L’acqua sola mi ricorda il tuo nome
e nient’altro ricorda il mio passato,
né il palmeto, né il canneto e le sue chiome
ondeggianti sullo stagno abbandonato.
Solo il mormorio dell’acqua mi ripete
il tuo nome mentre scorre fra gli ulivi,
per il resto è sempre vuota la mia rete
se la calo fra i ricordi non più vivi.
Son scomparse le colonne di Palmira
e ad Aleppo le sue spezie profumate,
e in Siria nelle terre devastate
non ha più nessuna nota la mia lira.
Ora vivo nell’esilio e la sua notte,
ed è lunga la mia siesta fra due miti:
il ritorno verso un ieri che t’inghiotte,
la speranza d’un domani senza riti.
Che farò? Che faremo tutti quanti
senza più nessuna terra che sia nostra,
non avremo più dimore e camposanti
siamo paria, siam fantasmi in bella mostra
Solo il vento serberà qualche ricordo
delle voci tanto amate e a noi vicine,
come erranti in un mondo muto e sordo
vagheremo in questo esilio senza fine.
e nient’altro ricorda il mio passato,
né il palmeto, né il canneto e le sue chiome
ondeggianti sullo stagno abbandonato.
Solo il mormorio dell’acqua mi ripete
il tuo nome mentre scorre fra gli ulivi,
per il resto è sempre vuota la mia rete
se la calo fra i ricordi non più vivi.
Son scomparse le colonne di Palmira
e ad Aleppo le sue spezie profumate,
e in Siria nelle terre devastate
non ha più nessuna nota la mia lira.
Ora vivo nell’esilio e la sua notte,
ed è lunga la mia siesta fra due miti:
il ritorno verso un ieri che t’inghiotte,
la speranza d’un domani senza riti.
Che farò? Che faremo tutti quanti
senza più nessuna terra che sia nostra,
non avremo più dimore e camposanti
siamo paria, siam fantasmi in bella mostra
Solo il vento serberà qualche ricordo
delle voci tanto amate e a noi vicine,
come erranti in un mondo muto e sordo
vagheremo in questo esilio senza fine.
inviata da Dq82 - 1/12/2020 - 16:38
Lingua: Italiano
La traduzione della poesia di Mahmoud Darwish
Se qualcuno riuscisse a trovare le poesie originali, e magari anche delle versioni musicate nella linua originale è benvenuto
Se qualcuno riuscisse a trovare le poesie originali, e magari anche delle versioni musicate nella linua originale è benvenuto
Chi sono senza esilio?
Straniero come il fiume in riva al fiume...
Al tuo nome
mi lega l'acqua. Nulla mi riporta dal mio lontano
alla mia palma: non la pace, né la guerra. Nulla
m'incorpora ai Vangeli. Nulla...
Nulla scintilla nelle maree
fra il Tigri e il Nilo. Nulla
mi fa sbarcare dai vascelli
di Faraone. Nulla
mi porta o mi fa portare un'idea:
non la nostalgia, né la promessa.
Cosa farò? Cosa farò senza
esilio e senza una lunga notte
che scruta l'acqua?
Al tuo nome mi
lega
l'acqua...
Nulla mi porta dalle farfalle del mio sogno
alla realtà: non la terra, né il fuoco. Cosa farò
senza le rose di Samarcanda?
Cosa farò in una piazza che leviga i cantori
con le sue pietre lunari? Siamo diventati
leggeri come le nostre dimore
nei venti lontani. Siamo diventati amici
delle meravigliose creature tra le nuvole...
E ci siamo liberati dal peso della terra dell'identità.
Cosa faremo... cosa faremo senza esilio e senza una lunga
notte
che scruta l'acqua?
Al tuo nome
mi lega
l'acqua...
Di me sei rimasta solamente tu, e di te
sono rimasto solamente io, uno straniero
che accarezza la coscia della sua straniera: o straniera!
