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La mela di Odessa (1920)

AreA
Lingua: Italiano


AreA

Lista delle versioni e commenti


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(Eugenio Finardi)


[1975]
Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja saevel: Demetrio Stratos
Album / Albumit:
1. Crac! (1975)
2. Are(A)zione, live 1975





Le notizie sono (e sono rimaste) parecchio incerte. Secondo Demetrio Stratos, al quale fu chiesto che cosa significasse questo brano poi divenuto un classico degli AreA, il testo si baserebbe su un fatto realmente avvenuto nel 1920, e che potrebbe essere uno dei primi dirottamenti marini della storia. Un pittore dadaista tedesco, tale Apple, che intendeva assistere ad una mostra d'arte a Odessa, vi dirottò una nave passeggeri con l'intenzione di regalarla ai russi che avevano da poco fatto la rivoluzione. Una volta a Odessa, Apple venne salutato con feste enormi, che comportarono anche far saltare in aria la nave con tutti i suoi passeggeri tedeschi. Per essere precisi, ecco anche la trascrizione che il blogger Ennio Carota ha fatto dell'introduzione alla canzone fatta da Demetrio Stratos durante il concerto poi registrato per l'album dal vivo Are(A)zione nel 1975 (lo stesso anno in cui uscì anche Crac!, l'album che contiene originariamente questo brano):

“Questo pezzo trae spunto da un fatto successo nel 1920, cioè quando un artista, un dadaista di nome Apple dirottò una nave tedesca regalandola ai russi, che avevano appena fatto la rivoluzione. La portò ad Odessa, i russi fecero una grandissima festa, fecero saltare sia la nave sia i tedeschi, e questo pezzo si chiama La mela di Odessa".

(Da notare che, nell'album live c'è un errore di separazione tra le tracce, e tale introduzione compare in realtà prima di un'altro celeberrimo pezzo degli AreA, Luglio, agosto, settembre (nero)).

Così gli scarni fatti, a volte “conditi” un po' nelle varie fonti che ho consultato (c'è chi parla ad esempio che la nave dirottata a Odessa fosse piena di “ricchi borghesi” poi destinati a una pessima fine, una sorta di “Locomotiva” marina, verrebbe da dire). Il problema è che, con tutto il rispetto dovuto agli AreA e al grande Demetrio Stratos, qui generalmente non ci accontentiamo di vulgatae e andiamo perlomeno a fare qualche pur modesta ricerca storica, tanto più che, anche questa volta, c'è di mezzo la fatale Odessa. Eravamo certi che un episodio del genere, così come raccontato da Demetrio Stratos, avesse lasciato perlomeno qualche traccia pur se avvenuto oltre cent'anni fa: il pittore dadaista di nome Apple, il dirottamento della nave, l'arte e la rivoluzione, Odessa, l'esplosione della nave... invece sono due giorni che sto cercando notizie più precise su di esso, in ogni lingua che mi è dato di conoscere, ed il risultato è il seguente: un bel nulla, a parte la ripetizione più o meno pedissequa del racconto di Demetrio Stratos, con qualche rara infiorettatura. Ci piacerebbe davvero sapere come sia arrivato a Demetrio Stratos nei primi anni '70, per quale via o tramite, ragionevolmente sicuri che non si tratti di un'invenzione (ma non si sa mai). Naturalmente, inserendo questo brano abbastanza capitale nella produzione degli AreA, e continuando le ricerche, facciamo appello a chi eventualmente ne sappia il classico “qualcosa in più” affinché condivida con noi le sue conoscenze.

Detto questo, occorre comunque apprezzare il valore metaforico del brano; e qui, ancora una volta, rimando all'interpretazione di Ennio Carota. Altre cose (collegate anche agli attuali avvenimenti ucraini) si trovano su questa pagina di Contemporary Associazione Culturale. Il brano, come tutti sapranno, fa parte di Crac!, del 1975, l'album forse più importante e iconico degli AreA; è quello che contiene, ad esempio, anche L'elefante bianco e, soprattutto, Gioia e rivoluzione, definita l'unica canzone veramente di successo degli AreA. Si trova anche, come già accennato, nell'album live Are(A)zione, sempre del 1975, registrato tra la Festa del Proletariato Giovanile al Parco Lambro di Milano, Napoli (durante la Festa dell'Unità), Rimini (durante la Festa della Gioventù) e Reggio Emilia (durante un concerto al Teatro Comunale). Durante alcune esecuzioni del brano si dice che Demetrio Stratos si mangiasse una mela sul palco, con calma serafica. In Are(A)zione si trova anche la celeberrima “reinterpretazione” dell'Internazionale che, pare, suscitò le ire funeste di Nicolae Ceauşescu.

