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Una bella canzone, scritta da Emiliano Cecere e Diego Calvetti, ed interpretata da Noemi al maschile

Porcellana


A proposito del brano, la stessa Noemi ha sottolineato che “ci potrebbero essere mille e un modo per raccontare gli attacchi di panico in musica ed io mi sento ferrata sull’argomento“.
Ha poi spiegato: “Il titolo rimanda all’immagine della testa fragile come la Porcellana che esprime benissimo come ci si possa sentire in quei momenti dove le emozioni prendono il sopravvento, facendoti sentire nuda e fragile“.

Insomma nell'apparente dimensione "privata" si manifesta sempre la dimensione sociale. Il panico, lo dicono tutti, è un disturbo che negli ultimi decenni si è diffuso moltissimo. Era stato descritto da tempo ma con la trasformazione sociale ipermoderna i casi di panico si sono moltiplicati. C'è stato, potremmo dire, un vero e proprio contagio - in senso metaforico, ovviamente: il panico non è trasmesso da un virus! Ma siamo sicuri che sia necessario un virus per parlare di contagio? Se i sintomi sono un linguaggio sociale, il linguaggio è qualcosa che ci precede e che si trasmette come un virus, allora parlare di contagio per una sintomatologia non sarà fuori luogo.

[…]
Soffro dunque siamo


Tutto ciò che è solido si dissolve nell'aria: è la classica definizione di Marx della modernità capitalistica. Classica e sempre più palpabile, in tempi post e ipermoderni. Il panico, allora, sembra rivelarsi il sintomo apicale di questa dissoluzione di legami, appartenenze, identità che costituisce il cuore liquido e distruttivo nella modernità. Una modernità che non si è limitata a distruggere ma continuamente ricostruisce, producendo nuove forme di identità chiuse in loro stesse, nuove forme di individualità proprietarie e concorrenziali.

Ma non solo questo: il panico si presenta come sintomo anche di quella qualità profonda del nostro tempo che è la percezione di un'assenza di futuro. […]
Le nuove generazioni in particolare vivono l'assenza di un orizzonte possibile in più dimensioni, da quella climatica a quella economico-sociale. E quando l'orizzonte futuro è avvolto nell'oscurità, quando si rende impossibile ogni forma di progettualità, quando non si riesce a immaginare il costituirsi di nuovi legami e nuove appartenenze - ecco il panico: ci si è allontanati dalla casa ma non se ne trova un'altra possibile, e sotto i piedi si apre il vuoto.

Marco Rovelli, da Soffro dunque siamo. il disagio psichico nella società degli individui., Minimum Fax, 2023.
Scende la notte
Quando mi guardo nello specchio e sono stanco
E il sangue mi ribolle addosso quando piango
O scorro foto solo per passare il tempo
e sono stanco

Scende la notte
Quando vorrei andare in guerra e so che perdo
Perché mi tremano le gambe sopra il mondo
Mi vesto bene ad ogni modo e mi difendo
ma sono stanco

Ma il cuore mio, lo so
È solo una puttana
E la mia testa fragile come la porcellana
Che non scende mai per strada
E vive dei suoi sogni
Che sono buchi neri e ci sprofondi

Ma il cuore mio, lo so
È come un aquilone
Che vola sopra il cielo
e si abbandona ad un tifone
Che puoi solo fermare
Con la forza di un padre
Ma rimani bambino
E continui a tremare

Scende la notte
Quando regalo a sconosciuti il mio passato
E metto il naso rosso e faccio lo spassoso
Di colpo cado nell'ovatta accartocciato
e resto muto

Ma il cuore mio, lo so
È solo una puttana
E la mia testa fragile come la porcellana
Che non scende mai per strada
E vive dei suoi sogni
Che sono buchi neri e ci sprofondi

Ma il cuore mio, lo so
È dentro un ascensore
Bloccato in mezzo a un piano soltanto per timore
Che puoi solo sbloccare
Lasciandoti andare
E immaginando
La notte dormire

Ma il cuore mio, lo so
È solo un aquilone
Che vola sopra il cielo e si abbandona ad un tifone
Che puoi solo fermare
Con la forza di un padre
Ma rimani bambino
E continui a tremare

E continui a tremare

inviata da Lorenzo Masetti - 6/5/2023 - 22:07




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