Cosa faremo della calma
che ci è rimasta... e del riposo tra due miti?
Nulla ci porta: non la strada, né la casa.
Questa strada era la stessa fin dall’inizio
o i nostri sogni ci hanno sostituiti
con una cavalla, presso i mongoli, sulla collina?
E cosa faremo?
Cosa
faremo
senza
esilio?
Straniero come il fiume in riva al fiume...
Al tuo nome
mi lega l'acqua. Nulla mi riporta dal mio lontano
alla mia palma: non la pace, né la guerra. Nulla
m'incorpora ai Vangeli. Nulla...
Nulla scintilla nelle maree
fra il Tigri e il Nilo. Nulla
mi fa sbarcare dai vascelli
di Faraone. Nulla
mi porta o mi fa portare un'idea:
non la nostalgia, né la promessa.
Cosa farò? Cosa farò senza
esilio e senza una lunga notte
che scruta l'acqua?
Al tuo nome mi
lega
l'acqua...
Nulla mi porta dalle farfalle del mio sogno
alla realtà: non la terra, né il fuoco. Cosa farò
senza le rose di Samarcanda?
Cosa farò in una piazza che leviga i cantori
con le sue pietre lunari? Siamo diventati
leggeri come le nostre dimore
nei venti lontani. Siamo diventati amici
delle meravigliose creature tra le nuvole...
E ci siamo liberati dal peso della terra dell'identità.
Cosa faremo... cosa faremo senza esilio e senza una lunga
notte
che scruta l'acqua?
Al tuo nome
mi lega
l'acqua...
Di me sei rimasta solamente tu, e di te
sono rimasto solamente io, uno straniero
che accarezza la coscia della sua straniera: o straniera!
Cosa faremo della calma
che ci è rimasta... e del riposo tra due miti?
Nulla ci porta: non la strada, né la casa.
Questa strada era la stessa fin dall’inizio
o i nostri sogni ci hanno sostituiti
con una cavalla, presso i mongoli, sulla collina?
E cosa faremo?
Cosa
faremo
senza
esilio?
inviata da Dq82 - 1/12/2020 - 16:40
Lingua: Arabo
من أنا, دون منفى؟
min 'anaa, dun manafaa ?
[ 2007 ]
شعر / Poesia / A Poem by / Poésie / שירה / Runo :
Maḥmūd Darwīsh
موسيقى / Musica / Music / Musique / לחן / Sävel :
Masar [مسار ]- Trio Joubran
مطرب / Interpreti / Performed by / Interprétée par / שַׂחְקָן / Laulavat :
Trio Joubran
الألبوم / Album / אלבום :
Majâz [مجاز] [2007]
Fa parte della raccolta The Butterfly's Burden. Tale raccolta comprende tre libri , tra cui The Bed of the Stranger / سرير الغريبة [Sarir al-ghariba] / Il letto della Straniera del 1998 in cui figura la poesia proposta.
Sul tema ricorrente dell’esilio in Darwish la saggistica è ampia e offre analisi penetranti. Nella poetica di Darwish il rapporto tra il poeta e l’esilio fu soggetto ad evoluzione in relazione agli avvenimenti e alle “vite” da esiliato. Tra I commenti che abbiamo potuto leggere sulla poesia in questione e sul tema ne segnaliamo due che ci sembrano particolarmente interessanti per cogliere il messaggio di Darwish. Sono stralci di riflessioni di due intellettuali palestinesi, entrambi poeti , che sottolineano aspetti diversi. Non potrebbe essere altrimenti dato che il primo vive in Palestina e l’altro, che è un traduttore apprezzato di Darwish in inglese, vive nel Texas.
Da Who Am I Without Exile? di Mosab Abu Toha
Da Along the Border: On Mahmoud Darwish di Fady Joudah
A chi volesse cogliere nell’immediatezza sentimenti e tracce di un percorso (parola non a caso dato che Masar in arabo vuol dire percorso, cammino, dis-locazione) segnaliamo l’interpretazione del Trio Joubran. Lasciamo al lettore la decisione, non accademica, se iniziare dall’ascolto per leggere con lo stato d’animo opportuno la poesia o se leggere questa per fruire della sua ricreazione in musica.
