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Fatti recenti. Abu Hawash

Abbiamo tratto spunto dagli eventi recenti, il digiuno di protesta e la scarcerazione di Abu Hawash.
Abu Hawash, palestinese quarantenne padre di 5 figli, fu arrestato a Dura, villaggio a sud di Hebron, a fine ottobre 2020. I Servizi di sicurezza israeliani hanno ritenuto che fosse un militante della Jihad. Il Pubblico Ministero non disponeva delle prove per il capo di imputazione. Però gli “Atti riservati” presentati dalla intelligence israeliana [ Shin Bet ] sono sufficienti secondo le leggi vigenti a consentire al comandante militare competente di emettere un ordine di “detenzione amministrativa” valido per 6 mesi, rinnovabile senza restrizioni. La Corte suprema israeliana ha respinto il ricorso presentato dal detenuto.
Abu Hawash iniziò uno sciopero della fame protratto per 141 giorni. Dopo avere perso quasi metà del peso la sua sopravvivenza appariva compromessa. L’ANP e la UE hanno esercitato con discrezione una decisa pressione per il suo rilascio. Sono intercorsi dei negoziati tra funzionari israeliani, egiziani e palestinesi, tra questi Il capo dell’intelligence palestinese [GIS] Majed Faraj. Dopo l’accordo tra le parti, ma soltanto dopo avere ricevuto la garanzia della fine della detenzione, Abu Hawash ha interrotto il digiuno. Sarà scarcerato il 26 febbraio.
Il quotidiano israeliano progressista Haaretz ha dedicato agli avvenimenti ampio spazio negli articoli dell’8/12/2020 e del 4 /1/2022. Più avanti è riportata una parte saliente di quest’ultimo.
Ci permettiamo di segnalare tre informazioni a cui non è stato dato giusto rilievo dalla stampa internazionale. Prima: Abu Hawash ha trascorso 8 anni nelle carceri israeliane, di cui la metà in detenzione “amministrativa”.
Seconda: leggiamo da Haaretz che il 4 gennaio estremisti della destra israeliana hanno inscenato una manifestazione, di fronte all’ospedale Shamir Medical Center [ המרכז הרפואי שמיר ] di Tel Aviv , dove Abu Hawash è ricoverato, contro la sua scarcerazione. Ne ha fatto le spese il fotogiornalista della Turkish Anadolu Agency, Faiz Abu Rmeleh, picchiato e buttato a terra. La manifestazione è stata organizzata da Itamar Ben-Gvir , deputato uso ai modi spicci, leader di Otzma Yehudit [Potere ebraico], partito dell’estrema destra religiosa ultranazionalista ispirato all’ ideologia di Kahan.
Infine nella conferenza stampa del 4 Gennaio il portavoce del Segretario Generale dell’Onu ha dichiarato testualmente: “ We have, as a matter of principle, always spoke or been very clear in saying that people who are detained should be tried… charged and tried in accordance with due process or released. And that has been our position on administrative detention”


Carcerati palestinesi senza processo

A Novembre 2021 il numero complessivo dei prigionieri politici palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, sia civili che militari, era di 4650 persone tra cui circa 500 in detenzione amministrativa e 160 minori.
In Israele la detenzione dei prigionieri palestinesi senza processo si chiama “detenzione amministrativa” [מעצר מנהלי]
Riportiamo di seguito la spiegazione riepilogativa che ne dà B’Tselem, l’ong “Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei territori occupati”
Nella detenzione amministrativa, una persona è trattenuta senza processo senza aver commesso un reato, sull’assunto che intende infrangere la legge in futuro. Poiché il presupposto su cui si basa questa misura è la prevenzione, non ha limiti di tempo. La persona è detenuta senza procedimento giudiziario, per ordine del comandante militare regionale, basandosi su prove riservate che non sono rivelate agli interessati. Ciò lascia i detenuti indifesi – messi di fronte ad accuse sconosciute senza possibilità di smentirle, senza cognizione di quando saranno rilasciati e senza capi d’accusa, processo o condanna.

In Cisgiordania (esclusa Gerusalemme est), la detenzione amministrativa viene eseguita in conformità con l'Ordinanza che regola le Disposizioni di Sicurezza. L'ordine autorizza il comandante militare della Cisgiordania, o un altro comandante delegato, di mettere in detenzione amministrativa un individuo per un massimo di sei mesi per volta, se il comandante ha "ragionevoli motivi di ritenere che motivi di sicurezza a livello regionale o pubblica richiedono che una determinata persona sia trattenuta in arresto”. Se, prima della scadenza dell'ordinanza, il comandante militare ha “ragionevoli motivi per ritenere” che gli stessi motivi “richiedono ancora di trattenere il detenuto in detenzione”, può prorogare l'ordinanza originaria per un ulteriore periodo di sei mesi “di volta in volta". L'ordinanza sulle Disposizioni di Sicurezza non pone limiti al tempo complessivo in cui un individuo può essere trattenuto in detenzione amministrativa, quindi la detenzione può essere prolungata più e più volte. In pratica, ciò consente a Israele di incarcerare palestinesi che non sono stati condannati di alcunché per anni e anni.

Le persone trattenute in detenzione amministrativa devono essere condotte davanti a un giudice militare entro otto giorni a decorrere dall'ordine di detenzione originale o dalla sua proroga. Il giudice può mantenere l'ordinanza, respingerla o abbreviare il periodo di detenzione previsto. Qualunque sia la decisione presa dal giudice militare, sia il detenuto che il comandante militare possono fare appello alla Corte Militare d'Appello e, successivamente, all'Alta Corte di Giustizia (HCJ). Le udienze sugli ordini di detenzione amministrativa si tengono a porte chiuse e i giudici hanno la facoltà di prescindere dalla legge sulle prove ordinarie. In particolare, i giudici possono “accettare le prove in assenza del detenuto o del suo difensore e senza rivelarle agli stessi”, se sono convinti che la divulgazione delle prove possa “arrecare pregiudizio la sicurezza regionale o pubblica”.

La detenzione amministrativa di cittadini e residenti israeliani viene esercitata ai sensi della legge sui Poteri di Emergenza (Detenzioni). Nel corso degli anni, Israele ha utilizzato questo dispositivo contro diversi cittadini israeliani, compresi i coloni. Si tratta di casi isolati e nella maggior parte di essi la detenzione è durata alcuni mesi. Da quando Israele si è “disimpegnato” dalla Striscia di Gaza nel settembre 2005, ha applicato la Legge sull'Internamento dei Combattenti Illegali per mettere in detenzione amministrativa i residenti di Gaza. Questa misura è stata finora utilizzata in pochissimi casi. Le disposizioni di entrambe queste leggi sono sostanzialmente simili a quelle dell'ordinanza militare valida per la Cisgiordania.

L'ordinanza relativa alle Disposizioni di Sicurezza comprende disposizioni apparentemente orientate a proteggere i detenuti amministrativi, in linea con i principi del diritto internazionale in materia, che consentono alla potenza occupante di mettere in detenzione amministrativa i residenti del territorio occupato solo in rare circostanze eccezionali. Ciò non ha impedito a Israele di fare ampio uso di questa misura nei Territori Occupati. Israele ricorre regolarmente alla detenzione amministrativa e, nel corso degli anni, ha rinchiuso migliaia di Palestinesi dietro le sbarre per periodi che vanno da diversi mesi a diversi anni, senza incriminarli, senza dire loro di cosa erano accusati e senza rivelare loro o ai loro avvocati le presunte prove. Alcuni dei detenuti avevano meno di 18 anni.

Durante la prima e la seconda intifada, Israele ha tenuto molte centinaia di palestinesi in detenzione amministrativa e la cifra ha superato più volte la soglia dei 1.000 nel 2003 (durante la seconda intifada). Eppure l'uso diffuso di questa misura estrema non si limita a quei periodi: dal marzo 2002, non è passato un solo mese senza che Israele non tenesse almeno 100 palestinesi in detenzione amministrativa.

Inoltre, in alcuni casi, le autorità utilizzano la detenzione amministrativa come alternativa rapida e semplice al processo penale, piuttosto che per prevenire futuri pericoli. Ciò si verifica soprattutto quando non hanno prove sufficienti per l'incriminazione o quando non vogliono rivelare le prove presumibilmente disponibili. Questo uso della detenzione amministrativa è assolutamente vietato e vanifica totalmente la distinzione tra un procedimento amministrativo concepito come misura in prospettiva e preventiva, e un procedimento penale, il cui scopo è punitivo e retroattivo. Israele sfrutta questa misura anche per trattenere i Palestinesi per le loro opinioni politiche e per impegnarli in attività politiche non violente.

