It's time to wake up
We have walked the walk many years
Many times
We have walked in silence
We have expressed our voices
People have died
We've walked the walk
We have talked the talk
Nobody's listening
Nobody listened
Nobody cared
Nobody cared
This generation cares
We have walked the walk many years
Many times
We have walked in silence
We have expressed our voices
People have died
We've walked the walk
We have talked the talk
Nobody's listening
Nobody listened
Nobody cared
Nobody cared
This generation cares
inviata da Dq82 - 9/8/2021 - 12:09
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Album: Untitled (Black Is)
I SAULT sono una formazione emersa dal niente lo scorso anno con due dischi sorprendenti di soul, afrobeat, funk e r&b intitolati “5” e “7”: canzoni appassionate, suoni essenziali e radicali, esecuzioni semplici e concrete.
Poche sono le testate che se ne sono occupate, ma quelle poche ne sono rimaste infatuate: Guardian, radio KEXP, il dj Gilles Peterson e Bandcamp (che ha inserito i due album al secondo posto del listone dei 100 migliori dischi del 2019). .
Nel frattempo si vengono a scoprire le identità che stanno dietro questo collettivo, tra cui Dean Josiah Cover (aka Inflo) che compare come produttore delle più interessanti produzioni r&b degli ultimi anni come i Jungle, Little Simz e l'ultimo disco di Michael Kiwanuka, la cantante inglese Cleo Sol e da Chicago Kid Sister (Melisa Young), anche se forse c'è qualche altro elemento in più. Un paio di settimane fa esce a sorpresa questo disco “Untitled (Black is)” con in copertina un pugno nero su fondo nero e che raccoglie un'ora di musica (20 tracce) di altissimo livello qualitativo e con testi che sembrano scritti negli ultimi due mesi (basta scorrere solo i titoli delle canzoni - “Out of the Lies”, “Don't shoot guns down”, “Wildfires”, “Why we cry why we die”, “Black”).
E' un disco intriso di blackness calato perfettamente nel contesto contemporaneo, un po' come fu Black Messiah di D'Angelo nel 2014.
Dal punto di vista dei generi c'è tutto quello che ci si aspetta da un disco di nu soul ma che non ha la pretesa di essere per forza di cose innovativo (in questo assomiglia all'ultimo Kiwanuka, che peraltro compare qui sia come autore sia come interprete), ma gioca tutto sull'intensità e sull'immediatezza: c'è il groove solenne di “Why we cry why we die” e “Hard life”, l'afrobreat di “Bow” e “This generation”, le ripetizioni ipnotiche di “Black”, il gospel di “Pray up stay up”, i synth di “Eternal life”, il soul di “Sorry ain't enough” e il pop contemporaneo di “Wildfires”. Il tutto condito con testi spesso incendiari e apparentemente elementari. Nell'iniziale “Out the lies” si mettono subito le cose in chiaro “The revolution has come (out the lies!) / Still won’t put down the gun.”. Nella successiva “Stop dem” si racconta tutto il dolore che ha dovuto subire il popolo nero, mentre in “Hard life” la voce di Cleo Sol declama perentoria “I ain’t gonna wait no more / Gonna start a war / I ain’t gonna wait no more.”. Per poi raccontare con precisione in “This generation” le ragioni di questa inevitabile azione diretta “It’s time to wake up / We have walked the walk many years / Many times / We have walked in silence / We have expressed our voices / People have died / We have walked the walk / We have talked the talk / Nobody’s listening.”
Un disco di lotta e protesta, ma anche di ottimismo, al ritmo di soul come questo non lo si ascoltava da tantissimo tempo, ed è ha davvero dell'incredibile il fatto che le principali testate musicali internazionali stiano ignorando un disco e un progetto musicale come questo.
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