Chi scrive aggiunge, senza tema di esagerare, che il brano strumentale proposto trasporta in pieno Levante, in quella terra un tempo feconda, adesso dilaniata, tra Palestina, Israele, Siria e Libano. Chi non ne è venuto sinora a contatto sappia che questo genere di musica avvolge del tutto chi l’ascolta, lo denuda catapultandolo con un fascio di sensazioni difficili da descrivere. Sono sirene che affollano il vestibolo di un mondo vecchissimo e bambino, ora saggio ora crudele. Non sono liberatorie, lasciano a lungo strascichi incurabili di mal di Levante.
[Riccardo Gullotta]
Masar
min 'anaa, dun manafaa ?
[ 2007 ]
شعر / Poesia / A Poem by / Poésie / שירה / Runo :
Maḥmūd Darwīsh
موسيقى / Musica / Music / Musique / לחן / Sävel :
Masar [مسار ]- Trio Joubran
مطرب / Interpreti / Performed by / Interprétée par / שַׂחְקָן / Laulavat :
Trio Joubran
الألبوم / Album / אלבום :
Majâz [مجاز] [2007]
Fa parte della raccolta The Butterfly's Burden. Tale raccolta comprende tre libri , tra cui The Bed of the Stranger / سرير الغريبة [Sarir al-ghariba] / Il letto della Straniera del 1998 in cui figura la poesia proposta.
Sul tema ricorrente dell’esilio in Darwish la saggistica è ampia e offre analisi penetranti. Nella poetica di Darwish il rapporto tra il poeta e l’esilio fu soggetto ad evoluzione in relazione agli avvenimenti e alle “vite” da esiliato. Tra I commenti che abbiamo potuto leggere sulla poesia in questione e sul tema ne segnaliamo due che ci sembrano particolarmente interessanti per cogliere il messaggio di Darwish. Sono stralci di riflessioni di due intellettuali palestinesi, entrambi poeti , che sottolineano aspetti diversi. Non potrebbe essere altrimenti dato che il primo vive in Palestina e l’altro, che è un traduttore apprezzato di Darwish in inglese, vive nel Texas.
Da Who Am I Without Exile? di Mosab Abu Toha
The word “exile” in Arabic, “Manfa,” is derived from the verb “Yanfi,” which literally means “To make a statement negative, as opposed to positive.” When somebody is thrust into exile, he is in a way negated. Exiles lose so many rights we take for granted. They risk becoming non-persons.
In a long interview conducted by the Israeli poet and critic Helit Yeshurun in 1996 in Amman, Darwish stated that “It is possible to describe everything that I’ve written as the poetry of an exile.” Darwish continued, saying that “Exile has contributed greatly to the development of my writing.”
Darwish left his village of Al-Birwa in 1948 at the age of six:
It is true that Darwish grew up in exile, but his childhood remained in Palestine, waiting for him to return. This very notion reminds me of Naji Al-Ali’s Handala’s drawing of a small boy who turns his back to the viewers, clasping his hands behind his back, refusing to grow up. Al-Ali said that Handala would remain 10 years old, the age he was when forced out of Palestine in 1948, and that Handala would never grow up until he could make his return to Palestine. Sadly, Al-Ali was assassinated in London in 1987 and the barefooted Handala, dressed in worn-out clothes, has never grown up. He will remain a tragic Peter Pan forever.[…]
Darwish believed that neither war nor peace, neither nostalgia nor the promise of return, would bring him Home. He escaped the gravity of identity. The poet was equally ambivalent about going home and wishing to stay in exile. Exile had become his eternal makeshift home. Despite his relentless yearning for familiar people, landscapes rivers, palm trees, etc., exile had become his inescapable world. He chose to remain a stranger to his native land, to others, and to himself.