Però, tutto sommato, ci sarebbe piaciuto -e non poco- poter tornare a quel presunto episodio nella Odessa del 1920, immediatamente post-rivoluzionaria, anche al di là del suo valore metaforico; almeno per ora, però, non se ne fa di niente. A due giorni da uno strano 25 aprile, ci mettiamo da una parte e ci (ri)ascoltiamo la Mela di Odessa. Cosa che, a dire il vero, non facevamo da qualche tempo. [RV]

C'era una volta una mela a cavallo di una foglia
Cavalca, cavalca, cavalca
Insieme attraversarono il mare
Impararono a nuotare

Arrivati in cima al mare
Dove il mondo diventa mancino
La mela lasciò il suo vecchio vestito
E prese l'abito da sposa più rosso, più rosso

La foglia sorrise, era la prima volta di ogni cosa
Riprese la mela in braccio e partirono
Giunsero in un paese giallo di grano
Pieno di gente felice
Pieno di gente felice!

Si unirono a quella gente
E scesero cantando fino alla grande piazza
Qui altra gente si unì al coro
"Ma dove siamo? Ma dove siamo?"
Chiese la mela
"Se pensi che il mondo sia piatto
Allora sei arrivata alla fine del mondo
Se credi che il mondo sia tondo
Allora sali, e incomincia un giro tondo!"

E la mela salì, salì, salì, salì, salì
La foglia invece salutò, salutò, salutò
Rientrò nel mare e nessuno la vide più
Forse per lei, mah, il mondo era ancora piatto
Vicino al mare dove il mondo diventa mancino
Se credi che il mondo sia tondo, allora sali, sali!
E incomincia il giro tondo!

inviata da Riccardo Venturi - 23/4/2022 - 20:32



Lingua: Inglese

English translation / Traduzione inglese / Traduction anglaise / Englanninkielinen käännös:
Riccardo Venturi, 10-12-2025 10:55


The Apple of Odessa

Once upon a time there was an apple riding a leaf
Riding, riding, riding
They crossed the sea together
And learned to swim

They reached the top of the sea
Where the world turns left-handed
The apple took off its old dress
And took the reddest, reddest wedding dress

The leaf smiled, it was the first time ever,
She took the apple back in her arms and they set off
They landed in a village yellow with wheat
Full of happy people
Full of happy people!

They joined those people
And they went down singing to the great square
Here, more people joined in the choir
"Where are we? Oh, where are we?"
The apple asked
"If you think the world is flat,
Then you've reached the end of the world.
If you think the world is round,
Then climb up and start going round and round!"

And the apple went up, up, up, up, up
The leaf, however, said hello, said hello, said hello
She went back into the sea and no one saw her again
Maybe for her, well, the world was still flat
Next to the sea where the world turns left-handed
If you think the world is round, then go up, go up!
And the circle begins!

10/12/2025 - 10:55


Esisteva un articolo in proposito su wikipedia con un riassunto dell'evento ma non si trova più.

9/12/2025 - 19:00



Un po' di luce sul mistero della Mela di Odessa?
Il Manifesto (Alias), 26 agosto 2023
di Antonio Bacciocchi

Area di mistero | il manifesto

(Alias) Nel 1975 nell'album dal vivo Are(A)zione degli Area, Demetrio Stratos presenta così il brano La mela di Odessa: «Questo pezzo trae spunto da un fatto successo nel 1920, cioè quando un artista, un dadaista di nome Apple (così verrà sempre riportato nei libri e negli articoli, per evidente assonanza con il titolo, ndr) dirottò una


Dischi/La storia poco nota, tragica e attuale del brano «La mela di Odessa»

Nel 1975 nell’album dal vivo Are(A)zione degli Area, Demetrio Stratos presenta così il brano La mela di Odessa: «Questo pezzo trae spunto da un fatto successo nel 1920, cioè quando un artista, un dadaista di nome Apple (così verrà sempre riportato nei libri e negli articoli, per evidente assonanza con il titolo, ndr) dirottò una nave tedesca regalandola ai russi, che avevano appena fatto la rivoluzione. La portò a Odessa, i russi fecero una grandissima festa, fecero saltare sia la nave sia i tedeschi, e questo pezzo si chiama La mela di Odessa». Un fatto – che ci riporta anche alla tragica realtà che sta vivendo ancora oggi la città sul Mar Nero – cruento e decisamente rilevante: il sequestro di una nave e l’affondamento della stessa con l’equipaggio a bordo avrebbe causato ripercussioni diplomatiche piuttosto gravi pur in un periodo in cui la Russia, futura Unione Sovietica, viveva ancora una forte instabilità, sia per la guerra in atto contro la Polonia, che per la resistenza «bianca» contro i bolscevichi e vari altri focolai di rivolta, specie in Caucaso.

