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Malarazza [Lamento di un servo ad un Santo crocifisso]

Domenico Modugno
Lingua: Siciliano


Domenico Modugno

Lista delle versioni e commenti


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Testo: Anonimo, sec. XVIII [?]
Pubblicazione: in Raccolta amplissima di canti siciliani
di Lionardo Vigo Calanna, 1857, 5419/5420
Rielaborazione di Dario Fo
1973, Ci ragiono e canto, vol. III, atto 2 (interpretazione di Piero Sciotto e La Comune)
1976, Domenico Modugno, singolo Malarazza / Né con te né senza te
Rielaborazione testuale e musicale di Domenico Modugno, Rodolfo Assuntino e Emma Muzzi Loffredo

malaramodu


La storia di questa canzone siciliana è complicata e tormentata.

Nella forma in cui è più nota, fu incisa e pubblicata nel 1976 da Domenico Modugno, come lato A del singolo Malarazza / Né con te né senza te. La rielaborazione del testo era avvenuta assieme allo storico cantautore Rodolfo Assuntino e alla cantautrice, regista e attrice palermitana Emma Muzzi Loffredo (1941-2017)

Lionardo Vigo Calanna (1799-1879)
Lionardo Vigo Calanna (1799-1879)
Ne susseguì immediatamente un'azione legale per plagio presso il tribunale di Milano, intentata da Dario Fo al cantautore pugliese (ma preteso siciliano). Il testo è infatti tratto da un sonetto anonimo, probabilmente settecentesco, Lamento di un servo ad un Santo crocifisso, pubblicato nel 1857 dal poeta e filologo di Acireale, Lionardo Vigo Calanna, marchese di Gallodoro (1799-1879) nella sua capitale Raccolta amplissima di canti popolari siciliani. A partire dal 1830, il marchese Vigo Calanna ne aveva raccolti a migliaia “in siciliano, franco-lombardo, siculo-lombardo e in albanese” per eternare la tradizione orale dei popoli di Sicilia. Intellettuale antiborbonico, Lionardo Vigo Calanna dedicò il canto "ai poveri cristi della ducea di Bronte" dopo averlo ricevuto dall'abate Carmelo Allegra di Messina.

Canto di protesta antinobiliare e anticlericale composto da una strofa di dieci endecasillabi e da un'ottava, il Lamento è un dialogo tra un bracciante e un effigie di Gesù percepito come l'ultimo baluardo a difesa degli umili. Nel breve testo il bracciante, metafora del popolo siciliano da secoli abituato a subire soprusi e a chinare il capo di fronte all'ingiustizia, elenca le sofferenze patite a causa del suo padrone e invoca una punizione divina: «Signuri, ‘u me' patruni mi strapazza, / mi tratta comu un cani di la via; / tuttu si pigghia ccu la so manazza». La risposta del Cristo non si fa attendere ed è sorprendente, perché invece di predicare il perdono cristiano e ribadire l'inesorabilità della giustizia divina, invita l'uomo a non rassegnarsi e a reagire: «E tu forsi chi hai ciunchi li vrazza, / o puru l'hai ‘nchiuvati comu a mia? / Cui voli la giustizia si la fazza, / né speri ch'àutru la fazza pri tia». In una società tradizionalistica e letargica come quella isolana il dialogo tra un servo e un Cristo dovette sembrare un'aggressione politicamente pericolosa, perché istigava a mettere in discussione l'ordine sociale. Perciò non sfuggì alla censura del Regno delle due Sicilie, che chiese il sequestro dell'opera che conteneva quel testo "blasfemo", dove Gesù pronunciava frasi che contraddicevano l'immagine di un uomo mansueto venuto a portare la pace. In seguito, della "risposta del crocifisso" fu fatta circolare una versione più edulcorata e consona alla morale cattolica che sostituiva quella incriminata, non senza una coda antisemita.

Il componimento era stato riscoperto nella sua forma originale negli anni '70 da Dario Fo, che la aveva inserita nel 1973 nello spettacolo Ci ragiono e canto; nello spettacolo (vol. 3, atto II) era interpretata, con il titolo Un servo sotto la croce o Lamento del villano a Cristo, da Piero Sciotto con il gruppo di artisti La Comune, nella rielaborazione fissata da Dario Fo.



Da sottolineare che il testo originale era stato recitato e registrato anche da Rosa Balistreri, poi inserito in Rosa canta e cunta (2008), raccolta di rarità e di inediti della grande Rusidda a Licatisi.



Le difficoltà e le complicazioni di questo testo non sono certo materia dell'oggi. A tale proposito scrive Flavio Poltronieri:

Il testo di questa canzone sotto il titolo “Nu servu e nu Cristu” fu pubblicato da Lionardo Vigo nel 1857. Le autorità di allora scandalizzate fecero ritirare tutte le copie dell’opera con la causale che la canzone invitava alla violenza. In seguito lo stesso Vigo, per permettere la pubblicazione del suo libro, “Raccolta di canti siciliani” cambiò la risposta di Cristo con un’altra più rassegnata e meno rivoluzionaria e l’opera fu ripubblicata con i seguenti versi: Rispusta di lu Cristu: ”E tu chi ti scurdasti, o testa pazza, / chiddu ch’è scrittu ‘nta la liggi mia? Sempri in guerra sarà l’umana razza / si cu l’offisi l’offisi castija! A cu l’offenni, lu vasa e l’abbrazza / e in Paradisu sidirai ccu mia: m’inchiuvaru l’ebrei ‘nta sta cruciazza: / e Cielu e Terra disfari putia!” 

Diversi cantanti, tra cui Modugno, e molti gruppi musicali hanno interpretato questa canzone con l’aggiunta: “Tu ti lamenti, ma chi ti lamenti, / pigghia lu vastuni e tira fora li denti”. La risposta di Cristo nella prima versione è veramente rivoluzionaria, lontana dai dettami evangelici di porgere l’altra guancia, mentre nella seconda versione, per motivi di censura, viene annacquata e risulta più accetta ai governanti di allora. Da Canti Siciliani, 1857 Vigo Al n. 3419, 3420 Nicolò La Perna
 
La causa per plagio fu persa da Dario Fo: non ne sussistevano le cause, in quanto si trattava comunque di un componimento popolare, anonimo e di pubblico dominio, sebbene sottoposto a rielaborazione. La versione incisa da Domenico Modugno nel 1976 resta senz'altro quella più nota (e a sua volta riproposta, rielaborata e ampliata), ed è per questo motivo che in questa pagina gli viene intitolata (anche perché il celeberrimo ritornello Ti lamenti, ma che ti lamenti... pare proprio essere dovuto a Domenico Modugno); ma, nel ricomporla totalmente, si è ovviamente dato conto sia delle sue lontane origini, sia delle sue numerose e controverse rielaborazioni.