In a long interview conducted by the Israeli poet and critic Helit Yeshurun in 1996 in Amman, Darwish stated that “It is possible to describe everything that I’ve written as the poetry of an exile.” Darwish continued, saying that “Exile has contributed greatly to the development of my writing.”
Darwish left his village of Al-Birwa in 1948 at the age of six:
In my situation, there are no essential differences between the story of my childhood and the story of my homeland. The rupture that occurred in my personal life also befell my homeland. Childhood was taken from me at the same time as my home. In 1948, when this great rupture of ours took place, I jumped from the bed of childhood onto the path of exile. I was six. My entire world turned upside down and childhood froze in place, it didn’t go with me. The question is whether it’s possible to restore the childhood that was taken by restoring the land that was taken.
It is true that Darwish grew up in exile, but his childhood remained in Palestine, waiting for him to return. This very notion reminds me of Naji Al-Ali’s Handala’s drawing of a small boy who turns his back to the viewers, clasping his hands behind his back, refusing to grow up. Al-Ali said that Handala would remain 10 years old, the age he was when forced out of Palestine in 1948, and that Handala would never grow up until he could make his return to Palestine. Sadly, Al-Ali was assassinated in London in 1987 and the barefooted Handala, dressed in worn-out clothes, has never grown up. He will remain a tragic Peter Pan forever.[…]
Darwish believed that neither war nor peace, neither nostalgia nor the promise of return, would bring him Home. He escaped the gravity of identity. The poet was equally ambivalent about going home and wishing to stay in exile. Exile had become his eternal makeshift home. Despite his relentless yearning for familiar people, landscapes rivers, palm trees, etc., exile had become his inescapable world. He chose to remain a stranger to his native land, to others, and to himself.
Da Along the Border: On Mahmoud Darwish di Fady Joudah
After twenty-six years of exile from his native Galilee, he returned to Ramallah. There, he completed The Stranger's Bed (1998), his book of love, the first of the three books translated in The Butterfly's Burden. When, so soon after his return, The Stranger's Bed appeared, many readers were ambivalent about—some alienated by—a book of love. Perhaps many expected a glorious eulogy for the new Palestinian state yet to come. They had often imagined his poetry as their love poetry, but here he was singing about love as a private exile, not about exile as a public love. Eventually readers embraced the book.
Duality (or the annihilation of it) becomes "the necessary clarity of our mutual puzzle. " In many respects The Stranger's Bed is a conversation that, once begun, compels the reader through to its last utterance, uninterrupted, where the Familiar and the Stranger become "two in one." Arabic love poetry is a primary wellspring here. Whether in the Jahili night, in Majnoon Laila and Jameel Bouthaina fourteen centuries ago, in a Sufi east or and Andalusian west, it has always had its roots in an exile that slackens the bind to "the gravity of identity's land."
Duality (or the annihilation of it) becomes "the necessary clarity of our mutual puzzle. " In many respects The Stranger's Bed is a conversation that, once begun, compels the reader through to its last utterance, uninterrupted, where the Familiar and the Stranger become "two in one." Arabic love poetry is a primary wellspring here. Whether in the Jahili night, in Majnoon Laila and Jameel Bouthaina fourteen centuries ago, in a Sufi east or and Andalusian west, it has always had its roots in an exile that slackens the bind to "the gravity of identity's land."
A chi volesse cogliere nell’immediatezza sentimenti e tracce di un percorso (parola non a caso dato che Masar in arabo vuol dire percorso, cammino, dis-locazione) segnaliamo l’interpretazione del Trio Joubran. Lasciamo al lettore la decisione, non accademica, se iniziare dall’ascolto per leggere con lo stato d’animo opportuno la poesia o se leggere questa per fruire della sua ricreazione in musica.