Inoltre, la restrizione dell'Ordinanza delle Disposizioni di Sicurezza sulla durata della detenzione amministrativa è priva di significato, in quanto la detenzione può essere prorogata più e più volte senza limiti di tempo. Tali estensioni non sono rare. Alla fine di maggio 2017, ad esempio, 475 palestinesi erano detenuti in detenzione amministrativa nelle strutture del Servizio Carcerario Israeliano. Di questi, 128 sono stati trattenuti da sei a dodici mesi, il che significa che la loro detenzione è stata prorogata almeno una volta, e 121 erano stati trattenuti per più di un anno, il che significa che la loro detenzione é stata prorogata almeno due volte.

L'ordinanza militare richiede che i detenuti siano portati davanti a un giudice, ma ciò contribuisce poco per prevenire l'abuso di tale misura, e il procedimento giudiziario sulla detenzione amministrativa è per lo più una parvenza di revisione giudiziale. Nella stragrande maggioranza dei casi, i giudici accettano la posizione dell'accusa e approvano l'ordine di detenzione.

Secondo i dati forniti dal portavoce dell'IDF [ Israeli Defence Forces, Forze Armate israeliane, ndt ] , dall'inizio del 2015 alla fine di luglio 2017 sono stati emessi 3.909 ordini di detenzione amministrativa. Di questi, 2.441 (62,4%) erano estensioni di ordini esistenti. Solo 48 (1,2%) sono stati cancellati da un tribunale militare. I restanti ordini di detenzione sono stati approvati, come segue:

2.953 (75,5%) approvati senza modifiche o limitazioni.
In 390 casi (9,9%) i giudici hanno disposto la riduzione degli ordini, ma non hanno posto limiti alla possibilità di rinnovarli.
In 501 casi (12,8%) i giudici hanno approvato gli ordini, in alcuni casi abbreviandoli, ma stabilendo che potevano essere prorogati solo se fossero emerse nuove informazioni, che, ancora una volta, non sarebbero state divulgate al detenuto.

(Nota: la discrepanza tra il numero totale di ordini e il numero di decisioni giudiziarie appare nell'originale. Inoltre, nonostante la nostra richiesta, il portavoce dell'IDF non ha fornito a B'Tselem i dati relativi alla Corte d'Appello militare).

Inoltre, i giudici accettano sempre la richiesta dell'accusa che le prove rimangano riservate per "motivi di sicurezza nazionale". Seguendo questa prassi, i giudici trasformano l'eccezione prevista nell'ordinanza della detenzione amministrativa in una norma che preclude ai detenuti qualsiasi possibilità di difesa contro le accuse. La segretezza delle prove impedisce ai detenuti e ai loro avvocati di esaminare la consistenza, la veridicità e la pertinenza delle informazioni utilizzate contro di loro. Vero è che i giudici militari e i giudici dell'HCJ [ High Court of Justice, Alta Corte di Giustizia, ndt ] hanno affermato che, data la riservatezza, devono colmare il vuoto e fungere da difesa per i detenuti. Tuttavia, questa affermazione non è consequenziale. Nella stragrande maggioranza dei casi, i giudici non chiedono di vedere le informazioni dell'ISA [ Israeli Security Agency, meglio nota come Shin Bet, ndt ] , non esaminano l'accusa militare in merito alle informazioni che hanno orientato verso la detenzione e accettano semplicemente come fatti le argomentazioni loro sottoposte.

Inoltre, nei loro giudizi sulla detenzione amministrativa, i giudici dell'HCJ hanno convenuto che si tratta di una misura “estrema” che deve essere utilizzata con attenzione e solo in rare eccezioni. Hanno convenuto che deve essere utilizzata solo a scopo preventivo e mai punitivo, e solo quando il pericolo è posto specificamente dall’ individuo detenuto. Hanno inoltre convenuto che la detenzione amministrativa, come tutti gli altri provvedimenti, è soggetta al principio di proporzionalità e quindi deve essere utilizzata solo quando il presunto pericolo non può essere circoscritto attraverso un procedimento penale o un provvedimento amministrativo meno lesivo dei diritti umani. Tuttavia, i giudici hanno confermato quasi tutti gli ordini di detenzione amministrativa sottoposti.

Il potere di incarcerare persone che non sono state condannate o addirittura senza capi d’imputazione per lunghi periodi di tempo, sulla base di "prove" segrete che non possono contestare, è un potere estremo. Israele lo usa continuamente ed ampiamente, trattenendo regolarmente centinaia di palestinesi in un dato momento. Lo stato si assicura di dare a questa politica un pretesto di legalità richiedendo ai tribunali di rivedere ciascun ordine di detenzione. In questi procedimenti i detenuti sono rappresentati da un difensore; possono impugnare la decisione del giudice e le udienze seguono le regole procedurali e probatorie. Tuttavia, questa è solo una parvenza di revisione giudiziale, poiché i detenuti non hanno alcuna opportunità effettiva di organizzare una difesa ragionevole contro le accuse. Tuttavia, i tribunali confermano regolarmente gli ordini di detenzione. In fin dei conti, i militari, il Corpo dell’Avvocatura Militare Generale e la Procura di Stato, i giudici militari e i giudici della Corte HCJ sono tutti invischiati nella produzione di questo stato di cose.
[traduttore: Riccardo Gullotta]


In administrative detention, a person is held without trial without having committed an offense, on the grounds that he or she plans to break the law in the future. As this measure is supposed to be preventive, it has no time limit. The person is detained without legal proceedings, by order of the regional military commander, based on classified evidence that is not revealed to them. This leaves the detainees helpless – facing unknown allegations with no way to disprove them, not knowing when they will be released, and without being charged, tried or convicted.

In the West Bank (not including East Jerusalem), administrative detention is carried out under the Order regarding Security Provisions. The order empowers the military commander of the West Bank, or another commander to whom the power has been delegated, to place individuals in administrative detention for up to six months at a time, if the commander has “reasonable grounds to believe that reasons of regional security or public security require that a certain person be held in detention”. If, prior to the expiration of the order, the military commander has “reasonable grounds to believe” that the same reasons “still require the retention of the detainee in detention”, he may extend the original order for an additional six-month period “from time to time”. The Order regarding Security Provisions places no limit on the overall time that a person can be held in administrative detention, so the detention can be extended over and over. In practice, this allows Israel to incarcerate Palestinians who have not been convicted of anything for years on end.

Individuals held in administrative detention must be brought before a military judge within eight days – either of the original detention order or of its extension. The judge may uphold the order, reject it, or shorten the period of detention stipulated in it. Whatever decision the military judge makes, both the detainee and the military commander may appeal it to the Military Court of Appeals, and thereafter, to the High Court of Justice (HCJ). Hearings on administrative detention orders are held in camera, and the judges are permitted to set aside ordinary evidence law. In particular, judges may “accept evidence in the absence of the detainee or their counsel and without disclosing it to them”, if they are convinced that disclosing the evidence may “harm regional security or public security”.

Administrative detention of Israeli citizens and residents is carried out under the Emergency Powers (Detentions) Law. Over the years, Israel has used this measure against several Israeli citizens, including settlers. These are isolated cases, and in most of them, the detention lasted a few months. Since Israel “disengaged” from the Gaza Strip in September 2005, it has used the Internment of Unlawful Combatants Law to place Gaza residents under administrative detention. This measure has so far been used in very few cases. The provisions of both these laws are similar in essence to those of the military order that applies in the West Bank.

The Order regarding Security Provisions includes provisions that are ostensibly meant to protect administrative detainees, in keeping with the tenets of international law on this matter, which allow the occupying power to place residents of the occupied territory under administrative detention only in rare, exceptional circumstances. This has not stopped Israel from making extensive use of this measure in the Occupied Territories. Israel routinely uses administrative detention and has, over the years, placed thousands of Palestinians behind by bars for periods ranging from several months to several years, without charging them, without telling them what they are accused of, and without disclosing the alleged evidence to them or to their lawyers. Some of the detainees were under 18 years of age.

During the first and second intifadas, Israel held many hundreds of Palestinians in administrative detention, and the figure crossed the 1,000 mark several times in 2003 (during the second intifada). Yet the widespread use of this extreme measure is not confined to those periods: Since March 2002, not a single month has gone by without Israel holding at least 100 Palestinians in administrative detention.