Anche in Germania è un periodo di turbolenze sociali. Ma nessuna fonte storica riporta l’evento, né si trova traccia dell’artista dadaista Apple. A cosa si riferisce il testo? Il brano è firmato, come nella maggior parte della produzione degli Area, da Ares Tavolazzi, Paolo Tofani e Patrizio Fariselli ma i testi pare fossero farina del sacco di Gianni Sassi, produttore e «ideologo» del gruppo. Come ha direttamente confermato, interpellato specificatamente, Paolo Tofani: «I testi li faceva Gianni Sassi e anch’io ho le informazioni che si trovano in giro, non ne so di più».

METAFORE
Il testo è molto interessante nel suo contrapporre il presunto artista Apple (la mela del racconto) con la foglia (la supposta nave tedesca, fatta poi esplodere a Odessa) e riempire di metafore il racconto, dal «mondo che diventa mancino», «giallo di grano» e «pieno di gente felice». Dal vivo gli Area aggiungevano un tocco di teatralità facendo una pausa in cui Patrizio Fariselli mangiava una mela (come si evince da una foto all’interno di Are(A)zione e dalla registrazione live del brano). «C’era una volta una mela a cavallo di una foglia. Cavalca, cavalca, cavalca, insieme attraversarono il mare, impararono a nuotare. Arrivati in cima al mare dove il mondo diventa mancino la mela lasciò il suo vecchio vestito e prese l’abito da sposa più rosso, più rosso. La foglia sorrise, era la prima volta di ogni cosa, riprese la mela in braccio e partirono. Giunsero in un paese giallo di grano pieno di gente felice, pieno di gente felice! Si unirono a quella gente e scesero cantando fino alla grande piazza, qui altra gente si unì al coro “Ma dove siamo? Ma dove siamo?” chiese la mela, “Se pensi che il mondo sia piatto Allora sei arrivata alla fine del mondo, se credi che il mondo sia tondo allora sali, e incomincia un giro tondo!” E la mela salì, salì, salì, salì, salì, ,a foglia invece salutò, salutò, salutò, rientrò nel mare e nessuno la vide più, forse per lei, mah, il mondo era ancora piatto. Vicino al mare dove il mondo diventa mancino Se credi che il mondo sia tondo, allora sali, sali! E incomincia il giro tondo!».
Gli Area hanno sempre giocato con i testi e le parole per rimanere in difficile (se non precario) equilibrio tra una militanza politica sempre palesata e praticata («Lavoravamo con Lotta Continua e non ci davano niente, quelli del Movimento quando chiedevi un rimborso storcevano il naso, c’erano gli autonomi, la musica gratis» – Paolo Tofani da un’intervista a Rolling Stone) e la volontà di andare liricamente oltre i prevedibili slogan. La canzone è particolarissima e originale; dopo un inizio free di circa tre minuti ne seguono quasi quattro di funk rock (apparentemente) lineare (in realtà è un complesso tempo in 10/4) con tanto di fiati dissonanti e il racconto teatrale di Demetrio Stratos a cui fanno da accompagnamento suoni e piccoli «sketch» sonori che rendono il brano una piccola pièce cabarettistica. Il gruppo cercava di cambiare direzione dopo i primi due album Arbeit Macht Frei e Caution Radiation Area, in cui operavano in un contesto sonoro sperimentale, free jazz, fusion, dove si innestavano musica mediterranea e tempi spezzati e complessi, mutuati dalla tradizione balcanica e in cui giocava un ruolo decisivo un uso avanguardistico dell’elettronica, sia con le tastiere di Fariselli che con la chitarra filtrata nel sintetizzatore di Tofani, su cui Demetrio Stratos furoreggiava con le sue ardite evoluzioni vocali.

