שלאָף אין זיסער רו
anonyme
Traduzione italiana / Italian translation / Traduction italienne... | |
SLEEP IN SWEET REST Ai li lu li lu, ai li lu li lu Ai li lu li lu li lu li, ai li lu li lu Sleep now my pretty little one; Slumber on my precious little one; Sleep in peace, the whole night thru, Ai li lu li lu lu lu lu Tucked in your trundle bed, Angels are watching overhead. Close your pretty eyes of blue, Ai li lu li lu. Little bees, little birds are in the trees, Little fowls, little owls in the steeple Are in bed for the night, sleeping tight Just like all good little people. Sleep little one, I pray, I'm so weary with the cares of day. God bless your little heart. Sleep! Lu lu! Sleep! Lu lu! Sleep or I will call the little bear. Ai li li li lu lu; ai li li li lu lu lu; Ai lu. Sleep, my child, lu lu! | Dormi in dolce riposo Ai li lu li lu, ai li lu li lu Ai li lu li lu li lu li, ai li lu li lu Su, dormi, mio caro uccellino [1] Su, chiudi i tuoi puri e preziosi occhietti [2] Su, dormi, dormi In dolce riposo Aaaaai lu lu lu lu lu lu Dormi per tutta la notte Sulla tua testolina, angioletti [3] Su, chiudi i tuoi occhietti, Ai li lu li lu Colombine, gallinelle, uccellini, Caprette, agnellini, pecore e mucche Dormono e riposano adesso, di notte, Come i bambini piccoli Su, dormi, uccellino mio Su, chiudi i tuoi occhietti Su, che ora sono stanca, [4] Dormi, lu, lu Dormi Ti ho detto, dormi, orsacchiotto Ai, li li li, lu lu Ai, li li li, lu lu lu Aiiiii, Luuuuu Dormi, bambino mio E riposa |
[1] L'avverbio shoyn si comporta in yiddish precisamente come il suo omologo tedesco schon: è una delle tante particelle asseverative (“su”, “andiamo”, “gnamo”, “ti decidi a...”), nonostante abbia anche un significato proprio (“già”). Vedo che nelle traduzioni inglesi lo si rende con “now”, ma è un “now” che ha esattamente questo senso (“su, ora dormi”, “ti decidi a fa' la nanna, accidentattumà che poi so' io...?”). Ne promana un fatto fondamentale di tutte le ninne-nanne: c'è tanto amore, ci sono gli uccellini e gli angioletti, ma la povera mamma non ne può più, è tardi, è stanca morta, ha un sonno boja e il dolce ancorché perfido pargoletto non si decide a addormentarsi. La vita delle mamme, di specie umana o animale, è sempre stata dura. [2] Nonostante i suoi caratteri di ninna-nanna universale, questa è pur sempre una ninna-nanna ebraica, e qui l'ebraismo fa la sua irruzione. Mi sono un po' scervellato per capire bene perché gli occhietti del bambino debbano essere “kosher”, a meno che (v. nota 1) la mamma stanca non desideri mangiarsi il bimbo macellandolo secondo le complesse regole rituali della kasherut (il che costituirebbe un mirabile tocco del più tipico humour nero ebraico). “Kosher” significa alla lettera, come è noto, “adatto, idoneo”. Però, poi, mi sono accorto di essere in una delle mie altrettanto tipiche mattinate di humour nerissimo, e ho provato a dare una diversa spiegazione: “kosher” qui è usato in senso di “puramente ebraico”, come fosse un termine-chiave che stabilisce l'ebraismo del bambino al di là del suo significato proprio. Ci deve avere pensato anche il traduttore in inglese, Abner Silver, che lo ha reso con “precious”: gli occhietti del bambino sono “puri e preziosi” (così ho reso io in italiano) perché vedranno il mondo da ebreo e perpetueranno la stirpe ebraica. Nella traduzione inglese da YouTube, invece, non si sono posti il problema. [3] In ebraico, e di conseguenza in yiddish, מלך [malakh] significa sia “re” che “angelo” (indi per cui, il מלך־המוות [malakh hamoves], ovvero Satana, è sia l' “angelo della morte” che il “re della morte”). Nell'ebraismo non siamo di fronte agli angeli come “annunciatori”, “araldi” (ἄγγελος) del cristianesimo, bensì a veri e propri re. Qui il termine è usato al diminutivo (malekhlakh): lo yiddish è la lingua che più usa i diminutivi al mondo, e spesso con modalità talmente proprie da renderli intraducibili in qualsiasi altra lingua. In italiano, però, ci si arrangia abbastanza bene; tant'è che, nella traduzione, ho reso tutti quelli che c'erano. In inglese, a parte il “birdie”, è invece pressoché impossibile perché, come ebbe a scrivere quel grullerello di Otto Jespersen col suo fonosimbolismo, è una “lingua maschia” (è “maschia” perché non usa i diminutivi, mentre le lingue che li usano a dismisura -italiano, yiddish, tedesco, olandese, russo...- sarebbero “lingue femmine”; lo Jespersen, a sostegno della sua teoria espressa in Growth and Structure of the English Language, citò addirittura, lodandolo, il proverbio italiano “i fatti son maschi e le parole son femmine”). In yiddish, i diminutivi si formano generalmente con un suffisso -le (di antica derivazione dialettale tedesca, cfr. il moderno -lein) che, al plurale, diventa -lekh, -lakh. Le due varianti sono ugualmente accettabili, tant'è che in questo testo le troviamo allegramente mischiate (“aygelekh”, “faygelakh”; YIVO però raccomanda -lakh). La vocale del suffisso plurale si scrive così com'è (לעך, לאַך); ma quando il suffisso viene aggiunto ad un nome di derivazione ebraica (scritto, cioè, svocalizzato), anch'esso si scrive svocalizzato (לך). Così nel nostro מלכלך “angioletti”. [4] v. nota 1. |
Se puoi sarebbe ovviamente molto meglio disporre della tua traduzione in italiano piuttosto che della mia mediata attraverso il testo inglese. Se però non fosse possibile vorrà dire che i lettori si sorbiranno il mio esercizio ordinario.