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Manos Hatzidakis / Μάνος Χατζιδάκις


Manos Hatzidakis / Μάνος Χατζιδάκις

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(Manos Hatzidakis / Μάνος Χατζιδάκις)


Elladografía
Στίχοι: Νίκος Γκάτσος
Μουσική: Μάνος Χατζιδάκις
Πρώτη εκτέλεση: Μίκης Θεοδωράκης
Από “Τα παράλογα” – 1976

Testo di Nikos Gatsos
Musica di Manos Hatzidakis
Prima esecuzione di Mikis Theodorakis
Da "Ta paraloga - Le assurdità" - 1976
Τα Παράλογα

E’ uno, certo il più ampio, di quei testi colti e ironici, che Nikos Gatsos dedicò per amore alla sua Grecia, di cui con crescente frequenza stigmatizzò non solo quelle che gli apparivano come derive politiche, ma anche le metamorfosi, sociale e culturale, in seno a tutte le classi e sempre più appariscente nello scempio del sacro paesaggio. E’ indubbio che la Grecia dopo la Dittatura (1967-1974), recuperate le forme della democrazia, ha sempre di più legato il proprio corso economico e culturale a quello dell’Europa occidentale, fino all’approdo politico dell’Unione Europea. Chi ha abbastanza anni per ricordare, senza andare più indietro, almeno gli anni Settanta, può -anzi, non può fare a meno di constatare – che oggi in Grecia si vive “come da noi”, nel cemento, nello smog, nel deturpamento delle coste e dei monti, negli incendi dei boschi, nei mostruosi imbottigliamenti del traffico, nella musicaccia che gira intorno, nell’ansia del consumo e dell’apparire, e via elencando cotanti guai, aggravati, rispetto a noi, dal fatto che metà della popolazione greca vive concentrata in due, tre grandi città, delle quali Atene con la sua conurbazione può essere vista – e vissuta- come quell’assurdo tumore cui gia alludeva Gatsos nel 1976.
Questo non impedisce che, venendo da un altro paese, più “progredito”, ahimé, in questa sorta di miserie, noi riusciamo a intravedere, nella musica che amiamo, nella sobrietà e nell’ospitalità che ancora caratterizza le generazioni più anziane, in quel tanto di rustico e di marinaro che ancora si riesce a cogliere nell’ “eparchìa” – la provincia – e in certe isole benedette, ampi spazi di sopravvivenza della antica anima, e di quelli in particolare cerchiamo di profittare e di godere.
Ma chi, come Gatsos, quella deriva la viveva giorno dopo giorno, può avere avvertito un allarme più acuto del nostro, e, da intellettuale responsabile, si levò a denunciarlo. Generalmente Gatsos riesce a mantenere aperta una porta alla speranza perché, a ben pensarci, è lo stesso poeta che in “Amorgos” (1943) disvelava gli orridi mostri abitatori della casa dell’uomo afflitto. Ma quella festosità con la quale, sulla musica di Hatzidakis, aveva salutato Atene “χαρά τῆς γῆς" – delizia della terra - nello storico concerto all’ “Orfeo” nel 1960, la vediamo rapidamente svanire, se estrapoliamo e allineiamo le sue canzoni che abbiano per oggetto la Grecia: come “Ellada Ellada”, “Madre mia Grecia”, “La deforme”, dove si alternano una Grecia tradita e una Grecia traditrice.
Un motivo, questo, di cui Gatsos non ha l’esclusiva: tutta la sua generazione intellettuale porta nel cuore questo senso di smarrimento e di tradimento. Tradimento di chi aveva lottato e patito certo per ben altro.
Altri testi di “Ta Paraloga – Le Assurdità” (1976), che Hatzdakis musicò e diede da interpretare anche a due colleghi musicisti (e un po' rivali) come Savvopoulos e Theodorakis, oltre che a interpreti professionali com Melina Merkouri e Maria Farandouri, si possono ascoltare insieme a questa “strana” epitome di storia greca in prosa elevata, ed eseguita quasi fosse un lungo recitativo intrecciato alla musica, dalla cacciata di Adamo ed Eva ai giorni nostri, perché in altra forma i temi dolenti vi sono ripresi. Penso all' “Incubo di Persefone”, dedicato allo scempio petrolchimico della sacra area di Eleusi, o a “Magda” con l'incubo dei bottegai per qualsiavoglia mutamento sociale, e al fatto che è proprio in questa raccolta che si può ascoltare “Il Cavaliere e la Morte”, scritto a guerra appena finita, oltre alla bellissima "Cundu Luna Vini - Quando spunta la luna (in lingua vlaha)". Penso che, prima o poi, queste canzoni siano da mandare. (gpt)
Τω καιρώ εκείνο ο ακμαιότερος κλάδος της πελασγικής δρυός
εκάλυπτε τρεις οικισμούς πέριξ του μυστηριώδους Βράχου της Ακροπόλεως.
Αλλά μετά τα δραματικά γεγονότα της Μεσοποταμίας, τα οποία οδήγησαν
εις την έξωσιν των πρωτοπλάστων εκ της κοιλάδος του Τίγρεως και
προεκάλεσαν σύγχυσιν εις τας φρένας των ανθρώπων, οι οικισμοί
των Αθηνών ήρχισαν να πληθύνονται παραλόγως.
Αποτέλεσμα υπήρξεν η αλματώδης επέκτασις της πόλεως και η δημιουργία
του λεγομένου άστεως, το οποίο κατά τους αρχαιοπλήκτους ιστορικούς
εμεγαλούργησε και περιεβλήθη την αίγλην της αιωνιότητος.

