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1947

Sergio Endrigo
Lingua: Italiano


Sergio Endrigo

Lista delle versioni e commenti


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[1969]
Testo e musica di Sergio Endrigo

pola


La canzone in sè non parla esplicitamente di guerra, ma il quattordicenne Sergio Endrigo si ritrovò a vestire i panni di uno dei molti "profughi giuliani e dalmati" dovendo abbandonare con la famiglia la natìa Pola, passata alla Jugoslavia proprio a causa degli esiti della sconfitta italiana nella Seconda Guerra Mondiale.

Oltre vent'anni dopo egli scriverà questa struggente elegia della sua città perduta (la quale, assai efficacemente ed incisivamente, non porta altro titolo se non l'indicazione dell'anno - 1947 - che cambiò la vita a lui e più in generale agli italiani d'Istria).

1947 è la mia storia, la storia della mia famiglia scacciata da Pola, dall’Istria, anche se io allora non ho sofferto molto, perché per me che avevo quattordici anni partire era un po’ un’avventura, ma per mia madre fu un colpo veramente duro lasciare la casa, gli amici, l’ambiente, la strada dove camminavi tutti i giorni, così all’improvviso. Fu veramente una sofferenza per gli adulti. E così l’ho cantata pensando non tanto a me quanto a loro, ai grandi.

(Sergio Endrigo)

1947Uscì originariamente su 45 giri nel 1969:

Finalmente questo brano è divenuto disponibile - seppure con colpevole ritardo: nella versione originale da studio lo è divenuto appena cinque mesi prima della morte di Endrigo ... - su supporto CD.

- La versione da studio si trova ora all'interno della doppia compilation "Sergio Endrigo '65-'73 - i 45 giri" pubblicata dalla Warner agli inizi del 2005
- Una bella versione live è contenuta all'interno dell'album dal vivo "L'arca di Noè", del 1970, ristampato - sempre dalla Warner - nel 2003 ... anche se, curiosamente, chi curò i credits del disco sul retro della copertina dimenticò di menzionarla (errore ripetuto anche nella ristampa su CD!)
Da quella volta non l’ho rivista più
Cosa sarà della mia città
Ho visto il mondo e mi domando se
Sarei lo stesso se fossi ancora là

Non so perché stasera penso a te
Strada fiorita della gioventù
Come vorrei essere un albero che sa
Dove nasce e dove morirà

È troppo tardi per ritornare ormai
Nessuno più mi riconoscerà
La sera è un sogno che non si avvera mai
Essere un altro e invece sono io

Da quella volta non ti ho trovato più
Strada fiorita della gioventù
Come vorrei essere un albero che sa
Dove nasce e dove morirà

Come vorrei essere un albero che sa
Dove nasce e dove morirà

inviata da Alberta Beccaro - Venezia - 6/1/2008 - 02:43




Lingua: Friulano

La seguente traduzione ufficiale in friulano del brano "1947" è tratta dal booklet di "Cjantant Endrigo", album pubblicato nel 2004 e contenente 15 grandi canzoni dell'artista istriano, tradotte in lingua friulana ed interpretate da vari artisti locali (tranne, per l'appunto, "1947", che apre il disco, ed "Altre emozioni", che lo chiude: entrambe sono cantate - sempre in friulano - dallo stesso Endrigo, il quale compare anche, nell’album, quale voce recitante nella versione friulana di “Girotondo intorno al mondo”).

endri


Tutti gli adattamenti dall’italiano al friulano, nell'album "Cjantant Endrigo", sono di Alberto Zeppieri.

MILNÛFCENTECUARANTESIET

E di in chê volte no le ai viodude plui
Ce che al sarà dâ le mê citât
Viodût il mont, jo o mi domandi vuê:
Compagn saressio se o fos inmò di là?