In maniera coerente con la passione civile che lo aveva sempre caratterizzato, Modugno con Malarazza voleva stimolare una riflessione sui diritti e i doveri degli uomini nel contesto della società italiana della seconda metà degli anni Settanta del Novecento, attraversata da conflitti sociali che spesso degeneravano nella violenza, nella strategia della tensione e nel terrorismo. Mentre in Sicilia la mafia si rinnovava e consolidava il suo potere, controllando strati sempre più ampi di popolazione. [RV 8-10-2018]
Nu servu tempu fa d’intra na piazza
Prigava a Cristu in cruci e ci ricia:
“Cristu, lu mi padroni mi strapazza
mi tratta comu un cani pi la via.

Si pigghia tuttu cu la sua manazza
Mancu la vita mia rici che è mia
Distruggila Gesù sta malarazza!
Distruggila Gesù fallu pi mmia!
…fallu pi mia!”

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!

E Cristu m’arrispunni dalla cruci:
“Forsi si so spizzati li to vrazza?
Cu voli la giustizia si la fazza!
Nisciuni ormai chiù la farà pi ttia!

Si tu si un uomo e nun si testa pazza,
ascolta beni sta sentenzia mia,
ca iu ‘nchiodatu in cruci nun saria
s’avissi fattu ciò ca dicu a ttia.
Ca iù ‘inchiadatu in cruci nun saria!”

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!

inviata da daniela -k.d.- - 28/3/2007 - 16:57




Lingua: Italiano

Traduzione italiana di Riccardo Venturi
Italian translation: Riccardo Venturi
Traduction italienne: Riccardo Venturi
Italiankielinen käännös: Riccardo Venturi
8-10-2018 06:03


Emma Muzzi Loffredo (1941-2017)
Emma Muzzi Loffredo (1941-2017)
Rodolfo "Rudi" Assuntino.
Rodolfo "Rudi" Assuntino.


MALARAZZA

Un servo tempo fa dentro una piazza
Pregava Cristo in croce e gli diceva:
“Cristo, il mio padrone mi strapazza
Mi tratta come un cane per la strada.

Si prende tutto con la sua manaccia,
Neanche la vita mia dice che è mia,
Distruggila Gesù 'sta malarazza!
Distruggila Gesù, fallo per me!
...fallo per me!”

Tu ti lamenti, ma di che ti lamenti? Prendi un bastone e tira fuori i denti!
Tu ti lamenti, ma di che ti lamenti? Prendi un bastone e tira fuori i denti!
Tu ti lamenti, ma di che ti lamenti? Prendi un bastone e tira fuori i denti!
Tu ti lamenti, ma di che ti lamenti? Prendi un bastone e tira fuori i denti!
Tu ti lamenti, ma di che ti lamenti? Prendi un bastone e tira fuori i denti!
Tu ti lamenti, ma di che ti lamenti? Prendi un bastone e tira fuori i denti!

E Cristo gli risponde dalla croce:
“Forse che ti si son rotte le braccia?
Chi vuole la giustizia, se la faccia!
Nessuno più oramai la farà per te!

Se tu sei un uomo e non sei testa pazza,
Ascolta bene quel che ti ho da dire,
Ché io inchiodato in croce non sarei
Se avessi fatto quel che dico a te.
Ché io inchiodato in croce non sarei!”

Tu ti lamenti, ma di che ti lamenti? Prendi un bastone e tira fuori i denti!
Tu ti lamenti, ma di che ti lamenti? Prendi un bastone e tira fuori i denti!
Tu ti lamenti, ma di che ti lamenti? Prendi un bastone e tira fuori i denti!
Tu ti lamenti, ma di che ti lamenti? Prendi un bastone e tira fuori i denti!
Tu ti lamenti, ma di che ti lamenti? Prendi un bastone e tira fuori i denti!
Tu ti lamenti, ma di che ti lamenti? Prendi un bastone e tira fuori i denti!

28/3/2007 - 16:59





La versione di Roy Paci
Version by Roy Paci
La version de Roy Paci
Roy Pacin versio



A partire dal 2004, la canzone ha goduto di rinnovata fama grazie alla versione “rappata & reggata” di Roy Paci & Aretuska, dall'album Parola d'onore. Sull'impianto della canzone di Domenico Modugno, Roy Paci ha inserito un ampliamento (in italiano).
MALARAZZA

Un servu tempu fa rinta 'na chiazza,
prihàva Cristu in cruci e ci ricìa:
"Cristu, lu me patruni mi strapazza,
mi tratta comu un cani pi la via,
si pigghia tuttu cu la so' manazza,
mancu la vita mia rici ch'è mia...
Distruggila, Gesù, 'sta malarazza!
Distruggila, Gesù, fallu pi mmìa! Sì..fallu pi mmìa!"

Tu ti lamenti, ma chi ti lamenti? Pigghia nu vastuni e tira fora li denti...
Tu ti lamenti, ma chi ti lamenti? Pigghia nu vastuni e tira fora li denti...
Tu ti lamenti, ma chi ti lamenti? Pigghia nu vastuni e tira fora li denti...
Tu ti lamenti, ma chi ti lamenti? Pigghia nu vastuni e tira fora li denti...