Moreover, in some cases, the authorities use administrative detention as a quick and easy alternative to criminal trial, rather than to prevent future danger. This occurs primarily when they do not have sufficient evidence for indictment, or when they do not want to reveal the evidence they allegedly possess. This use of administrative detention is absolutely prohibited and totally blurs the distinction between an administrative proceeding that is intended as a prospective, preventive measure, and a criminal proceeding, whose purpose is punitive and retroactive. Israel also exploits this measure to detain Palestinians for their political opinions and for engaging in non-violent political activity.

In addition, the restriction in the Order regarding Security Provisions on the duration of administrative detention is meaningless, as the detention may be extended over and over with no time limit. Such extensions are not rare. At the end of May 2017, for instance, 475 Palestinians were being held under administrative detention in Israel Prison Service facilities. Of these, 128 had been held for six to twelve months, meaning their detention had been extended at least once, and 121 had been held for more than a year, meaning their detention had been extended at least twice.

The military order does require that detainees be brought before a judge, but this does little to prevent abuse of this measure, and the judicial proceedings on administrative detention are mostly a façade of judicial review. In the vast majority of cases, the judges accept the prosecution’s position and approve the detention order.

According to figures provided by the IDF Spokesperson, from the beginning of 2015 to the end of July 2017, 3,909 administrative detention orders were issued. Of these, 2,441 (62.4%) were extensions of existing orders. Only 48 (1.2%) were cancelled by a military court. The remaining detention orders were approved, as follows:
2,953 (75.5%) were approved with no amendments or limitations.
In 390 cases (9.9%), the judges instructed that the orders be shortened, yet placed no limitation on the possibility of renewing them.
In 501 (12.8%) cases, the judges approved the orders, in some cases shortening them, but stipulated that they could only be extended if new information came to light – which, again, would not be disclosed to the detainee.
(Note: The discrepancy between the total number of orders and the number of court decisions appears in the original. Moreover, despite our request, the IDF Spokesperson did not provide B’Tselem with figures concerning the Military Court of Appeals).

Moreover, the judges always accept the prosecution’s demand that the evidence remain confidential for “reasons of national security”. By following this practice, the judges turn the exception provided for in the administrative detention order into a rule that denies detainees any possibility of mounting a defense against the allegations. The secrecy of the evidence prevents detainees and their counsel from examining the quality, veracity and relevance of the information used against them. True, the military judges and the HCJ justices have stated that, given the confidentiality, they must fill the void and act as defense for the detainees. However, this statement is not followed up in practice. In the overwhelming majority of cases, the judges do not ask to see the ISA’s information, do not examine the military prosecution regarding the information that led to the detention, and simply accept the arguments presented to them as fact.

Moreover, in their judgments on administrative detention, the justices of the HCJ have agreed that this is an “extreme” measure that must be used carefully and in rare exceptions only. They agreed it must be used only for prevention and never for punitive purposes, and only when the danger is posed specifically by the person under detention. They also agreed that administrative detention, like all other measures, is subject to the principle of proportionality and therefore must be used only when the alleged danger cannot be prevented through criminal proceedings or an administrative measure that is less injurious to human rights. Nonetheless, the justices have upheld nearly all the administrative detention orders brought before them.

The power to incarcerate people who have not been convicted or even charged with anything for lengthy periods of time, based on secret “evidence” that they cannot challenge, is an extreme power. Israel uses it continuously and extensively, routinely holding hundreds of Palestinians at any given moment. The state makes sure to lend this policy a guise of legality by requiring the courts to review every detention order. In these proceedings, the detainees are represented by counsel; they may appeal the judge’s decision, and the hearings follow procedural and evidentiary rules. However, this is merely a façade of judicial review, as the detainees have no real opportunity to mount a reasonable defense against the allegations. Nevertheless, the courts routinely uphold the detention orders. At the end of the day, the military, the Military Advocate General’s Corps and the State Attorney’s Office, military judges and the justices of the HCJ Court are all complicit in creating this state of affairs.


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Minori palestinesi nelle prigioni israeliane

Ogni anno da 500 a 700 minori palestinesi, di età compresa tra i 12 e i 17 anni, vengono detenuti e processati dai tribunali militari. L’imputazione prevalente è il lancio di sassi, pena massima 20 anni.
La condizione dei minori palestinesi incarcerati che emerge dalle testimonianze raccolte dalla ong Save the Children è stata descritta nel rapporto Senzadifesa. In tale documento di 28 pagine si legge di abusi e violenze a cui si stenterebbe a credere se non si fosse certi della serietà e del rigore metodologico della ong. Peraltro il rapporto ha trovato riscontri.
I minori palestinesi arrestati vengono presi in consegna non dall’IPS [ Israel Prison Service] / Sherut Batei HaSohar [שירות בתי הסוהר] ma dai militari israeliani. È opportuno notare che un ragazzo israeliano è considerato maggiorenne a 18 anni, un palestinese lo è a 16. Pertanto i ragazzi palestinesi sedicenni arrestati sono processati come adulti da un tribunale militare.
Da un campione di 470 minori, statisticamente rilevante, sono emersi gli indicatori seguenti: 88 % non ha ricevuto cure in tempo utile o efficaci, 86% ha subito ispezioni corporali degradanti, 81% ha subito percosse, 52% minacce verso la famiglia, 47% escluso dal ricorso ad un avvocato. Circa il 50% dei minori sono stati messi in isolamento per giorni e talvolta per settimane.
Sono numerose le prove di interrogatori prolungati senza acqua, cibo e accesso al bagno, sveglie notturne ogni tre ore e altre deprivazioni sensoriali.
Gli interrogatori dei minori hanno luogo nei seguenti centri: Salem, Huwwara, Ariel, Gush Etzion, Moscobiyya, Kishon, Petah Tikva, Ashkelon, Atarot, Binyamin, Ma’ale adumim. Le prigioni per i minori sono: Megiddo, Ofer, Damon (cfr. avanti).

I luoghi

I prigionieri politici palestinesi sono detenuti in due tipi di centri di reclusione: Mitkan Kli’a [ מתקן כליאה ] / struttura di detenzione e Mitkan Hashhaya [ מתקן השהייה ] / struttura di attesa. I primi sono gestiti dall’IPS, il Dipartimento dei Penitenziari, i secondi dalla Polizia Militare [ Chayal HaMishtara HaTzva'it ] [ חֵיל הַמִּשְׁטָרָה הַצְּבָאִית] .
Dal 1992 nessuna ong che tutela dei diritti umani ha ottenuto il permesso di accedere all’interno di una qualunque prigione israeliana.
Le perquisizioni drastiche effettuate negli ultimi mesi in varie prigioni sarebbero orientate soprattutto alla ricerca di cellulari posseduti dai detenuti. Le misure, attuate in modo violento, sarebbero il risultato delle indagini conseguenti alle evasioni dal carcere di massima sicurezza di Gilboa nel 2021. Ma la stretta repressiva estesa alla maggior parte delle prigioni ha presumibilmente anche altri scopi: scoraggiare altri tentativi di evasione e rinsaldare nell’opinione pubblica l’immagine della sicurezza delle carceri che detengono i palestinesi. Peraltro i raid per individuare i cellulari non sono una pratica recente. Si veda in merito ciò che riportava nel 2019 una voce assai autorevole in questo articolo .
Le informazioni che seguono non sono, né potrebbero, essere complete, inoltre è probabile che figuri qualche imprecisione in quanto da un lato non si dispone di dati aggiornati negli ultimi anni, dall’altro sono il risultato di una sintesi non agevole ricavata da fonti con dati non sovrapponibili. Ad ogni modo, in caso di discrepanze sensibili, si tenga presente che il dato riportato é quello approssimato per difetto.
Procedendo da ovest a est e da nord a sud di Israele e Territori Occupati, le strutture carcerarie sono le seguenti.

