[Heskarioth]
Senti l'eco del rantolo della morte tra le corsie d'ospedale
Crepando in posa fetale, strozzato da vomito fecale
Dissenteria,vertigini, febbricitante infermità mentale
Dio vi ha abbandonato o vi odia in modo viscerale
Un'orda nera di ratti si arrampica dallo scarico
Cerca un varco a morsi nella carne, espande il morbo, porta il panico
Attratti da cataste di carcasse di corpi corrotti a cui
Stormi di corvi in picchiata strappano gli occhi
Putrescenza a fiotti sgorga da volti rappresi
Nemesi divina dispensa rovina sotto un cielo cremisi
Tu pensa ai giorni spesi mentre ti gonfi di ascessi
La peste è una canzone, scandisce a tempo i decessi
Escariota, verme, untore, appestato, capro espiatorio
Rido con gli occhi al contrario sotto i ferri all'interrogatorio
Non mi frega un cazzo di crepare, il mio percorso è lastricato d'ossa
Getta calce e sputami dentro la fossa
[Macmyc]
Epidemia,moria,paralisi,cancro nel vento,sta metastasi miete vite a tradimento
Fosse comuni colme che creano colli di corpi viola,violento,la parola,una sola,ed e' isolamento
In quarantena il morbo e' bava in bocca a ratti,il tunnel degli orrori per risucchiarti e poi farti fuori,fuori
Gente spogliata della vita suda sotto un telo,poi
Scalda la cena agli avvoltoi che fanno un cerchio in cielo
Agonia,magia,mac crowley il maledetto all'angelo dell'avvento strappa le ali
Non sento emozioni tali da farmi un fottuto pianto e la!
Speranza vale tanto quanto un posto al campo santo
Croci dipinte sulle porte,sbarre alle finestre rotte,accampamenti di appestati nelle grotte
Ho vomito e vista fuori fuoco ne legami o valvole di sfogo legami con gli altri e bruciami sul rogo
[Hellpacso]
Rifiuti organici tra fiale in simbiosi con i roditori
Isolato in vecchi quartieri concepiti a nuovi sanatori
Qua vivi o muori,esperimenti fuori dalla norma
Corpi repellenti dal marcio prendono forma
Crea,l'epidemia fobia,senza anestetici
Un'arto da amputare sotto un cielo nero necrosi
Un'altro morbo letale manda teste sulla gogna
Per le strade come un cane
Pronto al morso e a propagare rogna
Non c'è vergogna† brucia piano tra le essenze
Sale invano e sa di fogna per coprire tutte le apparenze
Afflitto assisto resisto finchè non muoio
La salvezza non ha un volto e ti accarezza con i guanti in cuoio
Ingoio blatte vitale la regressione
A capo chino piu' continuo mi avvicino verso l'estinzione
Verso la fuga riverso nel sotterraneo
Corrosivo come larve nel derma sottocutaneo
[Krin 183]
Fiumi accompagnano salme verso un estuario ormai saturo di carogne il male
Infligge pene immonde è un ecatombe sociale uguale
Dentro le case padri tagliano la giugulare
Figli scordano la propria madre la città è spettrale
Niente prole autoerotismo su membri scarnificati
Lichen simplex, squame, corpi polverizzati
Nati senza zodiaco allo stesso modo marchiati
Sulle spalle una croce atroce a gran voce indica i rinnegati
Dottori cercano la causa oscura
Polveri diaboliche, unguenti , agenti contro natura
Ventose succhiano veleno, altre cicatrici
Mentre piaghe portano allo stremo intorno solo nemici
Fuori le mura stessa vita, il fuoco cura
Lo accende chi ha fatto voto, l'inferno l'unica via d'uscita
L'inferno sarà l'inizio di una vita, la fine del contagio omicida
La morte del parassita
Senti l'eco del rantolo della morte tra le corsie d'ospedale