Ricordati che ogni persona ha una sua dignità,
sogni, emozioni che la vita ci dà.
C'è chi ancora per il potere ha venduto l'Anima,
questo può distruggere ogni briciola di verità.
C'è chi dice "Non mi va, non mi va, non mi va,
se c'è chi domina, sgomina, insulta la mia umanità!
Guerra chiama guerra! Lutto per la mia identità!
Nonostante troppe troppe siano le difficoltà!
Stato di calamità, suddito di società,
schedato dalla realtà, schierato in cattività
contro la meschinità, pronto anche a tutto, si sa.
Non credo all'immunità di chi sta sopra a guardare
e alla mia gente che da menzogne e tranquillità
solo per chi sta al di là di questo bel varietà!
Presidente, Marajà, oggi di servilità
ma che vedi tutto spero non nell'aldilà!

Cristu me rispunne ra cruci:
"Forsi si so spezzati li to vrazza?
Cu vole la giustizia si la fazza!
Nisciun'ormai 'cchiù la farà pi ttìa!
Si tu si 'n'omo e nun si testa pazza,
ascuta beni 'sta sintenzia mia,
ca iu 'nchiudatu in cruci nun saria
s'avissi fattu ciò ca ricu a ttìa...
ca iu 'nchiudatu in cruci nun sarìa!"

Tu ti lamenti, ma chi ti lamenti? Pigghia nu vastuni e tira fora li denti...
Tu ti lamenti, ma chi ti lamenti? Pigghia nu vastuni e tira fora li denti...
Tu ti lamenti, ma chi ti lamenti? Pigghia nu vastuni e tira fora li denti...
Tu ti lamenti, ma chi ti lamenti? Pigghia nu vastuni e tira fora li denti...

Se 'nna stu munnu c'è 'a malarazza,
cu voli la giustizia si la fazza!
Se 'nna stu munnu c'è la malarazza,
cu voli la giustizia si la fazza!"

Tu ti lamenti, ma chi ti lamenti? Pigghia nu vastuni e tira fora li denti...
Tu ti lamenti, ma chi ti lamenti? Pigghia nu vastuni e tira fora li denti...
Tu ti lamenti, ma chi ti lamenti? Pigghia nu vastuni e tira fora li denti...
Tu ti lamenti, ma chi ti lamenti? Pigghia nu vastuni e tira fora li denti...

Tu ti lamenti, picchì che ti lamenti? Pigghia nu vastuni e tira fora li denti....

inviata da Daniela -k.d.- - 8/10/2018 - 08:11




Lingua: Siciliano

La versione di Ginevra Di Marco da Stazioni Lunari Prende Terra A Puerto Libre (2006)

stazioni lunari


Acoustic Guitar – Andrea Salvadori
Clarinet – Nico Gori
Contrabass – Ferruccio Spinetti
Drums – Marzio Del Testa
Piano, Keyboards – Francesco Magnelli
Vocals – Ginevra Di Marco



L'unica variazione è il verbo "gridava", anzichè "pregava" all'inizio del secondo verso. In versioni successive, come quella registrata live nell'album Stelle questa modifica viene abbandonata
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!

Nu servu tempu fa d’intra na piazza
Gridava a Cristu in cruci e ci ricia:
“Cristu, lu mi padroni mi strapazza
mi tratta comu un cani pi la via.

Si pigghia tuttu cu la sua manazza
Mancu la vita mia rici che è mia
Distruggila Gesù sta malarazza!
Distruggila Gesù fallu pi mmia!
Sì …fallu pi mia!”

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!

E Cristu m’arrispunni dalla cruci:
“Forsi si so spizzati li to vrazza?
Cu voli la giustizia si la fazza!
Nisciuni ormai chiù la farà pi ttia!

Si tu si un uomo e nun si testa pazza,
ascolta beni sta sentenzia mia,
ca iu ‘nchiodatu in cruci nun saria
s’avissi fattu ciò ca dicu a ttia.
Ca iù ‘inchiadatu in cruci nun saria!”

Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!

inviata da Dq82 - 8/10/2018 - 12:03




Lingua: Italiano (Laziale Romanesco)

La versione in romanesco de Il Muro del Canto
A version into the Roman dialect by Il Muro del Canto
Version en dialecte romain de Il Muro del Canto
Il Muro del Canton roomankielinen versio




Il Brano è disponibile in un CD allegato alla versione in vinile di “Ancora Ridi” (Goodfellas 2013) aquistabile su Amazon.it - in digitale su Itunes e sulle migliori piattaforme musicali.

Traduzione in Romano a cura di Daniele Coccia e Alessandro Pieravanti - Musica de “Il Muro del Canto”

Daniele Coccia: Voce – Alessandro Pieravanti: Batteria e racconti Giancarlo Barbati Bonanni: Chitarra Elettrica e voce
Eric Caldironi: Chitarra Acustica – Ludovico Lamarra: Basso Alessandro Marinelli: Fisarmonica

Registrata allo studio Nero da Giarcarlo Barbati (Roma Maggio 2014) Mixaggio e Mastering a cura di Giancarlo Barbati
Foto Carlo Roberti

“La Malarazza” è una canzone che Domenico Modugno, nel 1976, ha scritto partendo da una poesia di un anonimo siciliano, pubblicata nel 1857 da un poeta di Acireale, Lionardo Vigo Calanna, marchese di Gallodoro.
Un "lamento" in dialetto siciliano.
Una "poesia dedicata ai 'poveri Cristi' della ducea di Bronte".
Della poesia esistono almeno due versioni e quando uscì destò scalpore e tutte le copie furono subito sequestrate dalla chiesa, venendo pubblicata più tardi con alcuni "ritocchi" che, se da un lato invitavano alla non violenza, dall'altro trasformavano però la risposta di Cristo anche in un invito alla rassegnazione, peraltro con un'aggiunta di antisemitismo, che all'epoca non guastava mai e che la Chiesa ha nutrito per secoli. Poi Modugno ne fece un capolavoro per le masse e la sdoganò.
LA MALARAZZA

Un servo tempo fa dentro a 'na piazza,
Gridava a Cristo 'n croce e je diceva:
"Cristo, er mio signore me strapazza,
Me tratta come 'n cane pe' la via.

S'acchiappa tutto con la sua manaccia,
Manco la vita mia dice che è mia...
Distruggila, Gesù, 'sta malarazza!
Distruggila, Gesù, e così sia! Sì..e così sia!"

