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Wenn i gohn

Pippo Pollina


Pippo Pollina

Lista delle versioni e commenti


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PollinaPippo-Cafe

Dal disco caffè Caflish un intero disco sull'emigrazione insieme al cantautore svizzero Linard Bardill. La parte in tedesco è in "Schwyzertüütsch", il dialetto alemannico comunemente in uso nella Confederazione Elvetica
I packe mine Rucksack und nimme mit:
D'Warmi vo der Erde,
wenn i gohn, wenn i gohn, wenn i gohn.

Preparo la valigia e poi porto con me:
II calore della terra,
il vento fra le foglie,
wenn i gohn, wenn i gohn, wenn i gohn.

I packe mine Rucksack und nimme mit:
D' Warmi vo der Erde,
ds Ruusche vo de Boim,
der Herbschtzug vo de vogel,
Wenn i gohn, Wenn i gohn, Wenn i gohn.

Wenn i gohn, denn frog du d'Vogel,
sicher Wussends. Wo ni bi.
Wenn i gohn, denn frog du d'Boim,
dot wo sie sind, findsch au mi.

Quando andrò, chiedi alla terra,
dove è lei, anch'io sarò.
I packe mine Rucksack und nimme mit:
Ds Lache vom kline Buddha,
der packe mine Rucksack und nimme mit:
Ds Lache vom kline Buddha,
der Glanz vo dine Auge,
d'Stìlli vom mim Herz,
Wenn i gohn, wenn i gohn, wenn i gohn.

Preparo la valigia e poi porto con me:
L'azzurro dei tuoi occhi,
una chitarra a scacchi,
una foto dei miei vecchi,
wenn i gohn, wenn i gohn, wenn i gohn.
Wenn i gohn, denn waht der wind uber de Hugel.
Wenn i gohn, denn isch es ds letschte Brot,
keine wird's verstoh und siebe siegel
hat das Buech, wo mine Tag dri stoht.

inviata da DonQuijote82 - 18/5/2009 - 19:11




Lingua: Tedesco

Ich packe meinen Rucksack und nehme mit
die Wärme der Erde
wenn ich gehe
Ich packe meinen Rucksack und nehme mit
die Wärme der Erde
den Gesang der Blätter
wenn ich gehe
Ich packe meinen Rucksack und nehme mit
die Wärme der Erde
das Rauschen der Bäume
den Herbstzug der Vögel
wenn ich gehe

Wenn ich gehe, frage die Vögel
sicher wissen sie, wo ich bin
wenn ich gehe, frage die Bäume
dort, wo sie sind, findest du auch mich
wenn ich gehe, frage die Erde
dort wo sie ist, werde auch ich sein

Ich packe meinen Rucksack und nehme mit
Das Lachen vom kleinen Buddha
den Glanz von deinen Augen
die Stille meines Herzens
wenn ich gehe
ich packe meinen Rucksack und nehme mit
das Blau von deinen Augen
eine Schachgitarre
ein Foto meiner Alten
wenn ich gehe.

Wenn ich gehe, dann wird der Wind über die Hügel wehen
Wenn ich gehe, wird es mein letztes Brot sein
Keiner wird’s verstehen
und sieben Siegel
hat das Buch, in welchem mein Name steht

inviata da DonQuijote82 - 17/8/2011 - 11:33




Lingua: Italiano

Versione italiana
Quando me ne andrò

Preparo la mia valigia e porterò con me
il calore della terra
quando me ne andrò
Preparo la mia valigia e poi porto con me
il calore della terra
il vento fra le foglie
quando me ne andrò
Preparo la mia valigia e porterò con me
il calore della terra
il vento fra le foglie
il migrare degli uccelli
quando me ne andrò

Quando me ne andrò chiedi di me agli uccelli
loro sapranno dove mi trovo
Quando me ne andrò chiedi di me agli alberi
laddove sono loro anch’io sarò
Quando me ne andrò chiedi alla terra
dove è lei anch’io sarò

Preparo la mia valigia e porterò con me
il sorriso del mio piccolo Buddha
lo splendore dei tuoi occhi
il silenzio del mio cuore
quando me ne andrò
Preparo la valigia e poi porto con me
l’azzurro dei tuoi occhi
una chitarra a scacchi
una foto dei miei vecchi
Quando me ne andrò
quando me ne andrò

Quando me ne andrò fischierà il vento sulle colline
quando me ne andrò sarà l’ultimo pezzo di pane
nessuno capirà e sette sigilli
avrà il libro dove è scritto il mio nome

inviata da DonQuijote82 - 17/8/2011 - 11:33


Per DonQuijote82: ci sono alcune cose che non mi tornano nella parte in "Schwyzertüütsch" (svizzero tedesco) della canzone. Hai ripreso il testo da qualche pagina o lo hai ricopiato dal libretto dell'album? In questo secondo caso potresti per favore controllare bene la grafia? (Grazie)

Riccardo Venturi - 19/5/2009 - 19:48


Grazie DonQuijote per il testo corretto da te reinviato e che ho appena inserito.

