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Le rose

Martix
Lingua: Italiano


Martix

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[2020]
Testo e musica / Lyrics and music / Paroles et musique / Sanat ja sävel: Martin Avena (Martix)
Produzione musicale e mastering: Gaetano Pellino
(Purpose sound factory, Monte da Po, TO)
Chitarra e basso: Gaetano Pellino
Sax: Diego Borotti
Regia Mirko Aretini
Assistente regia: Silvano Repetto



Il 1° agosto 1980 avevo quasi diciassette anni, e quella sera mi presi la prima, vera, sbronza colossale della mia vita. Assieme a Filippo, un amico e coetaneo, all'Elba, sopra il “Crino”, con due bottiglie intere di vodka, una per uno, da soli a ragionare di tutto e di niente in una notte d'estate da ragazzi da Gran Meaulnes. Poi, sembra, la vodka fece effetto e, scesi in paese, a Marina di Campo, cominciando a fare il diavolo a quattro. Non era per nulla semplice “gestirmi” viste le mie dimensioni anche allora. Mi raccontarono, perché non mi ricordo nulla, che sbarbai da solo un baracchino dello zucchero filato, che mi presero in otto per buttarmi in mare a smaltire. Dovetti, non si sa come, prendere la strada di casa, in piena campagna; mi svegliai a giorno fatto dentro un fosso. Convinto che mio padre e mia madre mi avrebbero sanamente riempito di ceffoni, picchi ne' denti e calci in culo, tornai finalmente a casa con la bocca ancora impastata e un mal di testa da fare schiantare, puzzando come una discarica. Trovai invece tutti quanti in silenzio davanti alla televisione. Vi si vedevano immagini tremende. Un'apocalisse. Macerie di una stazione ferroviaria. Era il due agosto del 1980. Parlavano di una caldaia. A sera trovarono il cratere in sala d'aspetto, in diretta televisiva.

martix


Quello stesso giorno, Martin Avena, nato a Winterthur in Svizzera nel 1971 e quindi, all'epoca, un bambino di circa nove anni, doveva essere anche lui al mare, in Calabria a quanto si dice nella canzone, dove aveva lo zio Domenico che lo portava al mare con la Fiat 127. Vi si intuisce qualche storia di emigrazione, chissà. Diventato “Martix” e salvato dalla musica, Martin Avena, a quarant'anni di distanza s'è ricordato anche lui di quel giorno maledetto. Delle reazioni che ebbe. Ci ha scritto sopra una canzone, proprio in questo 2020. Quarant'anni fa. Pochi giorni fa, all'Elba, ho rivisto quel mio amico di quella sera in cima al Crino con la vodka. E' sposato, ha un figlio di diciannove anni, e di mestiere scopre onde gravitazionali e si è pigliato un pezzetto di Premio Nobel per la fisica (è questo signore qua). Dev'essere, sì, tutta una questione di onde gravitazionali, che non so nemmeno cosa siano però mi piacciono lo stesso. Sanno di incroci, di Riccardi, Filippi e Martix, di ricordi, di giorni in cui nelle adolescenze complicate e nei sogni di un'estate irrompe l'interruzione, la morte, il sangue, la spaventosa certezza del destino maledetto. Potevamo esserci noi come quegli ottantacinque. [RV]
Eran finiti gli anni Settanta
e zio Domenico ci portava al mare
con la Centoventisette, prima di andare a lavorare,
era l'alba di un'estate calabrese,
una vita senza troppe pretese.
E c'era la semplicità nelle cose,
il carburatore nel motore, tre canali in televisione,
adesso tra fake e non fake non so più cosa sognare.
“Che conta è solo l'amor”, dicevi tu,
e non era difficile crederci,
da allora balliamo insieme abbracciando un nuovo sole,
nella semplicità delle cose coltiverò le mie rose,
nella semplicità delle cose coltiverò le mie rose.

E non erano giorni perfetti,
ma la moka di nonna Teresa profumava tutta la casa
dando il buongiorno al sole,
che spledeva anche a Bologna, il due d'agosto,
nell'aria voglia di vacanza,
l'orologio al muro segnava le dieci e venticinque.
Poi un boato spense quel sole,
lasciando un gelo ancora presente,
se penso a quella gente mi chiedo:
“Ma dove sei stato?”
La musica poi mi avrebbe salvato,
la cassettina registrazione, la radio libera in FM,
risoluzione:
“Che conta è solo l'amor”, dicevi tu,
e non era difficile crederci,
da allora balliamo insieme abbracciando un nuovo sole,
nella semplicità delle cose coltiverò le mie rose,
nella semplicità delle cose coltiverò le mie rose,
le mie rose,
le mie rose,
le mie rose.

Ho un sogno nel cassetto,
lo tengo sempre, sempre aperto,
voglio il coraggio dei miei diciott'anni,
vorrei capire cos'è cambiato,
vorrei ubriacarmi d'amore.


Nella semplicità delle cose coltiverò le mie rose,
nella semplicità delle cose coltiverò le mie rose

“Che conta è solo l'amor”,
le mie rose
“Che conta è solo l'amor”,
le mie rose.

inviata da Riccardo Venturi - 3/8/2020 - 06:14




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