Non ha un'ora la morte, dicono
Né lunedì né settimana né anno
È solo un sospiro lungo
Una lavagna spezzata sull'orlo della notte
Eppure ci sono morti che colpiscono come pugnalate
Morti duri ed aguzze
Morti che pesano e sono pietre
La tua morte di panettiere buono
Di profondo vasaio
Di contadino, di legno e di albero
Di acque di fiume, di cielo e di azzurro
La tua morte, Pablo Neruda
Fra la cenere dei libri
E i vetri spezzati
Fra le urla dei soldati
La tua morte così generale
Nel tuo Cile di pietre e di nuvola
Di vascello incantato fra i venti
La tua morte nell'ora più oscura delle tue radici
Ci sorprese al crocevia dei giorni
Con l'amaro sapore del sale
Fu per un attimo e all'improvviso il silenzio
E tutta l'acqua che cupamente cadde
Fra le parole e le labbra
Ahimè, buon fratello
Sappiamo che la morte
Ha occhi profondi che inghiottono il tempo
E mani dure e forbici incessanti
Ma in quella solitudine di cuori e di vestiti
E nella tua assenza di quercia sonora
Non fu il lamento, ma ancora una volta il canto
Che udimmo salire dalle radici segrete dell'acqua
Perché tutta la terra, col gesto della semina
Col duplice fuoco che si lega agli amanti
Con i cristalli del sale e la gola dell'urlo
Con le mani incatenate e le mani che spezzano le catene
Con la polvere, l'albero e la fiamma
E i piedi scalzi del vento
Con Pietro che abbraccia Maria
Col mare e con le pietre e le conchiglie
E i marinai sperduti nelle taverne
Con tutto ciò che tu hai toccato
E con altro ancora
Ci veniva incontro col suo infinito galoppo
Recando la tua statura di esatto cavaliere
E così nostro Pablo, fratello, buon compagno
Che sei nella terra, nei fiumi, nelle montagne
E in tutta l'estensione del grano
Della tua America palpitante
Ora sappiamo, Cile del nostro cuore
Che la morte non ha sconfitto
Le tue mani grandi di muratore
E che ogni giorno, semplicemente
Compi il tuo dovere di nascere e di cantare
Con l'innumerevole voce dell'erba
Né lunedì né settimana né anno
È solo un sospiro lungo
Una lavagna spezzata sull'orlo della notte
Eppure ci sono morti che colpiscono come pugnalate
Morti duri ed aguzze
Morti che pesano e sono pietre
La tua morte di panettiere buono
Di profondo vasaio
Di contadino, di legno e di albero
Di acque di fiume, di cielo e di azzurro
La tua morte, Pablo Neruda
Fra la cenere dei libri
E i vetri spezzati
Fra le urla dei soldati
La tua morte così generale
Nel tuo Cile di pietre e di nuvola
Di vascello incantato fra i venti
La tua morte nell'ora più oscura delle tue radici
Ci sorprese al crocevia dei giorni
Con l'amaro sapore del sale
Fu per un attimo e all'improvviso il silenzio
E tutta l'acqua che cupamente cadde
Fra le parole e le labbra
Ahimè, buon fratello
Sappiamo che la morte
Ha occhi profondi che inghiottono il tempo
E mani dure e forbici incessanti
Ma in quella solitudine di cuori e di vestiti
E nella tua assenza di quercia sonora
Non fu il lamento, ma ancora una volta il canto
Che udimmo salire dalle radici segrete dell'acqua
Perché tutta la terra, col gesto della semina
Col duplice fuoco che si lega agli amanti
Con i cristalli del sale e la gola dell'urlo
Con le mani incatenate e le mani che spezzano le catene
Con la polvere, l'albero e la fiamma
E i piedi scalzi del vento
Con Pietro che abbraccia Maria
Col mare e con le pietre e le conchiglie
E i marinai sperduti nelle taverne
Con tutto ciò che tu hai toccato
E con altro ancora
Ci veniva incontro col suo infinito galoppo
Recando la tua statura di esatto cavaliere
E così nostro Pablo, fratello, buon compagno
Che sei nella terra, nei fiumi, nelle montagne
E in tutta l'estensione del grano
Della tua America palpitante
Ora sappiamo, Cile del nostro cuore
Che la morte non ha sconfitto
Le tue mani grandi di muratore
E che ogni giorno, semplicemente
Compi il tuo dovere di nascere e di cantare
Con l'innumerevole voce dell'erba
inviata da Alberto Scotti - 17/8/2023 - 02:10
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[1976]
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