Расскажи мне, дружок, отчего вокруг засада? [1]
Отчего столько лет нашей жизни нет как нет?
От ромашек-цветов пахнет ладаном из ада,
И апостол Андрей носит «Люгер»-пистолет?
От того, что пока снизу ходит мирный житель,
В голове все вверх дном, а на сердце маета,
Наверху в облаках реет черный истребитель,
Весь в парче-жемчугах с головы и до хвоста.
Кто в нем летчик-пилот, кто в нем давит на педали?
Кто вертит ему руль, кто дымит его трубой?
На пилотах чадра, ты узнаешь их едва ли,
Но если честно сказать – те пилоты мы с тобой.
А на небе гроза, чистый фосфор с ангидридом,
Все хотел по любви, да в прицеле – мир дотла.
Рвануть холст на груди, положить конец обидам,
Да в глахах чернота, в сердце тень его крыла…
Изыди, гордый дух, поперхнись холодной дулей.
Все равно нам не жить, с каждым годом ты смелей.
Изловчусь под конец и стрельну последней пулей,
Выбью падаль с небес, может станет посветлей…
Отчего столько лет нашей жизни нет как нет?
От ромашек-цветов пахнет ладаном из ада,
И апостол Андрей носит «Люгер»-пистолет?
От того, что пока снизу ходит мирный житель,
В голове все вверх дном, а на сердце маета,
Наверху в облаках реет черный истребитель,
Весь в парче-жемчугах с головы и до хвоста.
Кто в нем летчик-пилот, кто в нем давит на педали?
Кто вертит ему руль, кто дымит его трубой?
На пилотах чадра, ты узнаешь их едва ли,
Но если честно сказать – те пилоты мы с тобой.
А на небе гроза, чистый фосфор с ангидридом,
Все хотел по любви, да в прицеле – мир дотла.
Рвануть холст на груди, положить конец обидам,
Да в глахах чернота, в сердце тень его крыла…
Изыди, гордый дух, поперхнись холодной дулей.
Все равно нам не жить, с каждым годом ты смелей.
Изловчусь под конец и стрельну последней пулей,
Выбью падаль с небес, может станет посветлей…
[1] Rasskaži mne, družok, otčevo vokrug zasada?
Otčevo stolko let našej žizni net kak net?
Ot romašek-cvetov paxnet ladanom iz ada,
I apostoł Andrej nosit “Ljuger”-pistolet?
Ot tovo, što poka snizu xodit mirnyj žitel,
B golove vse vverx dnom, a na serce maeta,
Naverxu v obłakax reet černyj istrebitel,
Veś v parče-žemčugax s golovy i do xvosta.
Kto v nem letčik-piłot, kto v nem davit na pedali?
Kto vertit emu rul, kto dymit evo truboj?
Na piłotax čadra, ty uznaeś ix edva li,
No esli čestno skazať – te piłoty my s toboj.
A na nebe groza, čistyj fosfor s angidridom,
Vse xoteł po ljubvi, da v pricele – mir dotła.
Rvanuť xołst na grudi, položiť konec obidam,
Da v głazax černota, v serce teń evo kryła...
Izydi, gordyj dux, poperxniś xolodnoj dulej,
Vse ravno nam ne žiť, s každym godom ty smelej,
Izłovčuś pod konec i strelnu poslednej pulej,
Vyb'ju padal s nebes, možet stanet posvetlej...
Otčevo stolko let našej žizni net kak net?
Ot romašek-cvetov paxnet ladanom iz ada,
I apostoł Andrej nosit “Ljuger”-pistolet?
Ot tovo, što poka snizu xodit mirnyj žitel,
B golove vse vverx dnom, a na serce maeta,
Naverxu v obłakax reet černyj istrebitel,
Veś v parče-žemčugax s golovy i do xvosta.
Kto v nem letčik-piłot, kto v nem davit na pedali?
Kto vertit emu rul, kto dymit evo truboj?
