Compagni, indietro! Ho starnutito,
Son della plebe degli untori!
In quarantena son finito,
E un febbrone mi dà i bollor.
Noi non siamo più nell'officine,
Entro i campi, al lavoro al mar,
Ma a pigliar le tachipirine
Rinchiusi in casa a spippolar!
Su lottiam! L'ideale
È di stare più in là,
E con la Virale
L'amore non si fa!
Su lottiam! L'ideale
Son tre metri più in là,
E con la Virale
Ci si distanzierà!
In casa tutti rinserrati,
In giro non c'è manco un cane,
Sennò si viene arrestati,
Tutti a fare il telelavor !
Se per caso s'è in prigione
Si va sui tetti e ci sparan già,
Ma questo, in questa nazione
Non era certo una novità!
Su lottiam! L'ideale
È di stare più in là,
E con la Virale
Al bar non ci si va!
Su lottiam! L'ideale
Son tre metri più in là,
E con la Virale
Ci si distanzierà!
S'aspetta tutti il tre d'aprile
E intanto marzo corre e va!
Ed alla Coop si fan le file,
Come porci s'ingrasserà.
Han sospeso pure il campionato,
Addio alla palla e alla serie A!
Compagni, mi sono svaccato
E guardo i film di Trinità!
Su lottiam! L'ideale
È di stare più in là,
E con la Virale
S'intasa l'Instagràm!
Su lottiam! L'ideale
Son tre metri più in là,
E con la Virale
Ci si distanzierà!
Lo spread risale con clamore,
Lo spettro della recessiòn!
E già si sente un po' il rumore
Di stivali e di sciabolòn.
Su compagni, stiamo tutti all'erta,
Ben altro virus ci abbiamo già,
Perché questa è una cosa certa,
Si chiama virus del Capital !
Su lottiam! L'ideale
È di stare più in là,
E con la Virale
Rinchiusi tutti in ca' !
Su lottiam! L'ideale
Son tre metri più in là,
E con la Virale
Ci si distanzierà!
Son della plebe degli untori!
In quarantena son finito,
E un febbrone mi dà i bollor.
Noi non siamo più nell'officine,
Entro i campi, al lavoro al mar,
Ma a pigliar le tachipirine
Rinchiusi in casa a spippolar!
Su lottiam! L'ideale
È di stare più in là,
E con la Virale
L'amore non si fa!
Su lottiam! L'ideale
Son tre metri più in là,
E con la Virale
Ci si distanzierà!
In casa tutti rinserrati,
In giro non c'è manco un cane,
Sennò si viene arrestati,
Tutti a fare il telelavor !
Se per caso s'è in prigione
Si va sui tetti e ci sparan già,
Ma questo, in questa nazione
Non era certo una novità!
Su lottiam! L'ideale
È di stare più in là,
E con la Virale
Al bar non ci si va!
Su lottiam! L'ideale
Son tre metri più in là,
E con la Virale
Ci si distanzierà!
S'aspetta tutti il tre d'aprile
E intanto marzo corre e va!
Ed alla Coop si fan le file,
Come porci s'ingrasserà.
Han sospeso pure il campionato,
Addio alla palla e alla serie A!
Compagni, mi sono svaccato
E guardo i film di Trinità!
Su lottiam! L'ideale
È di stare più in là,
E con la Virale
S'intasa l'Instagràm!
Su lottiam! L'ideale
Son tre metri più in là,
E con la Virale
Ci si distanzierà!
Lo spread risale con clamore,
Lo spettro della recessiòn!
E già si sente un po' il rumore
Di stivali e di sciabolòn.
Su compagni, stiamo tutti all'erta,
Ben altro virus ci abbiamo già,
Perché questa è una cosa certa,
Si chiama virus del Capital !
Su lottiam! L'ideale
È di stare più in là,
E con la Virale
Rinchiusi tutti in ca' !
Su lottiam! L'ideale
Son tre metri più in là,
E con la Virale
Ci si distanzierà!
inviata da L'Anonimo Toscano del XXI secolo - 10/3/2020 - 09:22
FLASHMOB SONORO!