Te lamenti, ma che te lamenti? Pija 'sto bastone e tira fora li denti...
Te lamenti, ma che te lamenti? Pija 'sto bastone e tira fora li denti...
Te lamenti, ma che te lamenti? Pija 'sto bastone e tira fora li denti...
Te lamenti, ma che te lamenti? Pija 'sto bastone e tira fora li denti...
Te lamenti, ma che te lamenti? Pija 'sto bastone e tira fora li denti...
Te lamenti, ma che te lamenti? Pija 'sto bastone e tira fora li denti...

E Cristo j' arisponne dalla croce:
"Forse se so' spezzate ste du' braccia?
Chi vole la giustizzia se la faccia!
Guarda che fine ho fatto, e so' er Messia...

Se tu sei 'n'omo e nun sei testa pazza,
Ascorta bene 'sta sentenza mia,
Io nun sarei inchiodato pe' la via
Se fossi annato contro a 'sta follia...
Io nun sarei inchiodato pe' la via !

Te lamenti, ma che te lamenti? Pija 'sto bastone e tira fora li denti...
Te lamenti, ma che te lamenti? Pija 'sto bastone e tira fora li denti...
Te lamenti, ma che te lamenti? Pija 'sto bastone e tira fora li denti...
Te lamenti, ma che te lamenti? Pija 'sto bastone e tira fora li denti...
Te lamenti, ma che te lamenti? Pija 'sto bastone e tira fora li denti...
Te lamenti, ma che te lamenti? Pija 'sto bastone e tira fora li denti...

inviata da dq82 + RV - 26/7/2014 - 09:03




Lingua: Inglese

English translation / Traduzione inglese / Traduction anglaise / Englanninkielinen käännös: Riccardo Venturi, 8-10-2018 20:07
WICKED BREED

A serf long ago standing in a square
While praying to Christ crucified spoke these words:
“Jesus, my master always mistreats me,
He treats me like a stray dog.

He takes everything from me with his filthy hands,
He says not even my own life belongs to me,
Jesus, destroy this wicked breed, do it for me!
...do it for me!”

Stop moaning, what are you moaning about? Pick up a stick and show him your teeth!
Stop moaning, what are you moaning about? Pick up a stick and show him your teeth!
Stop moaning, what are you moaning about? Pick up a stick and show him your teeth!
Stop moaning, what are you moaning about? Pick up a stick and show him your teeth!
Stop moaning, what are you moaning about? Pick up a stick and show him your teeth!
Stop moaning, what are you moaning about? Pick up a stick and show him your teeth!

Then Jesus replies him from the cross:
“Why this, maybe are both your arms broken?
If you want justice, do it by yourself!
No one is ready to do it for you anymore!

If you are a man and you are no fool
So listen well to this advice of mine:
Had I done what I am telling you to do
I would not be nailed here on this cross!”

Stop moaning, what are you moaning about? Pick up a stick and show him your teeth!
Stop moaning, what are you moaning about? Pick up a stick and show him your teeth!
Stop moaning, what are you moaning about? Pick up a stick and show him your teeth!
Stop moaning, what are you moaning about? Pick up a stick and show him your teeth!
Stop moaning, what are you moaning about? Pick up a stick and show him your teeth!
Stop moaning, what are you moaning about? Pick up a stick and show him your teeth!

8/10/2018 - 20:07




Lingua: Francese

MALARAZZA

Il était une fois un serviteur sur une place
qui priait un christ en croix et lui dit :
Christ, mon patron me frappe
et me traite comme un chien de la rue

Il amasse tout dans ses mains,
même ma vie il dit qu’elle lui appartient
Détruis-la, Jésus, cette race infâme
Détruis-la, Jésus, fais-le pour moi,
fais-le pour moi…

Tu te plains, mais qu’est-ce que tu as à te plaindre ? Prends un bâton et montre les dents
Tu te plains, mais qu’est-ce que tu as à te plaindre ? Prends un bâton et montre les dents
Tu te plains, mais qu’est-ce que tu as à te plaindre ? Prends un bâton et montre les dents
Tu te plains, mais qu’est-ce que tu as à te plaindre ? Prends un bâton et montre les dents
Tu te plains, mais qu’est-ce que tu as à te plaindre ? Prends un bâton et montre les dents
Tu te plains, mais qu’est-ce que tu as à te plaindre ? Prends un bâton et montre les dents

Me répond le christ sur sa croix :
Peut-être qu’ils sont cassés tes bras ?
Qui veut la justice, qu’il la fasse
Désormais personne ne le fera à ta place

Si tu es un homme et pas une tête folle,
écoute bien mon conseil
Parce que je ne serais pas cloué ici
Si j’avais fait ce que je t’ai dit
Je ne serais pas cloué ici !

Tu te plains, mais qu’est-ce que tu as à te plaindre ? Prends un bâton et montre les dents
Tu te plains, mais qu’est-ce que tu as à te plaindre ? Prends un bâton et montre les dents
Tu te plains, mais qu’est-ce que tu as à te plaindre ? Prends un bâton et montre les dents
Tu te plains, mais qu’est-ce que tu as à te plaindre ? Prends un bâton et montre les dents
Tu te plains, mais qu’est-ce que tu as à te plaindre ? Prends un bâton et montre les dents
Tu te plains, mais qu’est-ce que tu as à te plaindre ? Prends un bâton et montre les dents

30/7/2020 - 19:36




Lingua: Siciliano

Il sonetto originale in siciliano
The original sonnet in Sicilian
Le sonnet original en sicilien
Alkuperäinen sonetti Sisilian kielellä


..."Chi inchiuvatu in cruci un saria / s’avessi fattu quel chi dicu a tia."
..."Chi inchiuvatu in cruci un saria / s’avessi fattu quel chi dicu a tia."