Na piłotax čadra, ty uznaeś ix edva li,
No esli čestno skazať – te piłoty my s toboj.
A na nebe groza, čistyj fosfor s angidridom,
Vse xoteł po ljubvi, da v pricele – mir dotła.
Rvanuť xołst na grudi, položiť konec obidam,
Da v głazax černota, v serce teń evo kryła...
Izydi, gordyj dux, poperxniś xolodnoj dulej,
Vse ravno nam ne žiť, s každym godom ty smelej,
Izłovčuś pod konec i strelnu poslednej pulej,
Vyb'ju padal s nebes, možet stanet posvetlej...
inviata da Donatella Leoni - 17/4/2022 - 23:28
Lingua: Italiano
Traduzione italiana / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Venturi, 18/19-4-2022
La nostra misteriosissima Donatella Leoni, cultrice del rock russo, torna a spedirci un brano degli Akvarium, lo storico gruppo di Boris Grebenšćikov. Ce lo presenta come una canzone “eseguita dal vivo per chi si oppone alla guerra in Ucraina”, e la cosa può essere comprensibile; ma il brano, facente poi parte dell'album Снежный лев (“Il leone di neve”) ha in realtà quasi trent'anni, essendo del 1995. Come dire: siamo già quattro anni dopo la fine dell'Unione Sovietica, una fine senz'altro accelerata anche dalla rovinosa guerra nel fatale Afghanistan, ma le atmosfere sono ancora quelle e riportano a quegli avvenimenti che hanno segnato tutta una generazione. Avvenimenti che, probabilmente, si stanno ripetendo in Ucraina, e per questo l'adattamento della canzone può risultare naturale. Certo è che essa si situa da un'angolazione discretamente particolare; scrive Donatella Leoni che si tratta di una “canzone contro la guerra nei panni di chi è costretto a farla”, ma qui non è questione di soldatini di leva provenienti da una qualche Asia centrale o da qualche “-stan”. Qui, i protagonisti sono piloti militari, altro che soldati “costretti”; e qui comincia la consueta sfida con “BG”, perché i suoi testi, come si sa, sono usualmente una dichiarazione di guerra all'incauto traduttore che vi si avventura.
I due piloti della canzone stanno a bordo di un Истребитель, che in russo significa, alla lettera, “Distruttore”, “Sterminatore”. Però è anche il nome che viene dato al “Cacciabombardiere”. La terminologia militare russa è assai particolare; mentre la nostra, ad esempio, è perlopiù di carattere tecnico-descrittivo (un “cacciabombardiere” è un aereo che caccia e bombarda, insomma), quella russa è immaginifica e tende a creare terrore. Per questo, nel titolo, ho tradotto alla lettera il termine russo. Detto questo, si tratta della canzone di uno “Sterminatore” che, come si vedrà bene, sta per andare incontro alla sua fine naturale durante una guerra: quella di essere a sua volta sterminato assieme al suo carico umano, durante un duello aereo. Carico al quale vengono affidati qui gli ultimi pensieri, che parlano persino di amore e di pace. Sospetto che un po' a tutti i guerrieri d'aria, di terra e di mare vengano instillati, con tutte le varianti possibili, questi concetti: la guerra la si fa, di solito, per portare pace e amore (democrazia, progresso, giustizia ecc.) previo sterminio del “nemico” (истребить), qui impersonato da un civile che se ne va bello pacifico.
Il tutto, ripeto, addentrandosi come si può nei labirinti grebenšćikoviani. Se ne esce, generalmente, con le ossa rotte; più si va avanti, però, più si capisce che l'anima russa è profondamente segnata dalla guerra, dal combattimento, dall'homo bellicus; si veda, come non tenerlo presente, Vladimir Vysotskij. Tutto, alla fine, si dissolve in un'ultima e terribile strofa, tanto più terribile quanto ostica ai limiti dell'incomprensibilità. Spero di aver reso comunque un'idea decente.
