-ratingen.de/kampflieder/lieder/buchenwald2.htm
BUCHENWALD-LIED
If the day awakes, eh ' the sun laughs,
the columns ziehn to the daily Muehn
inside in the having a horror mornings.
And the forest is red black and the skies,
and we carry a bit bread in the bread bag
and in the heart, in the heart the concerns.
O Buchenwald, I can not forget you,
because you are my fate.
Who left you, which can do it only estimated
the liberty is as wonderful!
O Buchenwald, we jammern not and complain,
and which also our fate is,
we want to say to the life,
because once the day comes: then we are free!
And the blood is hot and the girl far,
and the wind sings leis,
and I like ' it so, if faithfully it only remained,
faithfully it! And the stones are hard,
but fixed our footstep,
and we carry the picken and spades with and in the heart,
in the heart the love.
Chorus
And the night is so short, and the day is so long,
but a song rings out, which sang the homeland.
We do not let the courage rob us.
Stops step, comrade, and do not lose the courage,
which we carry the will to the life in the blood and in the heart,
in the heart the faith.
Chorus
If the day awakes, eh ' the sun laughs,
the columns ziehn to the daily Muehn
inside in the having a horror mornings.
And the forest is red black and the skies,
and we carry a bit bread in the bread bag
and in the heart, in the heart the concerns.
O Buchenwald, I can not forget you,
because you are my fate.
Who left you, which can do it only estimated
the liberty is as wonderful!
O Buchenwald, we jammern not and complain,
and which also our fate is,
we want to say to the life,
because once the day comes: then we are free!
And the blood is hot and the girl far,
and the wind sings leis,
and I like ' it so, if faithfully it only remained,
faithfully it! And the stones are hard,
but fixed our footstep,
and we carry the picken and spades with and in the heart,
in the heart the love.
Chorus
And the night is so short, and the day is so long,
but a song rings out, which sang the homeland.
We do not let the courage rob us.
Stops step, comrade, and do not lose the courage,
which we carry the will to the life in the blood and in the heart,
in the heart the faith.
Chorus
inviata da Riccardo Venturi
Lingua: Francese
Version française – CHANT DE BUCHENWALD – Marco Valdo M.I. – 2011
Chanson en allemand – Buchenwald-Lied – Fritz Böda-Löhner – 1938
Paroles de Fritz Böda-Löhner
Musique de Hermann Leopoldi
À la fin de 1938, le directeur du camp de concentration de Buchenwald, édifié au milieu d'une forêt de de hêtres à quelques kilomètres de Weimar, se lamentait car tous les camps avaient leur hymne, excepté Buchenwald ; ce fut ainsi qu'il donna l'ordre aux prisonniers d'en composer un. Aucune des propositions ne rencontra la faveur de al direction, jusqu'à ce qu'en accord avec les prisonniers, le chef du bureau de psote, bien vu des SS du camp, se présenta comme l'auteur du texte et d'une musique qui deviendra « La Chanson de Buchenwald ».
L'histoire des répétitions de ce morceau dans le gel hivernal allemand, à la fin décembre, a été racontée, entre autres, par un nommé Stefan Heymann, originaire de Mannheim, la ville de la première des « Brigands », la grande tragédie contre la tyrannie de Friedrich Schiller.
Chaque bloc avait comme consigne de répéter durant les heures de liberté, jusqu'à un soir où il faisait « un froid de canard et tout lourdement enneigé », quand le directeur du camp « bourré à mort » donna l'ordre que les sept mille prisonniers exécutent le chant après l'appel du soir. Comme tout n'alla pas immédiatement, il exigea qu'il rechantent tous ensemble jusqu'à ce que fonctionne ; « le concert infernal »qui s'ensuivit, le convainquit dans les fumées de l'alcool, qu'il valait mieux faire répéter strophe par strophe.
Et il en fut ainsi pendant quatre longues heures. Après quoi, Arthur Rödl, c'est le nom de ce directeur, commanda que les prisonniers retournent à leurs baraques, en chantant en rang de dix devant la tour de garde, où il se tenait avec d'autres SS « bourrés ». Les rangs qui ne chantaient pas correctement ou qui ne marchaient spa les épaules bien droites, devaient « impitoyablement » répéter tout le trajet ; ce ne fut que vers dix heures que « morts de faim et raides de froid » qu'ils rentrèrent tous à leurs baraques.
« Cette scène dans l'hiver le plus profond, où des hommes affamés et sous la lumière glacée des projecteurs et dans la neige d'un blanc éblouissant furent sur l'esplanade d'appel à chanter, s'est enfoncée durablement dans la mémoire de tous ceux qui y ont participé ».