Επίσκοποι και προεστοί
κατακτητές και στρατηλάτες
επαναστάτες και αστοί
της ιστορίας οι πελάτες.

Αλλά οι αρχαίοι Θεοί, εν τη μερίμνη των δια τα υπόλοιπα πελασγικά
φύλα, απεφάσισαν την βαθμιαία κατάρρευσιν των Αθηνών ως ηγέτιδος
πόλεως και την απαλλαγήν του Ελληνισμού, ως εθνικού πλέον συνόλου,
εκ των κινδύνων του συγκεντρωτισμού. Κατά τους επόμενους μακρούς αιώνας
κατεβλήθησαν αρκεταί προσπάθειαι δια την αναβίωσιν του παλαιού άστεως,
αλλ' αύται απέβησαν άκαρποι. Ευτυχώς δε, διότι κατά την νεωτέραν και σκληροτέραν δοκιμασίαν
του γένους, η εκ νέου κυριαρχία των Αθηνών θα απεδυνάμωνε τας
κορυφάς και τας πεδιάδας της πελασγικής γης,
αι οποίαι διεμόρφωσαν την οριστικήν φυσιογνωμίαν της φυλής και κατηύγασαν
δι' ανεσπέρου φωτός τους ομιχλώδεις ορίζοντας της
περιδεούς ανθρωπότητος.

Στο Σούλι και στην Αλαμάνα
κάναμε φως τη συμφορά
θα μας θυμούνται τάχα μάνα
καμμιά φορά;

Ματαία ελπίς. Ουδείς τους ενεθυμήθη ως ζώσας αιωνιότητας,
ουδείς τους κατενόησεν εις τας πραγματικάς των διαστάσεις. Και αι
Αθήναι, καταστάσαι πρωτεύουσα νεοπαγούς κράτους, ήρχισαν να
προετοιμάζονται δια την εκ νέου απορρόφησιν της ικμάδος του έθνους.
Αλλά η προγονική κληρονομία δεν είχεν εξ ολοκλήρου σπαταληθή και
οι μεταγενέστεροι αδελφοί του μικρού Χορμόπουλου, εκ των Ηπειρωτικών
ορέων και εξ όλων των στενωπών της αθανάτου πατρίδος, διέπλευσαν την
Αχερουσίαν της μοίρας των με την γαλήνην του μαρτυρίου και της θυσίας.
Και τα βαρβαρικά έθνη ηπόρησαν και κατ' ιδίαν εκάγχασαν- ακριβώς όπως
αι Αθήναι.

Χτυπάτε της οργής προφήτες
καμπάνα στην Καισιαριανή
νά 'ρθουν απόψε οι Διστομίτες
νά 'ρθουν κι οι Καλαβρυτινοί
με σπαραγμό κι απελπισία
για τη χαμένη τους θυσία.