No sai parcè che usgnot o pensi a chê
Strade floride de mê zoventût
O volarès tant jessi un arbul che al sa
Là che al nâs e là che al murarà

Tornâ la jù? ‘Lè masse tart aromai
E plui nissun mi ricognossarà
La sere un sium che no si invere mai
Di sei un altri e impì soi simpri jo

E di chê volte no ti ai cjatade plui
Strade floride de mê zoventût
O volarès tant jessi un arbul che al sa
Dulà che al nâs e là che al murarà

O volarès tant jessi un arbul che al sa
Dulà che al nâs, dulà che al murarà.

inviata da Alberta Beccaro - Venezia - 9/3/2008 - 03:05




Lingua: Croato

Traduzione croata: MajorCampos

Pjesma bez osvete i zavisti, jednostavno ogledalo jednog dramatičnog i tužnog ljudskog iskustva.


Il traduttore giustamente sottolinea che si tratta di una canzone senza recriminazioni né vendette, solo lo specchio di una drammatica e triste vicenda umana.
1947

Od toga vremena nisam ga vidio
Niti znam što je bilo s mojim gradom
Svijeta sam vidio i pitam se
Bih li bio isti da sam još ostao ondje

Ne znam zašto večeras mislim na tebe
Rascvjetala ulico moje mladosti
Kako bih volio da sam stablo koje zna
Gdje se rađa, a gdje umire

Sad je već prekasno za povratak
Nitko me više prepoznao ne bi
Večer je san što nikada se ne ostvari11
Biti netko drugi, ali ipak, to sam ja

Od toga vremena pronašao te više nisam
Rascvjetana ulico moje mladosti
Kako bih volio da sam stablo koje zna
Gdje se rađa, a gdje umire

Kako bih volio da sam stablo koje zna
Gdje se rađa, a gdje umire

11/2/2024 - 19:54




Lingua: Francese

Traduzione francese: Alain Chevalier
1947

Depuis cette fois là, je ne l'ai plus revue.
Qu'est devenue ma ville?
J'ai vu le monde et je me demande si
Je serais le même si j'étais resté là.

Je ne sais pas pourquoi, ce soir je pense à toi,
Route fleurie de la jeunesse,
Comme je voudrais être un arbre qui sait
Où il est né et où il va mourir.

Maintenant, c'est trop tard pour y retourner,
Personne ne me reconnaîtra plus.
Le soir, c'est un rêve qui n'arrivera plus jamais.
Je suis devenu un autre et pourtant c'est bien moi.

Depuis cette fois là, je ne t'ai plus retrouvée,
Route fleurie de la jeunesse,
Comme je voudrais être un arbre qui sait
Où il est né et où il va mourir.

Comme je voudrais être un arbre qui sait
Où il est né et où il va mourir.

11/2/2024 - 19:56


Endrigo dedicò a Pola la sua "1947" ... ed ora Pola gli ha dedicato (è stato inaugurato lo scorso 9 settembre 2008) un monumento, chiamato "L'Arca di Noè".

Dal sito http://www.sergioendrigo.it :

