Italia mia
Philippe VerdelotOriginale | Sicuramente non dispiacerà una versione del testo in prosa italiana corrente: |
ITALIA MIA Italia mia, bench' el parlar sia indarno A le piaghe mortali Che nel bel corpo tuo sì spesse veggio, Piacem' almen che e' mia sospiri sien quali Sper' il Tever e l'Arno, E'l Po dove doglioso et grave hor' seggio. Rector' del cielo, io cheggio Che la pietà che ti condusse in terra Ti volga al tuo dilett' almo paese; Vedi, Signor' cortese Di che levi cagion, che crudel guerra I cori, che indur' et serra Marte superb' et fero. Apri tu Padre e intenerisci et snoda, Ivi fa che el tuo vero, Qual'io mi sia, per la mia lingua s'oda. | Italia mia, benché sia inutile parlare alle tue ferite mortali che nel tuo bel corpo vedo così gravi, mi piace almeno che i miei sospiri siano, spero, quali (= che scorrano come…) il Tevere e l’Arno, e il Po presso il quale dolente e mesto adesso seggo. Rettore (= Signore) del cielo, io chiedo che la pietà che ti condusse in terra (= che fece discendere Gesù tra gli uomini) ti rivolga al paese diletto dalla tua anima. Vedi, Signor cortese, con quali futili cause, con quale crudele guerra Marte superbo e fiero addensa e serra le schiere; scioglile tu, Padre, addolciscile e disfale. Fa’ qui che la tua Verità, per quanto mi sia (concesso) si oda con le mie parole. |