Riccardo Venturi - 27/5/2009 - 16:03


L'immigrazione dalla parte delle radici

di Giorgio Maimone

Da tempo mi chiedevo perché Pippo Pollina non riuscisse a fare un disco all'altezza delle esibizioni dal vivo. Che, pur molto scabre, erano però cariche di umana simpatia e voglia di esprimersi. Tutti talenti che su disco si appannavano. Mi è toccato andarmelo a cercare in questo disco a quattro mani svizzero-palermitano, per trovare tutto il bene che si diceva di lui e che, qui, Pippo dimostra di meritarsi appieno. "Caffè Caflisch" è uno dei dischi migliori dell'annata e affronta, da un'ottica insolita, il tema dell'emigrazione.

Si parte dal Caffè Caflisch, esistente a Palermo e dove la leggenda vuole che sia stato scritto, ai tavolini del bar, buona parte de "Il gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Pippo Pollina negli anni '70, quando ancora il caffè era in mano agli ultimi discendenti degli storici proprietari andava spesso a fare colazione lì. Linard Bardill invece proviene dai Grigioni, che è la stessa zona di origine dei Caflisch. "La storia del Caffè Caflisch - è detto sulla copertina - diventa metafora del destino dei popoli (tutti) che nei secoli sono stati ospiti e ospitanti, viaggiatori e padroni di casa. E le loro terre luoghi di emigrazione e di immigrazione. E le loro genti hanno solcato il mondo con valigie di cartone e chiuse da uno spago sottile, a bordo di una nave improbabile e riboccante, sui sogni di un avvenire più roseo e di una vita da mordere tra speranze e disperazioni".

E le belle intenzioni esposte in copertina si concretizzano tutte nei 12 solchi del disco, equamente divisi tra Pippo e Linard che, al di là delle difficoltà di comprensioni e "soniche" del tedesco, si fanno equamente apprezzare. Peraltro di tutti i brani nel libretto sono disponibili i testi in italiano e in tedesco, per rendere possibile la comprensione da Grigioni (e anche oltre) a Capo Lilibeo (e anche oltre).

Si parte in sicurezza con "Wenn I gohn" ("Quando me ne andrò") , cantata a due voci e con strofe in tedesco e italiano intervallate: "Preparo la mia valigia e porto via con me / il calore della terra / il vento tra le le foglie / il migrare degli uccelli / quando me ne andrò". Una gran bella ballata che serve a mettere in armonia col progetto e col disco. Molto dolce anche il cantato di Linard, più portato alle atmosfere bucoliche, quando Pippo invece ha un approccio più grintoso.

Ma il secondo pezzo "Caffè Caflisch" (che costringe alla rima "mi capisc" che però non sta male) è il pezzo forte dell'album. Cantata di Pippo in italiano porta echi della Cirano gucciniana (appartiene allo stesso tipo di canzone: strofa in crescita costante e ritornello liberatorio). "Siamo venuti da lontano, armati di pane e pazienza / con un biglietto in una mano e un'idea nella credenza / Dalle montagne in un tugurio, le notti alla luce di un cero / la colonnina di mercurio a farci festa sottozero". Ma i passaggi da segnalare sono tanti: "abbiamo molto da imparare / per questo or parliamo piano che non 'è tempo da buttare". "Che poi Palermo è un'avventura, un gioco che sembra da ragazzi / che non si vede mai un'altura e piove poco e solo a sprazzi". "Un espresso e un chinotto laggiù al Caffè Caflisch". Bellissima canzone con musica tesa e grande interpretazione vocale.

Sorvoliamo per ora su alcuni pezzi di contorno e planiamo su "Anni settanta" che sembra riprendere temi e atmosfere dalla similare "Le ultime parole famose" di Beppe Donadio, che, coincidenza, come Pippo Pollina ha più successo in Svizzera che in Italiana: "Come sarebbe bello vivere negli anni '70 / quando il cuore era gonfio e la fame era tanta / e l'uomo era tornato appena dalla lunca / per scoprire che la terra era una vera fortuna". Tanta nostalgia ("voglio tornare indietro fino agli anni settanta / coi capelli lunghi e la mia nonna che canta"), ma anche la sensazione che ci fosse di più da scoprire e da trovare ("Musica, musica, musica di quella giusta / la chitarra di Jimi Hendrix che piaccia e frusta / Musica musica musica di quella vera / la voce di Robert Plant dura e sincera"). Un rock & roll da far la barba a Bennato (Edoardo) e un pugno di concetti e personaggi ("La barba incolta di Yassir Arafat", "Cassius Clay che non vuol fare il miliare" "La lunga marcia di Mao Tse Tung", "L'anarchia di Leo Ferré contro la morte"). Grande piacere.

Segnalo solo ancora "Ciao bella ciao" dalle tenere atmosfere, l'incazzatissima "Grida no!", la disperata e brechiana "Lampedusa" di (Linard Bardill) che costituiscono altrettanti fiori di un album fatto di primavera, intelligenza, buona musica e tante idee. Uno di quegli album da tenersi cari, perché anche tra anni avranno qualcosa da dare. Tenetelo stretto, racconta l'immigrazione dalla parte delle radici. Ed è sempre un bel vedere quando si osservano le cosa da sotto, dal basso, da dentro.

Da www.bielle.org

DonQuijote82 - 21/11/2010 - 12:38




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