Questa sezione, intitolata agli “alter ego” siculi di Riccardo Venturi e Flavio Poltronieri, sostituisce la vecchia pagina 51065, che è stata eliminata (la versione recitata da Rosa Balistreri e la relativa traduzione vengono riportate in apposita ulteriore sezione). Per quanto riguarda l'introduzione fornita a suo tempo da Flavio Poltronieri, è stata spostata nell'introduzione; qui viene trascritto il testo del sonetto originale riportato da Lionardo Vigo Calanna e viene inserita (in nota) una traduzione italiana relativa. Nella traduzione si è cercato di interpretare correttamente il testo al di là di alcune ingannevoli assonanze con l'italiano, tenendo conto del reale significato delle parole.[RV]

La pubblicazione del 1870/74 dal sito dell'Istituto Ricerche Studi di Arte Popolare
La pubblicazione del 1870/74 dal sito dell'Istituto Ricerche Studi di Arte Popolare
5419.Un servu, tempu fa, di chista piazza, [1]
Cussì prijava a un Cristu e cci dicia:
Signuri, û me' patruni mi strapazza,
Mi tratta comu un cani di la via,
Tuttu si pigghia ccu la so manazza,
La vita dici chi mancu hedi mia;
Si jò mi lagnu cchiù peju amminazza,
Ccu ferri mi castija e prigiunia;
Undi jò vi preju, chista mala razza
Distruggitila vui, Cristu, pri mia.

5420.E tu forsi chi hai ciunchi li vrazza,
O puru l'hai 'nchiuvati comu a mia?
Chi vôli la giustizia si la fazza,
Nè speri ch'autru la fazza pri tia.
Si tu si' omu e nun si' testa pazza,
Metti a profittu sta sintenza mia.
Iò, non saria supra sta cruciazza
Si avissi fattu quantu dicu a tia.
[1] Traduzione italiana di Riccardo Venturi
8-10-2018 07:31


Un servo, tempo fa, di queste contrade,
Così pregava a un crocifisso, e gli diceva:
Signore, il mio padrone mi strapazza,
Mi tratta come un cane randagio,
Tutto si piglia con la sua manaccia,
La vita dice che nemmeno è mia;
Se mi lamento, ancor peggio mi minaccia,
Coi ferri mi punisce e mi imprigiona;
Quindi vi prego, questa malvagia razza
Distruggetela voi, Cristo, per me.

E tu forse che hai storpie le braccia,
Oppure le hai inchiodate, come me?
Chi vuole la giustizia se la faccia,
Né speri che un altro la faccia per te.
Se tu sei uomo e non sei testa pazza,
Metti a profitto questa mia sentenza.
Io non sarei sopra questa crociaccia
Se avessi fatto quel che dico a te.

inviata da Ricciardu Vinturi & Fraviu Pultruneri - 8/10/2018 - 07:12




Lingua: Siciliano

La versione recitata e incisa da Rosa Balistreri
Version recited and recorded by Rosa Balistreri
La version récitée et enregistrée par Rosa Balistreri




Solo recitata in un testo molto vicino a quello dato da Lionardo Vigo Calanna (ma ampliato), contenuta nella raccolta Rosa canta e cunta del 2008, contenente incisioni cantate e recitate rare di Rosa Balistreri. La traduzione italiana allegata è di Flavio Poltronieri. [RV]
Un servu tempu fa ni chista piazza, [1]
accussì priava a Cristu: ci dicia:
Signuri, lu me patruni mi strapazza;
mi tratta comu un cane pi la via,
si mi lamentu, chiù peju m’amminazza,
cu ferru e cu catini ‘mprigunia;
tuttu si piglia cu la so manazza,
la vita mia, dici, che mancu è di mia.
Undi vi preiu a chista malarrazza
distruggila vui, Cristu, pi mia.

E Cristu c’arrispunni:
E tu chi l’hai ciunchi li vrazza,
oppuri l’hai inchiuvati coma a mmia,
cu voli la giustizia, si la fazza,
e nun spirari chi autru la faza pi tia.
Si tu si omu e un si testa pazza
metti a prufittu sta sintinza mia.
Ia nun saria supra sta cruciazza
si avissi fattu quantu dicu a tia,
si, si avissi fattu quantu dicu a tia.
Chi inchiuvatu in cruci un saria
s’avessi fattu quel chi dicu a tia.
[1] Un servo, tempo fa, in questa piazza,
così pregava Cristo: gli diceva:
Signore, il mio padrone mi strapazza;
mi tratta come un cane per la strada,
se mi lamento, è peggio, mi minaccia,
con ferri e catene mi tiene in prigione;
tutto si prende con le sue manacce,
la stessa vita mia, dice, che nemmeno è mia.
Perciò vi prego: questa malarazza
distruggetela voi, Cristo, per me.

E Cristo gli risponde:
E tu, forse hai rattrappite le braccia,
oppure le hai inchiodate come me,
chi vuole giustizia se la faccia,
e non sperare che un altro la faccia per te.
Se tu sei un uomo e non sei testa pazza
approfitta di questa sentenza mia.
Io non sarei sopra questa brutta croce
se avessi fatto quanto dico a te,
si, se avessi fatto quanto dico a te.
Perché inchiodato in croce non sarei
se avessi fatto quel che dico a te.

inviata da Ricciardu Vinturi & Fraviu Pultruneri - 8/10/2018 - 07:33




Lingua: Siciliano

Un servu e un Cristu, la versione del gruppo musicale siciliano Mattanza.
Un servu e un Cristu, the version by the Sicilian music band Mattanza.
Un servu e un Cristu, la version du groupe musical sicilien Mattanza.
Un servu e un Cristu, Sisilian musiikkijoukon Mattanzan versio.



La (bella) versione incisa dai Mattanza ha la particolarità di ripercorrere la storia di questo canto, riportandone anche la versione “edulcorata”, vedasi censurata dallo stesso Lionardo Vigo Calanna per non dispiacere a Santa Madre Chiesa, ma ribadendo infine la preferenza per la versione originale. [RV]
UN SERVU E UN CRISTU [1]

Un servu tempu fa di chista piazza
Cussì priava a Cristu e nci dicìa
“Signuri ‘u me patruni mi strapazza,
mi tratta comu ‘n cani pi la via
tuttu mi pigghia cu la so’ manazza
la vita dici chi mancu è la mia,
si jeu mi lagnu peju m’amminazza
chi ferri mi castija e prigiunia
undì jò mo ti preju sta malarazza
distruggimmilla Tu Cristu pi mmia
distruggimmilla Tu Cristu pi mmia.”

