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Canto per Lorenzo Orsetti

Whisky Trail
Lingua: Strumentale


Whisky Trail

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[2020]

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Whisky Trail con il coro L'Altrocanto rende omaggio a Lorenzo Orsetti che ha dato la vita per combattere l'Isis insieme al popolo curdo

Ciao Orso!

inviata da adriana - 18/3/2020 - 07:20


CCG/AWS Staff - 18/3/2020 - 18:47


Gianni Sartori - 6/8/2020 - 17:58


Gianni Sartori - 6/8/2020 - 17:59


TURCHIA: damnatio memoriae per i ribelli curdi
Gianni Sartori

Perfino dittatori sanguinari come Francisco Franco (o in Italia, terroristi e stragisti) hanno avuto l’estremo conforto (o meglio: lo hanno avuto i loro familiari) di funerali religiosi.

Ma anche per i ribelli di sinistra (nonostante la scomunica vaticana del dopoguerra per chi votava PCI) in genere si è chiuso un occhio.

Ma in Turchia evidente vogliono strafare.

Per Bahoz Mijînî (Mücahit Tok), frettolosamente sepolto in questi giorni nel cimitero di Silopi, nemmeno la concessione di una preghiera recitata dall’iman sulla tomba.

Una conferma che lo stato turco non lascia in pace nemmeno i morti. Perlomeno quando si tratta di curdi ribelli. Così come non perde occasione per umiliarne i familiari.

Caduto da guerrigliero il 4 luglio 2022 nella regione di Kato Jîrka, a Sirnak, in una regione del Nord-Kurdistan (Bakur, entro i confini della Turchia), il giovane curdo veniva qui sepolto anonimamente dalle autorità.

Soltanto dopo cinque mesi e lunghe procedure (tra cui l’indispensabile analisi del DNA per il riconoscimento) il cadavere è stato riesumato e restituito alla famiglia.

Ma questo evidentemente non bastava.

Nel giorno del funerale il cimitero di Silopi (provincia di Sirnak) veniva occupato militarmente, letteralmente circondato. E la polizia ha consentito l’accesso soltanto a pochissimi familiari stretti.

Veniva inoltre impedito qualsiasi rituale religioso, perfino la lettura di una semplice preghiera. Tutta l’operazione di sepoltura si è quindi svolta in un assoluto e spettrale silenzio e subito dopo la famiglia ha dovuto lasciare in fretta il cimitero.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 14/12/2022 - 11:54


SE NON BASTA NEMMENO IL TERREMOTO…

Gianni Sartori

Niente da fare. La terra sconvolta dal sisma, i palazzoni-alveare (frutto della speculazione) in macerie, migliaia e migliaia di vittime, decine di migliaia di sfollati…ma il regime turco mantiene imperterrito l’abituale postura anti-curda.

Sia in Bakur che nel Kurdistan del Sud (Basur).

Stando a quanto denunciato il 21 febbraio dalla Commissione per le leggi e i diritti umani del Partito democratico dei Popoli (HDP), una decina di persone sarebbero state pesantemente maltrattate, picchiate e torturate (come sembrano confermare le immagini allegate alla denuncia, con vistosi ematomi e ferite in varie parti del corpo) dopo l’arresto nella zone sinistrate del Kurdistan sotto amministrazione-occupazione turca. Accuse rivolte al capo della polizia di Hatay, al capo della polizia del distretto di Iskenderun e ad alcuni agenti diretti responsabili (ma è improbabile che abbiano agito per libera iniziativa).

Inoltre l’HDP sostiene che agli arrestati (“persone innocenti che hanno perduto i loro familiari e che non hanno più né casa né lavoro”) vengono addossate colpe che “non corrispondono ai fatti realmente accaduti”.

Ricordando poi che la tortura è formalmente vietata dalla Costituzione, dal Codice penale turco (n° 5237), oltre che da numerose convenzioni internazionali a cui Ankara ufficialmente aderisce.

Altra musica (ma solo apparentemente, la sostanza rimane identica) nei territori curdi entro i confini iracheni, sotto continuo attacco da parte di esercito e aviazione turchi. Anche nel dopo-terremoto e nonostante la tregua annunciata, immediatamente dopo le devastanti scosse del 6 febbraio, dall’Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK, l’organismo che riunisce e coordina le varie componenti del movimento di liberazione curdo).

In un comunicato delle Forze di Difesa del popolo (HPG, considerato il braccio armato del PKK) si sostiene che soltanto nella giornata del 19 febbraio Ankara avrebbe scatenato ben 56 (cinquantasei !) attacchi contro le zone in cui è presente la Resistenza curda.

Sia con i caccia (una decina di attacchi) che con carri armati, obici, mortai e altro armamento pesante (per altri 46 attacchi complessivi).

Le zone maggiormente bombardate dall’aviazione sarebbero quelle di Werxelê e i dintorni di Geliyê Balinda e di Wargeha Şehîd Rêber. A cui bisogna aggiungere anche le zone di Gundê Girê, Gundê Bîrkiyetê e Xêrê.

Invece i colpi delll’artiglieria si sono riversati soprattutto sull’area di Girê Cûdî, su Çemço (dove è maggiormente insediata la guerriglia) e nella regione di Zap (in particolare contro l’obiettivo del villaggio di Sîda).

Da parte loro, coerentemente con la tregua decretata unilateralmente, i partigiani curdi mantengono soltanto l’opzione difensiva.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 21/2/2023 - 18:55


Così come Ivana Hoffman, Andrea Wolf, Barbara Kistler…un altro internazionalista tedesco è caduto combattendo a fianco della resistenza curda.