Prigione di Damon [בית הסוהר דמון]
L’edificio è antecedente alla fondazione dello stato di Israele. E’ ciò che rimane del villaggio palestinese di Khirbat Al-Dumun [خربة الدامون] a 11 km a sudest di Haifa. E’ la prigione in cui fu rinchiusa Khalida Jarrar. Tra i reclusi figurano 32 donne palestinesi. A dicembre 2021 le donne si sono rivoltate contro le severe restrizioni imposte dall’amministrazione. Pare che siano state sottoposte a violenze fisiche. Secondo un’altra versione i disordini sarebbero scoppiati a causa un’ispezione violenta delle guardie che, in cerca di cellulari nelle celle, hanno costretto il velo alle detenute.
La foto sottostante fa parte della collezione dell’Art Institute of Chicago, uno dei musei di arte più importanti nel mondo



Prigione di Gilboa [בית הסוהר גלבוע]
Carcere di massima sicurezza, in esercizio dal 2004. Pare che i detenuti siano attualmente 400, per la maggior parte militanti della Jihad. Consiste di 5 sezioni, ciascuna con 15 celle, 8 letti per cella. La prigione è nota per la fuga di 6 palestinesi nel 2021, poi catturati. L’episodio ha avuto come conseguenza un severo inasprimento delle misure repressive anche nelle altre prigioni.
Meno nota è la notizia successiva, sulla deposizione del comandante del carcere riguardo all’operato di un ufficiale dei servizi segreti in forza a Gilboa. Questi avrebbe “incoraggiato” delle ragazze che prestavano il servizio militare a Gilboa ad incontri hot con un detenuto palestinese in cambio di informazioni. Tralasciamo particolari e ipotesi di versioni, imbarazzanti (per i non addetti). I Servizi di intelligence israeliani, atavicamente ispirati alle figure di Giuditta e Dalila, vantano di fatto un indiscusso primato nel coaching di patriote irresistibili, dispensatrici degli accessi ai giardini dell’Eden. Le chiavi sono gentilmente fornite previa qualche informazione en passant. La branca di riferimento la chiamano Human Intelligence ma nella fattispecie sarebbe più appropriato parlare di woman abstinence o di Xrated performance. (Parte del repertorio pare sia stato tramandato da certi ambienti dei paesi di origine. Si sa infatti che anche il KGB addestra(va) certe sue affiliate nell’arte dello sdraio piuttosto che in quella di alzarsi). Un solo esempio a comprova? Eccolo: l’affaire Vanunu. Ci fermiamo qui, non senza indicare due fonti per i curiosi, datate ma valide. Danno un’idea della parte visibile dell’iceberg: il saggio di G.Thomas , Gideon’s Spies: The Secret History of the Mossad e quello di E. Salerno Mossad base Italia.

Prigione di Shita [ בית סוהר שטה ]
In funzione dal 1962. L’edificio deriva dalla ristrutturazione da una fortezza Tegart (installazioni tipo, realizzate da Sir Charles Tagart negli anni ’30 e ’40 per contrastare le infiltrazioni dai paesi arabi). È un carcere di massima sicurezza. Vi sono rinchiusi criminali comuni e prigionieri politici, capacità 500 individui.

Prigione di Megiddo [ כלא מגידו ]
Già operativa durante il mandato britannico, fu adibita all’incarcerazione dei prigionieri politici palestinesi dopo la prima intifada, nel 1988. A differenza di altre prigioni, i minori palestinesi sono alloggiati in strutture apposite, separate dal resto. Nel 2017 erano 1.000, pare che i reclusi attuali siano 800, la maggior parte prigionieri politici.
Il 9 gennaio 2022, unità speciali Metzada hanno compiuto una perquisizione violenta in una sezione seguita da maltrattamenti. Sembra sia stato fatto uso di gas urticanti, è stata rilevante la distruzione degli oggetti personali.

Prigione Hasharon [בית הסוהר השרון]
Ricavata da una fortezza Tegart. Ha tre sezioni: per i minori condannati per reati politici, per i minori condannati per reati comuni, per le donne.

Prigione Hadarim [כלא הדרים]
Carcere di massima sicurezza a struttura circolare articolata in 8 sezioni, ispirato ai penitenziari statunitensi. Ha una capacità di 4mila detenuti, attualmente sembra che siano presenti 500 detenuti. Dal 1999 è adibita alla detenzione di prigionieri politici palestinesi. Durante la sua permanenza in isolamento in questo carcere Marwan Barghouti scrisse One Thousand Nights in Solitary Confinement, pubblicato, non si sa per quale via, nel 2011. Per quanto ci consta il libro non è stato tradotto e comunque non se ne sa nulla. A Maggio 2021 Barghouti è stato trasferito nel carcere di Ayalon come ritorsione per il suo incitamento allo sciopero dei Palestinesi contro i coloni e l’occupazione.

Prigione di Rimonim [כלא רימונים]
Istituito nel 2004, è un carcere di massima sicurezza, viene indicato come modello per i servizi disponibili.

Centro di detenzione di Huwwara
Si trova in Cisgiordania. È un centro di interrogazione degli arrestati prima di essere condotti al tribunale militare o alle prigioni situate in Israele. Pare che sia carente tanto per l’agibilità quanto per la mancanza di servizi essenziali.

Centro di detenzione di Kedumim
Costruito a metà degli anni ’90 in Cisgiordania, in prossimità del villaggio palestinese di Kafr Qaddum. È un’area molto calda, dove gli incidenti sono frequenti, data la vicinanza dell’omonimo insediamento di coloni israeliani di Kedumim. Parecchi tra questi hanno tagliato olivi nei campi dei coltivatori palestinesi e compiono atti di ritorsione, i cosiddetti tag mechir [תג מחיר] , letteralmente “prezzo del cartellino”, seguite dalle controritorsioni di chi sente minacciata la sopravvivenza. Una spirale di violenza che non fa che peggiorare la condizione dei palestinesi.

Prigione di Ayalon [בית סוהר איילון]
In funzione dal 1950, è un carcere di massima sicurezza. Strutturato in 15 bracci per un totale di 600 celle. Uno dei bracci è adibito alla reclusione in isolamento. Tristemente noto per le sue condizioni igieniche e sanitarie (infestato da quantità abnormi di cimici). Qui si trova Marwan Barghouti in isolamento. Il carcere presenta una collezione di memorie lugubri. Qui fu impiccato Eichmann. Qui si trova un “Prigioniero X#2”, israeliano, la cui identità sfugge e deve sfuggire anche ai vertici del penitenziario. Quanto al primo, il “Prigioniero X”, si sa che si impiccò nel dicembre 2010, dopo 10 mesi in isolamento, sotto (dis)continua sorveglianza con telecamere a circuito chiuso. La sua identità non fu dichiarata dalle autorità israeliane, fu tuttavia accertato che si trattava di Ben Zygier, spia del Mossad, ingombrante per le estreme conseguenze sui rapporti diplomatici. La questione palestinese e gli equilibri mediorientali furono al centro anche in questa storia torbida (e tragica per almeno due famiglie all’estero, lo zero senza virgole nell’ottica delle molteplici Ragion di Stato). Pare, più sovente di quanto si potrebbe immaginare, che nel sottobosco di certi ambienti finiscano con l’imporsi, più o meno inevitabilmente, dei giochi di specchi recursivi che rendono assai problematica la distinzione dei ruoli tra chi infiltra e chi è infiltrato, storie che non ammettono esclusioni di colpi, da nessuna parte.

Prigione di Nitzan [בית מעצר מג"ן-ניצן]
Attiva dal 1978, ha una sezione per detenuti affetti da turbe psichiche e un’infermeria per i fabbisogni dei detenuti dei penitenziari israeliani. Ha una capacità di 700 detenuti. Comprende anche un centro di detenzione e una sezione di isolamento. Se non andiamo errati, dovrebbe essere questa la struttura cui si fa riferimento con il nome Ramleh Prison Hospital. Fonti palestinesi rilevano la carenza di attrezzature fondamentali.

Prigione di Neve Tirza [ בית סוהר נווה תרצה]
È una prigione femminile per le donne palestinesi e per le israeliane che scontano reati penali. Conta attualmente 200 detenute.

Prigione di Ofer [ כלא עופר ]
Si trova in Cisgiordania. Istituita nel 1968, fu chiusa dopo gli accordi di Oslo del ’95 e riaperta nel 2002. Nel 2014 i detenuti erano 800, nel 2019 ammontavano a 1.200 circa i Palestinesi reclusi. Nel complesso carcerario si trovano anche un tribunale militare e una base dei Servizi di sicurezza. Osservatori indipendenti hanno segnalato abusi sui minori.

