Έστειλα δυο πουλιά στην Κόκκινη Μηλιά
που λένε τα γραμμένα,
τo `να σκοτώθηκε, τ’άλλο λαβώθηκε
δε γύρισε κανένα.
τo `να σκοτώθηκε, τ’άλλο λαβώθηκε
δε γύρισε κανένα,
Έστειλα δυο πουλιά στην Κόκκινη Μηλιά
που λένε τα γραμμένα.
Για τον μαρμαρωμένο βασιλιά
ούτε φωνή, ούτε λαλιά.
τον τραγουδάει όμως στα παιδιά,
σαν παραμύθι η γιαγιά.
Έστειλα δυο πουλιά στην Κόκκινη Μηλιά
που λένε τα γραμμένα,
το `να σκοτώθηκε, τ’άλλο λαβώθηκε
δε γύρισε κανένα.
Έστειλα δυο πουλιά στην Κόκκινη Μηλιά,
δυο πετροχελιδόνια,
μα κει εμμείνανε κι όνειρο γίνανε
και δακρυσμένα χρόνια.
μα κει εμμείνανε κι όνειρο γίνανε
και δακρυσμένα χρόνια
Έστειλα δυο πουλιά στην Κόκκινη Μηλιά,
δυο πετροχελιδόνια.
Για τον μαρμαρωμένο βασιλιά
ούτε φωνή, ούτε λαλιά.
τον τραγουδάει όμως στα παιδιά,
σαν παραμύθι η γιαγιά.
Έστειλα δυο πουλιά στην Κόκκινη Μηλιά,
δυο πετροχελιδόνια,
μα κει εμμείνανε κι όνειρο γίνανε
και δακρυσμένα χρόνια.
και δακρυσμένα χρόνια
και δακρυσμένα χρόνια
που λένε τα γραμμένα,
τo `να σκοτώθηκε, τ’άλλο λαβώθηκε
δε γύρισε κανένα.
τo `να σκοτώθηκε, τ’άλλο λαβώθηκε
δε γύρισε κανένα,
Έστειλα δυο πουλιά στην Κόκκινη Μηλιά
που λένε τα γραμμένα.
Για τον μαρμαρωμένο βασιλιά
ούτε φωνή, ούτε λαλιά.
τον τραγουδάει όμως στα παιδιά,
σαν παραμύθι η γιαγιά.
Έστειλα δυο πουλιά στην Κόκκινη Μηλιά
που λένε τα γραμμένα,
το `να σκοτώθηκε, τ’άλλο λαβώθηκε
δε γύρισε κανένα.
Έστειλα δυο πουλιά στην Κόκκινη Μηλιά,
δυο πετροχελιδόνια,
μα κει εμμείνανε κι όνειρο γίνανε
και δακρυσμένα χρόνια.
μα κει εμμείνανε κι όνειρο γίνανε
και δακρυσμένα χρόνια
Έστειλα δυο πουλιά στην Κόκκινη Μηλιά,
δυο πετροχελιδόνια.
Για τον μαρμαρωμένο βασιλιά
ούτε φωνή, ούτε λαλιά.
τον τραγουδάει όμως στα παιδιά,
σαν παραμύθι η γιαγιά.
Έστειλα δυο πουλιά στην Κόκκινη Μηλιά,
δυο πετροχελιδόνια,
μα κει εμμείνανε κι όνειρο γίνανε
και δακρυσμένα χρόνια.
και δακρυσμένα χρόνια
και δακρυσμένα χρόνια
inviata da Riccardo Gullotta - 5/12/2021 - 11:36
Lingua: Inglese
English translation / Μετέφρασε στα αγγλικά / Traduzione inglese / Traduction anglaise / Englanninkielinen käännös:
Geske
Geske
THE MARBLE EMPEROR
Two birds I sent to the Red Apple Tree
that the books tell about,
the one was killed, the other wounded,
neither came back.
About the marble emperor
not a word, not a line.
To the children, though, grandmother
sings him like a fairytale.
Two birds I sent to the Red Apple Tree
that the books tell about,
the one was killed, the other wounded,
neither came back.
Two birds I sent to the Red Apple Tree,
two little crag martins
but they stayed away, turned into a dream,
and into years of tears.
About the marble emperor
not a word, not a line.
To the children, though, grandmother
sings him like a fairytale.
Two birds I sent to the Red Apple Tree
that the books tell about,
the one was killed, the other wounded,
neither came back.
About the marble emperor
not a word, not a line.
To the children, though, grandmother
sings him like a fairytale.
Two birds I sent to the Red Apple Tree
that the books tell about,
the one was killed, the other wounded,
neither came back.
Two birds I sent to the Red Apple Tree,
two little crag martins
but they stayed away, turned into a dream,
and into years of tears.