Qui étaient les deux prisonniers auteurs des vers et des notes ?
La musique avait été composée par Hermann Leopoldi, un cabarettiste de Vienne, et le paroles, les paroles étaient d'un artiste, mort le 4 décembre 1942 à Auschwitz-Monowitz, après avoir été sauvagement battu par une sentinelle. Son nom était Fritz Löhner-Beda, et il avait été le librettiste de Franz Lehar, le prince de l'opérette.
Chaque fois que je relis cet hymne et que je le partage avec quelqu'un, je pleure, car moi, à Buchenwald, j'y suis allé seulement comme visiteur et au cœur d'un été ensoleillé, la première et pour des mois, la seule sortie que j'ai voulu faire en Thuringe ; la seconde, de nombreux mois plus tard, fut pour rendre hommage à Schiller et à Herder à Weimar. C'est pourquoi, je pense toujours que deux hommes experts dans l'art de divertir le public avec des histoires piquantes et des rythmes rêveurs, ont eu le destin d'écrire un chant, dont le refrain, rappelle un autre survivant, Erich Fein. Ces hommes chantaient avec enthousiasme et à haute voix. Tant est vrai ce qu'écrit Chlebnikov et que Luigi Nono fait chanter aux hommes libres :
« Quand ils meurent, les chevaux respirent
Quand ils meurent, les herbes s'emmêlent
Quand ils meurent, les soleils s'éteignent
Quand ils meurent, les hommes chantent. »
Mario M.
in: http://www.millepiani.net/archives/
Chanson en allemand – Buchenwald-Lied – Fritz Böda-Löhner – 1938
Paroles de Fritz Böda-Löhner
Musique de Hermann Leopoldi
À la fin de 1938, le directeur du camp de concentration de Buchenwald, édifié au milieu d'une forêt de de hêtres à quelques kilomètres de Weimar, se lamentait car tous les camps avaient leur hymne, excepté Buchenwald ; ce fut ainsi qu'il donna l'ordre aux prisonniers d'en composer un. Aucune des propositions ne rencontra la faveur de al direction, jusqu'à ce qu'en accord avec les prisonniers, le chef du bureau de psote, bien vu des SS du camp, se présenta comme l'auteur du texte et d'une musique qui deviendra « La Chanson de Buchenwald ».
L'histoire des répétitions de ce morceau dans le gel hivernal allemand, à la fin décembre, a été racontée, entre autres, par un nommé Stefan Heymann, originaire de Mannheim, la ville de la première des « Brigands », la grande tragédie contre la tyrannie de Friedrich Schiller.
Chaque bloc avait comme consigne de répéter durant les heures de liberté, jusqu'à un soir où il faisait « un froid de canard et tout lourdement enneigé », quand le directeur du camp « bourré à mort » donna l'ordre que les sept mille prisonniers exécutent le chant après l'appel du soir. Comme tout n'alla pas immédiatement, il exigea qu'il rechantent tous ensemble jusqu'à ce que fonctionne ; « le concert infernal »qui s'ensuivit, le convainquit dans les fumées de l'alcool, qu'il valait mieux faire répéter strophe par strophe.
Et il en fut ainsi pendant quatre longues heures. Après quoi, Arthur Rödl, c'est le nom de ce directeur, commanda que les prisonniers retournent à leurs baraques, en chantant en rang de dix devant la tour de garde, où il se tenait avec d'autres SS « bourrés ». Les rangs qui ne chantaient pas correctement ou qui ne marchaient spa les épaules bien droites, devaient « impitoyablement » répéter tout le trajet ; ce ne fut que vers dix heures que « morts de faim et raides de froid » qu'ils rentrèrent tous à leurs baraques.
« Cette scène dans l'hiver le plus profond, où des hommes affamés et sous la lumière glacée des projecteurs et dans la neige d'un blanc éblouissant furent sur l'esplanade d'appel à chanter, s'est enfoncée durablement dans la mémoire de tous ceux qui y ont participé ».
Qui étaient les deux prisonniers auteurs des vers et des notes ?
La musique avait été composée par Hermann Leopoldi, un cabarettiste de Vienne, et le paroles, les paroles étaient d'un artiste, mort le 4 décembre 1942 à Auschwitz-Monowitz, après avoir été sauvagement battu par une sentinelle. Son nom était Fritz Löhner-Beda, et il avait été le librettiste de Franz Lehar, le prince de l'opérette.
