1975
Il mio amore è troppo malinconia
Per un'oasi di te, per le solite risolte
Discorsi e il senso di sottile malia
Parole che all'incubatrice son tolte
Ad un album grigio è dirottato
Il tempo distratto quand'eri fanciulla
Ora ti specchi, fraintesa, nel ricordo affumicato
Sorridi d'un tratto, ti riempi di nulla
E ancora ritrovi l'impronta intatta
Nelle spocchiose foto dell'amore in ritardo
Alle difficili lacrime, malizia disfatta
Del silenzio ingoiato col fascino sguardo
Avanzava di stralcio a pugno chiuso
Un corteo di disperazioni
Anelito alla vita, mai stanco per l'uso
Gridando al sole le sue umiliazioni
Si aspetta al portone di cui senza le chiavi
L'aprirsi la finestra che qualcosa accadrà
E la casa è la vita e tu mi domandavi
Di cancellarla ma per morire ci vuole umiltà
Con l'eco sospesa nel cuore, salire le scale
Accompagnandomi in te, distinsi stupore nel viso
Ricamato alle unghie nere l'ambiguo ditale
Della femminilità tradotta per poco in sorriso
Allora il mio coraggio era troppo corto
Per resistere al richiamo del dolore usuraio
Poi finalmente decisi di uccidere il morto
Che ero io e lasciare in me l'operaio
Compagno in fabbrica, talvolta mi fermo a guardarti
E tu non ne capisci il motivo
Lavorare è amare ed io per parlarti
Dovevo raggiungerti, ora finalmente vivo
Signora, ti lascerò l'inventario
Non del mio talento ma del mio cuore proletario
Per un'oasi di te, per le solite risolte
Discorsi e il senso di sottile malia
Parole che all'incubatrice son tolte
Ad un album grigio è dirottato
Il tempo distratto quand'eri fanciulla
Ora ti specchi, fraintesa, nel ricordo affumicato
Sorridi d'un tratto, ti riempi di nulla
E ancora ritrovi l'impronta intatta
Nelle spocchiose foto dell'amore in ritardo
Alle difficili lacrime, malizia disfatta
Del silenzio ingoiato col fascino sguardo
Avanzava di stralcio a pugno chiuso
Un corteo di disperazioni
Anelito alla vita, mai stanco per l'uso
Gridando al sole le sue umiliazioni
Si aspetta al portone di cui senza le chiavi
L'aprirsi la finestra che qualcosa accadrà
E la casa è la vita e tu mi domandavi
Di cancellarla ma per morire ci vuole umiltà
Con l'eco sospesa nel cuore, salire le scale
Accompagnandomi in te, distinsi stupore nel viso
Ricamato alle unghie nere l'ambiguo ditale
Della femminilità tradotta per poco in sorriso
Allora il mio coraggio era troppo corto
Per resistere al richiamo del dolore usuraio
Poi finalmente decisi di uccidere il morto
Che ero io e lasciare in me l'operaio
Compagno in fabbrica, talvolta mi fermo a guardarti
E tu non ne capisci il motivo
Lavorare è amare ed io per parlarti
Dovevo raggiungerti, ora finalmente vivo
Signora, ti lascerò l'inventario
Non del mio talento ma del mio cuore proletario
inviata da Alberto Scotti - 31/8/2020 - 23:52
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