Crepando in posa fetale, strozzato da vomito fecale
Dissenteria,vertigini, febbricitante infermità mentale
Dio vi ha abbandonato o vi odia in modo viscerale
Un'orda nera di ratti si arrampica dallo scarico
Cerca un varco a morsi nella carne, espande il morbo, porta il panico
Attratti da cataste di carcasse di corpi corrotti a cui
Stormi di corvi in picchiata strappano gli occhi
Putrescenza a fiotti sgorga da volti rappresi
Nemesi divina dispensa rovina sotto un cielo cremisi
Tu pensa ai giorni spesi mentre ti gonfi di ascessi
La peste è una canzone, scandisce a tempo i decessi
Escariota, verme, untore, appestato, capro espiatorio
Rido con gli occhi al contrario sotto i ferri all'interrogatorio
Non mi frega un cazzo di crepare, il mio percorso è lastricato d'ossa
Getta calce e sputami dentro la fossa
[Macmyc]
Epidemia,moria,paralisi,cancro nel vento,sta metastasi miete vite a tradimento
Fosse comuni colme che creano colli di corpi viola,violento,la parola,una sola,ed e' isolamento
In quarantena il morbo e' bava in bocca a ratti,il tunnel degli orrori per risucchiarti e poi farti fuori,fuori
Gente spogliata della vita suda sotto un telo,poi
Scalda la cena agli avvoltoi che fanno un cerchio in cielo
Agonia,magia,mac crowley il maledetto all'angelo dell'avvento strappa le ali
Non sento emozioni tali da farmi un fottuto pianto e la!
Speranza vale tanto quanto un posto al campo santo
Croci dipinte sulle porte,sbarre alle finestre rotte,accampamenti di appestati nelle grotte
Ho vomito e vista fuori fuoco ne legami o valvole di sfogo legami con gli altri e bruciami sul rogo
[Hellpacso]
Rifiuti organici tra fiale in simbiosi con i roditori
Isolato in vecchi quartieri concepiti a nuovi sanatori
Qua vivi o muori,esperimenti fuori dalla norma
Corpi repellenti dal marcio prendono forma
Crea,l'epidemia fobia,senza anestetici
Un'arto da amputare sotto un cielo nero necrosi
Un'altro morbo letale manda teste sulla gogna
Per le strade come un cane
Pronto al morso e a propagare rogna
Non c'è vergogna† brucia piano tra le essenze
Sale invano e sa di fogna per coprire tutte le apparenze
Afflitto assisto resisto finchè non muoio
La salvezza non ha un volto e ti accarezza con i guanti in cuoio
Ingoio blatte vitale la regressione
A capo chino piu' continuo mi avvicino verso l'estinzione
Verso la fuga riverso nel sotterraneo
Corrosivo come larve nel derma sottocutaneo
[Krin 183]
Fiumi accompagnano salme verso un estuario ormai saturo di carogne il male
Infligge pene immonde è un ecatombe sociale uguale
Dentro le case padri tagliano la giugulare
Figli scordano la propria madre la città è spettrale
Niente prole autoerotismo su membri scarnificati
Lichen simplex, squame, corpi polverizzati
Nati senza zodiaco allo stesso modo marchiati
Sulle spalle una croce atroce a gran voce indica i rinnegati
Dottori cercano la causa oscura
Polveri diaboliche, unguenti , agenti contro natura
Ventose succhiano veleno, altre cicatrici
Mentre piaghe portano allo stremo intorno solo nemici
Fuori le mura stessa vita, il fuoco cura
Lo accende chi ha fatto voto, l'inferno l'unica via d'uscita
L'inferno sarà l'inizio di una vita, la fine del contagio omicida
La morte del parassita
inviata da L'Anonimo Toscano del XXI secolo - 23/2/2020 - 12:08
Miii, Anonimo, ma che schifo!