Chi scrive aggiunge, senza tema di esagerare, che il brano strumentale proposto trasporta in pieno Levante, in quella terra un tempo feconda, adesso dilaniata, tra Palestina, Israele, Siria e Libano. Chi non ne è venuto sinora a contatto sappia che questo genere di musica avvolge del tutto chi l’ascolta, lo denuda catapultandolo con un fascio di sensazioni difficili da descrivere. Sono sirene che affollano il vestibolo di un mondo vecchissimo e bambino, ora saggio ora crudele. Non sono liberatorie, lasciano a lungo strascichi incurabili di mal di Levante.
[Riccardo Gullotta]
Masar
Fonte: ن أنا, دون منفى؟
من أنا, دون منفى؟
غريبٌ على ضفة النهر كالنهر ... يَرْبِطُني
باسمك الماءُ . لا شيءَ يُرْجعُني من بعيدي
إلى نخلتي: لا السلامُ ولا الحربُ . لا
شيء يُدْخِلُني في كتاب الأَناجيلِ . لا
شيء... لا شيء يُومِضُ من ساحل الجَزْر
والمدّ ما بين دجْلَةَ والنيل . لا
شيء يُنْزِلُني من مراكب فرعون. لا
شيء يَحْملني أو يُحَمِّلني فكرةً: لا الحنينُ
ولا الوَعْدُ . ماذا سأفعل؟ ماذا
سأفعل من دون منفى وليلٍ طويلٍ
يُحَدِّقُ في الماء؟
يربطُني
باُسمكِ
الماءُ.........
لا شيء يأخذني من فراشات حُلْمي
إلى واقعي: لا الترابُ ولا النارُ . ماذا
سأفعل من دون وَرْدِ سَمَرْقَنْدَ؟ ماذا
سأفعل في ساحةٍ تصقُلُ المُنْشدين بأحجارها
القمرَّيِة؟ صِرْنا خَفِيفَيْنِ مثلَ منازلنا
في الرياح البعيدةِ . صرنا صَدِيقَيْنِ للكائنات
الغريبةِ بين الغيوم .... وصرنا طَلِيقَيْنِ من
جاذبيَّة أْرضِ الهُوِيَّةِ . ماذا سنفعل ... ماذا
سنفعل من دون منفى وليلٍ طويلٍ
يُحَدِّقُ في الماء؟
يربطني
باُسمك
الماءُ...
لم يبقَ سواكِ ولم يبق منك
سوايَ غريباً يُمَسِّدُ فَخْذَ غريبِتِه: يا
غريبةُ! ماذا سنصنع في ما تبقَّى لنا
من هُدُوءٍ ... وقَيْلُولَةٍ بين أسطورتين؟
ولا شيء يحمِلُنا: لا الطريقُ ولا البيتُ.
هل كان هذا الطريق كما هُوَ منذ البداية
أَم أَنَّ أَحلامنا وَجَدَتْ فرساً من خيول
المَغُول على التلِّ فاُسْتَبْدَلَتْنا؟
وماذا سنفعلُ؟
ماذا
سنفعلُ
من
دون
منفى؟
من أنا, دون منفى؟
غريبٌ على ضفة النهر كالنهر ... يَرْبِطُني
باسمك الماءُ . لا شيءَ يُرْجعُني من بعيدي
إلى نخلتي: لا السلامُ ولا الحربُ . لا
شيء يُدْخِلُني في كتاب الأَناجيلِ . لا
شيء... لا شيء يُومِضُ من ساحل الجَزْر
والمدّ ما بين دجْلَةَ والنيل . لا
شيء يُنْزِلُني من مراكب فرعون. لا
شيء يَحْملني أو يُحَمِّلني فكرةً: لا الحنينُ
ولا الوَعْدُ . ماذا سأفعل؟ ماذا
سأفعل من دون منفى وليلٍ طويلٍ
يُحَدِّقُ في الماء؟
يربطُني
باُسمكِ
الماءُ.........