About the marble emperor
not a word, not a line.
To the children, though, grandmother
sings him like a fairytale.
inviata da Riccardo Gullotta - 5/12/2021 - 13:40
Lingua: Italiano
Traduzione italiana / Μετέφρασε στα ιταλικά / Italian translation / Traduction italienne / Italiankielinen käännös:
Riccardo Gullotta
Riccardo Gullotta
IL RE DI MARMO
I due uccelli che ho inviato al melo rosso [1],
di cui parlano i libri,
uno è stato ucciso, l'altro è stato ferito,
nessuno dei due ha fatto ritorno.
Uno è stato ucciso, l'altro è stato ferito,
nessuno dei due ha fatto ritorno.
I due uccelli che ho inviato al melo rosso,
di cui parlano i libri.
Sul re di marmo,
non una parola o una riga,
però ai bambini la nonna
lo canta come una favola.
I due uccelli che ho inviato al melo rosso,
di cui parlano i libri,
uno è stato ucciso, l'altro è stato ferito,
nessuno dei due ha fatto ritorno.
Ho inviato due uccelli al melo rosso,
due rondini montane [2],
ma sono rimasti laggiù, trasformati in sogno
e in anni di lacrime.
Ma sono rimasti laggiù, trasformati in sogno
e in anni di lacrime.
Ho mandato due uccelli al melo rosso,
due rondoni.
Sul re di marmo,
non una parola o una riga,
ai bambini però la nonna,
lo canta come una favola.
Ho inviato due uccelli al melo rosso,
due rondini montane,
ma sono rimasti laggiù, trasformati in sogno
e in anni di lacrime
e in anni di lacrime
e in anni di lacrime
I due uccelli che ho inviato al melo rosso [1],
di cui parlano i libri,
uno è stato ucciso, l'altro è stato ferito,
nessuno dei due ha fatto ritorno.
Uno è stato ucciso, l'altro è stato ferito,
nessuno dei due ha fatto ritorno.
I due uccelli che ho inviato al melo rosso,
di cui parlano i libri.
Sul re di marmo,
non una parola o una riga,
però ai bambini la nonna
lo canta come una favola.
I due uccelli che ho inviato al melo rosso,
di cui parlano i libri,
uno è stato ucciso, l'altro è stato ferito,
nessuno dei due ha fatto ritorno.
Ho inviato due uccelli al melo rosso,
due rondini montane [2],
ma sono rimasti laggiù, trasformati in sogno
e in anni di lacrime.
Ma sono rimasti laggiù, trasformati in sogno
e in anni di lacrime.
Ho mandato due uccelli al melo rosso,
due rondoni.
Sul re di marmo,
non una parola o una riga,
ai bambini però la nonna,
lo canta come una favola.
Ho inviato due uccelli al melo rosso,
due rondini montane,
ma sono rimasti laggiù, trasformati in sogno
e in anni di lacrime
e in anni di lacrime
e in anni di lacrime
[1] Nella ideologia della Megali Idea l’albero del melo rosso era un luogo imprecisato al centro della penisola anatolica in cui l’esercito greco avrebbe ricacciato i turchi. Tale mito è connesso, ma non sovrapposto, a quello della “mela rossa”, simbolo del potere imperiale, mutuato dalla immagine del globo nella mano destra della statua di Giustiniano, posta di fronte a Hagia Sophia.
[2] πετροχελιδόνια : nella nomenclatura binomiale Ptyonoprogne rupestris, in inglese crag martin
[2] πετροχελιδόνια : nella nomenclatura binomiale Ptyonoprogne rupestris, in inglese crag martin
inviata da Riccardo Gullotta - 5/12/2021 - 15:11
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[1972]
Στίχοι / Testo / Lyrics / Paroles / Sanat:
Pythagoras
Μουσική / Musica / Music / Musique / Sävel:
Apostolos Kaldaras
Ερμηνεία / Interpreti / Performed by / Interprétée par / Laulavat:
[[|Haris Alexiou]]
'Αλμπουμ / Album: Μικρά Ασία [Mikra Asia]
Cenni di Storia
Nel XV secolo l’impero bizantino versava in gravi difficoltà. I suoi territori erano ridotti a una parte del Peloponneso, la penisola calcidica, l’entroterra di Costantinopoli e una limitata fascia costiera del Mar Nero.