Prigione di Ashkelon (Shikma) [ בית הסוהר שקמה]
Nel 2019 vi erano reclusi 500 detenuti, tra israeliani e palestinesi. Consta di 5 sezioni, una delle quali per l’isolamento. Parte della struttura è occupata dai Servizi di Intelligence per l’interrogatorio dei prigionieri palestinesi e arabi. I prigionieri che collaborano fornendo informazioni utili vengono trasferiti in un’ala distinta, ovviamente.
Negli anni ’70 i detenuti subivano la tortura dell’”onore” / al tashrifa [التشريفا] / hakavód [הכבוד ]: all’atto dell’accoglienza, nell’attraversare il percorso dall’ingresso alla cella erano costretti a passare tra due ali di guardie che li colpivano a colpi di bastone.

Prigione di Be’er Sheva [ כלא באר שבע]
E’ un raggruppamento di 4 prigioni: Eshel [ בית הסוהר אשל] , Kedar [ בית מעצר אוהלי קידר ] ,Dekel [בית הסוהר דקל], Ella [בית הסוהר אלה]
La prigione principale è Eshel dove sono detenuti 900 condannati di varie estrazioni. Un’ala tra le 12 della prigione è per i prigionieri politici palestinesi.

Prigione di Ktzi'ot [בית הסוהר קציעות]
Si trova nel deserto del Negev, a 10 km dal confine israelo-egiziano. Dal 1988 fu adibita a luogo di reclusione dei prigionieri palestinesi. Più di 6mila furono i deportati dai Territori Occupati nel 1991, contravvenendo alla Convenzione di Ginevra. I visitatori ammessi parlarono di condizioni disumane degli occupanti costretti a vivere in tende in gruppi di 20. Fu chiusa nel 1995 a seguito degli accordi di Oslo. Fu riaperta nel 2002. Vi sono rinchiusi anche i migranti illegali, la maggior parte dall’Eritrea e dal Sudan.
È il penitenziario israeliano più grande per estensione, suddiviso in tre sezioni. La prima comprende 48 campi con una capacità di circa 1000 detenuti; la seconda è basata su celle mobili introdotte dopo l’incendio del 2008 appiccato da alcuni detenuti come protesta per l’uccisione di Muhammad al-Ashqar; la terza consiste di edifici, approntati nel 2007 per una capacità potenziale di 3.500 detenuti.
Nel 2019 si è verificata una sommossa contro l’inasprimento delle misure restrittive. Due guardie furono accoltellate. Seguirono ritorsioni violente contro i prigionieri di Hamas. Nel 2021 è occorsa un’altra serie di violenze da parte delle guardie, pare per sedare una rivolta. In un video sono state documentate gravi violenze contro detenuti inermi ma le indagini sono state archiviate nonostante fosse possibile individuare i responsabili, secondo quanto sostenuto dai detenuti.

Prigione di Nafha [ כלא נפחא ]
Istituita nel 1980, ha una capacità di 700 reclusi, condannati per reati comuni e prigionieri politici palestinesi. La popolazione carceraria è suddivisa sia in base all’appartenenza sia alla provenienza geografica. I prigionieri palestinesi di Hamas sono tenuti separati da quelli di Al Fatah. È un penitenziario dalle condizioni più dure in assoluto, sia per il clima, si trova nel cuore del deserto del Negev, sia per lontananza geografica dai luoghi di origine.

Prigione di Ramon [ בית הסוהר רמון]
Aperta nel 2007 accanto alla prigione di Nafha, a seguito della seconda Intifada. Tre sezioni, ciascuna con una capacità di 120 detenuti e 10 celle. La capacità della cella è prevista per 10 reclusi. Le sue dimensioni sono: 2,5 m di altezza e 3,5 m di larghezza, water e lavabo compresi, una finestra 80x120 cm. Vi sono rinchiusi sia condannati per reati comuni gravi sia prigionieri palestinesi. Anche in questo penitenziario si sono verificati disordini dopo l’inasprimento delle restrizioni conseguente alla evasione di sei detenuti a Gilboa.

L’affaire 1391

L’Unità 1391 è stata dismessa, dicono, dal 2006. Luogo di carcerazione, ubicato in una fortezza Tegart (cfr. sopra) rimasto a lungo segreto, sino al 2002. La sua scoperta avvenne in una circostanza fortuita, grazie ad una petizione della ong Hamoked . Hamoked (“Punto focale”) è un centro israeliano particolarmente attivo nella difesa dei diritti umani dei palestinesi in Israele e nei Territori Occupati. Ci si lasci esprimere che Hamoked è una di quelle organizzazioni in cui qualunque essere umano contrario alle violenze, sia egli israeliano, palestinese, credente o ateo può riconoscersi e ammirare le sue doti di inderogabile fiducia e di perseveranza nel diritto nel rispetto della verità senza cui non ci sono giustizia né pace davvero stabile.
Tutto ebbe inizio un giorno di Novembre del 2002 quando i due cugini Bashar e Muhammad Jadallah, commercianti di Nablus, di 48 e 23 anni di età, furono arrestati al loro rientro dalla Giordania al ponte [ Allenby, ndr]. Dal verbale di polizia emerse che i due prigionieri erano detenuti in una località segreta; il legale di Hamoked ottenne delle risposte contraddittorie. Dettagli e particolari della fase iniziale si possono leggere nella petizione di Hamoked all’Alta Corte di Giustizia. Nel 2003 un bravo giornalista investigativo, Aviv Lavie, e il coraggio della testata Haaretz resero nota l’esistenza della struttura segreta pubblicando l’articolo Inside Israel’s Secret Prison. Parlarono di una Guantanamo israeliana. La notizia suscitò enorme scalpore e rimbalzò sulla stampa internazionale. La struttura era controllata dalla Unità 504, élite della Intelligence militare, specializzata negli interrogatori dei prigionieri di guerra, terroristi e assimilati, oltre che nella infiltrazione di agenti nei paesi, Territori Occupati e Gaza.
All’epoca la struttura non figurava su nessuna mappa in circolazione, nelle mappe di Google l’area era stata sbianchettata. Il Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura indirizzò numerose petizioni alla Corte Suprema israeliana per accedere alla struttura e per effettuare indagini volte ad accertare le responsabilità sulle violazioni della Convenzione contro la Tortura. Non se ne fece nulla. Nel Rapporto conclusivo del 2009 Il Comitato contro la Tortura espresse riserve e perplessità evidenti, precisamente al para.24, pag. 8.
Da allora la questione è stata seppellita nel silenzio. Sulle mappe di Google la struttura è ritornata ad essere visibile con un banale accesso. Naturalmente ciò che è visibile alle immagini satellitari è la superficie, su ciò che sta sotto non è dato sapere. Così come non è dato sapere con evidenze tangibili quante altre strutture di detenzione coperte dal segreto militare sono esistite ed esistono in Israele. Le autorità israeliane negano che ce ne siano. Può darsi, ma la Storia e il Diritto non vanno avanti sulla base di autocertificazioni.

La canzone

E’ stata composte dal gruppo hip-hop Palestine street. Ne fanno parte Mohammed Azmi, Soud Hefawi, Diya Milhem, Hisham al-Laham e Ahmad Ramadan. Ancora tredicenni formarono il gruppo a Betlemme nel 2006 per esprimere la loro protesta nel campo profughi Dheisheh [ الدهيشة ] in cui vivevano.
Dheisheh è il quarto per popolazione tra i 19 campi della Cisgiordania assistiti dall’UNRWA [ United Nations Relief and Works Agency ]. Fu istituito nel 1949 per accogliere 3mila profughi. Ne conta 10mila per un totale di 15mila residenti. Anche se fa parte dell’area A, sotto il controllo palestinese secondo gli accordi di Oslo, non sono rare le incursioni e gli arresti da parte dell’esercito israeliano. Durante le proteste del 2016 rimase ucciso un diciassettenne, 45 ragazzi furono gravemente feriti, la maggior parte mutilati.
Le loro canzoni esprimono tutta la frustrazione dei giovani palestinesi disagiati, senza prospettive di lavoro, con un’assistenza sempre più precaria.


Nota testuale

Per quanto riguarda i nomi riportati in questa introduzione e nella traduzione della canzone occorre precisare che chi scrive non conosce l’arabo né l’ebraico, cioè non sa leggere un testo scritto in una lingua semitica. Sa appena distinguere qualche lettera dell’alfabeto arabo. Ritiene tuttavia che con l’uso accorto di traduttori automatici, di un dizionario arabo-inglese, di verifiche incrociate e per l’attenzione e il soverchio tempo dedicati non dovrebbero figurare svarioni. Naturalmente sarà grato a quanti vorranno segnalargli eventuali errori.