Lascio quindi all'ascolto meditato di questa canzone, che peraltro è stupenda. Bene ha fatto la Leoni ad inserire un video in cui lo stesso Boris Grebenšćikov la esegue in persona, “unplugged”, di recente, con un aspetto che sembra mezzo Guccini e mezzo Rasputin. Qui sotto, invece, l'altrettanto impressionante versione da studio, quella originale dell'album. [RV]
Riccardo Venturi, 18/19-4-2022
La nostra misteriosissima Donatella Leoni, cultrice del rock russo, torna a spedirci un brano degli Akvarium, lo storico gruppo di Boris Grebenšćikov. Ce lo presenta come una canzone “eseguita dal vivo per chi si oppone alla guerra in Ucraina”, e la cosa può essere comprensibile; ma il brano, facente poi parte dell'album Снежный лев (“Il leone di neve”) ha in realtà quasi trent'anni, essendo del 1995. Come dire: siamo già quattro anni dopo la fine dell'Unione Sovietica, una fine senz'altro accelerata anche dalla rovinosa guerra nel fatale Afghanistan, ma le atmosfere sono ancora quelle e riportano a quegli avvenimenti che hanno segnato tutta una generazione. Avvenimenti che, probabilmente, si stanno ripetendo in Ucraina, e per questo l'adattamento della canzone può risultare naturale. Certo è che essa si situa da un'angolazione discretamente particolare; scrive Donatella Leoni che si tratta di una “canzone contro la guerra nei panni di chi è costretto a farla”, ma qui non è questione di soldatini di leva provenienti da una qualche Asia centrale o da qualche “-stan”. Qui, i protagonisti sono piloti militari, altro che soldati “costretti”; e qui comincia la consueta sfida con “BG”, perché i suoi testi, come si sa, sono usualmente una dichiarazione di guerra all'incauto traduttore che vi si avventura.
I due piloti della canzone stanno a bordo di un Истребитель, che in russo significa, alla lettera, “Distruttore”, “Sterminatore”. Però è anche il nome che viene dato al “Cacciabombardiere”. La terminologia militare russa è assai particolare; mentre la nostra, ad esempio, è perlopiù di carattere tecnico-descrittivo (un “cacciabombardiere” è un aereo che caccia e bombarda, insomma), quella russa è immaginifica e tende a creare terrore. Per questo, nel titolo, ho tradotto alla lettera il termine russo. Detto questo, si tratta della canzone di uno “Sterminatore” che, come si vedrà bene, sta per andare incontro alla sua fine naturale durante una guerra: quella di essere a sua volta sterminato assieme al suo carico umano, durante un duello aereo. Carico al quale vengono affidati qui gli ultimi pensieri, che parlano persino di amore e di pace. Sospetto che un po' a tutti i guerrieri d'aria, di terra e di mare vengano instillati, con tutte le varianti possibili, questi concetti: la guerra la si fa, di solito, per portare pace e amore (democrazia, progresso, giustizia ecc.) previo sterminio del “nemico” (истребить), qui impersonato da un civile che se ne va bello pacifico.
Il tutto, ripeto, addentrandosi come si può nei labirinti grebenšćikoviani. Se ne esce, generalmente, con le ossa rotte; più si va avanti, però, più si capisce che l'anima russa è profondamente segnata dalla guerra, dal combattimento, dall'homo bellicus; si veda, come non tenerlo presente, Vladimir Vysotskij. Tutto, alla fine, si dissolve in un'ultima e terribile strofa, tanto più terribile quanto ostica ai limiti dell'incomprensibilità. Spero di aver reso comunque un'idea decente.