Άραγε είναι αληθές ότι η θυσία των απέβη επί ματαίω;
Ουδείς δύναται να αποφανθή μετά βεβαιότητος και ουδείς δύναται να
προεξοφλήση το μέλλον διότι η ιστορία των ανθρώπων είμαι μία
συνεχής παλινδρόμησις. Αλλά με την διαρκώς ογκούμενην υπερτροφίαν της
Αττικής αι προοπτικαί διαγράφονται σκοτειναί. Οι αρχαίοι Θεοί δεν
υπάρχουν πλέον δια να δώσουν την λύσιν, και ούτω, θάττον η βράδιον,
αι Αθήναι θα συγκεντρώσουν εις τους κόλπους των και θα εξαφανίσουν δια
παντός την Ελληνικήν αρετήν, ως ο Κρόνος εις το απώτατον παρελθόν
κατέτρωγε τα ίδια αυτού τέκνα ή ως ο Ήλιος εις το απώτατον μέλλον θα
συγκεντρώσει εις τας αγκάλας του τους πλανήτας του
και θα καταβροχθίσει αυτούς!
Γένοιτο! και εις τους αιώνας των αιώνων αμήν.

Πότε θ' ανθίσουνε τούτοι οι τόποι;
Πότε θα 'ρθούνε κανούργιοι ανθρώποι
να συνοδεύσουνε την βλακεία
στην τελευταία της κατοικία;

inviata da Gian Piero Testa - 30/11/2010 - 11:36



Lingua: Italiano

Gian Piero Testa.
Gian Piero Testa.

Versione italiana di Gian Piero Testa
ELLADOGRAFIA

In quel tempo il ramo più vigoroso della quercia pelasgica
si estendeva su tre insediamenti intorno al mistico Scoglio dell'Acropoli.
Ma dopo i drammatici avvenimenti della Mesopotamia i quali condussero
alla cacciata di Adamo ed Eva dalla vallata del Tigri
e sconvolsero le menti degli uomini, gli insediamenti
di Atene cominciarono a popolarsi in modo sconsiderato.
Conseguenza ne fu un balzo dell'espansione della città e la realizzazione
della sopraddetta rocca, la quale, secondo gli storici fanatici dell'antichità,
realizzò grandi opere e si avvolse di gloria eterna.

Vescovi e notabili
signori e condottieri
rivoluzionari e borghesi
i clienti della storia.

Ma gli antichi dei, studiosi delle rimanenti stirpi
pelasgiche, deliberarono di far rovinosamente cadere Atene come città
egemone, e di sottrarre l'Ellenismo (1), oramai fattosi consorzio di popoli,
ai pericoli dell'accentramento. Nei lunghi secoli che seguirono
si produssero alquanti conati per far rivivere la vecchia città,
ma essi si arenarono infruttuosamente. E fu un bene, poiché nella nuova e più dura peripezia
la rinnovata preminenza di Atene avrebbe stremato
le alture e le pianure della terra pelasgica,
le quali trasformarono l' immutabile fisionomia della tribù e inondarono
d'inestinguibile luce i brumosi orizzonti
della trepida umanità.

Nel Suli e sull'Alamana (2)
della sventura facemmo luce.
Si ricorderanno buon dio di noi
una volta o l'altra?

Vana speranza. Nessuno di loro fu ricordato per essere vivo nei secoli,
nessuno si sentì collocato nella sua reale dimensione.
E Atene, che si poneva come capitale del novello Stato, cominciò
a prepararsi al rinnovato respiro vitale della nazione.
Ma l'avita eredità non era stata punto sperperata ed
i novissimi fratelli di Mikròs Hormopoulos (3),
dai monti dell'Epiro e da tutte le gole della patria immortale navigarono
la palude Acherusia del loro fato con la serenità del martirio e del sagrifizio.
E le nazioni barbariche si fecero avanti e risero tra di loro - esattamente come
Atene.

Suonate profeti della collera
la campana a Kessarianì (4)
che venga stasera la gente di Distomo (5)
che vengano quelli di Calavrita (5)
con strazio e disperazione
per il loro inutile sacrificio.