لا شيء يأخذني من فراشات حُلْمي
إلى واقعي: لا الترابُ ولا النارُ . ماذا
سأفعل من دون وَرْدِ سَمَرْقَنْدَ؟ ماذا
سأفعل في ساحةٍ تصقُلُ المُنْشدين بأحجارها
القمرَّيِة؟ صِرْنا خَفِيفَيْنِ مثلَ منازلنا
في الرياح البعيدةِ . صرنا صَدِيقَيْنِ للكائنات
الغريبةِ بين الغيوم .... وصرنا طَلِيقَيْنِ من
جاذبيَّة أْرضِ الهُوِيَّةِ . ماذا سنفعل ... ماذا
سنفعل من دون منفى وليلٍ طويلٍ
يُحَدِّقُ في الماء؟
يربطني
باُسمك
الماءُ...
لم يبقَ سواكِ ولم يبق منك
سوايَ غريباً يُمَسِّدُ فَخْذَ غريبِتِه: يا
غريبةُ! ماذا سنصنع في ما تبقَّى لنا
من هُدُوءٍ ... وقَيْلُولَةٍ بين أسطورتين؟
ولا شيء يحمِلُنا: لا الطريقُ ولا البيتُ.
هل كان هذا الطريق كما هُوَ منذ البداية
أَم أَنَّ أَحلامنا وَجَدَتْ فرساً من خيول
المَغُول على التلِّ فاُسْتَبْدَلَتْنا؟
وماذا سنفعلُ؟
ماذا
سنفعلُ
من
دون
منفى؟
inviata da Riccardo Gullotta - 17/4/2021 - 12:12
Lingua: Inglese
English translation / الترجمة الإنجليزية / Traduzione inglese / Traduction anglaise/ תרגום לאנגלית / Englanninkielinen käännös :
Fady Joudah*
*Palestinian American physician, poet, and translator
Fady Joudah*
*Palestinian American physician, poet, and translator
WHO AM I, WITHOUT EXILE?
Who am I, without exile?
A stranger on the riverbank, like the river ... water
binds me to your name. Nothing brings me back from my faraway
to my palm tree: not peace and not war. Nothing
makes me enter the gospels. Not
a thing ... nothing sparkles from the shore of ebb
and flow between the Euphrates and the Nile. Nothing
makes me descend from the pharaoh’s boats. Nothing
carries me or makes me carry an idea: not longing
and not promise. What will I do? What
will I do without exile, and a long night
that stares at the water?
Water
binds me
to your name ...
Nothing takes me from the butterflies of my dreams
to my reality: not dust and not fire. What
will I do without roses from Samarkand? What
will I do in a theater that burnishes the singers with its lunar
stones? Our weight has become light like our houses
in the faraway winds. We have become two friends of the strange
creatures in the clouds ... and we are now loosened
from the gravity of identity’s land. What will we do … what
will we do without exile, and a long night
that stares at the water?
Water
binds me
to your name ...
There’s nothing left of me but you, and nothing left of you
but me, the stranger massaging his stranger’s thigh: O
stranger! what will we do with what is left to us
of calm ... and of a snooze between two myths?
And nothing carries us: not the road and not the house.
Was this road always like this, from the start,
or did our dreams find a mare on the hill
among the Mongol horses and exchange us for it?
And what will we do?
What
will we do
without
exile?
Who am I, without exile?
A stranger on the riverbank, like the river ... water
binds me to your name. Nothing brings me back from my faraway
to my palm tree: not peace and not war. Nothing
makes me enter the gospels. Not
a thing ... nothing sparkles from the shore of ebb
and flow between the Euphrates and the Nile. Nothing
makes me descend from the pharaoh’s boats. Nothing
carries me or makes me carry an idea: not longing
and not promise. What will I do? What
will I do without exile, and a long night
that stares at the water?
Water
binds me
to your name ...