Lascio quindi all'ascolto meditato di questa canzone, che peraltro è stupenda. Bene ha fatto la Leoni ad inserire un video in cui lo stesso Boris Grebenšćikov la esegue in persona, “unplugged”, di recente, con un aspetto che sembra mezzo Guccini e mezzo Rasputin. Qui sotto, invece, l'altrettanto impressionante versione da studio, quella originale dell'album. [RV]
Lo sterminatore
Dimmi un po', amico caro, perché ci sono agguati dappertutto?
Perché per tanti anni non abbiamo avuto una vita che sia una?
Perché le margheritine [1] odorano di incenso infernale,
E l'apostolo Andrea [2] porta una pistola Lüger?
Perché laggiù si aggira ancora, pacifico, un civile.
Ho la testa tutta sottosopra, e il cuore fa fatica.
Lassù fra le nuvole si libra un nero cacciabombardiere, [3]
Tutto in broccato e perle dalla testa alla coda.
Chi è il pilota là dentro, chi spinge sui pedali?
Chi è ai comandi, chi fa fumare il tubo di scarico?
I piloti stan dietro a un velo, quasi non li riconosci,
Ma, a dire il vero, quei piloti siamo io e te.
Il cielo è in tempesta, fosforo puro e anidride,
Non volevo altro che amore, nel mirino pace totale. [4]
Strappiamoci la camicia addosso [5], basta con gli insulti,
Ma c'è il buio negli occhi, le ali sono ombra nel cuore...
Sorti fuori, spirito fiero, stròzzati facendo un freddo gestaccio, [6]
Comunque non sopravviveremo, ogni anno diventi più audace.
Alla fine ci riuscirò e sparerò l'ultimo proiettile,
Butterò giù quella carogna, forse il cielo diventerà più chiaro...
Dimmi un po', amico caro, perché ci sono agguati dappertutto?
Perché per tanti anni non abbiamo avuto una vita che sia una?
Perché le margheritine [1] odorano di incenso infernale,
E l'apostolo Andrea [2] porta una pistola Lüger?
Perché laggiù si aggira ancora, pacifico, un civile.
Ho la testa tutta sottosopra, e il cuore fa fatica.
Lassù fra le nuvole si libra un nero cacciabombardiere, [3]
Tutto in broccato e perle dalla testa alla coda.
Chi è il pilota là dentro, chi spinge sui pedali?
Chi è ai comandi, chi fa fumare il tubo di scarico?
I piloti stan dietro a un velo, quasi non li riconosci,
Ma, a dire il vero, quei piloti siamo io e te.
Il cielo è in tempesta, fosforo puro e anidride,
Non volevo altro che amore, nel mirino pace totale. [4]
Strappiamoci la camicia addosso [5], basta con gli insulti,
Ma c'è il buio negli occhi, le ali sono ombra nel cuore...
Sorti fuori, spirito fiero, stròzzati facendo un freddo gestaccio, [6]
Comunque non sopravviveremo, ogni anno diventi più audace.
Alla fine ci riuscirò e sparerò l'ultimo proiettile,
Butterò giù quella carogna, forse il cielo diventerà più chiaro...
[1] In realtà, propriamente, in russo ромашка [romaška, qui al genitivo plurale ромашек è la “camomilla” [Matricaria chamomilla]; ma i suoi fiori sono, appunto, delle margheritine.
[2] Anche tenendo conto delle complesse simbologie del mistico Grebenšćikov, non mi risulta molto chiaro che cosa ci faccia qui Sant'Andrea apostolo protocleto con una Lüger in mano. Forse, però, si tratta di qualcosa che ha a che fare con gli odori e i profumi: le margheritine spandono profumo di “incenso infernale” invece del loro consueto, gradevole e rassicurante aroma, e Sant'Andrea, santo cosiddetto “miroblita” (ovvero il cui corpo, prima e dopo la morte, emana una gradevole fragranza aromatica o lascia colare olio profumato), se ne sta lì a sparare con la pistola.
[3] Si veda l'introduzione.