In occasione del flashmob sonoro durante l'epidemia di coronavirus, il webmaster e flautista della Piccola Orchestrina del Costo Sociale si esibisce in una versione un po' approssimativa dell'Internazionale (o forse era La Virale) sul balcone di casa...
In occasione del flashmob sonoro durante l'epidemia di coronavirus, il webmaster e flautista della Piccola Orchestrina del Costo Sociale si esibisce in una versione un po' approssimativa dell'Internazionale (o forse era La Virale) sul balcone di casa...
Lorenzo - 13/3/2020 - 18:33
A leggere certi giornali sembra che sia tutta colpa di chi va a correre, si scatena la caccia all'untore ma di questo non parla nessuno:
Lavori non essenziali durante l'epidemia: 300mila lavoratori costretti a muoversi a Milano - Radio Popolare
A Milano almeno 300mila lavoratori costretti a muoversi per lavorare in aziende ed imprese non essenziali. E i controlli? Non ci sono.
Lorenzo - 21/3/2020 - 21:47
Non so... spero solo che tra il Governo, la Confindustria e i Sindacati (la Trimurti), cui si aggiungono i sinistri polemologi come Sandro Moiso (simpatico ed empatico il titolo dell'articolo...), non ci andiamo di mezzo tutti come topi in trappola...
B.B. - 23/3/2020 - 12:34
Mi sembra che ci siamo GIA' andati di mezzo tutti come topi in trappola...
daniela -k.d.- - 23/3/2020 - 14:27
Te sta' bono, sennò a emergenza finita ti s'arriva nelle Valli da' tu' amici, in 400 o 500 cittadini assatanati dopo mesi di file ai supermercatacci, ottimisti e polemologi, e si fa un bell'arrostino di caprette. Ovviamente sarà invitato anche l'arzillo Raoul Vaneigem, che da uomo del Plat Pays vorrà senz'altro arrostire anche qualche bravo Valligiano (sì lo so che saranno rudi e forti òmini di montagna, ma se s'arriva in 500 ci fanno una sega e gni si pappa anche i frutti d'i' bosco e ci s'imbriaca come tégoli di ratafià fatto in casa -anche se dopo mesi agli arresti domiciliari, si preferirebbe fosse fatto da ogni parte tranne che in casa- e di liquorini alle erbe). Seguirà una non-stop di 36 ore di polemologia; naturalmente Raoul Vaneigem parlerà in fiammingo stretto. Verrà poi tenuta una cerimonia, durante la quale Raoul Vaneigem, mandato da te a cagare, ordinerà di conseguenza una Cagata Situazionista nelle malghe e nelle bàite de' Valligiani, riempiendole di merda derivata da scatolettacce de' supermercati distanziati, ceci neozelandesi, formaggio spalmabile al polistirolo espanso, pancetta di toporagno svizzero, ciliege al Moplen e birra MauroCorona. E se gli amici Valligiani s'oppongono, tutti per due anni a fare i bagnini forzati a Rimini (all'Elba no, perché ci sono troppe montagne).
Riccardo Venturi - 23/3/2020 - 21:09
'tento té, che io come discendente dei guerriglieri valdesi sono abbastanza sensibile all'immagine dell'invasione delle Valli... 'tenti voi!...
B.B. - 24/3/2020 - 08:26
...temo per voi fieri Valligiani Valdesi che soccombereste già al puzzo de' fiati de' Cittadini Situazionisti, abituati a mangiare ogni sorta di trojajo....
PS. Ma che ci facevano con quei fucili...il salto con l'asta..?!?
PS. Ma che ci facevano con quei fucili...il salto con l'asta..?!?
Riccardo Venturi - 24/3/2020 - 14:22
Sono archibugi a miccia... Nel 1655, durande l'assedio di Rorà, nel corso delle Pasque Piemontesi, Giosuè Janavel e pochi altri armati di quei fucili tennero testa all'esercito del Ducato di Savoia...
Non erano certo canne molto precise, lunghissime e pesanti, ma le palle potevano spaccare in due il tronco di un bell'alberello...