Se, da celebratore dell'estinzione del genere umano, non posso non immaginare che la nostra doverosa, progressiva scomparsa sarà lunga, dolorosa e schifosa, per l'appunto, al tempo stesso mi sorge un certo pudore ad accennare anche soltanto a certe cose...
Preferirei che sparissimo in silenzio, come i dinosauri prima di noi... Sono comunque certo che loro, se non ebbero alcuna consapevolezza, seppero crepare con maggior dignità...
Non ti saluzzo più se mi posti ancora degli schifi come questa!
Se, da celebratore dell'estinzione del genere umano, non posso non immaginare che la nostra doverosa, progressiva scomparsa sarà lunga, dolorosa e schifosa, per l'appunto, al tempo stesso mi sorge un certo pudore ad accennare anche soltanto a certe cose...
Preferirei che sparissimo in silenzio, come i dinosauri prima di noi... Sono comunque certo che loro, se non ebbero alcuna consapevolezza, seppero crepare con maggior dignità...
Non ti saluzzo più se mi posti ancora degli schifi come questa!
B.B. - 23/2/2020 - 13:00
Beh, però secondo me bisognerebbe chiederlo ai dinosauri, se sono spariti tanto in silenzio....secondo me, invece, hanno berciato parecchio e gli girava anche dimolto i coglioni, povere bestie.... !
L'Anonimo Toscano del XXI secolo - 23/2/2020 - 14:35
Certo che i virus più schifosi, come al solito, sono il cosiddetto Libero Mercato, che specula a dismisura sul panico, e i cosiddetti Governi, che invece di governare lasciano la gente in balìa delle sue psicosi e preda dei profittatori...
E contro il Libero Mercato e i Governi non si troverà mai un vaccino...
E contro il Libero Mercato e i Governi non si troverà mai un vaccino...
B.B. - 23/2/2020 - 20:09
Lingua: Francese
Version française – LA PESTE NOIRE – Marco Valdo M.I. – 2020
Chanson italienne – Pesta nera – DSA Commando – 2012
Chanson italienne – Pesta nera – DSA Commando – 2012
Dialogue Maïeutique
La Peste, la Peste noire, telle est la chanson. Tel est le récit de la chanson ; mais, dis-moi, Lucien l’âne mon ami, as-tu toi-même connu la peste ?
Personnellement, franchement, Marco Valdo M.I. mon ami, je ne l’ai pas subie et pour cause, je suis un âne et les ânes sont connus, comme court la légende, pour être des animaux fort résistants. Cela dit, je l’ai vue, j’en ai vu les ravages et pas qu’une fois. J’ai vu tomber Constantinople, souviens-toi. Je dis ça pour rappeler que la peste n’est pas pour rien dans l’effondrement de cet Empire millénaire ; la grande peste avait tué la moitié de la population européenne. Le bon La fontaine avait raison dans sa façon de la caractériser : « Ils n’en mourraient pas tous, mais tous étaient frappés. » L’épouvantable fut qu’un âne, précisément, un lointain parent – non, ce n’était pas moi, sinon je ne serais pas là pour t’en parler – a dû subir le contrecoup. Écoute donc – en partie – cette fable des « animaux malades de la peste ». L’histoire commence ainsi :
« Un mal qui répand la terreur,
Mal que le Ciel en sa fureur
Inventa pour punir les crimes de la terre
La Peste (puisqu’il faut l’appeler par son nom)
Capable d’enrichir en un jour l’Achéron,
Faisait aux animaux la guerre.
Ils ne mouraient pas tous, mais tous étaient frappés »
et elle finit ainsi que le bouc émissaire s’était mué en âne expiatoire.
Et de cela, demande Marco Valdo M.I., quelle leçon l’âne expérimenté que tu es peut tirer, hors les banalités qu’on nous a enseignées ?