L’esercito ottomano guidato dal sultano Maometto II / Mehmet II [محمد ثانى] cinge d’assedio Costantinopoli il 4 Aprile 1453. È l’ultima fase operativa, in realtà i preparativi erano stati avviati da un paio d’anni, nonostante il trattato di pace stipulato tra Bisanzio e impero ottomano. Maometto II aveva analizzato a fondo le cause degli insuccessi dei tentativi intrapresi dai suoi predecessori. Ne inferisce che per conquistare Bisanzio deve tagliare i rifornimenti ed i rinforzi trasportati per mare. Fa costruire in meno di un anno la poderosa fortezza di Rumeli Hisar sul Bosforo di fronte alla fortezza di Anadolu Hisar sul lato opposto. Lo scopo era di intercettare senza scampo gli aiuti provenienti dai paesi europei attraverso il Mar Nero, unica via temibile per il sultano. Il traffico marittimo era assicurato dalle colonie genovesi del Mar Nero. L’altra via, da sud, attraverso i Dardanelli, non era preoccupante dato che i paesi “cristiani” in grado di intervenire avevano interessi divergenti. Non intendevano farsi carico degli oneri economici di una crociata e non volevano pregiudicare i rapporti commerciali con l’impero ottomano, tant’è che Venezia nel 1451 aveva rinnovato un trattato di pace con Maometto II.
Le forze in campo erano impari: 80mila (per altri 120mila) ottomani con una flotta di 200 navi, costruite ad hoc, contro 7mila difensori, tra cui 700 genovesi, e 26 navi. Nonostante ciò i difensori tennero testa per 55 giorni.
Costantinopoli aveva fama di essere inespugnabile grazie alle mura di Teodosio, tre cinte con avvallamenti e fossati. La cinta interna era alta 12 metri e spessa 5. Un sistema di fortificazioni con decine di torri e accorgimenti giudicati inespugnabili dagli esperti. La strategia di Maometto II fu molto articolata. Risultò vincente essenzialmente per la sproporzione delle forze, per l’inazione degli stati europei ma anche per il ricorso alla tecnologia avanzata. Il sultano si era reso conto che contro quelle mura occorreva impiegare artiglieria speciale. In effetti un ruolo determinante fu giocato da un’arma esclusiva degli Ottomani, il cannone di Orban.
Orban era un esperto balistico ungherese della Transilvania; aveva offerto i suoi servigi all’imperatore bizantino Costantino XI Paleologo Dragases che fu costretto a declinarli per difficoltà economiche. Orban, da mercenario provetto, girò le sue proposte alla parte nemica. Maometto II colse l’opportunità e gli commissionò il pezzo di artiglieria più potente e ingombrante dell’epoca: calibro compreso tra 760 e 910 mm, lunghezza 8 metri, peso 30 tonnellate (per altri 48), in grado di lanciare palle di granito dal peso di 650 kg con una gittata di 2mila metri. La fusione durò tre mesi, il trasporto dalla fonderia di Edirne, l’antica Adrianopoli, richiese 60 buoi trainati da 200 serventi per due mesi. Poteva sparare solo pochi colpi al giorno a causa degli inevitabili inconvenienti termici. Il boato dello sparo era spaventoso, ebbe un forte impatto psicologico sugli assediati. Riportiamo di seguito la cronaca del giorno 11 Aprile 1453, primo giorno di impiego del mostro. L’autore del “Giornale dell’assedio di Costantinopoli” è il veneziano Nicolò Barbaro, medico, testimone diretto degli avvenimenti, che riuscì a scampare al massacro del 29 Maggio.
11 Aprile 1453
A dì undexe pur de april, el signor Turco si fexe impiantar le sue bumbarde per me’ le mure de tera, ai più deboli luoghi de la tera, per aver piutosto sua intention. Le dite bombarde si fo impiantade in quatro luoghi; prima ne messe tre bombarde per mezzo del palazo del serenissimo imperador, e tre altre bombarde messele per mezo la porta del pigi, e do altre bombarde messele a la porta del Cresu, e altre quatro bombarde messele alla porta de san Romano, dove che sun la più debel porta de tuta la tera. Una de queste quatro bombarde che sun a la porta da San Romano, la piera de la bumbarda se pexa livre mile e duxento a la grossa, volze la piera quarte tredexe, considerate che colpo teribile che la fea dove che la zonzeva. La segonda bombarda, la piera se pexava livre otozento, volze la piera quarte nove; queste do bombarde son le più grosse che abia questo can Turco, le altre bumbarde si son de più raxon, da livre cinque cento fina da livre duxento, e de minor ancora.
Il 29 maggio 1453 l’esercito ottomano riesce ad aprire una breccia.
Ecco come il cronista turco Tursun Bey descrisse l’assalto nel suo “La storia del Conquistatore” [Tarih-i Ebülfeth], edizione italiana “La conquista di Costantinopoli” per Mondadori, con linguaggio più consono alla poesia che alla storiografia:
Fu in realtà un bagno di sangue. Le voci sull’entità del massacro sono discordanti. Si può assumere come attendibile la cifra di 3mila morti tra gli assediati e altrettanti prigionieri, comprese donne e bambini per chiedere la taglia o venderli al mercato degli schiavi. Segue un frammento della cronaca narrata da un testimone diretto, Isidoro di Kiev in una lettera a Bessarione. Isidoro fu cardinale e legato pontificio, combatté per la difesa delle mura di Costantinopoli con 200 balestrieri. Fu ferito, fatto prigioniero e riscattato.