Chaque fois que je relis cet hymne et que je le partage avec quelqu'un, je pleure, car moi, à Buchenwald, j'y suis allé seulement comme visiteur et au cœur d'un été ensoleillé, la première et pour des mois, la seule sortie que j'ai voulu faire en Thuringe ; la seconde, de nombreux mois plus tard, fut pour rendre hommage à Schiller et à Herder à Weimar. C'est pourquoi, je pense toujours que deux hommes experts dans l'art de divertir le public avec des histoires piquantes et des rythmes rêveurs, ont eu le destin d'écrire un chant, dont le refrain, rappelle un autre survivant, Erich Fein. Ces hommes chantaient avec enthousiasme et à haute voix. Tant est vrai ce qu'écrit Chlebnikov et que Luigi Nono fait chanter aux hommes libres :
« Quand ils meurent, les chevaux respirent
Quand ils meurent, les herbes s'emmêlent
Quand ils meurent, les soleils s'éteignent
Quand ils meurent, les hommes chantent. »
Mario M.
in: http://www.millepiani.net/archives/
CHANT DE BUCHENWALD
Quand le jour s'éveille, que le soleil rit,
Les colonnes partent aux travaux du jour
Dans le petit matin.
Le bois est noir, le ciel est rouge,
Nous emmenons dans notre sac un morceau de pain
Et dans le cœur, dans le cœur nos peines.
Ô Buchenwald, je ne peux t'oublier,
Car tu es mon destin.
Qui te quittes, peut seul mesurer
Combien la liberté est merveilleuse !
Ô Buchenwald, nous ne nous lamentons ni nous plaignons,
Et quel que soit notre futur,
Nous voulons malgré tout dire oui à la vie,
Car viendra un jour le jour,
Où nous serons libres !
Notre sang est chaud et la fille est lointaine,
Le vent chante doucement et je l'aime tant,
Tant elle me reste, reste fidèle !
Les pierres sont dures, mais ferme est notre pas
Et nous emportons pics et pelles
Et dans le cœur, dans le cour l'amour !
Ô Buchenwald, je ne peux t'oublier,
Car tu es mon destin.
Qui te quittes, peut seul mesurer
Combien la liberté est merveilleuse !
Ô Buchenwald, nous ne nous lamentons ni nous plaignons,
Et quel que soit notre futur,
Nous voulons malgré tout dire oui à la vie,
Car viendra un jour le jour,
Où nous serons libres !
La nuit est si courte et le jour si long,
Pourtant un chant s'élève, qui chante la patrie,
Nous ne nous laissons prendre notre courage !
Halte au pas, camarade, et ne perds pas courage,
Car nous portons la volonté de vivre dans notre sang,
Et au cœur, au cœur la foi !
Ô Buchenwald, je ne peux t'oublier,
Car tu es mon destin.
Qui te quittes, peut seul mesurer
Combien la liberté est merveilleuse !
Ô Buchenwald, nous ne nous lamentons ni nous plaignons,
Et quel que soit notre futur,
Nous voulons malgré tout dire oui à la vie,
Car viendra un jour le jour,
Où nous serons libres !
Quand le jour s'éveille, que le soleil rit,
Les colonnes partent aux travaux du jour
Dans le petit matin.
Le bois est noir, le ciel est rouge,
Nous emmenons dans notre sac un morceau de pain
Et dans le cœur, dans le cœur nos peines.
Ô Buchenwald, je ne peux t'oublier,
Car tu es mon destin.
Qui te quittes, peut seul mesurer
Combien la liberté est merveilleuse !
Ô Buchenwald, nous ne nous lamentons ni nous plaignons,
Et quel que soit notre futur,
Nous voulons malgré tout dire oui à la vie,
Car viendra un jour le jour,
Où nous serons libres !
Notre sang est chaud et la fille est lointaine,
Le vent chante doucement et je l'aime tant,
Tant elle me reste, reste fidèle !
Les pierres sont dures, mais ferme est notre pas
Et nous emportons pics et pelles
Et dans le cœur, dans le cour l'amour !
Ô Buchenwald, je ne peux t'oublier,
Car tu es mon destin.
Qui te quittes, peut seul mesurer
Combien la liberté est merveilleuse !
Ô Buchenwald, nous ne nous lamentons ni nous plaignons,
Et quel que soit notre futur,
Nous voulons malgré tout dire oui à la vie,
Car viendra un jour le jour,
Où nous serons libres !
La nuit est si courte et le jour si long,
Pourtant un chant s'élève, qui chante la patrie,
Nous ne nous laissons prendre notre courage !
Halte au pas, camarade, et ne perds pas courage,
Car nous portons la volonté de vivre dans notre sang,
Et au cœur, au cœur la foi !
Ô Buchenwald, je ne peux t'oublier,
Car tu es mon destin.
Qui te quittes, peut seul mesurer
Combien la liberté est merveilleuse !