VERSO IL POP
Con Crac! gli Area cercano di allargare gli orizzonti, provando anche vie più (moderatamente) pop. Ricordiamoci che i componenti avevano vissuto i recenti anni Sessanta all’interno della scena beat: Stratos con i Ribelli con cui trovò il successo con Pugni chiusi, Tavolazzi con gli Avengers e Carmen Villani per poi approdare a contaminazioni più ardite con i Pleasure Machine e i Giganti, Paolo Tofani, prima di esplorare nuovi confini sonori in Inghilterra (dove collaborò con il fratello di Steve Winwood, Muff e suonò in numerose jam con il giovane Robert Fripp) si fece un po’ di Cantagiro con i Samurai e i Califfi, Giulio Capiozzo suonava con la Bo Bo’s Band. Alcuni elementi delle esperienze passate emergono in Crac!, soprattutto in quello che rimane il loro brano più famoso, Gioia e rivoluzione, con un riff di chitarra e un ritornello che hanno un gustoso sapore anni Sessanta, solare e pulsante. «Finora abbiamo fatto tre dischi e sono tre cose differenti. Con Crac! abbiamo voluto avere un maggiore rapporto comunicativo con una grande massa, vogliamo aprire un dialogo sempre maggiore ma senza contenuti di grande faciloneria artistica»(Patrizio Fariselli da Il crac dopo la rivoluzione di Armando Gallo).

Tornando al «mistero» de La mela di Odessa probabilmente una soluzione ci arriva proprio da Fariselli che in una recente intervista parla di essere al lavoro per dare un seguito proprio al brano in questione, con il titolo de La foglia di Murmansk. Ed è a questo punto che finalmente le cose sembrano chiarirsi un po’ meglio. Non è mai esistito un dadaista di nome Apple ma un rivoluzionario tedesco di nome Jan Appel invece sì. E nella primavera del 1920 fu invitato dai comunisti sovietici a discutere dell’affiliazione del suo neonato Kapd (Partito comunista tedesco dei lavoratori). Racconta Appel nella sua autobiografia: «Era impossibile per noi fare la strada via terra e anche il passaggio attraverso il Mar Baltico era chiuso. L’unica rotta disponibile aperta passava attraverso il Mare del Nord e l’Atlantico, costeggiando la Norvegia e Capo Nord e quindi nell’Oceano Artico, per raggiungere Archangelsk e forse Murmansk. Eravamo però incerti se fossero in mano ai bolscevichi». Così Appel e un compagno salirono da clandestini su una nave, arrestarono in viaggio il capitano, presero il comando, costeggiarono il nord della Scandinavia, entrarono fortunosamente in un fiordo: «Finalmente vedemmo una grande bandiera rossa, eravamo arrivati nella terra dei comunisti. Fummo accolti come compagni e da allora in poi viaggiammo sulla ferrovia, costruita durante la guerra, fino a San Pietroburgo». Arrivarono anche a Mosca e furono ricevuti da Lenin. Dunque nessuna nave tedesca saltata per aria a Odessa ma un viaggio avventuroso e incosciente a Murmansk, altrettanto epico e che getta nuova luce sull’annosa questione. Gianni Sassi quando scrisse il testo prese evidentemente spunto da un fatto realmente accaduto ma lo romanzò a suo piacimento per renderlo più letterario ma soprattutto più creativo, geniale, provocatorio, nel suo perfetto stile artistico.

Riccardo Venturi - 10/12/2025 - 09:44



Mele (più o meno di Odessa) e licei a Frosinone

A corredo di quanto sopra:



a) Jan Appel, il rivoluzionario tedesco nato nel 1890 e morto novantacinquenne nel 1985, era nativo del Meclemburgo, zona di dialetti basso tedeschi. In tali dialetti, "Appel" significa comunque "mela": tali dialetti non presentano la "Seconda mutazione consonantica" ed hanno quindi una consistenza fonologica simile a quella dell'olandese (appel "mela") e dell'inglese (apple, si cfr. il tedesco standard Apfel, munito della seconda mutazione consonantica).

b) L'episodio della "Mela di Odessa", così come "rivisitato" dagli AreA, è stato comunque generalmente preso per autentico. Tant'è che, nel 2010, un intero Liceo artistico statale sembra essergli stato intitolato (in realtà si tratta di una burla, ndr, nella quale naturalmente è caduto il solito fascistello, v. commenti). Ad ogni modo, il fantomatico "pittore dadaista comunista" resiste imperterrito dopo l'operazione squisitamente...situazionista degli AreA. NB: il liceo artistico statale di Frosinone è tuttora intitolato allo storico regista e critico frusinate Anton Giulio Bragaglia.

Riccardo Venturi - 10/12/2025 - 10:02




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