La plus importante, Marco Valdo M.I., est pour les gens d’aujourd’hui : c’est qu’il ne sert à rien d’accuser l’âne, car à la vérité, le pauvre baudet n’y est pour rien. Ce serait même, comme on dit couramment à présent, dans cette langue technicole, contreproductif. Pour le reste, je ne suis ni médecin, ni virologue, ni en charge des maux des humains. Comme je t’ai de cette manière répondu, parle-moi quand même de la chanson qui me semble fort intéressante.
Eh bien, allons-y, Lucien l’âne mon ami. Il est d’abord à noter que ce n’est pas une chanson d’aujourd’hui, elle date de 2012. Le fait a son importance tant elle paraît anticiper les événements actuels. Comme tu le sais, j’aime beaucoup cette aptitude de la chanson, que j’appelle son profil de Cassandre. Elle anticipe. Pour les détails, j’ai définitivement pris le pli de renvoyer au texte lui-même, sans trop le paraphraser – chose inutile et superfétatoire, ni même, comme c’était coutume de le faire chez mes professeurs, d’en expliquer tous les mystères, qui dès lors n’auraient plus rien d’énigmatique et ce serait malheureux.
Donc, Dit Lucien l’âne, si je résume ton sentiment : ni commentaires directs, ni explication de texte. Soit, on n’est pas à l’école et tu ne te vois pas en professeur, ni les lecteurs, en élèves ignorants. C’est fort bien ainsi. Mais alors, quoi ?
Oh, juste un petit bout e phrase ou d’idée, de temps en temps, ça suffit, dit Marco Valdo M.I. Par exemple, celle-ci est un choral à quatre voix, qui sont notées dans le texte en tête de leur intervention : [Heskarioth] – [Macmyc] – [Hellpacso] – [Krin 183]. C’est une chanson complexe qui nécessiterait à elle seule une encyclopédie, ce que je ne peux faire. J’insisterais cependant sur deux points : le premier, c’est sa prescience, sa clairvoyance, son discours quasi-incantatoire, sa voix de Cassandre ; le second, c’est la luxuriance baroque de cette incantation. Même si elle est pure imagination, même si elle puise toute sa force dans la poésie, même si de quelque façon, elle est intemporelle, elle me paraît jeter ses sombres lueurs sur le monde du temps présent. Elle arrive à donner toue sa voix à la grande peur séculaire, à la simuler assez exactement. Ainsi, elle met en garde contre ce délire paranoïaque qui accompagna pendant des décennies et des décennies, des siècles pour tout dire, les vagues successives de la peste ancienne, laquelle pourrait se relancer de nos jours.
Parfait, dit Lucien l’âne assez causé, voyons ça et puis, tissons le linceul de ce vieux monde malade de la peur, paniqué, irrationnel et cacochyme.
Heureusement !
Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
La Peste, la Peste noire, telle est la chanson. Tel est le récit de la chanson ; mais, dis-moi, Lucien l’âne mon ami, as-tu toi-même connu la peste ?
Personnellement, franchement, Marco Valdo M.I. mon ami, je ne l’ai pas subie et pour cause, je suis un âne et les ânes sont connus, comme court la légende, pour être des animaux fort résistants. Cela dit, je l’ai vue, j’en ai vu les ravages et pas qu’une fois. J’ai vu tomber Constantinople, souviens-toi. Je dis ça pour rappeler que la peste n’est pas pour rien dans l’effondrement de cet Empire millénaire ; la grande peste avait tué la moitié de la population européenne. Le bon La fontaine avait raison dans sa façon de la caractériser : « Ils n’en mourraient pas tous, mais tous étaient frappés. » L’épouvantable fut qu’un âne, précisément, un lointain parent – non, ce n’était pas moi, sinon je ne serais pas là pour t’en parler – a dû subir le contrecoup. Écoute donc – en partie – cette fable des « animaux malades de la peste ». L’histoire commence ainsi :
« Un mal qui répand la terreur,
Mal que le Ciel en sa fureur
Inventa pour punir les crimes de la terre
La Peste (puisqu’il faut l’appeler par son nom)
Capable d’enrichir en un jour l’Achéron,
Faisait aux animaux la guerre.