Considerazioni finali

Chi scrive si rende conto che la materia trattata tocca molti nervi scoperti. Ci corre l’obbligo di qualche precisazione. Forse qualcuno tra i pochi lettori che avranno trovato il tempo per leggere questo contributo penserà in modo sommario che l’autore nutra dei pregiudizi verso Israele o addirittura verso gli Ebrei. Si sbaglierebbe perché chi le ha scritte è decisamente contrario a qualunque forma di antisemitismo, senza se e senza ma.
Veniamo alle eventuali insinuazioni di antisionismo. Questo viene confuso comodamente da una parte come equivalente all’antisemitismo, da qualche altra parte è talvolta usato come un ripiego politically correct. Ebbene, l’autore ritiene che gli Israeliani hanno il diritto inalienabile di vivere in Israele, in uno stato entro confini definiti così come i Palestinesi hanno il diritto inalienabile di vivere in uno stato palestinese sovrano entro confini certi senza discontinuità territoriali oppure come cittadini di un unico stato con uguali diritti e uguali garanzie per tutti i cittadini, quale che sia l’etnia, il credo e senza alcun’altra discriminazione di sorta. Ci rendiamo conto che la questione di Gerusalemme è un ostacolo non facile, così come la questione dei profughi dopo 70 anni, ma un negoziato è possibile, sempre che sussista la volontà politica di isolare i radicalismi dall’una e dall’altra parte e di smarcarsi dai condizionamenti di potenze e potentati, sono tanti, interessati per motivi, diversi ma convergenti, a scommettere e lucrare su uno stato di tensione permanente.
Occorre prestare particolare attenzione ai maltrattamenti, abusi, violenze, brutalità e torture di cui abbiamo fatto cenno. Tali aberrazioni non debbono indurre a desistere e concludere sommariamente che la maggior parte degli Israeliani sono estremisti o un tutt’uno con i coloni, pronti soltanto a schiavizzare i Palestinesi o a cacciarli dalle loro case. Di voci libere e critiche in Israele ce ne sono e non sono poche. Non a caso abbiamo spesso citato la stampa progressista israeliana.
Chi ha scritto queste righe è agli antipodi di qualunque forma di fondamentalismo, sia esso quello islamico sia quello ebraico, senza attenuanti. Non ammette che in un conflitto si possano produrre giustificazioni per colpire obiettivi civili anziché militari, non ammette il terrore come arma o come ritorsione, non ammette gli scudi umani, così come non ammette che si possano espropriare terre e case ergendosi a signori della sopravvivenza altrui con argomentazioni giuridiche più o meno sottili, prevalenti sul bene supremo del rispetto dei diversi e della coesistenza pacifica.
La linea di faglia passa per il Medioriente e c’è un prezzo alto da pagare per tutti, non soltanto per Israeliani e Palestinesi. È il prezzo per non assistere impotenti ad una progressiva deriva degli uni in ologrammi militarizzati di un deserto ipertecnologico alienato dalle sue radici e degli altri in entità deprivate dell’istinto di sopravvivenza , bioautomi stragisti impasticcati di contagon.
Né Adonai né Allah possono avere ispirato o volere questo.

[Riccardo Gullotta]
[[https://www.dailymaverick.co.za/wp-content/uploads/MarianneWarResistMAIN.jpg?w=1412|]]
Refrain: Prison…

خضني من بلوزتي شدني [1]
ضوو كان يعمي عيني
الخوف ساكن كل الي حولي
حاسس بالوحدة مع اني ما كنت وحدي
الغرفة مليانة اخضر جنود
توتر عصبي مشدود
انت المطلوب اسمك مكتوب
أبوي عم بنادي شو بدكو من ولادي
غموني ربطوني ابعدوني بيسالوني
شتتوني مش فاهم باايش بيتهموني
لسة مش مستوعب الوضع
وكل ما أحاول افهم بنقمع
أحلامي بتختفي مع كل قطرة دم عم بتنزل من ثمي
سامعي اشي بيتكسر بس المرة مش اشي بجسمي
كمان مرة شدني لجوا الجيب أخذني
آخر نظرة إلي كانت إمي
حاسس فيها من بعيد عم تحضني بتودعني
عيونها عم تحكيلي
مودع ل الله يا ابني !!

Refrain: Prison…

خلف القضبان كثبان أحلام بتستناني
غرفة متر بمتر ملانة بالأسامي
حرية الوطن أولا وابني رامي
كاعد بكبر بكبر وحلمي بيكبر معاه
شريط حياتي بعيوني قدامي
وأنا طفل مع امي وأبوي واخوتي
مع عائلة بسيطة في الحياة بدت رحلتي
فلسطيني عايش تحت ضغط احتلال
بيحاول يستمر يضل
بجذور الأرض بدون زوال
كل الأحداث بتمر بسرعة
محقق همو الوحيد ينتزع اعترافي
بطلت كادر احرك اطرافي جسمي غافي
كرامتي ملفوظة لحظاتي معدودة مع انفاسي
جسمي كاعد ببرد صار أبرد من المكان
كل الكلام الي تعلمتو حياتي كلمة أصمد
كلمة أصمد هل طلعت روحي ؟

Refrain: Prison…

90 يوم وانا بصارع في امعائي
جسمي طالب الغذاء بس كرمتي هي دوائي
اه كرمتي اغلى من غذائي
مخيط ثمي والي عم يحكي اضرابي
انا المسجون بس سجني عم بقهر سجاني
سجان ملعون براهن على انكساري
بس ظلم السجون ولد استشهادي
صراع كميائي بجسمي لو ما كنت مكاني ما رح تحس في
مش عادي بنتي تنولد وانا في حبس انفرادي
مش اعتيادي ما اتصبح في شمس بلادي
معتقل سياسي داخل جدران نظام مش انساني
ثائر للقانون بس متهم ضد القانوني
مش معقول هالعالم شو مخلول
مش مفهوم
سكوت عم موت بطئ لشعب عنيد
اذا فلتقرع جدران الخزان
صرخات تعلى بكل خيمة اعتصام
خلي العالم يسمع اني انسان

Refrain: Prison…

انا الوقت بحسبو على صوت دقات القلب ، بخاف ما أسمعو !
انا ابني لسة ما شفتو بس بحلم اني بحضنو .
انا داخل جدران سجن ، ما بسمع ما بشوف غير الظلم !
انا في زمن بكون القاتل هو الحكم
مش سائل على المؤبد . بتعتقل الجسد بس ما بتعتقل الأمل
انا مقاتل للحرية سلاحي بندقية خارح السجن
انا قاتل للقهر داخل السجن بسلاح الصبر !
انا لو متت ما بخسر روحي تجيب النصر
ابني ما تزعل ما اجيتش على الدنيا بس ابوك كان بطل !
من بطن الأرض بنولد كالشجر
الإنسانية بنفقد بس بنعلها للبشر
كيف بتعتقل طفل حامل حجر ؟
مش راح يإذيك هاض ذكرى من بيت الي هديت
اطفال فلسطين في سجون اسرائيل احلامهم انهيت !
[1] Transcription / Trascrizione

ḳaḍnī man balūztī šadnī
ḍawū kān yaʿmī ʿaynī
alḳawf sākn kal aly ḥawlī
ḥāss bālūḥda maʿ anī mā kant waḥdī
alġarfa malyāna aḳḍr janūd
tawtr ʿaṣbī mašdūd
ant almaṭlūb asmk maktūb
ʾabwī ʿam banādī šaw badkū man walādī
ġamūnī rabṭūnī abʿdūnī baysālūnī
šattūnī maš fahm bāāyš baythmūnī
lasa maš mastūʿb alwaḍʿ
wakl mā ʾaḥāwl afhm banqmʿ
ʾaḥlāmī batḳtfī maʿ kal qaṭra dam ʿam batnzl man ṯamī
sāmʿī ašī baytxr bas almara maš ašī bajsmī
kamān mara šadnī lajū aljayb ʾaḳḏnī
ʾāḳr naḓra ʾilī kānt ʾimī
ḥāss fayhā man baʿīd ʿam taḥḍnī batūdʿnī
ʿayūnhā ʿam taḥkīlī
mawdʿ la Allah ya abni

ḳalf alqaḍbān kaṯbān ʾaḥlām batstnānī
ġarfa matr bamtr malāna bālaʾsāmī
ḥarya alwaṭn ʾawlā wabnī rāmī
kāʿd bakbr bakbr waḥlmī baykbr maʿāh
šarīṭ ḥayātī baʿyūnī qadāmī
waʾnā ṭafl maʿ amī waʾbwī waḳūtī
maʿ ʿāʾila basīṭa fī alḥayā badt raḥltī
falsṭīnī ʿāyš taḥt ḍaġṭ aḥtlāl
bayḥāwl yastmr yaḍl
bajḏūr alʾarḍ badūn zawāl
kal alʾaḥdāṯ batmr basrʿa
maḥqq hamū alwaḥīd yantzʿ aʿtrāfī
baṭlt kādr aḥrk aṭrāfī jasmī ġāfī
karāmtī malfūḓa laḥḓātī maʿdūda maʿ anfāsī
jasmī kāʿd babrd ṣār ʾabrd man almakān
kal alkalām aly taʿlmtū ḥayātī kalma ʾaṣmd
kalma ʾaṣmd hal ṭalʿt rawḥī ?