[…] Il giorno 29 maggio da poco trascorso al sorgere del sole, quando i suoi raggi colpivano i nostri negli occhi, i turchi investendo per mare e per terra la città assalirono quella parte di mura presso la Porta di San Romano che era quasi interamente distrutta, dove si trovavano molti uomini valorosi latini e greci, ma senza il loro re e imperatore, che era già stato ferito e trucidato e il cui capo fu poi presentato in dono al Turco, il quale alla sua vista esultò per la grande gioia, lo coprì di ingiurie e di insolenze e subito dopo lo inviò come trofeo ad Adrianopoli. Assieme a lui si trovava un condottiero il cui nome era Giovanni Giustiniani, che molti accusano di essere stato la causa prima della presa e di così grande catastrofe. Ma lasciamo stare. La scalata alle mura in quella parte era d'altronde facile, perché, come si è già detto, essa era stata buttata giù e quasi diroccata interamente dai colpi delle bombarde, per cui fu facile ai nemici irrompere nella città, non trovandosi lì nessuno in grado di contrastare l'impeto dei nemici e di difendere quel punto. Era cosa incredibile vedere la città che da una parte si difendeva tutta quanta all'interno delle mura e dall'altra all'esterno era assalita... Tutte le vie, le strade ed i vicoli erano pieni di sangue e di umore sanguigno che colava dai cadaveri degli uccisi e fatti a pezzi. Dalle case venivano tirate fuori le donne, nobili e libere, legate tra loro con una fune al collo, la serva assieme alla padrona e a piedi nudi, per lo più, e così pure i figli, rapiti con le loro sorelle, separati dai loro padri e dalle loro madri, erano trascinati via da ogni parte. Avresti potuto vedere – o sole, o terra! - schiavi e servi turchi d'infimo grado portar fuori e spartirsi fanciulle giovanissime e nobilissime, laiche e religiose, trascinarle fuori dalla città, non come buoi o pecore o altri animali domestici e mansueti, ma come se fossero un gregge indomabile di fiere spaventevoli, selvagge e crudeli, circondate tutt'attorno da spade, sicari, guardie e assassini. […]
Il significato della caduta di Bisanzio va oltre gli avvenimenti dell’epoca. All’epoca suscitò scalpore e sgomento paragonabile all’abbattimento delle Torri Gemelle nel 2001. Fu per i greci un colpo mortale per la loro identità. Non si rassegnarono mai, neanche dopo l’indipendenza di due secoli e mezzo dopo. Una ferita che stenta ancora oggi a cicatrizzarsi. Non stupisce quindi che siano nate delle leggende.
La leggenda del re di marmo
Costantino XI morì durante lo sfondamento degli Ottomani. Non ci sono notizie certe sulla sua morte. Si dice che sia stato trafitto dalle frecce in prima linea, per altri sarebbe andato verso la decapitazione dopo essere stato intercettato, altri ancora dissero che si suicidò.
Una delle leggende che fiorirono narra che un angelo rapì l’imperatore e lo nascose in una cava di marmo nei pressi della Porta Aurea, eretta da Teodosio II. Il cancello placcato in oro era alto 15 m. Era la porta più bella con due grandi torri di marmo lucido su entrambi i lati con elefanti scolpiti sul cancello. Le torri di marmo erano decorate con sculture in oro e bronzo. Per secoli è stata la porta degli eserciti vittoriosi che facevano ritorno a Bisanzio. La leggenda vuole che Costantino XI sarebbe caduto in un letargo da cui si risveglierà il giorno in cui i cristiani riconquisteranno Costantinopoli per liberarla e recarsi a Hagia Sophia.
Da qui l’epiteto di Marmaromenos Vasilias [Mαρμαρωμένος βασιλιάς].
La leggenda fu abilmente sfruttata dall’establishment greco alla vigilia della I Guerra mondiale. Divenne popolare il motto dei tre Costantino. “Un Costantino l’ha fondata, uno l’ha perduta, uno la riprenderà”. Il regnante Costantino I assunse il titolo di Costantino XII a significare la continuità della sua dinastia con quella dei Paleologhi dell’impero bizantino. Fumisterie che avrebbero contribuito ad alimentare il revanscismo della Megali Idea [Μεγάλη Ιδέα], culminato nel disastro della guerra greco-turca del 1922. La disfatta greca fu gravida di conseguenze secolari.
[Riccardo Gullotta]