[4] Per ribadire quanto i testi di Boris Grebenšćikov siano sovente incomprensibili agli stessi russi, qui c'è una questione interessante. I testi reperibili della canzone riportano, in questo verso, due varianti; una (quella qui scelta) recita мир дотла, ovvero “pace fino in fondo, pace totale”; ascoltando BG stesso cantare la canzone, non ho alcun dubbio che questa sia la dizione corretta. Però un gran numero di “lyrics” riportano una dicitura мор до тла, alla lettera “morìa fino in fondo”, “pestilenza totale” o roba del genere, che peraltro sta alla base di un paio di traduzioni inglesi “d'arte” presenti su Lyricstranslate, a mio parere totalmente inservibili in quanto si allontanano troppo dal testo originale (inservibili dal punto di vista di un barlume di esatta comprensione del testo, intendo). Non so ovviamente se si tratta di un'errata comprensione del testo oppure di uno di quei famosi errori tipografici che trasmigrano in rete.
[5] In russo, strapparsi la camicia o la maglietta addosso significa prepararsi a risolvere una questione una volta per tutte, facendo a botte e pigliandosi a mazzate (ma senza armi). Come dire: “vediamocela fra me e te”.
[6] In russo, la дуля (duljà, qui al caso strumentale, дулей, duljèj) è il brutto gesto corrispondente al dantesco “fare le fiche” del ladrone Vanni Fucci (Inferno, XXV, 2: Le mani alzò con amendue le fiche). Vale a dire, stringere il pugno infilando il pollice tra l'indice e il medio a dire “fottiti” o roba del genere.
[2] Anche tenendo conto delle complesse simbologie del mistico Grebenšćikov, non mi risulta molto chiaro che cosa ci faccia qui Sant'Andrea apostolo protocleto con una Lüger in mano. Forse, però, si tratta di qualcosa che ha a che fare con gli odori e i profumi: le margheritine spandono profumo di “incenso infernale” invece del loro consueto, gradevole e rassicurante aroma, e Sant'Andrea, santo cosiddetto “miroblita” (ovvero il cui corpo, prima e dopo la morte, emana una gradevole fragranza aromatica o lascia colare olio profumato), se ne sta lì a sparare con la pistola.
[3] Si veda l'introduzione.
[4] Per ribadire quanto i testi di Boris Grebenšćikov siano sovente incomprensibili agli stessi russi, qui c'è una questione interessante. I testi reperibili della canzone riportano, in questo verso, due varianti; una (quella qui scelta) recita мир дотла, ovvero “pace fino in fondo, pace totale”; ascoltando BG stesso cantare la canzone, non ho alcun dubbio che questa sia la dizione corretta. Però un gran numero di “lyrics” riportano una dicitura мор до тла, alla lettera “morìa fino in fondo”, “pestilenza totale” o roba del genere, che peraltro sta alla base di un paio di traduzioni inglesi “d'arte” presenti su Lyricstranslate, a mio parere totalmente inservibili in quanto si allontanano troppo dal testo originale (inservibili dal punto di vista di un barlume di esatta comprensione del testo, intendo). Non so ovviamente se si tratta di un'errata comprensione del testo oppure di uno di quei famosi errori tipografici che trasmigrano in rete.
[5] In russo, strapparsi la camicia o la maglietta addosso significa prepararsi a risolvere una questione una volta per tutte, facendo a botte e pigliandosi a mazzate (ma senza armi). Come dire: “vediamocela fra me e te”.
[6] In russo, la дуля (duljà, qui al caso strumentale, дулей, duljèj) è il brutto gesto corrispondente al dantesco “fare le fiche” del ladrone Vanni Fucci (Inferno, XXV, 2: Le mani alzò con amendue le fiche). Vale a dire, stringere il pugno infilando il pollice tra l'indice e il medio a dire “fottiti” o roba del genere.
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[1995]
Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja sävel: Boris Grebenšćikov ("БГ")
Album / Albumi: Снежный лев [1996] ("Il leone di neve" / "The Snow Lion")