Ils ne mouraient pas tous, mais tous étaient frappés »
et elle finit ainsi que le bouc émissaire s’était mué en âne expiatoire.
Et de cela, demande Marco Valdo M.I., quelle leçon l’âne expérimenté que tu es peut tirer, hors les banalités qu’on nous a enseignées ?
La plus importante, Marco Valdo M.I., est pour les gens d’aujourd’hui : c’est qu’il ne sert à rien d’accuser l’âne, car à la vérité, le pauvre baudet n’y est pour rien. Ce serait même, comme on dit couramment à présent, dans cette langue technicole, contreproductif. Pour le reste, je ne suis ni médecin, ni virologue, ni en charge des maux des humains. Comme je t’ai de cette manière répondu, parle-moi quand même de la chanson qui me semble fort intéressante.
Eh bien, allons-y, Lucien l’âne mon ami. Il est d’abord à noter que ce n’est pas une chanson d’aujourd’hui, elle date de 2012. Le fait a son importance tant elle paraît anticiper les événements actuels. Comme tu le sais, j’aime beaucoup cette aptitude de la chanson, que j’appelle son profil de Cassandre. Elle anticipe. Pour les détails, j’ai définitivement pris le pli de renvoyer au texte lui-même, sans trop le paraphraser – chose inutile et superfétatoire, ni même, comme c’était coutume de le faire chez mes professeurs, d’en expliquer tous les mystères, qui dès lors n’auraient plus rien d’énigmatique et ce serait malheureux.
Donc, Dit Lucien l’âne, si je résume ton sentiment : ni commentaires directs, ni explication de texte. Soit, on n’est pas à l’école et tu ne te vois pas en professeur, ni les lecteurs, en élèves ignorants. C’est fort bien ainsi. Mais alors, quoi ?
Oh, juste un petit bout e phrase ou d’idée, de temps en temps, ça suffit, dit Marco Valdo M.I. Par exemple, celle-ci est un choral à quatre voix, qui sont notées dans le texte en tête de leur intervention : [Heskarioth] – [Macmyc] – [Hellpacso] – [Krin 183]. C’est une chanson complexe qui nécessiterait à elle seule une encyclopédie, ce que je ne peux faire. J’insisterais cependant sur deux points : le premier, c’est sa prescience, sa clairvoyance, son discours quasi-incantatoire, sa voix de Cassandre ; le second, c’est la luxuriance baroque de cette incantation. Même si elle est pure imagination, même si elle puise toute sa force dans la poésie, même si de quelque façon, elle est intemporelle, elle me paraît jeter ses sombres lueurs sur le monde du temps présent. Elle arrive à donner toue sa voix à la grande peur séculaire, à la simuler assez exactement. Ainsi, elle met en garde contre ce délire paranoïaque qui accompagna pendant des décennies et des décennies, des siècles pour tout dire, les vagues successives de la peste ancienne, laquelle pourrait se relancer de nos jours.
Parfait, dit Lucien l’âne assez causé, voyons ça et puis, tissons le linceul de ce vieux monde malade de la peur, paniqué, irrationnel et cacochyme.
Heureusement !
Ainsi Parlaient Marco Valdo M.I. et Lucien Lane
LA PESTE NOIRE
[Heskarioth]
Ecoutez l’écho du râle de la mort dans les couloirs de l’hôpital.
Crevant en pose fœtale, étranglé par un vomissement fécal,
Dysenterie, vertiges, fébrile infirmité mentale,
Dieu vous a abandonné ou vous déteste de façon viscérale.
Une horde de rats noirs montent de l’égout,
Mordent dans la chair, répandent la maladie, provoquent la panique,
Attirés par des piles de carcasses de corps corrompus où
Des vols de corbeaux arrachent les yeux, extatiques.
