Lingua   

Canto per Europa [stralcio]

Paolo Rumiz
Lingua: Italiano


Paolo Rumiz

Ti può interessare anche...

Moria
(OP3)
Über Die Bezeichnung Emigranten
(Bertolt Brecht)


[2021]
Poesia / A Poem by / Poème / Runo:
Paolo Rumiz

Musica d’accompagnamento / Musical accompaniment / Accompagnement musical / Musiikillinen säestys:
OP3 – SmyrnAe

Interpreti / Performed by / Interprétée par / Laulavat:
Dimitris Mitropapas: Concept, Drums & Programming
Andreas Bogas: Piano & Synth
Giorgos Bavelas: Bass
Adrianos Katsouris: Percussion
Pavlos Chountalas: Pontian Lyre & Percussion
Irene Mantopoulou: Bass

Album: SmyrnAe



Da Il mestiere di leggere di Pina Bertoli
Paolo Rumiz scrive un poema che ricorda le sonorità de La cotogna di Istanbul, ma al tempo stesso, nel richiamare il mito della fondazione del nostro continente, si interroga sulle sue origini, sui suoi valori, sui suoi strappi e sulle sue lacerazioni: in un dittico ideale con Il filo infinito.
«Una cintura di costellazioni ornava le murate della barca come segno d’augurio per il viaggio
Una giovane siriana, profuga di guerra, fugge sulla barca a vela di quattro uomini assetati di miti. La ragazza si chiama Europa. Da quel momento la leggenda della principessa fenicia rapita sulla costa del Libano da Giove trasformatosi in toro si intreccia con gli eventi del Mediterraneo di oggi: emigrazioni, secessioni, conflitti, turismo di massa. Ingravidata in sogno dal re degli dèi, la ragazza riesce a sbarcare in Italia dopo infinite avventure e a dare il suo nome alla Terra del Tramonto, che però non riconosce in una figlia dell’Asia la Grande Capostipite. Dopo il suo drammatico sbarco, Petros, il capitano, continuerà a viaggiare da solo senza più attraccare in nessun porto. Clandestino anche lui, ma libero, fino alla sua misteriosa scomparsa.
L’Europa, imbarbarita e senz’anima, ha dimenticato le sue origini e persino il suo nome. Per ritrovarlo, quattro Argonauti occidentali, nomadi incalliti, battono il Mediterraneo su una barca ultracentenaria portatrice di una grande storia. Sulle coste del Libano, prendono a bordo una giovane profuga siriana di nome Europa, che chiede di fuggire con loro verso ovest. Da quel momento, rivive in lei la leggenda della principessa fenicia rapita da Giove-toro, mentre il viaggio attraversa le meraviglie del mare aperto ma anche la deriva di un mondo fuori controllo: naufragi, emigrazioni e turismo di massa, conflitti, pestilenze, incendi e alluvioni. Ingravidata in sogno dal re degli dei, la ragazza si svela come la Grande Madre e, nel vedere per la prima volta la sua nuova terraferma, esprime la propria gioia in modo tale che i compagni, commossi, decidono di dare al continente il nome di lei. La sua epopea li aiuterà a comprendere il senso della loro patria comune: Europa è “il sogno di chi non ce l’ha”, di chi viene da lontano, non di chi la abita. Ma soprattutto Europa è femmina, è una figlia dell’Asia, è una donna benedetta dagli dei, e forse la capostipite di tutti i migranti In un trittico ideale conIl filo infinito e con i versi dedicati all’eroina de La cotogna di Istanbul, Paolo Rumiz riscrive al femminile l’epica del nostro continente, mescolando mito, viaggio, storia e mistero alle tragedie dell’attualità. È un libro scritto di notte, questo, come tiene a precisare il suo autore, e non è un dettaglio: nel buio, attorno al fuoco, sono nati i racconti delle nostre radici. Di queste narrazioni fondanti Canto per Europa ha il ritmo e il respiro. Ormai attraversava il mare libero senza né sbarre né reticolati. Sapeva sostenere tutta sola il peso del soffitto della notte.
…E dopo aver libato vino e miele
Partimmo il 6 aprile a mezzanotte
Ricordo molto bene quella data
Il cielo equinoziale[1] era pulito
Ornato di pendagli scintillanti
Precipitava l’odore del monte
Sui ruderi del faro di Livada[2]
Urlante, solitario, abbarbicato
A rocce nere, combuste, infernali.

Rivolti i seni astrali verso il cielo
La portatrice del nome celeste [3]
Spalancò il suo foulard sopra la testa
A braccia tese nel vento e volò
Lanciando un grido come di gabbiano
Applaudita dal mare fra i due mondi
L’Egeo prendeva i colori del Nord
Diventava una pallida banchisa
O tundra strapazzata dalle raffiche
Con venature innevate di schiuma…
[1] Il 6 aprile è poco dopo la data dell’equinozio di primavera, 21 Marzo

[2] Nell’isola di Tinos, arcipelago delle Cicladi

[3] Europa, giovane fuggiasca siriana, indicata nel poema anche con gli epiteti Nostra Signora del Mediterraneo, Progenitrice, Regina madre, Chioma ala di corvo,

inviata da Riccardo Gullotta - 7/11/2021 - 23:12




Pagina principale CCG

Segnalate eventuali errori nei testi o nei commenti a antiwarsongs@gmail.com




hosted by inventati.org