E' dunque vero che il loro sacrificio si consumò invano?
Nessuno lo può sostenere con certezza e nessuno può
ipotecare il futuro, poiché la storia dell'uomo è
un incessante ricorso. Ma, con la tumorale superfetazione
dell'Attica, le previsioni si delineano oscure. Gli antichi dei
non sono più qui a offrirci una soluzione e così, presto o tardi,
Atene si ammasserà sui suoi golfi e farà scomparire
per sempre la virtù greca, come Crono nella notte dei tempi
divorava i suoi stessi figli e come Elio nel più remoto futuro
attirerà nel suo abbraccio i pianeti
e insaziabile li ingoierà.
E sia! E nei secoli dei secoli, amen.

Quando fioriranno queste plaghe?
Quando verranno uomini nuovi
ad accompagnare l'imbecillità
alla sua ultima dimora ?

inviata da Gian Piero Testa - 30/11/2010 - 16:35


NOTE alla traduzione

(1) Ellenismo: il termine è oggi usato per indicare l'insieme dei Greci, in patria e nella diaspora.

(2) Suli, sub regione dell'Epiro. Alamana: fiume (oggi Sperchéo) della Grecia continentale: nomi sacri della lotta per la liberazione dal dominio Turco.

(3) Non ho la minima idea a chi si alluda. Se qualcuno...

(4) Kessarianì: il bel complesso monastico ateniese, per salire all'Imetto, e il quartiere ateniese sottostante, che fu teatro di esecuzioni e di sanguinosi rastrellamenti tedeschi.

(5) Distomo, Calavrita: città martiri della ferocia nazista.

Gian Piero Testa - 1/12/2010 - 03:40


Giampiero, non il "piccolo Cormopulo", ma proprio Mikròs Hormopoulos (Μικρός Χορμόπουλος): si trattava di un combattente greco che, assieme a Angelis Soumilas (detto "Vlahos"), di Ioannina, e Panos Mitanis (di Katouna) combattè assieme a Francesco Morosini nell'Epiro, nell'anno 1684. Mikròs Hormopoulos era nativo di Agrafa. Ti ho corretto la traduzione in tal senso.

Riccardo Venturi - 1/12/2010 - 03:48


Grazie, fratello! Come tutto torna, adesso: era un rovello per me, questo Cormopoulos, e tu, levandomelo dai piedi, mi rendi felice e eternamente grato, come il leone con Androclo. Il fatto è che ho mandato, così com'era, una traduzione vecchia di circa tre anni: e tre anni fa non sapevo trovare informazioni nel web. In stixoi.info, che ora mi affretto ad emendare, c'è anche una traduzione in inglese, lingua che non so giudicare. Se hai il tempo di darle un'occhiata, potrebbe valere la pena di aggiungerla a questa pagina.
E poi mi rendo conto che dovrei informarmi di più sulle imprese (delle quali, una - il bombardamento della polveriera collocata nel Partenone - la Grecia porta ancora i segni) di Francesco Morosini, perché, pur essendo un Enetòs, cioè un maledetto Veneziano, ancora gode di buona fama popolare tra i Greci. Credo che gli siano grati per avere riconquistato Anapli (Napflion), che per i Veneziani si chiamava Napoli di Morea.

Gian Piero Testa - 1/12/2010 - 10:02


Stavo pensando comunque a quanto, anche dal punto di vista strettamente linguistico, Venezia ha "agito" sulla lingua greca. Il termine "Enetòs" che hai ricordato riproduce in epoca moderna l'antica consuetudine di eliminare la "v" iniziale (come in "estìa" < *vestìa); non per niente si scriveva con lo spirito aspro. Gioverà anche ricordare il Vitsensos Kornaros autore dell' "Erotokritos" poi cantato integralmente da Nikos Xylouris: vale a dire Vincenzo Cornaro, e tra i Cornaro e Venezia c'è, come dire, stato un certo "feeling". Che lo vogliano o meno gli elleni, i prestiti "italiani" (e sono tanti) in greco provengono tutti da Venezia...

Riccardo Venturi - 1/12/2010 - 14:33


E una Cornèr era la regina che lasciò il regno di Cipro a Venezia. In compenso, a Venezia c'è il bel palazzo Vendramin-Calergi: e i Calergi erano una grande famiglia di Creta.

Gian Piero Testa - 1/12/2010 - 19:12


11/4/2015 - 20:12




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