La putrescence dégorge des visages maculés
Némésis, divine, répand la ruine sous un ciel rosé.
Vous pensez aux jours passés pendant qu’enflent vos abcès,
La peste est une chanson, elle scande le tempo des décès.
Escariot, ver, oncteur, pestiféré, bouc expiatoire,
Je ris les yeux à l’envers sous les fers lors de l’interrogatoire.
Je me fous de crever, mon chemin est pavé d’os,
Jetez de la chaux et crachez sur moi dans la fosse.
[Macmyc]
Épidémie, mortalité, paralysie, cancer dans le vent
En train de métastaser, moissonnent les vivants.
Les fosses communes créent des collines de corps violets,
Le mot, un seul, terrifiant, violent, et c’est l’isolement complet.
En quarantaine, la maladie est bave dans la bouche des rats,
Le tunnel des horreurs vous sucera et vous tue, tue, tuera.
Les gens dépouillés de leur vie suent sous un linceul,
Puis font le dîner pour les vautours qui tournoient dans le ciel.
Agonie, magie, Mac Léod, Crowley le démon
À l’ange de l’Avent arrache les ailes.
Pour pleurer, je ne ressens pas assez d’émotion,
L’espoir vaut mieux qu’une vie éternelle.
Des croix peintes sur les portes, des barreaux de fenêtres cassés,
Dans les grottes, des campements de pestiférés.
J’ai vomi et j’ai vu dehors le feu, pas de soupape de sécurité.
Liez-moi avec les autres et brûlez-moi sur le bûcher !
[Hellpacso]
Déchets organiques entre les bouteilles et les rongeurs noirs,
Isolés dans de vieux quartiers conçus comme de nouveaux mouroirs,
Ici, on vit ou on meurt, on fait des expériences hors norme :
Des corps repoussant de pourriture prennent forme.
On crée l’épidémie de phobies, sans anesthésique.
Un membre à amputer nécrose sous un ciel en entonnoir,
Une autre maladie mortelle promène les têtes sur des piques,
Randonnant par les rues comme un chien noir,
Prêt à propager la gale, il mord.
Il n’y a pas de honte, brûlez doucement parmi les essences,
Sel vain et saveur d’égout pour couvrir toutes les apparences
Affligé, j’assiste, je résiste jusqu’à ma mort.
Le salut n’a pas de visage ; avec des gants de cuir, il caresse.
J’avale des blattes, je recule, je régresse ;
Je continue, je m’en vais vers l’extinction à tête basse.
Vers la fuite, je retourne dans le souterrain
Corrosif comme des larves sous la peau des mains.
[Krin 183]
Les rivières accompagnent les dépouilles
Dans un estuaire désormais saturé de charognes ;
Le mal inflige une peine immonde, un carnage social égal.
Dans les maisons, les pères se taillent la jugulaire,
Les fils oublient leur mère,
La ville sombre spectrale.
Pas de descendance, onanisme furieux sur des membres décharnés,
Lichen simplex, squames, corps pulvérisés
Nés sans zodiaque, de la même façon marqués de la croix
Sur les épaules, une voix atroce indique les renégats.
Les docteurs cherchent la cause obscure :
Poudres diaboliques, onguents, agents contre nature.
Les ventouses sucent le poison et cicatrisent
Tandis qu’à l’épuisement, les plaies conduisent.
Hors des murs, même vie, le feu guérit
Qui a fait vœu l’allume et le nourrit,
L’enfer est la seule sortie,
L’enfer sera le début d’une vie,
La fin de la contagion de la mort subite,
La mort du parasite.
[Heskarioth]
Ecoutez l’écho du râle de la mort dans les couloirs de l’hôpital.
Crevant en pose fœtale, étranglé par un vomissement fécal,
Dysenterie, vertiges, fébrile infirmité mentale,
Dieu vous a abandonné ou vous déteste de façon viscérale.
