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Il limite ignoto

Paolo Rizzi
Lingua: Italiano

Paolo Rizzi

Lista delle versioni e commenti


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علَى هَذِهِ الأَرْض
(Shadia Mansour / شادية منصور)
‘Till Our Lungs Cave In
(The Cloverhearts)
Blowin' in the Wind
(Bob Dylan)


Su il manifesto del 29 maggio compare un titolo grande in rosso a carattere maiuscolo IL LIMITE IGNOTO e l’articolo riprende la cronaca del “salto di livello” del conflitto che Stoltenberg (una montagna di stoltezza) ha lanciato e a cui l’Europa si sta adeguando.

Paolo Pileri su Altreconomia di maggio 24 scrive un interessante articolo dal Titolo: La guerra di Gaza e l'ecocidio dei suoli in cui descrive la distruzioni dell'esercito israeliano.(42%)
Conclude con queste parole "le guerre sono schifose di loro, ma qualcuno riesce a renderle ancora più schifose uccidendo anche i suoli, l'agricoltura e la natura così da uccidere due,tre,dieci volte i popoli e la loro sovranità ".

Guernica


Questo brano è un omaggio a Claudio Lolli e alla sua Canzone "Al milite ignoto" che per assonanza mi ha dato il La per scrivere. Poi rendo omaggio a Dylan alla sua Blowing in the wind ed infine al mood musicale di Springsteen.
Da qui nasce la canzone in cui oltre al “limite” all’uso delle armi trovano posto i limiti ignoti del genocidio a Gaza e quelli invece noti della guerra all’ambiente che sta causando il cambio climatico.

Guernica di Picasso e le immagini del più bel film contro la guerra : "La sottile linea rossa" di Malick sono entrate nel video.

Oggi 2 giugno festa della Repubblica e come sempre si enfatizzano le forze armate.
Mi ricordo Lidia Menapace che disse che le frecce tricolore erano inquinanti e questo... per sua fortuna.... le costò la candidatura a ministro della difesa.
Quanti morti possiamo accettare
Tra i civili nella striscia di Gaza
Quante armi possiamo inviare
Per colpire chi non ha più casa

Quanti Stati dovranno dichiarare
Dell'ONU membro la Palestina
Prima che si possa fermare
Il genocidio la carneficina

Quanti medici dovranno fuggire
Abbandonando malati e feriti
Quanti reporter dovranno morire
Bersaglio di droni mirati
Quanti reporter dovranno morire
Bersaglio di droni mirati

Quanti ostaggi saranno il pretesto
Per negare il cessate il fuoco
Quanti crimini in questo contesto
Qual è il limite il limite è ignoto
Quanti crimini in questo contesto
Qual è il limite il limite è ignoto

Quanti giovani in questi due anni
Arruolati in Russia e Ucraina
Quanti sono deceduti colpiti
Per un missile o per una mina
Quanto vale un metro di terra
Sulla quale seminare del grano
Quanto aiuto per fare la guerra
Chiede a tutti il governo ucraino

Quanti paesi in questa Alleanza
Che tutti quanti chiamano Nato
Quante armi e quanta finanza
Metton veti ad un negoziato
Quante armi e quanta finanza
Metton veti ad un negoziato

Quanti accenni di usare l’atomica
La Russia lo ha già minacciato

Dove usarle e di quale potenza
Qual è il limite il limite è ignoto
Dove usarle e di quale potenza
Qual è il limite il limite è ignoto

Quanti gradi di temperatura
questo pianeta potrà sopportare
quante angosce e quanta paura
per un futuro che sembra svanire

Quanti animali e quanta natura
Queste guerre fan terra bruciata
Quanti impegni e quanta impostura
quanto cinismo la promessa è mancata
Quanti allarmi ha lanciato la scienza
Oltre il limite non c’è ritorno
Quante bugie e quanta arroganza
Oltre il danno c’è pure lo scorno
Quante bugie e quanta arroganza
Oltre il danno c’è pure lo scorno

Quanto ancora possiamo salvare
Della bellezza di questo creato
Qual è il limite da non superare
Qual è il limite il limite è noto
qual è il limite da non superare
Qual è il limite il limite è noto

inviata da Paolo Rizzi - 2/6/2024 - 17:15


Hanno riaperto il museo di Ramallah. Vi metto il link al sito che mostra la ricchezza della cultura palestinese