Se poi si arrivava al corpo a corpo, i valdesi avevano sempre un utile ed efficace strumento, molto elegante, anche se derivato dalla classica roncola agricola:
Il mio amico Pino di Luserna le fabbrica ancora...
'tenti voi!
Saluzzi
Non erano certo canne molto precise, lunghissime e pesanti, ma le palle potevano spaccare in due il tronco di un bell'alberello...
Se poi si arrivava al corpo a corpo, i valdesi avevano sempre un utile ed efficace strumento, molto elegante, anche se derivato dalla classica roncola agricola:
Il mio amico Pino di Luserna le fabbrica ancora...
'tenti voi!
Saluzzi
B.B. - 24/3/2020 - 15:52
Personalmente ne ho tre... non di archibugi, che son contrario alle armi da fuoco, ma di beidane. Nessuna originale, non me la potrei permettere, ma tutte copie che fabbro Mastro Pino costruisce filologicamente, identiche nelle forme e nella lega d'acciaio alle originali...
B.B. - 24/3/2020 - 16:46
Nulla potrebbero le beidane, ancorché originali, contro 25 minuti di polemologia. Le usereste per suicidarvi, casomai, in una sorta di harakiri valdese (lo si potrebbe chiamare "esbudelhamàint"). E poi, gnàm! Vi si mangiano tutte le caprette, e pure voialtri!! Ricorderei comunque con commozione, mentre vi mangio, che ho sempre dato l'8 x 1000 alla Chiesa Valdese....Ma tu lo sapevi che l'Internazionale Situazionista è nata nel retrobottega di una piccola osteria in un paesino di montagna ligure, in una valle storicamente occitana...?
Riccardo Venturi - 24/3/2020 - 17:01
T'las propi rasùn, non c'è lama che tenga contro i polemologi, gli devi proprio sparare...
Non sapevo che i Situazionisti fossero nati in Liguria... In effetti la veduta di Cosio d’Arroscia (IM) ricorda molto il paesaggio delle mie Valli...
Magari finisce solo con qualche capra arrosto e a fiaschi di Ramìe...
Salut
Non sapevo che i Situazionisti fossero nati in Liguria... In effetti la veduta di Cosio d’Arroscia (IM) ricorda molto il paesaggio delle mie Valli...
Magari finisce solo con qualche capra arrosto e a fiaschi di Ramìe...
Salut
B.B. - 24/3/2020 - 17:24
O perchè l'ultimo contributo?
Noi si apprezza e di molto le tue fregnacce, o Anonimo!
E poi, mica tutti sappiamo scrivere canzoni...
Cantaci ancòra, o Divo, del Coronavirus l'ira funesta che infiniti addusse lutti alle genti...
Prosit! (burp!...)
Noi si apprezza e di molto le tue fregnacce, o Anonimo!
E poi, mica tutti sappiamo scrivere canzoni...
Cantaci ancòra, o Divo, del Coronavirus l'ira funesta che infiniti addusse lutti alle genti...
Prosit! (burp!...)
B.B. - 11/3/2020 - 14:16
Anselm Jappe: «speriamo di riuscire a conservare quelli che sono gli aspetti positivi di questa crisi!»
