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We Teach Life Sir

Rafeef Ziadah / رفيف زيادة
Lingua: Inglese


Rafeef Ziadah / رفيف زيادة

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 We Teach Life


Nel prologo di questa poesia, l’autrice spiega infatti di averla
scritta nel 2009, perché, mentre Gaza era sotto i bombardamenti israeliani, e lei lavorava come portavoce dell’ufficio stampa di una coalizione pacifista, un giornalista che la voleva intervistare, le aveva chiesto: “Non pensa che tutto andrebbe bene se smetteste di insegnare ai vostri figli a odiare?”. È una domanda tipica dell’antipalestinismo, una delle tante che vengono rivolte a ogni palestinese, colpevole soltanto della sua identità culturale; un classico caso dell’oppressore che colpevolizza le vittime della sua oppressione. Ziadah ha risposto a quel giornalista scrivendo questo testo, in cui lei ripete per ben undici volte il termine soundbite, coniato dai media statunitensi negli anni 1970, per indicare una “breve frase incisiva” o “battuta ad effetto”, estratta da un discorso pronunciato da una figura politica a scopo propagandistico, orecchiabile e facile da memorizzare, adatta alla trasmissione radiofonica e televisiva, e a essere usata per uno slogan. Durante l’intervista, che sembra il copione di un’opera teatrale dell’assurdo, l’intervistatore cerca di censurare i discorsi dell’intervistata, per limitare il sostegno popolare alla Palestina, impedendole di raccontare la verità sull’occupazione militare israeliana, e specialmente sull’operazione Piombo fuso a Gaza. In questa poesia della resistenza, Ziadah esprime le difficoltà che incontra per spiegare al pubblico occidentale, “in un numero limitato di parole”, che le donne e gli uomini palestinesi devono condurre una lotta quotidiana per la sopravvivenza, resistere per difendersi dalle violenze di soldati e coloni israeliani e da una disumanizzazione continua, sopportare una quotidianità segnata da tormenti e lutti, e soprattutto dal dolore inconsolabile per la perdita di ogni loro bimbo e bimba che Israele uccide. Lo stesso giornalista canadese, che professa il politically correct, per desensibilizzare le persone riguardo alle sofferenze altrui, si rivolge inoltre a lei con aria paternalista, un paternalismo misogino, come se stesse “salvando” una donna araba “oppressa”, mentre in realtà lui la reprime politicamente. Cerca di costringerla a parlare della questione della Palestina come se non fosse un problema politico né esistesse.

Nella poesia, Ziadah descrive lo stress psicologico che aveva sperimentato, durante l’intervista, e presenta il proprio corpo come uno scenario reale di palestinesi vittime di un massacro, filmato da una telecamera e spettacolarizzato dai telegiornali. Mentre tenta di denunciare tante morti, è costretta a lottare contro il tempo, per parlare della Palestina, e ricordare tutte le violenze razziste colonialiste, le stragi subite dalla sua gente dall’epoca coloniale in poi, come se le si fossero incise sotto la pelle e lei venisse massacrata dai media mainstream occidentali, che non raccontano mai la verità sulle guerre devastanti lanciate sul suo paese. Il sistema mediatico le impedisce di rendere la dimensione spaventosa della tragedia del popolo palestinese che dura da oltre un secolo; non ci sta nei pochi soundbite di 15 secondi ciascuno, concessi per le risposte da dare in un’intervista rilasciata in un programma informativo televisivo e per giunta censurata.

ciao aggiungo che l'articolo completo che racconta anche di altri suoi testi è scritto da Patrizia Zanelli lo trovate a questo link

CULTURA. La diaspora palestinese e la parola parlata della poetessa Rafeef Ziadah (Parte 3) - Pagine Esteri
Today, my body was a TV’d massacre.
Today, my body was a TV’d massacre that had to fit into sound-bites and word limits.
Today, my body was a TV’d massacre that had to fit into sound-bites and word limits filled enough with statistics to counter measured response.
And I perfected my English and I learned my UN resolutions.
But still, he asked me, Ms. Ziadah, don’t you think that everything would be resolved if you would just stop teaching so much hatred to your children?

Pause.

I look inside of me for strength to be patient but patience is not at the tip of my tongue as the bombs drop over Gaza.
Patience has just escaped me.
Pause. Smile.

We teach life, sir.
Rafeef, remember to smile.
Pause.
We teach life, sir.

We Palestinians teach life after they have occupied the last sky.
We teach life after they have built their settlements and apartheid walls, after the last skies.
We teach life, sir.

But today, my body was a TV’d massacre made to fit into sound-bites and word limits.
And just give us a story, a human story.
You see, this is not political.
We just want to tell people about you and your people so give us a human story.

Don’t mention that word “apartheid” and “occupation”.
This is not political.

You have to help me as a journalist to help you tell your story which is not a political story.

Today, my body was a TV’d massacre.
How about you give us a story of a woman in Gaza who needs medication?
How about you?
Do you have enough bone-broken limbs to cover the sun?

Hand me over your dead and give me the list of their names in one thousand two hundred word limits.