Le mostre al Palestinian Museum di Birzeit in Cisgiordania
Il progetto Questa non è una mostra è ospitata nella galleria principale del museo ed è a cura di Eltiqa Art Gallery e Shababek Gallery di Gaza, le cui sedi sono andate perse a causa dei recenti bombardamenti. La mostra riunisce oltre 280 opere d’arte realizzate da oltre 100 artisti provenienti da collezioni private e non, offrendo uno spaccato della storia e della resistenza araba palestinese davanti all’orrore della guerra.
A questa si aggiunge The Disappeard, dove l’artista Taysser Barakat crea un mondo costruito sulle rovine e sulla perdita, nel suo significato più ampio. Il mondo che rappresenta Barakat congela un momento ricorrente e infinito di smarrimento, dove i sensi sono distroti, il linguaggio svanisce e la percezione di tempo e spazio viene meno.
Infine, con Women of Gaza si apre un nuovo capitolo della programmazione espositiva del museo che si concentrerà sul patrimonio palestinese attraverso mostre temporanee. Un progetto che fa il suo debutto ponendo un focus sulle donne ed i loro abiti tradizionali ricamati, testimoni della creatività e dell’ artigianato locale (aggiunto alla lista del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO nel 2021).

https://palmuseum.org/en

Paolo Rizzi - 8/7/2024 - 09:59


Vi segnalo una delle mostre prodotte dal museo andata a Documenta in Germania nel 2022 e attaccata dalla critica sionista si chiama Guernica a Gaza.
potete sfogliare il catalogo o scaricarlo

«Nel 2022, durante documenta 15, Mohamamd Al Hawajri è stato accusato di antisemitismo dai media tedeschi a causa della sua opera Guernica Gaza», realizzata inserendo scene di guerra a Gaza sullo sfondo dei capolavori dell’arte europea. «Lo accusarono di antisemitismo – continua il collettivo nel suo post – perché dicevano che paragonando il bombardamento di Guernica al bombardamento di Gaza avrebbe paragonato anche il bombardamento nazista di Guernica al bombardamento israeliano di Gaza, come se i palestinesi non potessero appartenere alla storia e alla memoria di questo mondo. Pochi giorni fa, durante il Memorial Day di Guernica, il popolo di Guernica ha formato insieme un’enorme bandiera palestinese in solidarietà con il popolo di Gaza. Coloro che imparano dalla storia sanno con chi schierarsi, coloro che imparano dalla storia sanno cosa significa realmente “mai più”».
https://issuu.com/hawajri/docs/guernic...

Paolo Rizzi - 8/7/2024 - 10:04


Sempre da Areale di Ferdinando Cotugno 22 marzo 25: una conversazione con Andreas Malm ed il suo ultimo libro
DISTRUGGERE LA PALESTINA

Nel 2021, l'ecologo svedese Andreas Malm aveva previsto (e in qualche modo invocato) che i movimenti per il clima avrebbero abbandonato la vocazione alla nonviolenza e abbracciato il sabotaggio delle infrastrutture fossili come strategia politica. Il luogo di questi pensieri era un libro intitolato Come far saltare un oleodotto.

Ecco, sono passati quattro anni, nessun oleodotto è stato minacciato, e il massimo del sabotaggio che Malm può registrare oggi è il vandalismo delle auto elettriche Tesla, in protesta contro Elon Musk e tutto quello che rappresenta. Sicuramente, è una curva della storia che non avevamo visto arrivare, né noi né Malm, che ora ha pubblicato un nuovo saggio, sempre per Ponte alle Grazie, Distruggere la Palestina, distruggere il pianeta, sulla trama di relazioni politiche, coloniali ed energetiche che legano quella terra alla crisi climatica. Questa settimana ne abbiamo parlato, Malm e io, in una lunga chiamata prima che lui partisse per la Colombia.

Come tanti (non abbastanza per cambiare le cose, ma comunque "tanti"), nell'ultimo anno e mezzo, Malm non è riuscito a togliere occhi, pensieri e azione politica da quello che sta succedendo a Gaza. «L'intensità del genocidio è diversa da qualunque cosa ci abbia mai mostrato la crisi climatica: una forma di violenza diretta, intenzionale e spettacolare che non può essere paragonata nemmeno agli incendi o agli eventi meteo estremi. Una forma di violenza così esplicita ci pone di fronte a una sfida nuova. Non è un prodotto del capitalismo, come la crisi climatica, ma è l'obiettivo a sé stante di cancellare un popolo».