90 yawm wanā baṣārʿ fī amʿāʾī
jasmī ṭālb alġaḏāʾ bas karmtī hay dawāʾī
ah karmtī aġlā man ġaḏāʾī
maḳīṭ ṯamī walī ʿam yaḥkī aḍrābī
anā almasjūn bas sajnī ʿam baqhr sajānī
sajān malʿūn barāhn ʿalā anxārī
bas ḓalm assajūn wald aschhādī
ṣarāʿ kamyāʾī bajsmī law mā kant makānī mā raḥ taḥs fī
maš ʿādī bantī tanūld wanā fī ḥabs anfrādī
maš aʿtyādī mā atṣbḥ fī šams balādī
maʿtql sayāsī dāḳl jadrān naḓām maš ansānī
ṯāʾir lalqānūn bas mathm ḍad alqānūnī
maš maʿqūl hālʿālm šaw maḳlūl
maš mafhūm
sakūt ʿam mawt baṭiʾ lašʿb ʿanīd
aḏā faltqrʿ jadrān alḳazān
ṣarḳāt taʿlā bakl ḳayma aʿtṣām
ḳalī alʿālm yasmʿ anī ansān

anā alwaqt baḥsbū ʿalā ṣawt daqāt alqalb , baḳāf mā ʾasmʿū !
anā abnī lasa mā šaftū bas baḥlm anī baḥḍnū .
anā dāḳl jadrān sajn , mā basmʿ mā bašūf ġayr aḓḓalm !
anā fī zamn bakūn alqātl haw alḥakm
maš sāʾil ʿalā almaʾbd . batʿtql aljasd bas mā batʿtql alʾaml
anā maqātl lalḥrya salāḥī bandqya ḳārḥ assajn
anā qātl lalqhr dāḳl assajn baslāḥ aṣṣabr !
anā law matt mā baḳsr rawḥī tajīb annaṣr
abnī mā tazʿl mā ajīch ʿalā addanyā bas abūk kān baṭl !
man baṭn alʾarḍ banūld kaššajr
alʾinsānya banfqd bas banʿlhā lalbšr
kayf batʿtql ṭafl ḥāml ḥajr ?
maš rāḥ yaʾiḏīk hāḍ ḏakrā man bayt aly hadīt
aṭfāl falsṭīn fī sajūn asrāʾīl aḥlāmhm anhīt !

inviata da Riccardo Gullotta - 15/1/2022 - 11:18



Lingua: Italiano

Traduzione italiana / الترجمة الإيطالية / תרגום לאיטלקית / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös :
Riccardo Gullotta
CARCERE

Refrain : Prigione ….

Mi ha stretto tirandomi per la camicia
Mi stava per accecare gli occhi
Dappertutto intorno a me paura
Mi sentivo solo anche se non ero solo
La stanza è gremita di soldati in uniforme verde [1]
Tensione nervosa acuta
“Sei ricercato. Il tuo nome è scritto”
Mio padre urla [2], che volete dai miei bambini?
Mi bendano [3], mi tengono stretto, mi portano via, fanno i prodi [4]
[5] Non capisco, perché mi accusano?
Continuo a non capire la situazione
E tutto ciò che cerco di capire viene ignorato
I miei sogni svaniscono ad ogni goccia di sangue che esce dalla mia bocca
Avverto qualcosa che si spezza, ma stavolta non è qualcosa nel mio corpo
Ancora una volta mi ha schiaffato nella jeep e portato via
Il mio ultimo sguardo è stato per mia madre
La sento da lontano, mi abbraccia, dice addio
I suoi occhi mi dicono
Ti affido a Dio, o figlio mio

Refrain: Prigione ….

Dietro le sbarre mi aspettano le dune dei sogni
Una cella zeppa di scritte metro per metro
Libertà della patria dapprima e per mio figlio il combattente [6]
Vado crescendo continuamente, il mio sogno è di crescere con lui
Vedo scorrere [7] sotto gli occhi il nastro della mia vita
Sono un bambino con mamma, papà e fratelli
Con l’esistenza di una famiglia semplice è apparso il viaggio di un
Palestinese che vive sotto la coercizione dell'occupazione
Che cerca di continuare ad andare avanti
Con le radici della terra senza scomparire
Tutti gli avvenimenti passano in fretta
L’ unico pensiero dell’inquirente è di estorcere la mia confessione
Ho smesso di poter muovere le membra nel mio corpo addormentato
La mia dignità è criticata [8], misuro il tempo con la frequenza del mio respiro [9]
Il mio corpo in genere freddo si è fatto più freddo di questo posto
Tutte le parole che ho imparato nella mia vita sono parola di “Resistenza”
Parola “Resistenza”, sei venuta su dalla mia anima?

Refrain: Prigione ….

90 giorni e lotto con le mie viscere
Il mio corpo cerca [10] cibo, ma la dignità è la mia medicina
Oh si, la mia dignità è più preziosa del mio cibo
Ho la bocca cucita [11], e chi parla del mio sciopero?
Sono prigioniero, ma la mia prigione prevale sui miei carcerieri
Un maledetto carceriere ha scommesso sulla mia sconfitta
Ma l'ingiustizia delle carceri genera il mio martirio
E’ una lotta chimica nel mio corpo, se non foste sul posto, non ve ne accorgereste
Non è normale che mia figlia sia nata mentre mi trovo in isolamento
Non è normale che io non stia al sole nel mio paese
Prigioniero politico tra le mura di un regime disumano
Ribelle per la legge, ma accusato contro la legge
Incredibile, qual’è l’intralcio in questo mondo?
Non capisco
Il silenzio è la morte lenta di un popolo ostinato
Quindi picchiamo sui bidoni
Le urla si alzino in ogni tenda dei sit-in
Che il mondo senta che sono un umano

Refrain: Prigione ….

Conto il tempo sulla cadenza dei battiti del cuore, ho paura di ascoltarli!
Io sono mio figlio, non l'ho ancora visto, ma sogno di abbracciarlo.
Sono dentro le mura di una prigione, non vedo altro che ingiustizia!
Vivo in un tempo in cui il giudice è l'assassino
Non farò richiesta [12] riguardo alla condanna a vita. Puoi arrestare il corpo, ma non arresti la speranza
Sono un combattente per la libertà, la mia arma è un fucile fuori dal carcere
Combatto contro l'oppressione in prigione con l'arma della pazienza!
Se morirò, non perderò la mia anima, conseguirò la vittoria
Figlio mio, non prendertela, non tornerò nel mondo [13], ma tuo padre era un eroe!
Dal ventre della terra nasciamo come alberi [14]
Abbiamo smarrito l'umanità, ma la concepimmo per il genere umano
Come si può arrestare un bambino con una pietra in mano? [15]
Senza offesa, è un ricordo della casa che hai guidato
I bambini Palestinesi nelle carceri israeliane, è la fine dei loro sogni.
[1] اخضر جنود : soldati verdi

[2] أبوي عم بنادي nel testo , é una ipotesi di traduzione .

[3] غموني [ ghammouni] nel testo

[4] بيسالوني [bisalwni] : non sappiamo se deriva dalla radice b-s-l بَاسِلُون [bāsilūn] / coraggiosi (ironico)

[5] شتتوني : radice š-t-w ? Significherebbe inverno , forse per esprimere stupore e incomprensione. In tal caso si potrebbe rendere con “buio pesto”. Ci siamo astenuti dal riportare la traduzione ipotizzata.