"In una splendida serata di fine estate si è svolta a Pola, sabato scorso 6 settembre, la cerimonia di inaugurazione della scultura dedicata a Sergio Endrigo ed ispirata alla famosissima canzone L’Arca Di Noè, a 3 anni esatti dalla scomparsa dell’amatissimo cantautore e poeta istriano.
L’opera, dell’artista Ciro Maddaluno e realizzata dallo scultore Eros Cakic, alla quale hanno contribuito gli architetti Davor Matticchio e Zvonimir Vojnič, è stata collocata su un angolo della piazza centralissima che scende fino al mare, alberata ed ampia, dove si affaccia la casa natale del cantante; di fatto, risultando uno spazio esclusivamente dedicato alla scultura, ha quasi le caratteristiche di un piccolo parco e l’impatto per il visitatore è davvero suggestivo.
Si tratta di una scultura-gioco, realizzata con la notissima pietra bianca d’Istria, costituita da un’arca dove i bambini nella parte bassa possono provare la sensazione di percorrere, attraversando i tunnel, la stiva di una nave, misurarsi con il superamento del buio e gioire una volta fuori; sopra, percorrendo i gradini, possono scoprire i segni incisi di animali che simboleggiano il carico dell’arca: quelli domestici (il cavallo, la mucca, la gallina etc), i volatili (il gabbiano, la farfalla), gli esotici (il pappagallo e l’elefante), tutti cari ad Endrigo e descritti in moltissime delle sue canzoni.
Poco distante due statue raffiguranti il cane ed il gatto, simboli di fedeltà e di forte richiamo domestico, con una panchina che consente al visitatore di traguardare insieme a loro il mare.
Gli elementi di questa scultura giocano tra figure strutturali e costruttive, tra forme plastiche ed armoniche, a richiamo del modo di cantare, di pensare e di essere di Sergio Endrigo.
L’inaugurazione è avvenuta in un’atmosfera di sentita partecipazione ed il numerosissimo pubblico, che assiepava l’intero lato aperto sulla piazza, si è stretto idealmente e con orgoglio intorno al proprio concittadino che tanto lustro ha dato alla Comunità Italiana dell’Istria, a dimostrazione dell’affetto che la stessa Comunità ha sempre manifestato per l’artista.
Dopo il saluto del presidente del Rotary club di Pola, Roberto Marini, che ha spiegato le motivazioni che hanno portato alla realizzazione dell’opera, è intervenuto Sergio Moretti del Rotary club di Porto San Giorgio, che poi è anche l’autore di queste note, che si è particolarmente commosso nel parlare in maniera del tutto personale della vicenda fin dalle sue origini, egli che forse più di tutti ha fortemente voluto il concretizzarsi dell’idea maturata appena dopo la scomparsa di Sergio nel 2005.
Quindi c’è stato il saluto della città da parte del Sindaco di Pola, e poi attesissima, Claudia Endrigo, che per la prima volta in visita ai luoghi paterni, ha vissuto tre giorni di continue ed indescrivibili emozioni, ed a cui è spettato il compito di madrina del “varo” della nave, con tanto di bottiglia di spumante e con il coro di bambini polesani che intonava L’Arca Di Noè; la commozione è salita all’apice ma poi un lungo applauso liberatore ha riportato al clima di festa, ai brindisi, alle foto ed alle interviste di rito.
La serata è proseguita presso la vicina sede della Comunità Italiana, dove, all’interno del Teatro, si è svolto il concerto dedicato alle composizioni del cantautore polesano, con la partecipazione di due cori, uno di adulti ed uno di bambini, di alcuni cantanti locali, per proseguire con il gruppo musicale italiano “Chantango” e concludersi con l’esibizione di Arsen Dedic, amico fraterno di Sergio, che è stato il più importante cantante-poeta croato a partire dagli anni ’60.
Terminato il concerto, il numerosissimo pubblico presente, parte del quale non ha trovato posto all’interno ed ha assistito allo spettacolo attraverso un maxi schermo collocato sul terrazzo della Comunità, ha potuto visitare la mostra su Endrigo che è stata allestita per la circostanza all’interno del Teatro, dal titolo “L’infanzia, la gioventù e gli esordi – Endrigo e i poeti – Endrigo e il Brasile – Endrigo e Sanremo”, promossa dall’Associazione Culturale “Il Portico” di Rocca San Giovanni (Chieti) e trasferita a Pola dall’ideatore Alberto D’Antonio, amico di famiglia di Sergio Endrigo, che ha partecipato alla cerimonia unitamente alla gentile signora Anita.
La serata si è conclusa con un aperitivo e con la gente sul terrazzo che è rimasta fino a tardi a commentare l’evento, che sicuramente sarà annoverato fra quelli da ricordare per la Comunità locale ed anche per tutti gli ospiti presenti, arrivati a Pola in pullman e con mezzi privati, per rendere omaggio a Sergio.
Prima di chiudere alcune curiosità ed un sogno legati all’avvenimento.
La prima riguarda tante persone di una certa età, che hanno conosciuto Sergio da bambino negli anni ’30, intervenute all’inaugurazione portando orgogliose le foto che ritraevano Sergio e la sua famiglia insieme a loro; è stato uno spaccato emozionante di manifestazione delle proprie radici.
La seconda è per una signora, che ha atteso la conclusione della cerimonia per depositare una rosa bianca sulla panchina fra il cane ed il gatto pensando di essere rimasta sola in intimità e quasi al buio con la scultura, ma ci è stato chi l’ha vista ed è bello sottolinearlo.
La terza è di domenica mattina, quando molto presto lo scultore Ciro Maddaluno, passando davanti al monumento, ha visto una bimba con una nonna che si tenevano per mano per arrivare al ponte della nave; è stata la prima conferma del raggiungimento dello scopo, quello di ricordare un artista attraverso un’opera destinata soprattutto alle future generazioni.
Il sogno invece è quello di immaginare Sergio, nottetempo, quando i bambini dormono, aggirarsi sorridente e compiaciuto intorno alla nave - d’altro canto la sua casa natale è lì a due passi - e poi sedersi fra il cane ed il gatto, indugiando fino al primo mattino nei ricordi di una vita vissuta come un film, intimamente contento di questo regalo che tutti i suoi amici più sinceri, accomunati idealmente, hanno voluto dedicargli".