È una sfida cognitiva, ancor prima che politica, per il movimento climatico. Greta Thunberg ha diretto qui la sua azione politica, ma è stata più sintomo che innesco di questo cambio di sensibilità. «I due movimenti hanno provato a fare una convergenza, ma, se le proteste climatiche hanno quasi ovunque anche una componente pro Palestina, le proteste pro Palestina non hanno quasi mai una componente climatica». La convergenza, da quel lato, è più impervia, perché troppo immediata l'urgenza, troppo grande la scala di dolore e indignazione.

Malm registra che tanti, come lui, hanno indirizzato la propria attenzione politica su Gaza, riuscendo a occuparsi di poco altro in questi anni. «Non riesco proprio più a concentrarmi sul clima, anche se forse le cose stanno cambiando e cambieranno con Trump, che rappresenta la fusione totale tra il massimo supporto alla distruzione del pianeta tramite i combustibili fossili e il massimo supporto alla distruzione dei palestinesi. La sua disinvoltura è assoluta su entrambi i fronti. Il problema è che mi sarei aspettato una rivolta climatica e democratica, ma tutto questo non sta accadendo. La fotografia oggi è molto, molto scura».

È difficile capire quale traiettoria possa prendere il movimento per il clima a questo punto della storia. Secondo Malm, è stata l'altra grande guerra di questa epoca, quella in Ucraina, a fermare la radicalizzazione violenta che lui aveva previsto nel 2021. «Il sabotaggio era qualcosa che i movimenti europei stavano valutando. A quel punto, però, dopo l'invasione dell'Ucraina e la crisi energetica, non sarebbe stato visto come rivolta climatica, ma come minaccia alla sicurezza energetica, e i movimenti non sarebbero solo stati criminalizzati, come sta comunque succedendo, ma sarebbero stati anche inquadrati come alleati di Putin in occidente».

Forse è questo anche il principale limite concettuale dei ragionamenti che nel 2021 avevano reso Come far saltare un oleodotto un libro interessante ma anche fragile intellettualmente: un'idea troppo astratta della violenza e del sabotaggio, tutta teorica, mai calata nei contesti e nelle loro conseguenze. I movimenti ci hanno visto più lungo e si sono tenuti al largo da questo tipo di guai.

E ora? Il clima è finito in fondo all'agenda, e nessuno sembra avere il clima come priorità tranne, suggerisce Malm, il clima stesso. «I fenomeni estremi aumenteranno. Sarà il cambiamento climatico a rimettersi di nuovo da solo in cima all'agenda, quando avremo di nuovo disastri epocali come quello di Valencia. Dopo quell'alluvione in Spagna, abbiamo visto le prime rivolte direttamente riconducibili al clima in Europa. Il problema è che quelle proteste erano contro gli amministratori locali di destra e la loro incapacità di arginare il problema, ma non contro le aziende fossili spagnole e globali che lo avevano causato. Si continua a guardare ai sintomi, mai alla radice del problema».

Malm sembra suggerire, e questo è interessante, che, in questa epoca di fatalismo climatico, le proteste su vasta scala non saranno più richieste di mitigazione e transizione, come nel 2019, ma di adattamento e cura, come a Valencia nel 2024. «Il 2019 non tornerà più, e non saranno più i gruppi storici come Fridays for Future o Extinction Rebellion a guidare le future proteste. Servono novità, nuove tattiche, nuovi linguaggi, nuovi leader, e serve soprattutto la capacità di tornare ad avere una lettura politica dei disastri che verranno. Il fatalismo è un incantesimo maligno da spezzare, servono alleanze, serve articolarsi con le lotte sociali che già esistono, quelle per le pensioni, per la sanità, per la pace».

Il cambiamento climatico può essere ancora il collante, come è stato in passato. Ma serve una lettura di classe, perché i movimenti sono ancora troppo legati a un nucleo sociale di classe media bianca. Però è interessante quello che dice Malm sulla classe sociale al tempo del cambiamento climatico. «Nella teoria marxiana classica, la classe è definita dal possesso o meno dei mezzi di produzione. Nell'era della crisi climatica, la classe sarà sempre più definita dalla capacità di resistere ai disastri naturali».

https://www.ponteallegrazie.it/libro/d...

P.r - 22/3/2025 - 15:17




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