Today, my body was a TV’d massacre that had to fit into sound-bites and word limits and move those that are desensitized to terrorist blood.

But they felt sorry.
They felt sorry for the cattle over Gaza.
So, I give them UN resolutions and statistics and we condemn and we deplore and we reject.

And these are not two equal sides: occupier and occupied.
And a hundred dead, two hundred dead, and a thousand dead.
And between that, war crime and massacre, I vent out words and smile “not exotic”, “not terrorist”.

And I recount, I recount a hundred dead, a thousand dead.
Is anyone out there?
Will anyone listen?
I wish I could wail over their bodies.

I wish I could just run barefoot in every refugee camp and hold every child, cover their ears so they wouldn’t have to hear the sound of bombing for the rest of their life the way I do.

Today, my body was a TV’d massacre
And let me just tell you, there’s nothing your UN resolutions have ever done about this.

And no sound-bite, no sound-bite I come up with, no matter how good my English gets, no sound-bite, no sound-bite, no sound-bite, no sound-bite will bring them back to life.
No sound-bite will fix this.
We teach life, sir.
We teach life, sir.

We Palestinians wake up every morning to teach the rest of the world life, sir.

inviata da Paolo Rizzi - 8/9/2024 - 11:57



Lingua: Italiano

Traduzione italiano
Noi insegniamo la vita, signore.

Oggi il mio corpo era un massacro trasmesso in TV.
Oggi il mio corpo era un massacro trasmesso in TV che doveva stare in soundbite e un numero limitato di parole.
Oggi il mio corpo era un massacro trasmesso in TV che doveva stare in soundbite e un numero limitato di parole
abbastanza pieno di statistiche per una risposta controbilanciata.

E ho perfezionato il mio inglese e imparato le risoluzioni dell’ONU.
Eppure, lui mi ha chiesto, signorina Ziadah, non pensa che tutto si risolverebbe se solo smetteste di insegnare così tanto odio ai vostri figli?

Pausa.

Cerco dentro di me la forza per essere paziente, ma la pazienza non mi sta sulla punta della lingua
mentre le bombe cadono su Gaza.

La pazienza mi ha appena abbandonata
Pausa. Sorriso.
Rafeef, ricordati di sorridere.
Pausa.

Noi insegniamo la vita, signore.

Noi palestinesi insegniamo la vita dopo che ci hanno occupato l’ultimo cielo.
Insegniamo la vita dopo che hanno costruito i loro insediamenti e muri dell’apartheid, dopo gli ultimi cieli.
Noi insegniamo la vita, signore.
Ma oggi il mio corpo era un massacro trasmesso in TV che doveva stare in soundbite e un numero limitato di parole.
E ci regali una storia, una storia umana.

Vede, questo problema non è politico.
Vogliamo solo raccontare alla gente di lei e del suo popolo, quindi ci racconti una storia umana.
Non menzioni parole come “apartheid” e “occupazione”.
Questo problema non è politico.

Deve aiutarmi come giornalista ad aiutarla a raccontare la sua storia che non è una storia politica.
Oggi il mio corpo era un massacro trasmesso in TV.
Che ne dice di raccontarci la storia di una donna di Gaza che ha bisogno di cure?
E voi?

Avete abbastanza arti pieni di ossa rotte per coprire il sole?

Consegnatemi i vostri morti e datemi la lista dei loro nomi nel limite di milleduecento parole.

Oggi il mio corpo era un massacro trasmesso in TV, tagliato per stare in pochi soundbite e un numero limitato di parole
per commuovere coloro che sono desensibilizzati al sangue terrorista.
Ma erano dispiaciuti.
Erano dispiaciuti per il bestiame steso su Gaza.

Quindi, do loro le risoluzioni e le statistiche dell’ONU,
e noi condanniamo e deploriamo e ripudiamo.
Ma queste non sono due parti uguali: occupante e occupata.
E cento morti, duecento morti e mille morti.

E in mezzo, crimine di guerra e massacro, io libero parole e sorrido “non esotica”, “non terrorista”.
E riconto, riconto cento morti, mille morti.
C’è nessuno là fuori?
Qualcuno ascolterà?

Vorrei poter piangere a lutto sui loro corpi.
Vorrei poter correre scalza in ogni campo profughi, e abbracciare ogni bimbo e bimba,
coprire loro le orecchie perché non debbano sentire il rumore dei bombardamenti
per il resto della vita come faccio io.

Oggi il mio corpo era un massacro trasmesso in TV
E lasciate che vi dica che le vostre risoluzioni ONU non hanno mai fatto nulla al riguardo.
E nessun soundbite, nessun soundbite che mi venga in mente, non importa quanto migliori il mio inglese, nessun soundbite, nessun soundbite, nessun soundbite, nessun soundbite li riporterà in vita.

Nessun soundbite risolverà questo problema.
Noi insegniamo la vita, signore.
Noi insegniamo la vita, signore.

Noi palestinesi ci svegliamo ogni mattina per insegnare al resto del mondo la vita, signore.

8/9/2024 - 22:29




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