è una notte che fa schifo
il vento nelle budella
non so come sia entrato
forse alla chetichella
ma adesso non riesce più
di ricacciarlo fuori
colpa di questo cappotto blu
che ha dieci bottoni e mille fori
un vecchio farabutto
che non c’è verso di rattoppare
la corrente si infila dappertutto
e l’oscurità diventa un mare
negli occhi ho due stelle
luci di questo corpo
un corpo rifoderato di pelle
ma è già la pelle di un morto
maledetto vento che grida
entrato anche negli occhi
dove l’orizzonte è una sfida
una linea di sogni interrotti
lo sguardo dilatato dalle veglie
per custodire silenzi a frotte
che le sentinelle son come stelle
con gli occhi sentono la notte
e questa notte ti scrivo
una lettera di mille parole sparse
per dirti che sì sono vivo
anche se l’autunno mescola le carte
tutto marcisce in quest’ora
tra i ricordi non si distingue
ma sappi che ti amo ancora
sempre ti amo nonostante il sangue
il sapore caldo della pelle
a morderla dov’è molle
le tue cosce bianche incantate
non le ho mai dimenticate
il tuo corpo sui covoni di grano
era il paradiso a portata dai mano
mi stringevi con le ginocchia
ti regalavo la mia bocca
e la notte era il mattino
svegliarsi senza aver dormito
sentirti ancora vicino
e non esserne pentito
così ogni nostra paura
avevamo gettato via per gioco
nei corpi la radiosa tortura
della carne diventata fuoco
dai piedi freddi e bianchi
arrampicavo in alto
finché a prenderti per i fianchi
si faceva più dolce l’assalto
poi era solo la tua allegria
prima della follia del mondo
l’ultimo ricordo che sia
anche lo scuro più profondo
e questa notte ti scrivo
una lettera di mille foglie sparse
per dirti che sì sono vivo
anche se l’autunno mescola le carte
tutto marcisce in quest’ora
tra i ricordi non si distingue
ma sappi che ti amo ancora
sempre ti amo nonostante il sangue
queste mie braccia segnate
da offese non perdonate
dolore cresciuto in ogni vena
di anime strappate dalla scena
le mie dita hanno accarezzato
anche la morte contropelo
per ogni attimo rubato
non c’è niente di più sincero
chi spegne gli occhi non risorge
e la terra dimentica i vecchi amori
ma a guardarsi in faccia da vivi
sono volti bruciati dai rancori
queste gambe sghembe di fatica
sanno che i monti sono impazienti
scalmanate arrancando la salita
stanchezza stretta nei denti
piedi che non lasciano orme
e non si è arrivati a niente
solo l’eco ci risponde
se il dolore urla e non si sente
chi spegne gli occhi non risorge
e la terra dimentica i vecchi amori
ma a guardarsi in faccia da vivi
sono volti bruciati dai rancori
e questa notte ti scrivo
una lettera di mille foglie sparse
per dirti che sì sono vivo
anche se l’autunno mescola le carte
tutto marcisce in quest’ora
tra i ricordi non si distingue
ma sappi che ti amo ancora
sempre ti amo nonostante il sangue
le parole l’amore la morte
finché ci sono parole nelle vene
l’amore è splendore che va e viene
ma ognuno paga la sua sorte
si vedono altre realtà
a fare la guardia all’oscurità
che conserva l’ultima parola
chiusa a chiave in ogni gola
e quanto piace la carne viva
alla morte che prende la mira
acquattata dove non guardi
fino a quando è troppo tardi
dopo una raffica di mitraglia
il cappotto non è più della mia taglia
le maniche quanto sono profonde
la voce non mi risponde
c’è un altro foro sul mio cuore
ma stavolta non è colpa dell’amore
anche se le tue cosce bianche incantate
non le ho mai dimenticate
e dimmi che mi penserai
che soffrirai la mia lontananza
giurami che mi sognerai
e avremo ancora un giro di danza
il vento nelle budella
non so come sia entrato
forse alla chetichella
ma adesso non riesce più
di ricacciarlo fuori
colpa di questo cappotto blu
che ha dieci bottoni e mille fori
un vecchio farabutto
che non c’è verso di rattoppare
la corrente si infila dappertutto
e l’oscurità diventa un mare
negli occhi ho due stelle
luci di questo corpo
un corpo rifoderato di pelle
ma è già la pelle di un morto
maledetto vento che grida
entrato anche negli occhi
dove l’orizzonte è una sfida
una linea di sogni interrotti
lo sguardo dilatato dalle veglie
per custodire silenzi a frotte
che le sentinelle son come stelle
con gli occhi sentono la notte
e questa notte ti scrivo
una lettera di mille parole sparse
per dirti che sì sono vivo
anche se l’autunno mescola le carte
tutto marcisce in quest’ora
tra i ricordi non si distingue
ma sappi che ti amo ancora
sempre ti amo nonostante il sangue
il sapore caldo della pelle
a morderla dov’è molle
le tue cosce bianche incantate
non le ho mai dimenticate
il tuo corpo sui covoni di grano
era il paradiso a portata dai mano
mi stringevi con le ginocchia
ti regalavo la mia bocca
e la notte era il mattino
svegliarsi senza aver dormito
sentirti ancora vicino
e non esserne pentito
così ogni nostra paura