La crisi del coronavirus farà suonare il campanello d'allarme per il capitalismo, e porterà alla fine della società industriale e consumistica? Alcuni lo temono, altri lo sperano. È ancora presto per dirlo. Pur sotto altri aspetti, la «ricostruzione» economica e sociale potrebbe rivelarsi altrettanto difficile della scelta delle tempistiche al momento dell'epidemia. Di sicuro c'è che è dal 1945 che non vivevamo, quanto meno in Europa, qualcosa che assomigliasse ad un «collasso»: a questa sorta di «tracollo», così tante volte evocato, nel cinema e nella letteratura cosiddetta «post-apocalittica», ma anche dalla critica radicale della società capitalistica ed industriale. Tuttavia, la gravità di questa crisi della società capitalistica globale non è conseguenza diretta e proporzionata di quella che è la gravità dell'epidemia. È piuttosto la conseguenza dell'estrema fragilità di questa società, ed un chiaro indicatore del suo stato reale. L'economia capitalistica è folle perfino in quelle che sono le sue fondamenta stesse, e non solo nella sua versione neoliberista. Il suo unico fine è quello di moltiplicare il «valore» che viene creato a partire dalla mera quantità di lavoro («lavoro astratto», lo chiama Marx) e che viene rappresentato nel denaro, senza tenere alcun conto di quelli che sono i bisogni reali degli esseri umani e delle conseguenze che questo ha per la natura. È da più di due secoli che il capitalismo industriale devasta il mondo, mentre viene minacciato e messo in crisi dalle proprie contraddizioni interne, la prima delle quali consiste nell'uso della tecnologia che, sostituendo i lavoratori ed aumentando nell'immediato i profitti, altresì prosciuga la fonte ultima di ogni profitto: lo sfruttamento della forza lavoro. Sono 50 anni che il capitalismo sopravvive essenzialmente solo grazie al suo indebitamento, che ha raggiunto dimensioni astronomiche. La finanza non costituisce la causa della crisi del capitalismo, ma al contrario lo aiuta a dissimulare la sua reale mancanza di redditività, e lo fa costruendo un castello di carte sempre più traballante. Ecco che a questo punto ci si può porre la domanda se il crollo di questo castello avverrà per delle cause «economiche», come nel 2008, o se invece piuttosto per delle cause ecologiche. Con l'epidemia, è apparso un inatteso fattore di crisi: ma la cosa più importante non è il virus, bensì la società che questo virus ha dovuto accogliere. Sia che si tratti dell'insufficienza delle strutture sanitarie, colpite dai tagli di bilancio, o del ruolo svolto dall'agricoltura industrializzata in quella che è stata la genesi di nuovi virus di origine animale, o sia che si tratti del terribile darwinismo sociale che propone (e non solo nei paesi anglosassoni) di sacrificare all'economia gli «inutili», oppure si tratti della tentazione, per gli Stati, di fare ricorso ai loro arsenali di sorveglianza: ad ogni modo, il virus proietta comunque una luce crudele sugli angoli più bui della società.
D'altronde, ovunque, gli effetti del virus mostrano quanto sia assai meno peggiore la situazione della classe sfruttatrice che costituisce la borghesia globale rispetto a quella di quei milioni di abitanti che si trovano nelle baraccopoli degli Stati falliti, o nelle periferie, oppure quella delle classi più povere abbandonate a sé stesse nei centri capitalistici. Tutto questo favorirà un consenso collettivo? Nessuno lo sa.
Ci sono molte persone che stanno già facendo esperienza del fatto che si può evitare di fare molte cose senza per questo perdere niente di essenziale. Lavorare meno, consumare meno, fare meno viaggi frenetici, inquinare meno, fare meno rumore... speriamo di riuscire a conservare quelli che sono gli aspetti positivi di questa crisi! In questi giorni si sente molto parlare di proposte ragionevoli, in tutti i campi. Vedremo se tutto ciò assomiglia alle dichiarazioni del capitano Haddock quando si ripromette che non berrà più whisky se verremo fuori da questo pericolo.