Nothing takes me from the butterflies of my dreams
to my reality: not dust and not fire. What
will I do without roses from Samarkand? What
will I do in a theater that burnishes the singers with its lunar
stones? Our weight has become light like our houses
in the faraway winds. We have become two friends of the strange
creatures in the clouds ... and we are now loosened
from the gravity of identity’s land. What will we do … what
will we do without exile, and a long night
that stares at the water?
Water
binds me
to your name ...
There’s nothing left of me but you, and nothing left of you
but me, the stranger massaging his stranger’s thigh: O
stranger! what will we do with what is left to us
of calm ... and of a snooze between two myths?
And nothing carries us: not the road and not the house.
Was this road always like this, from the start,
or did our dreams find a mare on the hill
among the Mongol horses and exchange us for it?
And what will we do?
What
will we do
without
exile?
inviata da Riccardo Gullotta - 17/4/2021 - 12:15
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[2020]
Nuovo Cantacronache 6. Esilio, Esodo, Eccidio, Erranza…
Testi/ lyrics: Beppe Chierici
Musica / Music / Musique / Sävel: Giuseppe Mereu (Doc Pippus)
Questo disco richiede un esercizio di immaginazione. Proiettatevi in una qualunque cittadina mediterranea, meglio se lambita da questo mare, che a guardarlo da est sembra poi più un golfo che un mare. Ci siete? Bene. Ora date aria alle vostre gambe, vagabondate in qualche vicolo fuori dalle rotte turistiche. Vi chiedo di prediligere, potendo scegliere, quelli in cui scorgete panni stesi ad asciugare, tra muro e muro, casa e casa, famiglia e famiglia. Panni che sono già un trattato non scritto, ma ben più saldo, di amicizia. Ecco, ora fermatevi un attimo: vi siete accorti che da una delle finestre esce una voce di donna, una voce fuori dal tempo, una voce che fluisce con naturale noncuranza, così come di chi canti facendo altro. Non potete che restare ancora un poco e tendere voi stessi, non dico l’orecchio, dico proprio voi stessi, tutto quello che siete, verso quella finestra. Quelle canzoni, quelle note, quelle parole sono lì per voi. Sono melodie che vi sembra di aver sempre sentito, eppure ve le siete scordate, persi in altri traffici, in altre frettolose incombenze, tutte le volte che avete cercato disperatamente di sentirvi contemporanei. Per questo siete ancora lì, a seguire con il pensiero queste canzoni che invece non hanno né fretta di finire presto nei 3 minuti a cui vi hanno abituato le vostre radio, né paura di non essere alla moda. Talvolta riconoscete un’altra voce, vi sembra che abbia una certa aria di familiarità con la prima, potrebbe essere la figlia, azzardate. Intanto le parole vi stanno raccontando storie antiche, ma che a voi sembrano così nitidamente chiare, vive. Vi dicono di Gerusalemme e del suo strazio, di lampioni in lutto per una città che va in fiamme, di un mondo che rotola giù verso il suo oscuro precipizio, ma anche di padri e di madri, di amori difficili, di religioni in guerra che, prima ancora degli altri, uccidono sé stesse. Soprattutto vi parlano di esilio, quello che da secoli, ovunque, i vincitori impongono ai perdenti, quello che diventa un destino da trascinarsi dietro, sempre, ovunque. Voi non siete esiliati, i vostri bimbi a scuola devono temere solo brutti voti, non una bomba che in un attimo spazzi via tutto, eppure quelle canzoni, lo sentite bene, vi stanno dicendo qualcosa di voi, di chi eravate, e di chi siete. Forse, chissà, anche di chi sarete. Perché quelle di Mireille Safa e di sua figlia Chloé sono voci di rabdomanti: attraverso l’intensa poesia di Mahmoud Darwish, poeta palestinese amorevolmente volto in italiano dal grande vecchio Beppe Chierici, esse sembrano risvegliare qualcosa in voi, sono venute a cercarvi. Lasciatevi trovare.
cenacolodiares