Sempre nel sito ufficiale di Endrigo si rinvengono moltissime foto dedicate all'inaugurazione del monumento dedicatogli a Pola.

Alberta Beccaro - Venezia - 8/10/2008 - 01:16


sentita questa sera per la prima volta! Commovente, bellissima ... voglio risentirla!
1947

Graziella Porté - 10/9/2010 - 22:31


Anche se geograficamente lontano essendo calabrese, mi sento emotivamente coinvolto dal ricordo di Segio Endrigo, dalle sue bellissime e soprattutto significative e mai banali canzoni.Grazie per la pubblicazione della sua biografia.
Giovanni Parente
Petilia Policastro (KR)

Govanni Parente Petilia Policastro (KR) - 16/8/2013 - 10:07


La famiglia di Endrigo aveva optato per l’emigrazione in Italia nel 1947, in base a quanto previsto dal Trattato di Pace. Da poeta quale poi divenne, Endrigo seppe tramutare le memorie lontane della sua infanzia nella nostalgia struggente della canzone “1947″, dedicata alla sua città natale; ma da amico della pace e della fratellanza fra i popoli, e particolarmente amico dei popoli della Jugoslavia, egli continuò a frequentare quelle terre, anche quando era all’apice della sua carriera, partecipando tra l’altro al festival della Canzone di Spalato, e con innumerevoli apparizioni televisive e radiofoniche sui canali jugoslavi.

Fu amico personale di Arsen Dedić, grande cantante dell’altra sponda adriatica, e con Ivan Pavičevac imparò a pronunciare correttamente i testi in lingua serbocroata delle canzoni che presentava al pubblico jugoslavo.

Da vivo, Endrigo non si definiva “esule”. E non si sarebbe mai prestato a quelle strumentalizzazioni di grande squallore sulla sua vicenda personale, iniziate solo di recente da settori revanscisti-irredentisti istriano-dalmati. Le speculazioni su “Endrigo esule” sono possibili solo post-mortem poiché in vita Endrigo fu piuttosto un internazionalista, un antifascista, tra l’altro militante del Partito Comunista Italiano, e di sicuro non le avrebbe mai gradite, tantomeno alimentate! Esse sono solamente il segno del cinismo dei tempi in cui viviamo: per un ventennio prima della sua morte, Endrigo era stato quasi dimenticato e pressoché espulso dai palcoscenici “che contano”; dopo la sua morte, qualcuno se ne approfitta perché lui, Endrigo, non può più parlare.

Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia

3/2/2014 - 23:09


Grazie al Coordinamento Nazionale per la Jugoslavia per queste verità troppo spesso dimenticate.

steno - 16/2/2014 - 13:39


Ma infatti questa canzone non è stata messa qui perchè Endrigo s definisse "esule" (non lo faceva). Era comunista, amico di Dedic, tutto vero. Ma che noia tutto questo strumentalizzare, da dx e da sx. E' una canzone altamente poetica, calata poeticamente nel ricordo di ciò che era e non è più, e che sa ben descrivere (leggersi le SUE interviste, qui riportate, please) il senso dello sradicamento subito soprattutto dagli adulti più che da lui, ragazzino 14enne che viveva tutto come una grande avventura.