Une horde de rats noirs montent de l’égout,
Mordent dans la chair, répandent la maladie, provoquent la panique,
Attirés par des piles de carcasses de corps corrompus où
Des vols de corbeaux arrachent les yeux, extatiques.
La putrescence dégorge des visages maculés
Némésis, divine, répand la ruine sous un ciel rosé.
Vous pensez aux jours passés pendant qu’enflent vos abcès,
La peste est une chanson, elle scande le tempo des décès.
Escariot, ver, oncteur, pestiféré, bouc expiatoire,
Je ris les yeux à l’envers sous les fers lors de l’interrogatoire.
Je me fous de crever, mon chemin est pavé d’os,
Jetez de la chaux et crachez sur moi dans la fosse.
[Macmyc]
Épidémie, mortalité, paralysie, cancer dans le vent
En train de métastaser, moissonnent les vivants.
Les fosses communes créent des collines de corps violets,
Le mot, un seul, terrifiant, violent, et c’est l’isolement complet.
En quarantaine, la maladie est bave dans la bouche des rats,
Le tunnel des horreurs vous sucera et vous tue, tue, tuera.
Les gens dépouillés de leur vie suent sous un linceul,
Puis font le dîner pour les vautours qui tournoient dans le ciel.
Agonie, magie, Mac Léod, Crowley le démon
À l’ange de l’Avent arrache les ailes.
Pour pleurer, je ne ressens pas assez d’émotion,
L’espoir vaut mieux qu’une vie éternelle.
Des croix peintes sur les portes, des barreaux de fenêtres cassés,
Dans les grottes, des campements de pestiférés.
J’ai vomi et j’ai vu dehors le feu, pas de soupape de sécurité.
Liez-moi avec les autres et brûlez-moi sur le bûcher !
[Hellpacso]
Déchets organiques entre les bouteilles et les rongeurs noirs,
Isolés dans de vieux quartiers conçus comme de nouveaux mouroirs,
Ici, on vit ou on meurt, on fait des expériences hors norme :
Des corps repoussant de pourriture prennent forme.
On crée l’épidémie de phobies, sans anesthésique.
Un membre à amputer nécrose sous un ciel en entonnoir,
Une autre maladie mortelle promène les têtes sur des piques,
Randonnant par les rues comme un chien noir,
Prêt à propager la gale, il mord.
Il n’y a pas de honte, brûlez doucement parmi les essences,
Sel vain et saveur d’égout pour couvrir toutes les apparences
Affligé, j’assiste, je résiste jusqu’à ma mort.
Le salut n’a pas de visage ; avec des gants de cuir, il caresse.
J’avale des blattes, je recule, je régresse ;
Je continue, je m’en vais vers l’extinction à tête basse.
Vers la fuite, je retourne dans le souterrain
Corrosif comme des larves sous la peau des mains.
[Krin 183]
Les rivières accompagnent les dépouilles
Dans un estuaire désormais saturé de charognes ;
Le mal inflige une peine immonde, un carnage social égal.
Dans les maisons, les pères se taillent la jugulaire,
Les fils oublient leur mère,
La ville sombre spectrale.
Pas de descendance, onanisme furieux sur des membres décharnés,
Lichen simplex, squames, corps pulvérisés
Nés sans zodiaque, de la même façon marqués de la croix
Sur les épaules, une voix atroce indique les renégats.
Les docteurs cherchent la cause obscure :
Poudres diaboliques, onguents, agents contre nature.
Les ventouses sucent le poison et cicatrisent
Tandis qu’à l’épuisement, les plaies conduisent.
Hors des murs, même vie, le feu guérit
Qui a fait vœu l’allume et le nourrit,
L’enfer est la seule sortie,
L’enfer sera le début d’une vie,
La fin de la contagion de la mort subite,
La mort du parasite.
inviata da Marco Valdo M.I. - 24/2/2020 - 21:52
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