E Cristu nci rispunni da la cruci:

"…E tu forsi chi hai ciunchi li vrazza,
oppuru ll’ha ‘nchiovati com’a mmia
cu voli la giustizia si la fazza
non speri ch’autru la fazza pe ttia;
si tu si omu e non si testa pazza
metti a profittu ‘sta sintenzia mia
jò non sarrìa supra sta cruciazza
s’avissi fattu quantu dicu a ttia!”

Ma a Cristu sta risposta non ci piacìa, e quinni la cangiava:

“…E tu chi ti scurdasti, o testa pazza,
chiddu ch’è scrittu ‘nta la liggi mia?
Sempri in guerra sarà l’umana razza
si cu l’offisi l’offisi castija;
a cu l’offenni, lu vasa e l’abbrazza
e in Paradisu sidirai ccu mia:
m’inchiuvaru l’ebrei ‘nta sta cruciazza
e celu e terra disfari putia."

Ma a nui ci piaci e la cantamu cussì:

"…E tu forsi chi hai ciunchi li vrazza,
oppuru ll’ha ‘nchiovati com’a mmia
cu voli la giustizia si la fazza
non speri ch’autru la fazza pe ttia;
si tu si omu e non si testa pazza
metti a profittu ‘sta sintenzia mia
jò non sarrìa supra sta cruciazza
s’avissi fattu quantu dicu a ttia!”
[1] UN SERVO E UN CROCIFISSO

Un servo tempo fa, in questa piazza
Con queste parole Cristo pregava:
"Signore, il mio padrone mi maltratta
Come fossi un cane per la via
Con le sue manacce arraffa tutto
Nega persino che la vita sia mia
E più mi lamento, più mi minaccia
Mi imprigiona e mi sevizia
Così ti prego questa vile razza
Distruggila Tu, Cristo, per me"

E Cristo dalla croce rispose:

"Che son paralizzate le tue braccia?
Oppure sono inchiodate come le mie?
Chi vuole la giustizia se la faccia
E non si aspetti l’intervento altrui
Se sei un uomo e non sei impazzito
Metti a profitto questo mio consiglio
Adesso non sarei su questa orrenda croce
Se avessi fatto ciò che dico a te"

Ma a Cristo questa risposta non gli piaceva, e allora la cambiava:

"Pazzo, hai dimenticato il mio Verbo?
Sempre in guerra sarà la razza umana
Se all'offesa, con l’offesa risponderà
Il tuo nemico bacerai e abbraccerai
Ed al mio fianco in Paradiso siederai
Mi lasciai crocifiggere dagli Ebrei
Pur potendo distruggere cielo e terra"

Ma a noi ci piace cantarla così:

"Che son paralizzate le tue braccia?
Oppure sono inchiodate come le mie?
Chi vuole la giustizia se la faccia
E non si aspetti l’intervento altrui
Se sei un uomo e non sei impazzito
Metti a profitto questo mio consiglio
Adesso non sarei su questa orrenda croce
Se avessi fatto ciò che dico a te"

inviata da Alessandro - 21/7/2009 - 10:50




Lingua: Siciliano

PROPOSTA DI MODIFICA AL TESTO
di Alberto Musmeci

Nota: essendo un dialetto, e non una lingua, ho scritto in modo da approssimare la dizione siciliana, anche se letta da uno non siculo.
MALARAZZA

Ti lamenti ma che ti lamenti pigghia u vastuni e tira fora li denti
Ti lamenti ma che ti lamenti pigghia u vastuni e tira fora li denti

U servu scauso stia rinta na chiazza, (1)
prijava Cristu in cruci e ci ricia:

“Cristu, u me patruni mi strapazza
mi tratta comu u cani di la via. (2)

Tutto si pigghia co la so manazza (3)
mancu la vita mia rici ca è mmia.

Distruggila Gesù sta malarrazza
distruggila Gesù, fallù ppi mmia.

Fallù pi mia”.

Ti lamenti ma che ti lamenti pigghia u vastuni e tira fora li denti
Ti lamenti ma che ti lamenti pigghia u vastuni e tira fora li denti

E Cristu 'nta la cruci rispunnia: (4)

“E forsi so spizzati li to vrazza (come verso “u servu...”)
o l'hai inchiuvate in cruci comu a mmia (5)

cu voli a so giustizzia si la fazza (6)
ni speri c'autro la farà ppi ttia. (7)

Si tu si omo e no si testa pazza
ascuta beni sta sintenzia mmia

ca nun saria inchiuvato a sta cruciazza (8)
s'avissi fattu comu ricu a ttia (9)

ca inchiuvato in cruci iù nun saria
ca iu inchiuvatu in cruci nun saria”. (rallentando)

Ti lamenti ma che ti lamenti pigghia u vastuni e tira fora li denti
Ti lamenti ma che ti lamenti pigghia u vastuni e tira fora li denti.
NOTE SULLE PROPOSTE DI MODIFICA AL TESTO (riferimento testo di Domenico Modugno)

(1) Tutti i testi portano: Tempu fa” o anche “nu jornu” , parole che riferiscono a un tempo passato, mentre la canzone è attualissima: globalizzazione, automazione, informatizzazione che, a tutto vantaggio dei nuovi padroni (multinazionali, grandi gruppi finanziari, grandi aziende di servizi informatici) hanno provocato la progressiva erosione dei i diritti sociali, duramente conquistati negli anni 50-70; e così, si è verificata la conseguente accettazione di lavori pesanti e sottopagati per i nuovi servi: (es. riders, lavoratori stagionali nei campi, sottoccupati ecc.); ancora peggiore della condizione di servo, è quella tragica e grama del disoccupato. Ho aggiunto “scauso” (scalzo), per conservare l'endecasillabo.

(2) “di la via” significa “di strada” quindi randagio; mentre “pi la via” può essere un cane qualsiasi.

(3) “meglio “tutto si pigghia” che mi sembra più forte ma forse meno accorato di “si pigghia tutto”; dipende dallo stile di chi la canta.

(4) è la seconda parte del racconto; “E Cristo 'inta la cruci rispunnia”; mentre, nel testo di Modugno, è il servo che racconta quello che gli ha detto Cristo; si conserva il rigore delle due rime alternate.