Alberta Beccaro - Venezia - 11/2/2015 - 14:58


grazie per queste informazioni su Endrigo e sulla canzone '1947' che ho sentito ieri sera per la prima volta cantata da un gruppo di canto popolare: mi ha profondamente commossa senza sapere chi l'avesse scritta.
Mi colpisce perché sono nata a Gorizia e trapiantata a Milano dai miei genitori che hanno dovuto emigrare per lavoro. Soprattutto mio padre ha sofferto per questa lontananza e, appena in pensione, si è ritrasferito a Gorizia con mia madre. Ha ragione Endrigo, ma anch'io ho pensato alla strada costeggiata dai tigli dove abitava mia nonna... mentre la mia prozia era rimasta oltre confine.
Potere di una canzone quando è scritta con il cuore....

arna orlandi - 6/3/2016 - 09:51


Una testimonianza del compianto Sergio Bardotti, amico fraterno e stretto collaboratore artistico di Endrigo, circa le ragioni pratiche che principalmente spinsero la mamma di quel ragazzino 14enne ed ignaro, Claudia Smareglia (vedova da tempo; il marito Romeo Endrigo era morto nel 1939), a decidere di lasciare Pola: "Lui aveva dovuto fuggire dall'Istria diventata titina, non solo perchè italiano ma perchè fratello di uno della Decima Mas. Chiunque avessero preso col nome Endrigo lo facevano a fette, altro che metterlo nelle foibe" (dal libro "Occhi di ragazzo - Sergio Bardotti: un artista che non ha mai smesso di sognare", Milano, Rugginenti Editore, 2010).
Tutto il resto è poesia, quella di cui questa canzone è intrisa al di là di ogni dietrologia.

Alberta Beccaro - Venezia - 5/12/2016 - 16:12


LA STORIA INTORNO ALLE FOIBE
di Nicoletta Bourbaki, Gruppo di lavoro sul revisionismo storiografico
Internazionale, 10 febbraio 2017

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loskadolina


Loška Dolina, Slovenia meridionale, il 31 luglio 1942. Soldati italiani fucilano Franc Žnidaršič, Janez Kranjc, Franc Škerbec, Feliks Žnidaršič ed Edvard Škerbec, cinque abitanti del villaggio di Dane presi in ostaggio qualche giorno prima. Nell’Italia degli ultimi anni, un’interpretazione frettolosa e “capovolta” di questa foto ne ha innescato la proliferazione virale in rete e sui giornali, sino a farne l’illustrazione per eccellenza di articoli sulle foibe e le vittime italiane della “violenza slava”.

CCG/AWS Staff - 16/2/2017 - 13:28


Per farvi una opinione leggete l'esodo di Petacco

Tommaso - 25/3/2017 - 05:31


Petacco chi?

Quello che ha scritto libri come "Vita intrepida di Ettore Muti"?
Quello che solo un paio d'anni fa scagionava Mussolini dell'assassinio di Matteotti e del terrore squadrista, quando lo stesso Mussolini se ne assunse orgogliosamente la paternità nel famoso discorso alla Camera il 3 gennaio del 1925?

"Ebbene, io dichiaro qui al cospetto di questa assemblea ed al cospetto di tutto il popolo italiano che assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il Fascismo non è stato che olio di ricino e manganello e non invece una superba passione della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il Fascismo è stato un’associazione a delinquere, se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico, morale, a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una propaganda che va dall’intervento fino ad oggi."

Petacco, quello lì?

Bernart Bartleby - 25/3/2017 - 11:39


Stralcio da Alessandro Perissinotto "Quello che l'acqua nasconde"
"I profughi sono arrivati da Ancona, per nave, partendo da Pola. Da lì, li hanno caricati su un treno, per portarli al Nord. Vagoni passeggeri e vagoni merci, tutti insieme, stipati come bestie. E mentre il treno viaggiava, la gente a terra aveva già cominciato a chiamarlo il treno dei fascisti. Certo perchè se rifiutavi le generosissime offerte del maresciallo Tito non potevi che essere fascista. Se scappavi dal comunismo e non riuscivi a parlare serbo eri di sicuro un fascista. Donne, bambini, vecchi:tutti fascisti. Quando il treno è arrivato a Bologna, i ferrovieri comunisti hanno bloccato la stazione e i loro compagni con le bandiere rosse, lo hanno preso a sassate."

Cattia Salto - 30/3/2018 - 21:38


Amadeus, lascia stare Sergio Endrigo quando ci propini la solita "verità di stato" su esuli e foibe.

Lorenzo - 10/2/2024 - 22:25




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