- Anselm Jappe - pubblicato il 6/4/2020 su France Culture -
La crisi del coronavirus farà suonare il campanello d'allarme per il capitalismo, e porterà alla fine della società industriale e consumistica? Alcuni lo temono, altri lo sperano. È ancora presto per dirlo. Pur sotto altri aspetti, la «ricostruzione» economica e sociale potrebbe rivelarsi altrettanto difficile della scelta delle tempistiche al momento dell'epidemia. Di sicuro c'è che è dal 1945 che non vivevamo, quanto meno in Europa, qualcosa che assomigliasse ad un «collasso»: a questa sorta di «tracollo», così tante volte evocato, nel cinema e nella letteratura cosiddetta «post-apocalittica», ma anche dalla critica radicale della società capitalistica ed industriale. Tuttavia, la gravità di questa crisi della società capitalistica globale non è conseguenza diretta e proporzionata di quella che è la gravità dell'epidemia. È piuttosto la conseguenza dell'estrema fragilità di questa società, ed un chiaro indicatore del suo stato reale. L'economia capitalistica è folle perfino in quelle che sono le sue fondamenta stesse, e non solo nella sua versione neoliberista. Il suo unico fine è quello di moltiplicare il «valore» che viene creato a partire dalla mera quantità di lavoro («lavoro astratto», lo chiama Marx) e che viene rappresentato nel denaro, senza tenere alcun conto di quelli che sono i bisogni reali degli esseri umani e delle conseguenze che questo ha per la natura. È da più di due secoli che il capitalismo industriale devasta il mondo, mentre viene minacciato e messo in crisi dalle proprie contraddizioni interne, la prima delle quali consiste nell'uso della tecnologia che, sostituendo i lavoratori ed aumentando nell'immediato i profitti, altresì prosciuga la fonte ultima di ogni profitto: lo sfruttamento della forza lavoro. Sono 50 anni che il capitalismo sopravvive essenzialmente solo grazie al suo indebitamento, che ha raggiunto dimensioni astronomiche. La finanza non costituisce la causa della crisi del capitalismo, ma al contrario lo aiuta a dissimulare la sua reale mancanza di redditività, e lo fa costruendo un castello di carte sempre più traballante. Ecco che a questo punto ci si può porre la domanda se il crollo di questo castello avverrà per delle cause «economiche», come nel 2008, o se invece piuttosto per delle cause ecologiche. Con l'epidemia, è apparso un inatteso fattore di crisi: ma la cosa più importante non è il virus, bensì la società che questo virus ha dovuto accogliere. Sia che si tratti dell'insufficienza delle strutture sanitarie, colpite dai tagli di bilancio, o del ruolo svolto dall'agricoltura industrializzata in quella che è stata la genesi di nuovi virus di origine animale, o sia che si tratti del terribile darwinismo sociale che propone (e non solo nei paesi anglosassoni) di sacrificare all'economia gli «inutili», oppure si tratti della tentazione, per gli Stati, di fare ricorso ai loro arsenali di sorveglianza: ad ogni modo, il virus proietta comunque una luce crudele sugli angoli più bui della società.
D'altronde, ovunque, gli effetti del virus mostrano quanto sia assai meno peggiore la situazione della classe sfruttatrice che costituisce la borghesia globale rispetto a quella di quei milioni di abitanti che si trovano nelle baraccopoli degli Stati falliti, o nelle periferie, oppure quella delle classi più povere abbandonate a sé stesse nei centri capitalistici. Tutto questo favorirà un consenso collettivo? Nessuno lo sa.
Ci sono molte persone che stanno già facendo esperienza del fatto che si può evitare di fare molte cose senza per questo perdere niente di essenziale. Lavorare meno, consumare meno, fare meno viaggi frenetici, inquinare meno, fare meno rumore... speriamo di riuscire a conservare quelli che sono gli aspetti positivi di questa crisi! In questi giorni si sente molto parlare di proposte ragionevoli, in tutti i campi. Vedremo se tutto ciò assomiglia alle dichiarazioni del capitano Haddock quando si ripromette che non berrà più whisky se verremo fuori da questo pericolo.
- Anselm Jappe - pubblicato il 6/4/2020 su France Culture -
Buoni propositi!!
Anselm Jappe: « speriamo di riuscire a conservare quelli che sono gli aspetti positivi di questa crisi! » La crisi del coronavirus farà su...
sergio falcone - 7/4/2020 - 21:32
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Testo / Lyrics / Paroles / Sanat: L'Anonimo Toscano del XXI Secolo
Musica / Music / Musique / Sävel: Pierre Degeyter (L'Internationale)
Avverte l'Anonimo Toscano del XXI Secolo: All'indomani del Decreto Conte che ha trasformato l'Italia intera in un gigantesco Arresto Domiciliare, mi sono sentito di proporre questa nuova versione dell'Inno de' Lavoratori del Mondo. Lavoratori d'icché, poi, visto che siamo tutti a casa?!?.... Ad ogni modo, questo sarà il mio ultimo contributo al "Canzoniere del Coronavirus"; auspico però che tale "percorso" continui a registrare con altrui parole il corso degli eventi, a futura memoria che comunque svanirà.