IN MORTE DI UN INTERNAZIONALISTA

Gianni Sartori

Non è il primo internazionalista di nazionalità tedesca a dare la proprio vita per la causa curda. Anche se sarebbe più corretto dire “per quella dell’Umanità”.

E qui, permettetemi un inciso personale. Nell’ultima conversazione (telefonica, inizi del 1987 mi pare, a pochi mesi dalla sua scomparsa) con il padre di Ernesto CHE Guevara gli chiesi (forse un pochino provocatoriamente): “Suo figlio anteponeva praticamente a tutto la Rivoluzione. Cosa direbbe ora se potesse parlargli?”.

“Direi - rispose senza indugio - che solo una cosa antepongo alla Rivoluzione: l’Umanità”. Ragioniamoci sopra.

Altri giovani internazionalisti tedeschi, dicevo, sono caduti in Kurdistan.

Tra loro Ivana Hoffman (afro-tedesca), Andrea Wolf, Barbara Kistler…

Stavolta, il 15 giugno a Xakurke, è toccato a Thomas Johann S.

Nella stessa circostanza sono rimasti uccisi altri due esponenti delle HPG (Unità di Difesa del popolo).

La guerrigliera turca Asya Kanîres (Kadriye Tetik) e Kocer Medya (Diyako Saîdî), un curdo proveniente dal Rojhilat (il Kurdistan sotto occupazione iraniana).

Vittime, stando alle scarse informazioni a disposizione, di un bombardamento turco contro le aree montagnose del Bashur (Kurdistan entro i confini iracheni).

Il giovane militante aveva mosso i suoi primi passi in politica (come antifascista) ancora nel 2014 a Ingolstadt (Baviera).

Entrò a far parte di una organizzazione della sinistra radicale (estrema, per chi preferisce) denominato “La Résistance” (così, in francese). Nel 2015 prese parte alle manifestazioni contro la Conferenza di Monaco sulla sicurezza e - nel 2017 - a quelle per il G7di Garmisch-Partenkirchen.

In precedenza, nel 2016, anche alle proteste per la marcia dei neofascisti a Ingolstadt.

Era stato una prima volta in Kurdistan (nel Bakur, Kurdistan sotto occupazione turca) per il Newroz del 2016 vedendo con i propri occhi lo stato di distruzione in cui l’esercito turco aveva ridotto la città curda di Dyarbakir per reprimere la rivolta popolare.

In seguito si integrava nella guerriglia con il nome di Azad Şerger.

In quello che possiamo considerare il suo testamentato politico aveva scritto:

“Non possiamo condannare separatamente lo sterminio organizzato da casa nostra e poi affidato ad altri in lontane terre straniere (un riferimento, oltre ai metodi dell’imperialismo, al fatto che la Germania da sempre riforniva di armi e altro il regime turco, ritengo nda)”.

Si tratta infatti del medesimo delitto.

E aggiungeva “Non dobbiamo più impantanarci in lotte intestine e su questioni inutili. Perdendo così di vista chi sia l’autentico nemico nella nebbia massificante del capitalismo e dell’imperialismo”. Non sarebbe altro che l’ennesimo atto di “sottomissione al comando capitalista, al neoliberismo”.

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 28/6/2023 - 10:29


Due tristi anniversari che cadono quasi nello stesso giorno.
IN MEMORIA DI Alina Sánchez E DI Lorenzo Orsetti

Gianni Sartori

Sei anni fa, il 17 marzo 2018, perdeva la vita a 32 anni l’internazionalista Alina Sánchez (Lêgerîn Çîya), medico di nazionalità argentina (come Ernesto Che Guevara; lei del resto aveva studiato a Cuba presso l’ELAM). Militante delle YPJ (Unità di Protezione delle Donne) al momento del fatale incidente si stava recando nella città di Hassaké.

Come ricordava l’agenzia Firat News, Alina aveva collaborato attivamente con il sistema sanitario dell’AANES (Amministrazione autonoma del nord e dell’est della Siria ) mettendo in discussione, (attraverso la pratica delle assemblee popolari e della cura dei feriti affidata a tutta la popolazione) il ruolo stesso dei medici. Ritenendo che rappresentano “una delle maggiori forme di potere dello Stato-nazione”. Da qualche anno l’ospedale di Tell Tamer è intitolato al suo nome.

L’anno dopo, quasi nel medesimo giorno (il 18 marzo 2019) cadeva in battaglia il membro delle YPG Lorenzo Orsetti (Tekoşer Piling) combattendo contro le milizie dell’Isis a Baghouz.

Nato nel 1986, Lorenzo aveva preso parte nel 2018 alla difesa di Afrin (invasa dall’esercito turco e dai mercenari jihadisti) con le YPG (Unità di Protezione del Popolo). Aveva poi combattuto anche a Deir Ez-zor (sia con Tekoşîna Anarşîst che con i comunisti turchi del TIKKO e con le unità arabe delle FDS) offrendosi volontario in molte missioni.

Baghouz, estremo presidio dello stato islamico, veniva liberata il 23 marzo 2019, a cinque giorni dalla sua morte, da parte delle Forze Democratiche Siriane (FDS).

Domenica 17 marzo e lunedì 18 marzo gli antifascisti fiorentini  lo hanno ricordato con varie iniziative (conferenze, letture, collegamenti con il Rojava…) e una cerimonia nel cimitero monumentale delle Porte Sante, sul colle di San Miniato.

Dove riposano anche Collodi, Gaetano Salvemini, Giorgio Saviane, Vasco Pratolini (quello di “Metello”)…

Gianni Sartori

Gianni Sartori - 18/3/2024 - 18:34




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