Ô Buchenwald, nous ne nous lamentons ni nous plaignons,
Et quel que soit notre futur,
Nous voulons malgré tout dire oui à la vie,
Car viendra un jour le jour,
Où nous serons libres !
inviata da Marco Valdo M.I. - 8/11/2011 - 11:29
Excellente idée, Lorenzo.
En effet, il vaudrait mieux corriger, mais il apparaît à d'autres endroits dans le site; dès lors, il faudrait corriger partout.
Cordial
Lucien Lane
En effet, il vaudrait mieux corriger, mais il apparaît à d'autres endroits dans le site; dès lors, il faudrait corriger partout.
Cordial
Lucien Lane
Lucien Lane - 1/12/2018 - 09:02
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Testo di / Lyrics by Fritz Löhner-Beda
Musica di / Music by Hermann Leopoldi
da: http://www.millepiani.net/archives/
testo di Mario M.
Alla fine del 1938, il direttore del campo di concentramento di Buchenwald, edificato in mezzo a una foresta di faggi a qualche chilometro da Weimar, lamentò che tutti i campi avessero un loro inno, tranne Buchenwald: fu così dato mandato ai prigionieri di comporne uno. Ma nessuna delle proposte incontrava il favore della direzione, finché, d’intesa con i prigionieri, il Kapò della stazione di posta, in buoni rapporti con le SS del campo, si spacciò per autore di testo e di una musica che sarebbero divenute «La canzone di Buchenwald».
La storia delle prove di questo pezzo nel gelido inverno tedesco, alla fine di Dicembre, è stata raccontata, fra gli altri, da un sopravvissuto di nome Stefan Heymann, originario di Mannheim, la città della prima dei 'I Masnadieri', la grande tragedia anti-tirannica di Friedrich Schiller.
Ogni blocco aveva avuto in consegna di provare nelle ore libere, finché una sera in cui faceva «un freddo cane ed era tutto pesantemente innevato», il direttore del campo, «ubriaco fino a puzzare» diede ordine che i settemila prigionieri eseguissero il canto dopo l’appello serale. Siccome non tutto funzionò subito, egli pretese che ricantassero tutti insieme seduta stante fino a quando non avesse funzionato: «l’infernale concerto», che ne seguì, lo convinse nei fumi dell’alcool, che era meglio far provare strofa per strofa.
E così dovette avvenire, per quattro lunghe ore. Dopodiché il signor Arthur Rödl, questo il nome dell’allora direttore, comandò che i prigionieri facessero ritorno alle baracche, cantando in marcia in file di dieci davanti alla torre di comando, dove egli stazionava con altre SS «ubriache». Le file che non cantavano correttamente o che non marciavano a spalle ben dritte, dovevano «impietosamente» ripetere tutto il tragitto: solo intorno alle dieci, «morti di fame e irrigiditi dal gelo», fecero tutti ritorno alle baracche.
«Questa scena nell’inverno più profondo, in cui uomini affamati e al gelo nella luce abbagliante dei riflettori e nella neve alta di un bianco abbagliante stanno sulla piazzola dell’appello a cantare, si è scavata indelebilmente nella memoria di ciascuno che vi partecipò».
Chi erano, però, i due prigionieri autori dei versi e delle note?
Le musiche le aveva composte Hermann Leopoldi, un cabarettista di Vienna, e le parole, le parole erano di un bravo artista, morto sempre di Dicembre, il 4 Dicembre del 1942, ad Auschwitz-Monowitz, dopo essere stato furiosamente picchiato da una sentinella. Il suo nome era Fritz Löhner-Beda, ed era stato il librettista di Franz Lehar, il principe dell’operetta.
Ogni volta che rileggo questo 'inno' e che lo condivido con qualcuno, mi viene da piangere, perché io, a Buchenwald, ci sono stato solo da visitatore e nel pieno di un’assolatissima estate, la prima e per molti mesi l’unica uscita che ho voluto fare in tutta la Turingia: la seconda, molti mesi dopo, fu per rendere omaggio a Schiller e al mio Herder a Weimar. E perché penso sempre che due uomini esperti nell’arte di divertire e dilettare il pubblico con storie frizzanti e ritmi trasognati, abbiano avuto il destino di scrivere un canto, il cui ritornello, ricorda un altro sopravvissuto, Erich Fein, quegli uomini cantavano con entusiasmo e ad alta voce.
Perché è vero ciò che scrive Chlebnikov e che Luigi Nono fa cantare a uomini liberi:
«Quando stanno morendo, i cavalli respirano
quando stanno morendo, le erbe intristiscono,
quando stanno morendo, i soli si spengono,
quando stanno morendo,
gli uomini cantano».