avevamo gettato via per gioco
nei corpi la radiosa tortura
della carne diventata fuoco
dai piedi freddi e bianchi
arrampicavo in alto
finché a prenderti per i fianchi
si faceva più dolce l’assalto
poi era solo la tua allegria
prima della follia del mondo
l’ultimo ricordo che sia
anche lo scuro più profondo
e questa notte ti scrivo
una lettera di mille foglie sparse
per dirti che sì sono vivo
anche se l’autunno mescola le carte
tutto marcisce in quest’ora
tra i ricordi non si distingue
ma sappi che ti amo ancora
sempre ti amo nonostante il sangue
queste mie braccia segnate
da offese non perdonate
dolore cresciuto in ogni vena
di anime strappate dalla scena
le mie dita hanno accarezzato
anche la morte contropelo
per ogni attimo rubato
non c’è niente di più sincero
chi spegne gli occhi non risorge
e la terra dimentica i vecchi amori
ma a guardarsi in faccia da vivi
sono volti bruciati dai rancori
queste gambe sghembe di fatica
sanno che i monti sono impazienti
scalmanate arrancando la salita
stanchezza stretta nei denti
piedi che non lasciano orme
e non si è arrivati a niente
solo l’eco ci risponde
se il dolore urla e non si sente
chi spegne gli occhi non risorge
e la terra dimentica i vecchi amori
ma a guardarsi in faccia da vivi
sono volti bruciati dai rancori
e questa notte ti scrivo
una lettera di mille foglie sparse
per dirti che sì sono vivo
anche se l’autunno mescola le carte
tutto marcisce in quest’ora
tra i ricordi non si distingue
ma sappi che ti amo ancora
sempre ti amo nonostante il sangue
le parole l’amore la morte
finché ci sono parole nelle vene
l’amore è splendore che va e viene
ma ognuno paga la sua sorte
si vedono altre realtà
a fare la guardia all’oscurità
che conserva l’ultima parola
chiusa a chiave in ogni gola
e quanto piace la carne viva
alla morte che prende la mira
acquattata dove non guardi
fino a quando è troppo tardi
dopo una raffica di mitraglia
il cappotto non è più della mia taglia
le maniche quanto sono profonde
la voce non mi risponde
c’è un altro foro sul mio cuore
ma stavolta non è colpa dell’amore
anche se le tue cosce bianche incantate
non le ho mai dimenticate
e dimmi che mi penserai
che soffrirai la mia lontananza
giurami che mi sognerai
e avremo ancora un giro di danza
inviata da i.fermentivivi - 14/4/2009 - 11:06
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Testo di Paolo Donadoni
Musica di Graziano Nardini
Lyrics by Paolo Donadoni
Music by Graziano Nardini
Album: "Fino alla fine"
i ricordi sono come stelle
fanno luce solo di notte...
I testi sono vere e proprie poesie che si muovono dentro la musica di Graziano Nardini e di questa piccola orchestra, sempre efficaci a descrivere l’atroce realtà della guerra che pervade ogni angolo ed ogni voce senza lasciare alcuno spazio se non quello, sporadico e sofferto, ad un anelito a qualcosa di più alto nella spietata lotta per sopravvivere tra il sangue, il dolore e la morte.
Le parole di Donadoni non descrivono una guerra in particolare, ma la guerra nel suo totale. La guerra fuori dal tempo e fuori dalla storia. Proprio perché la guerra ha accompagnato da sempre l’umanità attraverso i millenni e sulla guerra - purtroppo - l’umanità ha costruita gran parte della sua storia.
Dagli albori dell’uomo sono cambiate le modalità, sono cambiate le armi, sono cambiati i vincitori e i vinti, sono cambiati gli uccisori e le vittime. Solo la guerra è rimasta uguale. L’antico rito collettivo del conflitto al quale si fa ricorso quando non si trova una valida soluzione ad un problema. Una scorciatoia tra distruzioni, ferite e vittime che spesso non risolve nulla e che alla fine lascia tutti sconfitti.
Queste strade desolate e impregnate di dolore, di odio e di paura, vengono percorse attraverso tutti i brani, come il lento e crudo dipanarsi di una storia dove il protagonista, il soldato-narratore nel suo itinerario desolato tra i confini di uno scenario di violenza, è consapevole di essere vittima e nello stesso tempo carnefice perché la guerra, tra le altre cose, “mischia le carte”.
“Tutti giù per terra” sono:
Paolo Donadoni, Graziano Nardini, Francesco Carpineti, Francesco Arpe, Lucia Vaccarezza, Gabriele Garibotto, Piergiorgio Benvenuto, Enrico Di Bella, Paolo Banchero, Maurizio Borzone, Eleonora Mecca, Sara Antola, Diego Mecca, Christian Mistretta, Cesare Graziano, Chiara Maddalo, Domenico Ermirio, Carlo Macchiavello, Sara Mistretta
e con la partecipazione del Coro Alpino “Voci d’Alpe” di Santa Margherita Ligure.
La lettera
Chissà dove va
L'albero
Nascondino
Il disertore
Dottore!
Il franco tiratore
Quel suo sguardo lontano
Signor Generale
La casa matta
Il mio sangue sparso
L’aviatore
Non è ancora finita
La bomba
Far scomparire un morto
Le bianche montagne raccontano
Sito di riferimento: terradiqualcuno.it