(5) “o l'hai inchiuvate in cruci comu a mia” : verso presente nella versione originale di Vigo, aggiunto per conservare le rime alternate per tutta la canzone“ia” e “azza” a b a b a b.....; i due finali replicano la rima “ia” “ia” due volte con senso di dissolvenza. Anche il testo originale di Vigo mantiene rigorosamente le stesse due rime alternate.

(6) “cu vo la so giustizzia” la sua giustizia e non “cu voli la giustizia”che è una giustizia generica per tutti.

(7) ho voluto eliminare la parola “ormai”, che significerebbe che c'era un tempo in cui sta giustizia si poteva ottenere; ma quando mai? Ho preferito coservare il testo originale di Vigo.

(8) “Cruciazza”. Questa parola pesante e negativa c'era anche nella versione di Vigo, proprio in quella espurgata dopo la censura, consente di coservare l'alternanza delle rime ab, ab....

(9) Penso che la parola “ciò che” non è siciliana; la traduzione dovrebbe essere “chistu ca”; ma la metrica non funziona più; nell'incertezza ho preferito “comu ricu a ttia.”Va bene anche “quantu”.

inviata da Alberto Musmeci - 14/1/2020 - 12:14


COMMENTO ALLA VERSIONE DI ALBERTO MUSMECI

Ho trovato per caso in rete “Malarazza” che, stranamente, non conoscevo, nonostante che, essendo nato nello stesso anno del Mimmo nazionale, il 1928, avessi seguito tutti i suoi successi; sono fantastici sia il testo, ricavato dalla “Raccolta di canti popolari siciliani” di Lionardo Vigo, sia la musica di Modugno; Lionardo Vigo era un fililogo, letterato, patriota e poeta di Acireale, al quale è dedicata la piazza omonima col suo busto bronzeo; questa bella piazza, con giardino e chioschi, in centro città, è posta tra il palazzo Pennisi e il fianco della chiesa di S. Sebstiano. Anche la mia famiglia è originaria di Acireale, Jaci, come la chiamano gli acesi, (dalla denomminazione bizantina “Jachium”); mio padre era nato ad'Jaci.
(sulla vita di Vigo c'è tutto su Wikipedia. Per la struttura di governo della Sicilia pre unitaria vedi “La grande impresa” di Francesco Renda, ed. Sellerio. Palermo 2010).

Questa canzone, forse la sola sicilianissima e non siciliana di maniera, come altre che Modugno, di cultura salentina, riteneva utile tradurre nel dialetto siculo, per una loro più ampia diffusione.

Vigo costruì la raccolta attraverso un “blog” antelitteram, per via postale, con lettera circolare, che chiedeva a studiosi, letterati e amici testi di canzoni tradizionali da loro conosciute; così, la raccolta si è negli anni ampliata con successive edizioni; lo scopo era quello di conservare una cultura tradizionale che, tramandata oralmente che, per i rivolgimenti del nuovo secolo, l'ottocento, rischiava di perdersi.

Per quanto riguarda la censura della prima edizione del 1857, perchè giudicata antiborbonica e anticristiana, osservo che Vigo riportava con rigore scientifico e acriticamente testi che poteva anche non condividere.

La canzone descrive il sentimento dell'autore, un uomo semplice, che, non arrivando a comprendere la trascendenza del sacrificio di Cristo, si indigna per le tortura e l'uccisione di un un uomo troppo buono e mite; del resto è comune in tutta Italia l'espressione “ un povero cristo”; questo sentimento lo ritrovo in un sonetto di G.G. Belli che scrive una quantità di sonetti popolari in romanesco di una Roma papalina di inizio ottocento, prossima a sparire; è il sonetto “Li sordati” scritto nel 1845: è un colloquio tra due persone:
la prima, più ingenua, chiede: …...... ….........tra l'antre spese, manteva sordati Gesucristo?
….... perchè il Papa.... senza sordateria nun z'è mai visto”
e l'altro gli risponde: …..... …....voi sete un iggnorante.................. pe cquesto ir Papa ha li sordati sui
e ssi Ccristo teneva li sordati
sarebbe stato mejjo anche pe llui”

alberto musmeci - 20/1/2020 - 12:12


Facciamolo Inno Nazionale

Gennaro - 3/5/2009 - 12:25


Au!! Ero straconvinta che il testo fosse di Ignazio Buttitta

Leti - 7/12/2009 - 21:03


Anche questa è una canzone inclusa in "Risorgimento e società nei canti popolari siciliani" di Antonino Uccello.
Penso che vada inserita nell'apposito percorso...

Bartleby - 18/8/2011 - 13:42


La canzone interpretata da Peppe Voltarelli

Riccardo Venturi - 8/10/2018 - 21:34


Il testo viene pubblicato per la prima volta nel 1857 da lì a pochi pochi anni si sarebbe dato il via all’invasione italiana della Sicilia. In quel periodo imperversavano guerre nel regno soppresso dai Borbone, infatti ricordiamo la grande rivolta del 48’. Detto ciò i Borbone nel tentativo di portare dalla loro parte il popolo, concedettero ai contadini notevoli appezzamenti terrieri a discapito della nobiltà dell’isola avversa alla perdita di centralità di Palermo nell’illegittimo Regno delle Due Sicilie (illegittimo in quanto il Regno di Sicilia vinse le guerre Napoleoniche a differenza del Regno di Napoli), detto ciò la ricostruzione che fate de “i lamentu” è assolutamente erronea, è molto più probabile che fosse un canto antiborbonico piuttosto che altro...spero di esservi servito e spero correggiate l’immane errore ricostruttivo fatto. Buona serata

Davide Cardullo - 24/2/2019 - 02:21


Naturalmente verrà tenuto conto dell'interpretazione che Davide Cardullo ha espresso nel suo intervento (come di qualsiasi altra eventuale interpretazione). Inviteremmo però sia Davide Cardullo che eventuali altri ad ampliare la propria ricostruzione storica, sia del canto, che del periodo specifico che lo concerne, indicando soprattutto le fonti delle proprie affermazioni o quantomeno fornendo indicazioni su di esse. Tutto questo, ovviamente, non per dare avvio a "polemiche", ma esclusivamente per ricostruire esattamente un intero contesto.