[6] رامي : detto propriamente di chi lancia

[7] قدامي : letteralmente di fronte a me

[8] ملفوظة nel testo

[9] لحظاتي معدودة مع انفاسي letteralmente: i miei momenti sono contati con il mio respiro

[10] طالب sta per studente / reclamare

[11] مخيط ثمي , letteralmente: cucitura preziosa

[12] سائل : sta quasi sempre per “liquido” ma anche per richiedente. Traduzione decisamente ostica, forse superata dopo vari tentativi grazie all’ Almaany

[13] اجيتش nel testo. Incomprensibile, probabile errore ortografico

[14] كالشج: errore ortografico o gergo? Sostituzione ipotizzata: كالشجر

[15] حامل حجر : uno che detiene una pietra

inviata da Riccardo Gullotta - 15/1/2022 - 11:25


DALLE CARCERI ISRAELIANE ALLA STRISCIA, LE CONDIZIONI DI VITA DEI PALESTINESI SONO OLTRE L'UMANAMENTE SOPPORTABILE
Gianni Sartori (18 0ttobre 2024)

Ancora in gennaio i prigionieri palestinesi lanciavano l'allarme sul rischio non certo ipotetico della propagazione di malattie, infezioni, contagi e di vere e proprie epidemie all'interno delle carceri israeliane. Tra le più diffuse quelle della pelle (scabbia, rogna...). Una conseguenza delle procedure, definite “autentici abusi” nel comunicato, applicate sistematicamente dall'amministrazione penitenziaria.

Tra cui il sovraffollamento (mediamente oltre una decine di reclusi, almeno quattro in più, per cella), scarsa disponibilità d'acqua, riduzione al minimo delle docce (con effetti drammatici sull'igiene), l'isolamento, la privazione del movimento...
Tenendo presente che se prima del 7 ottobre 2023 i detenuti palestinesi erano circa 5250, dopo quella data già in dicembre erano approssimativamente attorno a 8800. Misure repressive ulteriormente esasperate dall'utilizzo della tortura che provoca ferite, curate malamente, sui prigionieri con conseguenti infezioni. Con il conseguente degrado dello stato di salute dei detenuti. A questo andrebbero aggiunte la “politica della fame” adottata dall'amministrazione carceraria e la penuria di vestiti (in gran parte sequestrati dopo il 7 ottobre). Con i detenuti costretti a indossare gli abiti ancora bagnati dopo averli lavati (anche nel periodo invernale).

Con effetti deleteri che si sono via via accumulati nel tempo, aggravandosi con i continui arresti di migliaia di persone. Sempre secondo i prigionieri palestinesi, sarebbero in aumento anche quelli che definiscono “crimini medici”. Intesi come deliberati atti che vanno ben oltre la “normale” negligenza più o meno intenzionale. Atti che sarebbero all'origine dell'incremento della mortalità tra i prigionieri registrata negli ultimi anni.
Quanto alle vittime accertate della tortura (sempre stando al comunicato), sono aumentate dopo il 7 ottobre. Ancora in gennaio erano almeno sette quelli deceduti.

E intanto a Gaza le cose andavano e vanno sempre peggio. Nell'agosto di quest'anno il Consiglio di sicurezza si interrogava sui primi casi di poliomelite (da 25 anni a questa parte) registrati nella Striscia.

Malattia che notoriamente si trasmette per contagio (per via oro-fecale, con l'ingestione di acqua o cibo contaminati, saliva, per le goccioline prodotte da colpi di tosse e starnuti).
Dato che l'essere umano costituisce l'unico (o almeno il principale) “serbatoio naturale”, appare evidente quale fosse il livello di rischio di una diffusione su larga scala in una situazione di totale degrado ambientale (v. la contaminazione dell'acqua a causa dei bombardamenti che distruggono la rete fognaria). Dato che non sempre la persona infetta sviluppa sintomi evidenti (come la paralisi), è chiaro che la “catena di trasmissione”, in mancanza di misure igieniche adeguate, andrebbe allargandosi in maniera esponenziale. Con l'agghiacciante particolare che a esserne colpiti sono soprattutto bambini di età inferiore ai cinque anni.

In agosto, la richiesta di convocazione del Consiglio di sicurezza era partita dalla Svizzera, preoccupata perché  “le condizioni di sicurezza sul terreno” non avrebbero consentito alle organizzazioni umanitarie di compiere adeguatamente la loro missione, necessaria anche in assenza di un “cessate-il-fuoco”. E questo per il delegato svizzero sarebbe “semplicemente inaccettabile mentre la situazione umanitaria va aggravandosi di giorno in giorno”. Alla Svizzera si associavano altri membri del Consiglio (come la Francia) soprattutto sulla richiesta “non negoziabile” di una campagna di vaccinazione contro la poliomielite.

Sorvolando sul “pronto intervento” (le vaccinazioni) generosamente consentito dalle autorità israeliane. Non credo si sia trattato di spirito umanitario (altrimenti avrebbero smesso di bombardare ospedali e tendopoli), ma di evitare che l'epidemia si diffondesse anche in Israele.

Da parte della Federazione Russa si sottolineava come non fosse possibile obbligare gli operatori umanitari a intervenire in situazioni di tale ostilità (anche nei loro stessi confronti, vedi il caso dei veicoli del Programma Alimentare Mondiale). Per cui rilanciava la richiesta di un cessate-il-fuoco. Così la Slovenia (a cui si allineava la Gran Bretagna) che richiedeva alle parti belligeranti la trasparenza e il rispetto delle regole d'ingaggio nei confronti del personale onusiano.

Mentre gli Stati Uniti ridimensionavano l'incidente del 27 agosto (quando una squadra del PAM era finita sotto il fuoco di un check point israeliano nei pressi del ponte di Wadi Gaza) definendolo frutto di “un errore di comunicazione tra i membri dell'esercito israeliano”. Pur augurandosi che simili episodi non si ripetessero.

Con ben maggiore aderenza alla realtà dei fatti, il delegato algerino aveva dichiarato che “l'evacuazione forzata della popolazione e la morte di 297 operatori umanitari a Gaza costituiscono nient'altro che dei crimini di guerra”. Quanto alla coordinatrice degli interventi onusiani a Gaza, esprimeva profonda indignazione per “la moltiplicazione degli ordini di evacuazione emessi dall'esercito israeliano con conseguenze devastanti sia per i civili che per il personale sanitario”. Ordini di evacuazione che avevano colpito circa il 90% degli abitanti della Striscia costretti a vivere stipati su qualcosa come l'11% del territorio di Gaza. Aggiungendo che “i civili hanno fame, sono malati, senza riparo. In condizioni ben al di là di quanto un essere umano possa sopportare”. Questo in agosto. E da allora le cose sono andate soltanto peggiorando.
Tornando alla questione dei prigionieri, il 15 ottobre sono stati liberati una quindicina di detenuti palestinesi. Tra loro un caso emblematico, quello del quindicenne Eyad Ashraf Ed'eis (originario del campo profughi di Shu’fat ). Dopo aver trascorso in prigione sette mesi, è andato agli arresti domiciliari (ma in ospedale, non al domicilio della famiglia) con braccialetto elettronico. Motivo della sua scarcerazione, la scabbia. La stessa che si va diffondendo a a macchia d'olio tra i palestinesi rinchiusi in varie carceri israeliane. Per la Società dei prigionieri palestinesi, la maggioranza soffre di malattie croniche e complicazioni varie. Inoltre esprime il fondato sospetto che l'amministrazione penitenziaria utilizzi la scabbia come ulteriore misura di controllo e maltrattamento nei confronti dei prigionieri. Dando prova quanto meno di negligenza in materia di cure mediche. Per cui sui loro corpi i segni della negligenza, oltre a quelli della tortura e della fame, sono sempre più evidenti, incisi. Come ha confermato in questi giorni un avvocato dopo la visita al carcere di Gilboa “i detenuti vivono in condizioni tragiche, immersi in una realtà dolorosa a causa delle politiche fasciste e razziste adottate dall'amministrazione penitenziaria israeliana. Tra i metodi adottati, le percosse, gli insulti, le irruzioni nelle celle e nelle sezioni. Il cibo fornito risulta mediocre sia in qauantità che in qualità. Vi è una grave penuria di abbigliamento e di coperte e tutto sta a indicare che le condizione meteorologiche, con l'arrivo dell'inverno, non vengono prese in considerazione. Le malattie della pelle si propagano, i prodotti per la pulizia e la disinfestazione sono assenti, si mantiene la politica di isolamento dal mondo esterno così come le restrizioni e le difficoltà alla comunicazione tra le celle e le sezioni”.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 18/10/2024 - 16:10




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