CCG/AWS Staff - 24/2/2019 - 10:05


30/7/2020 - 19:41


Vedo che sul nuovo sito francese siamo già presenti e mi fa parecchio piacere. Però anche Pinelli passa per l'eterno e immancabile "Guiseppe"; sembra che il dittongo italiano "iu" resti proprio indigesto ovunque. Scherzi a parte, anche a me, a una prima occhiata, pare proprio un bel sito; speriamo di poter darci una mano a vicenda.

Riccardo Venturi - 31/7/2020 - 06:48


Sono per caso ricapitato nel sito linkato in questa pagina "Chants de lutte et révolution" e l'ho trovato pieno di deliri novax, di "gente morta col covid e non di covid", di "i virus sono i nostri amici" e similari cazzate. Altro che bel sito, mi sembra proprio che il suo curatore si sia bevuto il cervello...

Lorenzo - 21/2/2022 - 20:05


Francesco Giuffrida, La rivista del Galilei n° 17 maggio 2001

Malarazza

Tu ti lamenti ma che ti lamenti/ pigghia nu bastune e tira fora li denti


Queste le parole del ritornello di Malarazza, almeno nelle esecuzioni di artisti quali Domenico Modugno, Carmen Consoli, Ginevra Di Marco, Mario Venuti, Roy Paci, I Lautari. Ma qual è la storia e di cosa parla questo famoso canto popolare siciliano? Il testo lo troviamo, per la prima volta, nella "Raccolta di canti popolari siciliani" pubblicata a Catania dal marchese Lionardo Vigo nel 1857. Un servo prega Cristo di liberarlo dalle angherie del padrone e di distruggere questa 'mala razza'. In questa versione, Cristo risponde invitandolo al perdono "a chi ti offende, bacialo e abbraccialo, e in Paradiso siederai con me".

Ma, fa notare Francesco Giuffrida, non si tratta del testo originale. Le parole, infatti, erano state modificate per sfuggire alla censura del Regno delle Due Sicilie, che ne aveva vietato la pubblicazione.
Caduti i Borboni, si afferma la versione corretta (che troviamo nella 'Raccolta amplissima di canti popolari siciliani' dello stesso Vigo, edita dopo il 1870) nella quale, invece, Cristo invita il servo alla ribellione "E tu hai forse storpie le braccia/oppure le hai inchiodate come me?/Chi vuole la giustizia se la faccia/né speri che altri la faccia per te".

Dopo la 'Raccolta amplissima', importanti ricercatori, tra gli altri Ermolao Rubieri e Antonino Uccello, si occuperanno della canzone, che, nei primi anni '70, verrà riproposta da Dario Fo nello spettacolo 'Ci ragiono e canto'. E qui, come osserva acutamente Francesco Giuffrida, "il lamento del servo davanti al Cristo trova una collocazione di grande rilievo [....] Dario Fo inserisce dopo ogni endecasillabo della risposta del Cristo un impetuoso susitivi (alzatevi, sollevatevi); e affida a una voce solista i versi della risposta e a tutto il coro l'intercalare susitivi. L'effetto è davvero molto efficace e tende a potenziare l'aspetto sociale e collettivo della ribellione a scapito di quello individuale".

Al contrario, sempre secondo Giuffrida, gli artisti citati all'inizio non colgono pienamente l'aspetto sociale della ribellione, rischiando, così, di sottolineare oltremisura la soluzione individuale, da giustiziere della notte. Soluzione individuale che, in Sicilia, rischia di alimentare una distorta lettura del fenomeno mafioso, già presente, peraltro, in queste affermazioni del Pitrè, del 1889 "Il mafioso vuole essere rispettato e rispetta quasi sempre. Se è offeso non ricorre alla Giustizia, non si rimette alla legge".

"Modugno -- scrive Giuffrida- non percepisce questo pericoloso aspetto presente nel canto; anzi lo potenzia con l'inserimento del ritornello di cui abbiamo già detto, ripetuto circa dieci volte". Ed è quest'ultima la versione attualmente più diffusa, fatta propria da artisti che -- conclude Giuffrida- "hanno adottato per il loro repertorio l'esecuzione più apparentemente battagliera e 'rivoluzionaria', capace di trascinare le folle dei concerti con un'orecchiabilità che fa passare in secondo piano il contenuto e ogni possibile riflessione critica. Che -se ci pensiamo bene " è la prima vittima di questo tipo di raduni in cui il saltare, il ritmare, l'agitarsi insieme, rappresentano il triste sostituto di quello che tutti noi dovremmo ricercare per capire quello che ci succede intorno: ragionare assieme".

Giovanni Bartolomei - 23/11/2022 - 15:40


Il testo originale declama poeticamente un Cristo inchiodato sulla croce che esorta il popolo a NON SEGUIRE IL SUO ESEMPIO di martire, a ribellarsi contro le violenze subite con la stessa violenza. L'immenso Modugno sintetizza poeticamente e musicalmente questo "dettato" del Cristo crocifisso, in modo sublime, tale da diventare il refrain di tutte (o quasi) le seguenti cover, in questo sito magistralmente ed esaustivamente riportate.

Il Francesco Giuffrida, invece di esaltare la valenza popolare e dichiaratamente sovversiva del testo, non solo tenta di sminuirla ma addirittura, senza alcuna vergogna, la affianca alla morale mafiosa, dove il diseredato potrebbe trovare "giustizia" solo affiliandosi a "cosa nostra" per porre rimedio al malfunzionamento dello Stato. Però, lo stesso Giuffrida, alla fine e paradossalmente, propone di affidarsi alle "leggi" e non alla presunta giustizia del giustiziere.

La volontà e cultura popolare non si può interpretare e fare propria. A fronte di questo quasi unico canto poetico di ribellione ad ogni ordine costituito, ce ne sono migliaia di adesione all'ordine costituito.

Siamo tutti noi ed ognuno per conto proprio a scegliere come e con chi relazionarsi socialmente e professionalmente, e questo accade da sempre ad ogni latitudine, a dispetto di leggi e governi.

Io spero solo, e mi adopero per quel che posso, affinché questi canti popolari continuino ad aver diritto di tribuna, voce espressiva e documentata di una ineludibile, inesauribile, indisponibile voglia di libertà.

vincenzo - 16/1/2023 - 01:05




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